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Autore: Defiance    01/10/2014    1 recensioni
Ivy e Natalie sono cresciute insieme.
Nel corso dei loro sedici anni, hanno costruito la vita che desideravano da bambine, quella che tutte le ragazze sognano.
Sarà una notte a sconvolgere per sempre la loro esistenza.
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Dalla fanfiction: "Amare è distruggere ed essere amati è essere distrutti. Non te lo ha mai detto nessuno, Jace Herondale?"
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N.B. Nella mia storia le cose sono leggermente diverse dai libri originali.
Ad esempio, Jace è figlio di Amatis, Sebastian è buono... scoprirete il resto
leggendo! Spero di avervi incuriositi e mi raccomando, recensite!
Genere: Azione, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Izzy Lightwood, Jace Lightwood, Nuovo personaggio, Sebastian / Jonathan Christopher Morgenstern, Un po' tutti
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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7

Jace










Ivy stava piangendo, se n’era accorto solo in quel momento, mentre lo trascinava via con forza.
Jace si sentiva un fantoccio; immobile, pietrificato.
L’uomo che ha ucciso mio padre è ancora vivo, pensava continuamente.
Per tutta la sua vita, aveva creduto che la morte di Valentine fosse una sorta di giustizia divina, ma a quanto pare giustizia aveva perso significato perfino tra gli angeli.
Un singhiozzo della ragazza lo riportò alla realtà.
Non aveva nemmeno provato ad avvicinarla e già l’aveva ferita?
Forse era davvero maledetto, forse doveva lasciarla andare, rinunciare all’unica persona che gli aveva letteralmente fatto sentire le farfalle nello stomaco... non poteva rovinarla.
“Ivy, Ivy fermati un attimo”
“No, no. Ti dimostrerò che ho ragione” insistette lei, la voce rotta dal pianto.
Era notte fonda, quasi tutti i lampioni erano spenti.
Jace l’afferrò per le spalle e la immobilizzò, spingendola contro il muro di una stradina ben nascosta, stando attento a non farle male.
Si aspettava che provasse a prenderlo a pugni, se lo meritava, ma lei non fece niente.
Teneva la testa bassa, i capelli le ricadevano sul volto probabilmente per coprire il suo sguardo spento, il volto bagnato.
“Ivy. Ti credo” mormorò il biondo, asciugandole le lacrime con le dita.
A pensarci bene, il fatto che conoscessero Valentine spiegava i continui attacchi dei demoni; il punto era: perché le voleva?
“Davvero?”
Il ragazzo annuì.
“Vieni lo stesso. Devo prendere delle cose da casa. L’ho capito sai? Non ci lascerete andare questa volta”

La stradina che conduceva a casa di Ivy era deserta alle quattro di notte.
Lo stordimento non aveva ancora abbandonato Jace, ma cercava di essere lucido e vigile nel caso in cui qualche demone li avesse attaccati, ma l’unico intoppo fu Lucas.
“Ivy! Credevo ti avessero accompagnata a casa!” esclamò, stringendola a sé.
“Sì, ehm. Lucas scusa ma non...”
“Ti ha fatto qualcosa? Dov’è quell’idiota? E Natalie? Neanche lei è a casa” la interruppe e lo Shadowhunter pensò che forse valesse la pena prenderlo a pugni.
Primo, perché l’aveva abbracciata e la cosa non gli aveva fatto piacere; secondo, perché aveva insinuato che le avesse fatto del male e terzo, perché nessuno dà dell’idiota a Jace Herondale.
“Posso prenderlo a calci?” mormorò nell’orecchio di Ivy; sapeva che Lucas non potesse né sentirlo, né vederlo e notò che la ragazza si trattenne a stento dal ridere.
“No, Lucas. Ma devo andare, non posso spiegarti e no ho tempo da perdere” disse solo, ma quello l’afferrò più forte per le spalle.
“Non vai da nessuna parte se prima non...”
“E lasciami” sbottò, strattonandolo e correndo via.
“Sul serio, dovevi lasciarmi fare” ripetè Jace, ma lei scosse la testa e inserì la chiave nel cancello di una grande villa.
“Ho resistito quattro anni senza prenderlo a pugni, figurati se lo lascio fare a te” 
Non c’era nessuno nell’abitazione.
“I tuoi genitori?”
“Sono in Inghilterra. Insieme a quelli di Nat. Sono in società e hanno una filiale là... non torneranno prima di domenica prossima” spiegò lei, accendendo le luci e raggiungendo una stanza particolare.
Il muro era pieno di fotografie che ritraevano Ivy e Natalie sorridenti a Roma, a Parigi e a Londra, foto che ripercorrevano l’infanzia e l’adolescenza della fanciulla.
Fu una, in particolare, che fece attanagliare il cuore a Jace.
Raffigurava Ivy tra le braccia di Lucas.
“Tra te e quel tipo, c’è qualcosa?”
“Che? Lucas? No. Ma un tempo eravamo molto uniti. Prima che si bevesse il cervello, dico” chiarì Ivy, intenta a trafficare in un cassetto della scrivania.
Allo Shadowhunter non piacque quell’informazione, ma si diede dello stupido per aver pensato che una ragazza così bella non avesse mai avuto qualche storia.
“Eccolo! Tieni, guarda!” 
Gli porse una specie di diario, scritto con una calligrafia infantile; c’erano delle foto, una con lei, Nat e Valentine che fece gelare il sangue a Jace.
Quella era una prova.
“Abitavamo a Washington in quel periodo. Lui aveva conosciuto i nostri genitori e si era offerto di insegnarci la scherma. Noi avevamo accettato, pensavamo che saperci difendere fosse una buona cosa. Valentine era un ottimo maestro, anche se molto severo. Si faceva chiamare John, ma anche se ci avesse dato i suoi veri dati, noi non avremmo potuto sapere...”
“Chi è questo bambino?” la interruppe lui.
Stava guardando una foto di Ivy e di un ragazzino dai capelli neri e gli occhi azzurri.
“Io... un vecchio amico” liquidò la faccenda, ma Jace riuscì a vedere che non solo era arrossita leggermente e aveva spostato lo sguardo altrove, gli occhi le erano di nuovo diventati lucidi e aveva preso a massaggiarsi i polsi con aria cupa.
“ ‘Amare è distruggere ed essere amati è essere distrutti’ ” lesse con voce sommessa e la ragazza sussultò.
“Lo diceva sempre. Valentine. Non capivo perché, finchè...”
“Finchè?”
Sospirò rassegnata e si stropicciò gli occhi.
“Quello è Jason Fleming. Lui... è stato il mio primo amore, se possiamo metterla in questi termini. Avevo solo dodici anni... è morto quando la sua casa ha preso fuoco, assieme ai suoi genitori. Non ho più guardato un ragazzo da allora... non in quel modo” 
Jace era pietrificato, di nuovo; scrutava Ivy senza riuscire a dirle nulla di concreto. 
“Mi dispiace. Non...”
“L’ho superato” tagliò corto lei, aprendo l’armadio e cominciando a prepararsi lo zaino con alcuni abiti.
Notò che non si vestiva molto diversamente dai Nephilim; preferiva i colori scuri, in particolar modo il nero... 
“Ti dispiace se mi cambio? Questo vestitino non è il massimo della comodità”
Jace guardò i suoi indumenti per la prima volta; era stato così travolto dagli eventi da non rendersi conto che avesse addosso solo un tubino corto e aderente che le metteva vertiginosamente in risalto le forme del corpo. 
Si schiarì la voce e disse che l’avrebbe aspettata in soggiorno.
I suoi pensieri non erano mai stati così confusi; la sua mente si spostava da Valentine, a Jason, ai demoni e, la cosa più assurda di tutte, era che la cosa a cui continuava a pensare incessantemente era al modo in cui avrebbe potuto fare sua quella ragazza e che a quel punto sarebbe stato più difficile di quanto pensasse.
Quando Ivy lo raggiunse, indossava un paio di pantaloni neri in pelle e una maglietta rossa.
Sorrise.
“Ti stai adattando?”
“No, mi sono sempre vestita così. Voi Shadowhunters non avete il monopolio sui vestiti neri e in pelle, sai?” rispose lei, ma dal tono di voce sembrava più divertita che irritata da quel commento.
Si avvicinò a lui e gli prese la mano.
Per un momento, il cuore di Jace mancò un battito, ma poi vide che gli aveva semplicemente appoggiato un oggetto nel palmo.
Un anello.
“John Whitman. Questo ce lo ha regalato lui, ci disse che non aveva figli cui lasciarlo. Nat ne ha uno uguale”
Il ragazzo girò l’oggetto al contrario, così che la lettera che occupava il centro, contornata da stelline, si tramutasse da W a M.
“Morgenstern”
“È lo stesso cognome di Sebastian”
“Era suo padre” spiegò il Nephilim, ovviamente Ivy non sapeva nulla.
“Cos’ha fatto di male? Ho capito che c’era qualcosa che non andava in lui dalle vostre facce” 
Jace sospirò. 
Doveva raccontarle tutto, aveva il diritto di sapere... e così fece.
Lo ascoltava impietrita, parola dopo parola, bianca cadaverica; ogni tanto sussultava e boccheggiava come se volesse dire qualcosa ma non riuscisse a formulare i pensieri.
“E questo è tutto. Per qualsiasi motivo Valentine è interessato a voi, noi non possiamo permettere che vi prenda” 
La ragazza sembrava stanca, aveva gli occhi gonfi ed era molto pallida; posò una mano sulla spalla di Jace e mormorò: “Mi dispiace molto. Suppongo che non sia facile per te”
Il sangue gli si gelò nelle vene.
“No, non lo è” rispose freddo, poi si alzò e la invitò a tornare all’Istituto.
Non aveva la minima voglia di parlare della rabbia che provava, dell’odio che era riaffiorato, del desiderio di uccidere Valentine lui stesso.
Non voleva che lei conoscesse quella parte di sé forse più di quanto non fosse pronto a rivelarla, più di quanto odiasse aprirsi.

Ivy camminava accanto a lui, più silenziosa che mai.
Jace suppose che non dovesse essere semplice accettare tutto ciò che le stava accadendo, ma non sapeva proprio come comportarsi con lei.
“Credi che ci sia qualcosa che non va, in me?” domandò all’improvviso, facendolo sobbalzare.
“Solo perché Valentine ti ha addestrata?”  
“Non lo so. Troppe coincidenze... io non credo al caso” 
La sua voce era rotta, trasmetteva tutto il suo turbamento.
Il Nephilim si voltò a guardarla; non sembrava una guerriera, anzi, sembrava fragile.
Forse lo faceva di proposito, quello era l’elemento sorpresa. 
Si fermò e le afferrò delicatamente il braccio, costringendola a incrociare i loro sguardi.
“Non so cosa significhi tutto questo, Ivy. So solo che se sei stata in grado di risvegliare un cuore sopito da sempre, quindi credimi, non c’è nulla di male in te” mormorò, accarezzandole una guancia.
I suoi occhi color nocciola erano sorpresi, mentre quelli di lui... beh, quelli erano accesi dal desiderio.
Il suo sguardo cadde sulle labbra carnose della ragazza e, d’istinto, vi posò sopra le sue; la sentì irrigidirsi, ma non si era mossa di un centimetro né lo aveva spinto via.
Jace si allontanò dal suo volto e la scrutò in attesa di qualcosa, uno schiaffo, una battuta, qualsiasi cosa... invece lei restò immobile a fissarlo, sbattendo rapidamente le lunghe ciglia.
Sembrava quasi ci fosse una battaglia all’ultimo sangue nella sua mente, nel suo cuore.
Il Nephilim stava per riprendere a camminare quando avvertì il lieve tocco della mano di Ivy sul braccio; poi le sue labbra furono di nuovo sulle sue, con la differenza che questa volta l’iniziativa non era stata sua, ma di lei.
La strinse a sé, mentre percepiva il corpo di lei rilassarsi e lasciarsi andare; le sue mani non poterono fare a meno di esplorare la sua schiena, le sue braccia, i suoi capelli.
Sentiva il suo profumo inebriargli i sensi, mentre le loro bocche si studiavano nei minimi dettagli con dolcezza e tranquillità.
Jace pensò che sarebbe potuto anche morire così, ma che ne sarebbe stato felice; non voleva staccarsi, non voleva metter fine a quel momento per paura che non ci sarebbe stata una seconda volta.
“Ivy” sussurrò senza staccare le labbra dalle sue.
“No, non dire niente” disse lei, allontanandosi da lui, guardandolo negli occhi e riprendendo poi a camminare.
Quella ragazza lo avrebbe fatto impazzire.
  
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