Le
mie
zampe bianche affondarono nel terreno umido della foresta, il vento mi
scompigliava la pelliccia lunga in tutte le direzioni e intorno a me
tutto era più
nitido, più vivo, tutto a parte a me, perché io
ero morta dentro.
Cercavo
di pensare ad altro, a qualcosa che non sia Lui, o Lei
che me lo aveva
portato via. Mi concentrai sui colori della foresta, sui suoi rumori,
mentre
stavo vivendo una guerra dentro di me. Vidi due scoiattoli che si
inseguivano
sui rami alti di un grande pino, un cervo che in lontananza mi
osservava nascosto
nell’alta vegetazione, riuscivo pure a sentire i battiti
accelerati del suo
cuore, l’odore della paura. Perché dovevo
spaventarlo, ero un mostro, un lupo
gigantesco che era costretto a proteggere la gente da quelle schifose
creature
che noi chiamiamo succhiasangue. Era notte e faceva freddo, molto
freddo, ma io
non lo sentivo forse semplicemente perché ero un licantropo
o perché ero fredda
già da per mio, il cuore ghiacciato e trafitto dalla
crudeltà del mondo.
Senti
Leah, hai intenzione di far poesia ancora per molto?
Embry.
Quel grandissimo idiota non sapeva farsi i cazzi suoi e lasciarmi in
pace
quando ne avevo bisogno.
Ehi!
Guarda che se potessi lo farei volentieri, ma praticamente sono
costretto a
sentire i tuoi pensieri acidi...
Lasciala
fratello, dovremmo soltanto dire ad Emily di non comprare più
yogurt, mi sa che sta esagerando!
Ovvio.
Non poteva mancare quel testa calda e Casanova di Paul. Anche se si
trovavano a
qualche chilometro da me riuscivo a sentirli sghignazzare tra loro.
Pezzi di
scemi.
Fatti
i
cazzi tuoi Lahote! ringhiai,
abbattendo un tronco in passaggio. Non ce la facevo più a
sopportare quei
cretini, loro e i loro sogni perversi. L’unico che riuscivo a
sopportare è mio
fratello, anche se a volte vorrei ucciderlo.
Leah!
Si
può sapere perché sei sempre così
acida? Va beh che sei incazzata da per tuo,
ma non prendertela con me! protestò
come un bambino il lupo color sabbia che era mio fratello,
cacciato chissà dove. Decisi per una volta di ignorarlo e
continuare con i miei
soliti pensieri monotoni.
Puoi
dirlo forte! ancora
Embry e Paul. Ma che volevano? Ringhiai mettendoli a tacere, quando
finalmente
decisero di uscire dalla mia mente, e ripresi a correre più
velocemente. Ero
stufa di fare queste maledette ronde, volevo solamente infilarmi nel
mio letto
caldo e dormire, standomene per i fatti miei. Solo per salvare il culo
a Bella
Swan, che era sempre a cacciarsi nei guai, e Jacob era così
ingenuo da cercare
ancora di sedurla, sebbene avesse scelto il succhiasangue
leggi-pensieri. La
odiavo, la odiavo per quello che mi faceva subire, che gli faceva
subire. Non
si accorge nemmeno che lo stava facendo soffrire tantissimo, sempre a
illuderlo…era una pura egoista. Se non esistessero lei e i
Cullen, sarebbe
stato molto meglio. Sperai con tutto il mio cuore che morissero presto,
da
lasciarmi vivere la mia povera esistenza in pace.
Leah!
mi
rimproverò Seth, Non
prendertela con i Cullen e neanche con Bella, non è colpa
loro se Victoria
vuole ucciderla! Poi sono simpatici.
Esci
dalla mia testa moccioso! intimai
acidamente, il lupo in questione abbassò la testa
borbottando
frasi sconnesse, e finalmente si allontanò dalla mia mente.
Certo, non era
colpa loro...
Oh,
potevo infine insultare chi volevo senza essere giudicata.
Già, io sono sempre
acida e stronza, l’umiliazione del genere femminile, il
tipico maschiaccio. Ma
non avevo scelto io di diventare così, ero stata obbligata a
farlo. Mi hanno
già stilettato il cuore una volta, non volevo che me lo
facessero di nuovo. Da
lupa era meno doloroso, perché l’istinto animale
ti maschera i sentimenti
umani. Quella era l’unica cosa buona nell’essere
licantropo, oltre a quello di
poter correre velocemente. Infatti la mia velocità era
l’unica cosa che zittiva
i maschi nel branco. Ero la più rapida, e adoravo esserlo,
era l’unico modo per
sentirmi libera, se era quello che ero.
Arrivata
alla scogliera, mi ritrasformai infilandomi un pantaloncino e una
canotta
strappati, e mi sedetti facendo penzolare le gambe giù,
sospese nel vuoto.
Osservai le onde infrangersi violentemente sugli scogli, provocando un
rumore
forte. Chiusi gli occhi inspirando a fondo l’odore di
salsedine che mi arrivava
alle narici, e ricominciai a pensare.
L’anno
scorso, in questo preciso periodo doveva venirmi il ciclo, e ancora mi
ricordavo come sbuffavo appena veniva il momento. Quanto rimpiangevo
quei giorni,
a quel tempo ero ancora in grado di diventare mamma. Non
potrò mai vivere le
gioie di una gravidanza, stringere tra le mie braccia quella creaturina
piccola
e fragile che doveva essere mio figlio, cullarla e crescerla con tutto
l’amore
che mi sarebbe possibile dare. Senza volerlo, un lacrima
scivolò silenziosa
lungo la mia guancia. Quel bambino avrebbe potuto essere di Sam, se non
fosse
successo tutto questo. Sam avrebbe avuto un figlio, ma non da me.
Quando
pensavo che le sue labbra non poggiano più sulle mie, che
quel “ti amo” non è
più destinato a me, che le sue braccia non stringono
più me, che le sue mani
non sfiorano più il mio corpo, ma il suo. Quando
non guarda più me ma lei,
come se fosse la cosa più bella di questo mondo.
Che lei era come una
sorella per me, sapeva tutto di me, lei che…lei che non
è nient’altro che mia
cugina. E lui la sposerà domani.
FLASHBACK
-Tanto
non mi prendi!!- correvo a
perdifiato lungo la spiaggia, piedi nudi, le guance rosse per
lo sforzo e
per il ridere. Dietro di me, Sam mi rincorreva ridendo come un matto
minacciandomi di fermarmi. E io gettai la testa
all’indietro, gli occhi
rivolti verso il cielo che quel giorno era azzurro, e c’era
pure il sole, a
riscaldare i nostri cuori.
-Signorinella
se non ti fermi subito giuro che…- e poi si fermò di parlare, non
sapendo cosa dire, e
riprendeva a ridere esasperato. E io corsi, corsi, il cuore libero,
ero
libera.
-Quanto
sei lento!- esclamai senza girarmi, poi rallentai il passo e chiusi
gli
occhi, godendomi la brezza che mi scompigliava i capelli, i miei piedi
a
contatto con la sabbia e il mare, il sole che mi accarezzava il viso.
Poi
sentii due mani calde cingermi la vita, un soffio caldo sul collo e
una risata
melodiosa, vera, pura. La risata di Sam.
-Ti
ho
presa!- e perdemmo l’equilibrio cadendo sulla sabbia, lui
sopra di me, e
ancora stavamo ridendo spensierati. Poi il suo volto si fece serio,
mi
guardò negli occhi e mi sorrise amorevolmente, accarezzandomi la
guancia.
–Ti amo Lee-Lee.- e mi baciò, e assaporai le sue labbra
carnose e bollenti a
contatto con le mie, il suo corpo contro il mio.
-Per
sempre?-chiesi come una bambina che sapeva già la
risposta, ma voleva
sentirla ancora.
-Per
sempre, io e te.
FINE
FLASHBACK
Ma
quale
per sempre, alla fine tutti se ne vanno. Lo odiavo, lo odiavo per
quanto lo
amavo. E la cosa più brutta fu quando me l’aveva
annunciato.
FLASHBACK
Ero
tra le su braccia, seduta sul
divano, lo sentivo rigido, bollente, era cambiato. Non era
più lo stesso. Presi
ad osservarlo, la mascella squadrata, le spalle larghe, la sua
corporatura
massiccia e i suoi muscoli, il suo sguardo profondo, misterioso e
grave. Il
lupo l’aveva cambiato, non era più il mio Sam.
-Lee-Lee
io…devo parlarti.- mi
baciò la parte superiore della testa, con lo sguardo perso
nel vuoto, poi mi
staccò leggermente da se, e mi prese le mani, lo sguardo
pieno di dolore.
-Dimmi…ma
che c’è Sam? Ti vedo
strano.- a quella risposta Sam sospirò, si alzò
di scatto e cominciò a tremare,
poggiando le mani sul tavolo del salotto e stringendone i bordi, gli
occhi chiusi
e strizzati.
-Dannazione!-
urlò, facendomi
sussultare di paura.
-S-Sam…cosa
succede?- mi alzai
avanzando titubante verso di lui. Avevo paura che si sarebbe
trasformato. Alzò
la testa aprendo gli occhi e mi guardò, addolorato.
-Lee-Lee...ti
amo…- mi fece una
tal paura che cominciai anch’io a tremare.
-Ma
perché mi dici questo amore?
Lo so che mi ami.-risposi cercando di nascondere il mo stato
preoccupato, e
accennai a una risatina divertita. Scosse la testa e batté
un pugno sul tavolo,
spaccandolo in due. Sussultai. –Perché?!
Perché a me?!-si mise ad urlare
facendo i cento passi e stringendosi la testa fra le mani. Lo fermai
tenendogli
le braccia, era indomabile, accecato dalla rabbia e da
chissà quale altra cosa.
-Sam!
Fermati, fermati! Dimmi che
succede.- dissi guardandolo negli occhi, smise di tremare ma non
riuscì a
sostenere il mio sguardo, allungò una mano per sfiorarmi la
guancia ma poi la
ritrasse, come se qualcosa glielo impedisse.
-Mi
dispiace…mi dispiace così
tanto…- sussurrò con voce rotta. Gli presi il
viso tra le mani, ma lui si
irrigidì, così le tolsi immediatamente,
scioccata. Sospirò pesantemente e
guardò oltre la mia spalla, gli occhi lucidi.
–S-sai, tua cugina Emily…-
cominciò, ma non riuscì a continuare.
-Cosa?
Cosa Emily?-chiesi confusa,
cercando il suo sguardo. Si passò una mano fra i capelli
corvini , in
difficoltà. –D-a quando l’ho vista
io…
Tutto
intorno a me, sparì, ero in
una bolla dove si celava il mio shock, la voce di Sam era lontana,
spiegava
come era successo, cosa avevano fatto quando non c’ero, si
malediva, mi
chiedeva perdono, e io ero soltanto una stupida con gli occhi velati.
No.
No ti prego no. Dimmi che non
è quello che penso. Spalancai gli occhi cercando una
risposta, che non mi
diede, ma capii subito.
-No.-
si voltò a guardarmi,
sofferente, negli occhi. –No, no no!!!! Non è vero
Sam! Non farmi questi
scherzi!- sbottai allontanandomi da lui, fece un passo verso di me
aprendo la
bocca per parlare, ma lo impedii fulminandolo con lo sguardo.
-Tu…come
hai potuto?!
-Lee-Lee
io non vo…
-NON
CHIAMARMI COSÌ!!!!- provò ad
avvicinarsi ancora, stavolta lo lasciai fare. Mi attirò a
se, ancora bloccata
in mezzo al salotto.
-N-non…ho
potuto controllarlo…mi
dispiace tanto piccola, sapessi quanto mi dispiace…-lo
scostai da me bruscamente
e gli diedi uno schiaffo, che lo fece tremare vistosamente,
così mi allontanai.
-Come
hai potuto farmi questo?! E
da quando?!- stette in silenzio per un po’ scrutandomi con lo
sguardo,
colpevole, e lo abbassò guardando i suoi piedi.
–DA QUANDO!?
-D-da
un mese.
-COSA?!-
urlai, le lacrime
avevano iniziato a rigarmi il volto.
-Amore
calmati…- mi disse
tenendomi per le braccia.
-NON.
CHIAMARMI. COSÌ SAM!!-
improvvisamente mi prese per i fianchi e mi fece sbattere contro il
muro,
baciandomi con foga, disperazione. Rimasi stupita per il primo momento,
ma poi
risposi al bacio con altrettanta voglia. Fece passare le mani sotto la
mia
maglietta accarezzandomi la schiena. –Perché mi
fai questo?-sussurrai con le
labbra attaccate alle sue, e questo ebbe il dono di fermarlo. Mi
guardò un
secondo incredulo, e si scostò di scatto da me.
–Non…posso.-
si avvicinò
nuovamente, carezzandomi la guancia bagnata di lacrime, ne
asciugò una nuova
che stava scendendo con il pollice, poi mi diede un bacio leggerissimo
a fior di
labbra. -Ti amo Leah…addio.- e un secondo dopo fu fuori di
casa. Mi lasciai
andare contro il muro, sedendomi sul pavimento, le mani fra la testa,
le labbra
gonfie del suo bacio, il suo odore su di me, il viso arrossato e i
capelli
spettinati. Scoppiai in lacrime.
FINE
FLASHBACK
Ecco
dove ne eravamo arrivati. Mi aveva fatto le corna e pretendeva
ancora il mio perdono, sapendo benissimo che non lo avrebbe mai avuto,
e anche
se fosse stato, quella maledizione ci avrebbe divisi ancora una volta.
Mi
asciugai le ultime lacrime velocemente, quando sentii dei passi intorno
a me.
-Leah.
Mi
girai, e vidi Embry, mi guardava imbarazzato, le mani in tasca.
-Che
cosa vuoi?- sbottai, acida come sempre. Alzò gli occhi al
cielo e
si avvicinò a me.
-Puoi
smetterla di comportarti così? Non sono stupido, ti ho vista
piangere.
-Io
non stavo piangendo.-risposi, poco sicura di me, incapace di
affrontare il suo sguardo, e tornai a guardare il mare, le labbra
serrate.
Essere vista mentre piangevo era l’ultima cosa che volevo.
-Certo,
come no.- sospirò, passandosi una mano fra i capelli, poi si
avvicinò ancora. Sentii uno spostamento d’aria,
poi un calore di fianco a me.
Girai lentamente la testa, e vidi il suo sguardo insistente su di me.
Tornai a
guardare l’orizzonte, decisa a non stare ad ascoltare le sue
prese in giro.
-Ascolta…-
sospirò, -sicuramente da me non vorrai consigli, non
sarò la
persona che ti sta più a cuore in questo mondo, anzi penso
di essere una delle
ultime.
-Hai
detto bene.
-Ma…
-Ma
cosa Embry? Che farai? Mi prenderai in giro come lo fai sempre?
Dirai che sono stronza e acida, che nessuno mi merita, che Sam aveva
pessimi
gusti?!- urlai, guardandolo finalmente negli occhi, e per la prima
volta notai
quanto fossero belli. Color cioccolato nero, profondi, che ti scavano
dentro
l’anima, scoprendo punti di te che non pensavi nemmeno di
avere. Mi guardò
anche lui negli occhi, scrutandoli per bene, osservandoli, studiandoli.
A quel
punto distolsi lo sguardo imbarazzata, e arrossii. Chissà
perché.
-Io
non sono qui per prenderti in giro, Leah.- disse dopo un lungo
istante di silenzio, sempre lo sguardo fisso su di me.
-Ho
il diritto di esserne sorpresa?-brava Leah, mostrati dura, nessuno deve vedere come sei veramente, la gente poi ne approfitta.
-Sì,
penso di sì.- sempre con gli occhi su di me. Non ricambiai,
continuai a guardare quella linea immaginaria e infinita, che separava
il cielo
dal mare, così interessante all’improvviso.
–Lo vedi anche tu eh?
Mi
girai a guardarlo, accigliata, poi riportai lo sguardo davanti a me.
–Che cosa?- chiesi, sempre acidamente.
-L’orizzonte.
Può sembrar strano, ma ogni volta che lo guardo mi viene
addosso tanta malinconia. E sono sicuro che ora ti fa lo stesso effetto.
Annuii,
lo sguardo perso nel vuoto, il cuore pesante, la faccia
inespressiva.
-Lo
sai che non mi è per niente facile con te?- chiese, e per la
prima
volta mi sembrava sincero. –Non riesco a parlarti normalmente
come faccio con
le altre ragazze, mi è impossibile.
-Forse
perché non sono come tutte le oche che ti cadono ai piedi, e sicuramente nessuna di loro ha vissuto quel che ho
vissuto io,
e vivo tuttora.
-Forse.
Silenzio.
Strano, ma a me piaceva.
-È
uno stronzo.- sapevo già a chi si riferiva, non
c’era bisogno di
tanti giri di parole. L’unico vero stronzo qui, era lui.
–E per colpa sua, ora
sei così.- disse a denti stretti, la voce rotta da qualcosa
che sembrava
tristezza.
Annuii
ancora, incapace di parlare, non mi andava di piangere ancora
davanti a lui.
–E
sai qual è la cosa che mi fa più arrabbiare? Che
non ci abbia
provato.
Il
groppo in gola era tornato. Aveva pienamente ragione, non ci aveva
provato, si era lasciato andare nelle sue braccia così,
dimenticandosi di me.
-Magari
ti avrà amato, ma non abbastanza da combattere per te.
Avevo
voglia di dargli un paio di schiaffi ben meritati, ma mi
trattenni, ancora una volta aveva ragione. Me n’ero appena
accorta.
Probabilmente era innamorato di me, ma se mi avesse amato veramente,
avrebbe
lottato.
Sentii
l’occhio destro prudermi, pregai perché non
succedesse ma invece
fu il contrario: una lacrima involontaria scese lungo la mia guancia,
scivolò
fino a raggiungere la mandibola, poi il collo, e si fermò
li, a metà strada.
Silenziosa, piccola, ma diversa. Non era come le altre lacrime, di
rabbia o
rancore. Ma di dolore, dolore puro, tristezza. Mi morsi il labbro per
non
singhiozzare. Era troppo il dolore, non ce la facevo più a
soffrire. Ero stufa
di vivere. Odiavo la mia esistenza.
-Guardami.
E
pensa che gli obbedisca? Mi sento già umiliata
così, non c’è ne
bisogno ancora. Probabilmente capì quello che pensavo,
perché si avvicinò
ancora a me, a tal punto che le nostre ginocchia si toccavano.
–Guardami Leah.
Il
suo tono di voce giunse alle mie orecchie come una debole supplica,
un sussurro, un soffio portato dal vento. Perché riusciva
sempre a convincermi?
Girai
lentamente la testa, e lo fissai, inespressiva. Mi soffermai sui
suoi occhi, puntati nei miei, tanto che vidi il mio riflesso nelle
pupille. Poi
gli zigomi, perfetti anche quelli, un po’ pronunciati. In
seguito i capelli,
scuri, setosi, ribelli, e qualche ciocca ricadeva sulla fronte,
corrugata, in
cerca di risposte che non avrei potuto dargli, che non avevo intenzione
di
dargli, ma che avrebbe avuto ugualmente. Passai a fissare la bocca,
piena,
carnosa, invitante, mezza aperta, che lasciava trasparire i suoi denti
bianchissimi. Non l’avrei mai detto, magari perché
vedevo solo il suo essere
maschio, puramente idiota e deridente, ma Embry Call era davvero un bel
ragazzo.
Mi
scossi da quei pensieri quando sentii la sua mano accarezzarmi una
guancia, e asciugare con il pollice la scia che aveva lasciato la mia
lacrima.
Abbassai lo sguardo, vergognosa di me stessa, di essere
così.
-Lo
so perché sei così, Leah. Non mi piace che tu sia
così.- mormorò,
tenendo sempre una mano sulla mia guancia. Ma che stavo facendo?
Perché non lo
respingevo? Solitamente gli avrei ringhiato contro e mi sarei
allontanata,
magari dopo avergli assestato un bel calcio nello stinco, come avevo
sempre
fatto, con tutti del resto. L’unica persona con cui riuscivo
a essere me
stessa, era Seth. A volte quel moccioso era un vero rompipalle, lo
ammetto. Ma
gli volevo bene, Dio
se gliene volevo.
Ma dove era finita la vera Leah? Quella aggressiva, insensibile? O
meglio mi
correggo, dov’era finita la solita
Leah?
Bruscamente
mi resi conto che stavo abbassando la corazza, così mi
scostai da lui, allontanandomi di qualche centimetro, e tornai a
fissare
l’oceano.
-Non
ti lasci domare, vero Clearwater?- borbottò sarcasticamente,
tornando ad essere quello di sempre.
Ero
pure pronta a scommettere che aveva sollevato l’angolo della
bocca in un ghigno
tipicamente lupesco. Mi girai di scatto e lo aggredii con lo sguardo,
maledicendomi un milione di volte per aver ceduto davanti a lui.
-Torni
ad essere quello di sempre, vero Call? Per un secondo avevo
pensato che anche tu avessi un cervello. Ma ovviamente non è
così.- sputai,
acida. Il mio commento non lo scompose nemmeno un po’, e
incrociò le braccia al
petto allargando maggiormente il suo sorriso, su quella faccia da
prendere a
schiaffi. Lo odiavo.
-Calmati
tigre, sospetto che ti sono tornate quelle cose che a voi donne
capitano una volta al mese, se ne sei una, ovviamente.- disse, ancora con quel
sorriso. Io magari sarò
un insensibile, stronza, acida, insultatrice, aggressiva eccetera. Il
mio cuore
era magari fatto di ghiaccio, ma lui proprio non ne aveva uno. Non mi
presi
nemmeno la briga di menarlo a morte, ero priva di forze, stufa di
essere
continuamente ferita e combattere per mantenermi intera, se mi stavo
sbriciolando dentro. Sospirai scuotendo la testa, gli lanciai uno
sguardo
sofferente e stanco, lasciandomi cadere indietro
e coprendomi il viso con le braccia.
–Se
sei qui per questo, vattene ti prego.- sussurrai, sicura che mi
avrebbe sentito, e cominciai a piangere silenziosamente. Non ce
l’avrei fatta
in questo modo. Mi dispiaceva per Seth e mia madre, ma che senso ha
continuare
una vita priva anche di un pizzico di felicità?
Sospirai,
lasciandomi scappare un singhiozzo, e in quel momento avrei
potuto trasformarmi per alleviare il dolore. Ma non avrei ancora
affrontato le
battute sarcastiche di Paul, Jared ed Embry, i sensi di
pietà di Seth e Quil, i
sogni perversi di Sam su Emily e le smancerie di Jacob verso la sua
amata Bella
Swan.
Che
se ne vadano tutti all’inferno, con tutto il cuore.
Sentii
una presenza accanto a me, ma poteva essere soltanto un
impressione. Fantastico, cominciavo anch’io ad avere
illusioni, sto somigliando
sempre più a Swan, l’unica cosa che mi
differenziava da lei ora era la sua
codardia, che io non avevo.
-Ehi,
tigre…
Alzai
le braccia per vedere chi avesse parlato con quella dolcezza, e mi
trovai ancora davanti all’idiozia in persona. Mi alzai di
scatto, lanciandogli
uno sguardo assassino.
-Ma
si può sapere che vuoi da me?! Mi volevi far male?! Beh, ci
sei
riuscito, ora torna pure da quei cretini dei tuoi amici, e lasciami in
pace!-
feci per assestargli un pugno sulla mandibola ma mi fermò
prontamente tenendomi
il polso, e mi guardò seriamente negli occhi. Si
può sapere perché accidenti lo
trovo sempre più bello?
-Sono
un idiota.
-Wow,
te ne sei accorto?!- urlai fuori di me.
-Leah…-
fece per dire, ma sospirò chiudendo gli occhi per un
momento, e
quando li riaprì mi guardò con una luce nuova,
che fosse amore?
Mi
baciò le nocche della mano che teneva ancora in pugno, gli
occhi nei
miei. –Mi ricordi la Regina di Ghiaccio. Bella, dannata.- poi
mi accarezzò il
dorso della mano, dolcemente, con il pollice. –Forse anche
lei una volta non
aveva il cuore di ghiaccio.
Sospirai,
consapevole che la mia corazza si abbassava nuovamente. Mi
fissò a lungo, accennando a un mezzo sorriso, ma stavolta
non era sarcastico,
ma sincero.
–Leah,
apri il tuo cuore.
-L’ultima
volta che l’ho fatto me lo sono ritrovato spezzato.- brava
Leah, sempre con la battuta pronta.
-E
se una volta provassi a fidarti?- allungò lentamente una
mano, e la
posò delicatamente sulla mia guancia. Si avvicinò
lentamente, fino a quando i
nostri nasi si sfiorarono. Mi ritrassi immediatamente a quel tocco, ma
lui mi
trattenne fermamente, passando la mano dalla mia guancia alla nuca.
-Perché
dovrei?
-Fidati.-
sussurrò, e si avvicinò ancora, le sue labbra a
pochi
millimetri dalle mie. Si fermò, respirando sulla mia bocca,
e quando il suo
fiato caldo mi colpì, una scarica elettrica mi percosse la
colonna vertebrale.
Finalmente colmò quella piccola distanza e sfiorò
le sue labbra con le mie. Fu
un bacio leggero, dolce e timido come il vento in primavera.
Restò per qualche
secondo immobile, le labbra attaccate alle mie, poi si
staccò leggermente, e le
poggiò di nuovo con più foga, incastrandole
perfettamente fra le sue, risposi al
bacio a mia volta, stringendo i suoi capelli fra le dita, mentre le sue
scorsero sui miei fianchi. Dopo un minuto, fui io ad interrompere il
bacio.
-Chi
mi dice che posso fidarmi di te?
-Imprinting.