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Autore: Zuccherina_00    01/10/2014    2 recensioni
Che senso ha continuare a vivere se ti hanno strappato via la cosa più importante ai tuoi occhi?
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Embry Call, Leah Clearweater, Sam Uley | Coppie: Emily/Sam, Leah/Sam
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Eclipse
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Le mie zampe bianche affondarono nel terreno umido della foresta, il vento mi scompigliava la pelliccia lunga in tutte le direzioni e intorno a me tutto era più nitido, più vivo, tutto a parte a me, perché io ero morta dentro.

Cercavo di pensare ad altro, a qualcosa che non sia Lui, o Lei che me lo aveva portato via. Mi concentrai sui colori della foresta, sui suoi rumori, mentre stavo vivendo una guerra dentro di me. Vidi due scoiattoli che si inseguivano sui rami alti di un grande pino, un cervo che in lontananza mi osservava nascosto nell’alta vegetazione, riuscivo pure a sentire i battiti accelerati del suo cuore, l’odore della paura. Perché dovevo spaventarlo, ero un mostro, un lupo gigantesco che era costretto a proteggere la gente da quelle schifose creature che noi chiamiamo succhiasangue. Era notte e faceva freddo, molto freddo, ma io non lo sentivo forse semplicemente perché ero un licantropo o perché ero fredda già da per mio, il cuore ghiacciato e trafitto dalla crudeltà del mondo.

Senti Leah, hai intenzione di far poesia ancora per molto?

Embry. Quel grandissimo idiota non sapeva farsi i cazzi suoi e lasciarmi in pace quando ne avevo bisogno.

Ehi! Guarda che se potessi lo farei volentieri, ma praticamente sono costretto a sentire i tuoi pensieri acidi...

Lasciala fratello, dovremmo soltanto dire ad Emily di non comprare più yogurt, mi sa che sta esagerando!

Ovvio. Non poteva mancare quel testa calda e Casanova di Paul. Anche se si trovavano a qualche chilometro da me riuscivo a sentirli sghignazzare tra loro. Pezzi di scemi.

Fatti i cazzi tuoi Lahote! ringhiai, abbattendo un tronco in passaggio. Non ce la facevo più a sopportare quei cretini, loro e i loro sogni perversi. L’unico che riuscivo a sopportare è mio fratello, anche se a volte vorrei ucciderlo.

Leah! Si può sapere perché sei sempre così acida? Va beh che sei incazzata da per tuo, ma non prendertela con me! protestò come un bambino il lupo color sabbia che era mio fratello, cacciato chissà dove. Decisi per una volta di ignorarlo e continuare con i miei soliti pensieri monotoni.

Puoi dirlo forte! ancora Embry e Paul. Ma che volevano? Ringhiai mettendoli a tacere, quando finalmente decisero di uscire dalla mia mente, e ripresi a correre più velocemente. Ero stufa di fare queste maledette ronde, volevo solamente infilarmi nel mio letto caldo e dormire, standomene per i fatti miei. Solo per salvare il culo a Bella Swan, che era sempre a cacciarsi nei guai, e Jacob era così ingenuo da cercare ancora di sedurla, sebbene avesse scelto il succhiasangue leggi-pensieri. La odiavo, la odiavo per quello che mi faceva subire, che gli faceva subire. Non si accorge nemmeno che lo stava facendo soffrire tantissimo, sempre a illuderlo…era una pura egoista. Se non esistessero lei e i Cullen, sarebbe stato molto meglio. Sperai con tutto il mio cuore che morissero presto, da lasciarmi vivere la mia povera esistenza in pace.

Leah! mi rimproverò Seth, Non prendertela con i Cullen e neanche con Bella, non è colpa loro se Victoria vuole ucciderla! Poi sono simpatici.

Esci dalla mia testa moccioso! intimai acidamente, il lupo in questione abbassò la testa borbottando frasi sconnesse, e finalmente si allontanò dalla mia mente. Certo, non era colpa loro...

Oh, potevo infine insultare chi volevo senza essere giudicata. Già, io sono sempre acida e stronza, l’umiliazione del genere femminile, il tipico maschiaccio. Ma non avevo scelto io di diventare così, ero stata obbligata a farlo. Mi hanno già stilettato il cuore una volta, non volevo che me lo facessero di nuovo. Da lupa era meno doloroso, perché l’istinto animale ti maschera i sentimenti umani. Quella era l’unica cosa buona nell’essere licantropo, oltre a quello di poter correre velocemente. Infatti la mia velocità era l’unica cosa che zittiva i maschi nel branco. Ero la più rapida, e adoravo esserlo, era l’unico modo per sentirmi libera, se era quello che ero.  

Arrivata alla scogliera, mi ritrasformai infilandomi un pantaloncino e una canotta strappati, e mi sedetti facendo penzolare le gambe giù, sospese nel vuoto. Osservai le onde infrangersi violentemente sugli scogli, provocando un rumore forte. Chiusi gli occhi inspirando a fondo l’odore di salsedine che mi arrivava alle narici, e ricominciai a pensare.

L’anno scorso, in questo preciso periodo doveva venirmi il ciclo, e ancora mi ricordavo come sbuffavo appena veniva il momento. Quanto rimpiangevo quei giorni, a quel tempo ero ancora in grado di diventare mamma. Non potrò mai vivere le gioie di una gravidanza, stringere tra le mie braccia quella creaturina piccola e fragile che doveva essere mio figlio, cullarla e crescerla con tutto l’amore che mi sarebbe possibile dare. Senza volerlo, un lacrima scivolò silenziosa lungo la mia guancia. Quel bambino avrebbe potuto essere di Sam, se non fosse successo tutto questo. Sam avrebbe avuto un figlio, ma non da me. Quando pensavo che le sue labbra non poggiano più sulle mie, che quel “ti amo” non è più destinato a me, che le sue braccia non stringono più me, che le sue mani non sfiorano più il mio corpo, ma il suo. Quando non guarda più me ma lei, come se fosse la cosa più bella di questo mondo. Che lei era come una sorella per me, sapeva tutto di me, lei che…lei che non è nient’altro che mia cugina. E lui la sposerà domani.

 

FLASHBACK

-Tanto non mi prendi!!- correvo a perdifiato lungo la spiaggia, piedi nudi, le guance rosse  per lo sforzo e per il ridere. Dietro di me, Sam mi rincorreva ridendo come un matto minacciandomi di fermarmi. E io gettai la testa all’indietro, gli occhi rivolti verso il cielo che quel giorno era azzurro, e c’era pure il sole, a riscaldare i nostri cuori.

-Signorinella se non ti fermi subito giuro che…- e poi si fermò di parlare, non sapendo cosa dire, e riprendeva a ridere esasperato. E io corsi, corsi, il cuore libero, ero libera.  

-Quanto sei lento!- esclamai senza girarmi, poi rallentai il passo e chiusi gli occhi, godendomi la brezza che mi scompigliava i capelli, i miei piedi a contatto con la sabbia e il mare, il sole che mi accarezzava il viso. Poi sentii due mani calde cingermi la vita, un soffio caldo sul collo e una risata melodiosa, vera, pura. La risata di Sam.

-Ti ho presa!- e perdemmo l’equilibrio cadendo sulla sabbia, lui sopra di me, e ancora stavamo ridendo spensierati. Poi il suo volto si fece serio, mi guardò negli occhi e mi sorrise amorevolmente, accarezzandomi la guancia. –Ti amo Lee-Lee.- e mi baciò, e assaporai le sue labbra carnose e bollenti a contatto con le mie, il suo corpo contro il mio.

-Per sempre?-chiesi come una bambina che sapeva già la risposta, ma voleva sentirla ancora.

-Per sempre, io e te.

FINE FLASHBACK

 

Ma quale per sempre, alla fine tutti se ne vanno. Lo odiavo, lo odiavo per quanto lo amavo. E la cosa più brutta fu quando me l’aveva annunciato.

 

FLASHBACK

Ero tra le su braccia, seduta sul divano, lo sentivo rigido, bollente, era cambiato. Non era più lo stesso. Presi ad osservarlo, la mascella squadrata, le spalle larghe, la sua corporatura massiccia e i suoi muscoli, il suo sguardo profondo, misterioso e grave. Il lupo l’aveva cambiato, non era più il mio Sam.

-Lee-Lee io…devo parlarti.- mi baciò la parte superiore della testa, con lo sguardo perso nel vuoto, poi mi staccò leggermente da se, e mi prese le mani, lo sguardo pieno di dolore.

-Dimmi…ma che c’è Sam? Ti vedo strano.- a quella risposta Sam sospirò, si alzò di scatto e cominciò a tremare, poggiando le mani sul tavolo del salotto e stringendone i bordi, gli occhi chiusi e strizzati.

-Dannazione!- urlò, facendomi sussultare di paura.

-S-Sam…cosa succede?- mi alzai avanzando titubante verso di lui. Avevo paura che si sarebbe trasformato. Alzò la testa aprendo gli occhi e mi guardò, addolorato.

-Lee-Lee...ti amo…- mi fece una tal paura che cominciai anch’io a tremare.

-Ma perché mi dici questo amore? Lo so che mi ami.-risposi cercando di nascondere il mo stato preoccupato, e accennai a una risatina divertita. Scosse la testa e batté un pugno sul tavolo, spaccandolo in due. Sussultai. –Perché?! Perché a me?!-si mise ad urlare facendo i cento passi e stringendosi la testa fra le mani. Lo fermai tenendogli le braccia, era indomabile, accecato dalla rabbia e da chissà quale altra cosa.

-Sam! Fermati, fermati! Dimmi che succede.- dissi guardandolo negli occhi, smise di tremare ma non riuscì a sostenere il mio sguardo, allungò una mano per sfiorarmi la guancia ma poi la ritrasse, come se qualcosa glielo impedisse.               

-Mi dispiace…mi dispiace così tanto…- sussurrò con voce rotta. Gli presi il viso tra le mani, ma lui si irrigidì, così le tolsi immediatamente, scioccata. Sospirò pesantemente e guardò oltre la mia spalla, gli occhi lucidi. –S-sai, tua cugina Emily…- cominciò, ma non riuscì a continuare.

-Cosa? Cosa Emily?-chiesi confusa, cercando il suo sguardo. Si passò una mano fra i capelli corvini , in difficoltà. –D-a quando l’ho vista io…

Tutto intorno a me, sparì, ero in una bolla dove si celava il mio shock, la voce di Sam era lontana, spiegava come era successo, cosa avevano fatto quando non c’ero, si malediva, mi chiedeva perdono, e io ero soltanto una stupida con gli occhi velati.

No. No ti prego no. Dimmi che non è quello che penso. Spalancai gli occhi cercando una risposta, che non mi diede, ma capii subito.

-No.- si voltò a guardarmi, sofferente, negli occhi. –No, no no!!!! Non è vero Sam! Non farmi questi scherzi!- sbottai allontanandomi da lui, fece un passo verso di me aprendo la bocca per parlare, ma lo impedii fulminandolo con lo sguardo.

-Tu…come hai potuto?!

-Lee-Lee io non vo…

-NON CHIAMARMI COSÌ!!!!- provò ad avvicinarsi ancora, stavolta lo lasciai fare. Mi attirò a se, ancora bloccata in mezzo al salotto.

-N-non…ho potuto controllarlo…mi dispiace tanto piccola, sapessi quanto mi dispiace…-lo scostai da me bruscamente e gli diedi uno schiaffo, che lo fece tremare vistosamente, così mi allontanai.

-Come hai potuto farmi questo?! E da quando?!- stette in silenzio per un po’ scrutandomi con lo sguardo, colpevole, e lo abbassò guardando i suoi piedi. –DA QUANDO!?

-D-da un mese.

-COSA?!- urlai, le lacrime avevano iniziato a rigarmi il volto.

-Amore calmati…- mi disse tenendomi per le braccia.

-NON. CHIAMARMI. COSÌ SAM!!- improvvisamente mi prese per i fianchi e mi fece sbattere contro il muro, baciandomi con foga, disperazione. Rimasi stupita per il primo momento, ma poi risposi al bacio con altrettanta voglia. Fece passare le mani sotto la mia maglietta accarezzandomi la schiena. –Perché mi fai questo?-sussurrai con le labbra attaccate alle sue, e questo ebbe il dono di fermarlo. Mi guardò un secondo incredulo, e si scostò di scatto da me.

–Non…posso.- si avvicinò nuovamente, carezzandomi la guancia bagnata di lacrime, ne asciugò una nuova che stava scendendo con il pollice, poi mi diede un bacio leggerissimo a fior di labbra. -Ti amo Leah…addio.- e un secondo dopo fu fuori di casa. Mi lasciai andare contro il muro, sedendomi sul pavimento, le mani fra la testa, le labbra gonfie del suo bacio, il suo odore su di me, il viso arrossato e i capelli spettinati. Scoppiai in lacrime.

FINE FLASHBACK

 

Ecco dove ne eravamo arrivati. Mi aveva fatto le corna e pretendeva ancora il mio perdono, sapendo benissimo che non lo avrebbe mai avuto, e anche se fosse stato, quella maledizione ci avrebbe divisi ancora una volta. Mi asciugai le ultime lacrime velocemente, quando sentii dei passi intorno a me.

-Leah.

Mi girai, e vidi Embry, mi guardava imbarazzato, le mani in tasca.

-Che cosa vuoi?- sbottai, acida come sempre. Alzò gli occhi al cielo e si avvicinò a me.

-Puoi smetterla di comportarti così? Non sono stupido, ti ho vista piangere.

-Io non stavo piangendo.-risposi, poco sicura di me, incapace di affrontare il suo sguardo, e tornai a guardare il mare, le labbra serrate. Essere vista mentre piangevo era l’ultima cosa che volevo.

-Certo, come no.- sospirò, passandosi una mano fra i capelli, poi si avvicinò ancora. Sentii uno spostamento d’aria, poi un calore di fianco a me. Girai lentamente la testa, e vidi il suo sguardo insistente su di me. Tornai a guardare l’orizzonte, decisa a non stare ad ascoltare le sue prese in giro.

-Ascolta…- sospirò, -sicuramente da me non vorrai consigli, non sarò la persona che ti sta più a cuore in questo mondo, anzi penso di essere una delle ultime.

-Hai detto bene.

-Ma…

-Ma cosa Embry? Che farai? Mi prenderai in giro come lo fai sempre? Dirai che sono stronza e acida, che nessuno mi merita, che Sam aveva pessimi gusti?!- urlai, guardandolo finalmente negli occhi, e per la prima volta notai quanto fossero belli. Color cioccolato nero, profondi, che ti scavano dentro l’anima, scoprendo punti di te che non pensavi nemmeno di avere. Mi guardò anche lui negli occhi, scrutandoli per bene, osservandoli, studiandoli. A quel punto distolsi lo sguardo imbarazzata, e arrossii. Chissà perché.

-Io non sono qui per prenderti in giro, Leah.- disse dopo un lungo istante di silenzio, sempre lo sguardo fisso su di me.

-Ho il diritto di esserne sorpresa?-brava Leah, mostrati dura, nessuno deve vedere come sei veramente, la gente poi ne approfitta.

-Sì, penso di sì.- sempre con gli occhi su di me. Non ricambiai, continuai a guardare quella linea immaginaria e infinita, che separava il cielo dal mare, così interessante all’improvviso. –Lo vedi anche tu eh?

Mi girai a guardarlo, accigliata, poi riportai lo sguardo davanti a me. –Che cosa?- chiesi, sempre acidamente.

-L’orizzonte. Può sembrar strano, ma ogni volta che lo guardo mi viene addosso tanta malinconia. E sono sicuro che ora ti fa lo stesso effetto.

Annuii, lo sguardo perso nel vuoto, il cuore pesante, la faccia inespressiva.

-Lo sai che non mi è per niente facile con te?- chiese, e per la prima volta mi sembrava sincero. –Non riesco a parlarti normalmente come faccio con le altre ragazze, mi è impossibile.

-Forse perché non sono come tutte le oche che ti cadono ai piedi, e sicuramente nessuna di loro ha vissuto quel che ho vissuto io, e vivo tuttora.

-Forse.

Silenzio. Strano, ma a me piaceva.

-È uno stronzo.- sapevo già a chi si riferiva, non c’era bisogno di tanti giri di parole. L’unico vero stronzo qui, era lui. –E per colpa sua, ora sei così.- disse a denti stretti, la voce rotta da qualcosa che sembrava tristezza.

Annuii ancora, incapace di parlare, non mi andava di piangere ancora davanti a lui.

–E sai qual è la cosa che mi fa più arrabbiare? Che non ci abbia provato.

Il groppo in gola era tornato. Aveva pienamente ragione, non ci aveva provato, si era lasciato andare nelle sue braccia così, dimenticandosi di me.

-Magari ti avrà amato, ma non abbastanza da combattere per te.

Avevo voglia di dargli un paio di schiaffi ben meritati, ma mi trattenni, ancora una volta aveva ragione. Me n’ero appena accorta. Probabilmente era innamorato di me, ma se mi avesse amato veramente, avrebbe lottato.

Sentii l’occhio destro prudermi, pregai perché non succedesse ma invece fu il contrario: una lacrima involontaria scese lungo la mia guancia, scivolò fino a raggiungere la mandibola, poi il collo, e si fermò li, a metà strada. Silenziosa, piccola, ma diversa. Non era come le altre lacrime, di rabbia o rancore. Ma di dolore, dolore puro, tristezza. Mi morsi il labbro per non singhiozzare. Era troppo il dolore, non ce la facevo più a soffrire. Ero stufa di vivere. Odiavo la mia esistenza.

-Guardami.

E pensa che gli obbedisca? Mi sento già umiliata così, non c’è ne bisogno ancora. Probabilmente capì quello che pensavo, perché si avvicinò ancora a me, a tal punto che le nostre ginocchia si toccavano. –Guardami Leah.

Il suo tono di voce giunse alle mie orecchie come una debole supplica, un sussurro, un soffio portato dal vento. Perché riusciva sempre a convincermi?

Girai lentamente la testa, e lo fissai, inespressiva. Mi soffermai sui suoi occhi, puntati nei miei, tanto che vidi il mio riflesso nelle pupille. Poi gli zigomi, perfetti anche quelli, un po’ pronunciati. In seguito i capelli, scuri, setosi, ribelli, e qualche ciocca ricadeva sulla fronte, corrugata, in cerca di risposte che non avrei potuto dargli, che non avevo intenzione di dargli, ma che avrebbe avuto ugualmente. Passai a fissare la bocca, piena, carnosa, invitante, mezza aperta, che lasciava trasparire i suoi denti bianchissimi. Non l’avrei mai detto, magari perché vedevo solo il suo essere maschio, puramente idiota e deridente, ma Embry Call era davvero un bel ragazzo.

Mi scossi da quei pensieri quando sentii la sua mano accarezzarmi una guancia, e asciugare con il pollice la scia che aveva lasciato la mia lacrima. Abbassai lo sguardo, vergognosa di me stessa, di essere così.

-Lo so perché sei così, Leah. Non mi piace che tu sia così.- mormorò, tenendo sempre una mano sulla mia guancia. Ma che stavo facendo? Perché non lo respingevo? Solitamente gli avrei ringhiato contro e mi sarei allontanata, magari dopo avergli assestato un bel calcio nello stinco, come avevo sempre fatto, con tutti del resto. L’unica persona con cui riuscivo a essere me stessa, era Seth. A volte quel moccioso era un vero rompipalle, lo ammetto. Ma gli volevo bene,  Dio se gliene volevo. Ma dove era finita la vera Leah? Quella aggressiva, insensibile? O meglio mi correggo, dov’era finita la solita Leah?

Bruscamente mi resi conto che stavo abbassando la corazza, così mi scostai da lui, allontanandomi di qualche centimetro, e tornai a fissare l’oceano.

-Non ti lasci domare, vero Clearwater?- borbottò sarcasticamente, tornando ad essere quello di sempre.  Ero pure pronta a scommettere che aveva sollevato l’angolo della bocca in un ghigno tipicamente lupesco. Mi girai di scatto e lo aggredii con lo sguardo, maledicendomi un milione di volte per aver ceduto davanti a lui.

-Torni ad essere quello di sempre, vero Call? Per un secondo avevo pensato che anche tu avessi un cervello. Ma ovviamente non è così.- sputai, acida. Il mio commento non lo scompose nemmeno un po’, e incrociò le braccia al petto allargando maggiormente il suo sorriso, su quella faccia da prendere a schiaffi. Lo odiavo.

-Calmati tigre, sospetto che ti sono tornate quelle cose che a voi donne capitano una volta al mese, se ne sei una, ovviamente.-  disse, ancora con quel sorriso. Io magari sarò un insensibile, stronza, acida, insultatrice, aggressiva eccetera. Il mio cuore era magari fatto di ghiaccio, ma lui proprio non ne aveva uno. Non mi presi nemmeno la briga di menarlo a morte, ero priva di forze, stufa di essere continuamente ferita e combattere per mantenermi intera, se mi stavo sbriciolando dentro. Sospirai scuotendo la testa, gli lanciai uno sguardo sofferente e stanco, lasciandomi cadere indietro  e coprendomi il viso con le braccia.

–Se sei qui per questo, vattene ti prego.- sussurrai, sicura che mi avrebbe sentito, e cominciai a piangere silenziosamente. Non ce l’avrei fatta in questo modo. Mi dispiaceva per Seth e mia madre, ma che senso ha continuare una vita priva anche di un pizzico di felicità?

Sospirai, lasciandomi scappare un singhiozzo, e in quel momento avrei potuto trasformarmi per alleviare il dolore. Ma non avrei ancora affrontato le battute sarcastiche di Paul, Jared ed Embry, i sensi di pietà di Seth e Quil, i sogni perversi di Sam su Emily e le smancerie di Jacob verso la sua amata Bella Swan. 

Che se ne vadano tutti all’inferno, con tutto il cuore.

Sentii una presenza accanto a me, ma poteva essere soltanto un impressione. Fantastico, cominciavo anch’io ad avere illusioni, sto somigliando sempre più a Swan, l’unica cosa che mi differenziava da lei ora era la sua codardia, che io non avevo.

-Ehi, tigre…

Alzai le braccia per vedere chi avesse parlato con quella dolcezza, e mi trovai ancora davanti all’idiozia in persona. Mi alzai di scatto, lanciandogli uno sguardo assassino.

-Ma si può sapere che vuoi da me?! Mi volevi far male?! Beh, ci sei riuscito, ora torna pure da quei cretini dei tuoi amici, e lasciami in pace!- feci per assestargli un pugno sulla mandibola ma mi fermò prontamente tenendomi il polso, e mi guardò seriamente negli occhi. Si può sapere perché accidenti lo trovo sempre più bello?

-Sono un idiota.

-Wow, te ne sei accorto?!- urlai fuori di me.

-Leah…- fece per dire, ma sospirò chiudendo gli occhi per un momento, e quando li riaprì mi guardò con una luce nuova, che fosse amore?

Mi baciò le nocche della mano che teneva ancora in pugno, gli occhi nei miei. –Mi ricordi la Regina di Ghiaccio. Bella, dannata.- poi mi accarezzò il dorso della mano, dolcemente, con il pollice. –Forse anche lei una volta non aveva il cuore di ghiaccio.

Sospirai, consapevole che la mia corazza si abbassava nuovamente. Mi fissò a lungo, accennando a un mezzo sorriso, ma stavolta non era sarcastico, ma sincero.

–Leah, apri il tuo cuore.

-L’ultima volta che l’ho fatto me lo sono ritrovato spezzato.- brava Leah, sempre con la battuta pronta.

-E se una volta provassi a fidarti?- allungò lentamente una mano, e la posò delicatamente sulla mia guancia. Si avvicinò lentamente, fino a quando i nostri nasi si sfiorarono. Mi ritrassi immediatamente a quel tocco, ma lui mi trattenne fermamente, passando la mano dalla mia guancia alla nuca.

-Perché dovrei?

-Fidati.- sussurrò, e si avvicinò ancora, le sue labbra a pochi millimetri dalle mie. Si fermò, respirando sulla mia bocca, e quando il suo fiato caldo mi colpì, una scarica elettrica mi percosse la colonna vertebrale. Finalmente colmò quella piccola distanza e sfiorò le sue labbra con le mie. Fu un bacio leggero, dolce e timido come il vento in primavera. Restò per qualche secondo immobile, le labbra attaccate alle mie, poi si staccò leggermente, e le poggiò di nuovo con più foga, incastrandole perfettamente fra le sue, risposi al bacio a mia volta, stringendo i suoi capelli fra le dita, mentre le sue scorsero sui miei fianchi. Dopo un minuto, fui io ad interrompere il bacio.

-Chi mi dice che posso fidarmi di te?

-Imprinting.

  
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