Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: jarco    01/10/2014    0 recensioni
Si addentrò di nuovo per le vie di Trost, deciso a scovare tutti i cadaveri che ancora attendevano di essere trovati per poter permettere loro di avere un addio degno di essere chiamato tale.
Girò a sinistra, notando che c'era un corpo accasciato contro un muro. Era il corpo, o meglio mezzo corpo, di un ragazzo; i capelli erano corti e biondi rasati sulla nuca, l'occhio sinistro ancora aperto mostrava una pupilla color ambra e indossava la divisa da cadetto. Gli si gelò il sangue nelle vene.
"J-Jean?"
Genere: Azione, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Jean Kirshtein, Marco Bodt, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza
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Marco correva, il vento che gli scompigliava i capelli corvini e accarezzava il suo viso lentigginoso. Gli era sempre piaciuta quella sensazione ma non in quel momento. Era troppo impegnato a cercare di salvarsi dall'inferno che si stava manifestando tra le strade di quello che rimaneva della città di Trost. Aveva visto Eren trasformarsi, Mikasa apprensiva gli faceva strada insieme ad Armin verso la breccia nel muro che il titano Colossale aveva aperto all'entrata della città. Vide Sasha lì vicino imbattersi in un titano e Connie sempre pronto a offrirgli il suo aiuto dirigersi verso di loro. C'era qualcosa tra quei due -ormai tutti l'avevano capito-, solo quei due stupidi erano gli unici a non rendersene ancora conto. Mentre correva un fulmine lo colpì a ciel sereno...

Jean.

L'aveva visto poco prima mentre cercava di liberarsi dalla sua attrezzatura, molto probabilmente danneggiata da una brutta caduta. Si erano guardati negli occhi per un instante, ma sapendo che il suo migliore amico ce l'avrebbe fatta aveva continuato a correre inseguito da un titano. Ma ora una brutta sensazione gli attanagliava lo stomaco. D'istinto cambiò direzione percorrendo i passi appena fatti tornando indietro. Svoltò l'angolo e andò a sbattere contro qualcosa di indecifrabile; l'urto lo fece cadere all'indietro di pochi metri, il tempo di riprendersi dall'impatto che si trovò davanti un titano di sette metri.

Cazzo non adesso...

Sfoderò le spade e attivò il meccanismo, salì su un tetto li vicino pronto all'attacco e intanto il pensiero di Jean si faceva sempre più prepotente nella sua testa. Si aggrappò al retro del collo del titano e con un taglio netto lo uccise. Riprese a correre, una corsa quasi disperata, svoltò a destra dove sperava di trovare Jean ad aspettarlo con il solito sorriso beffardo dipinto sul volto occupato a ridere di lui per essersi preoccupato per niente, ma di Jean neanche l'ombra.

"JEAN... DOVE DIAVOLO SEI?"

Ormai l'umanità si era ripresa il distretto di Trost da due giorni. E da due giorni i soldati della guardia cittadina e le reclute sopravvissute stavano recuperando i corpi dei loro compagni morti.
Marco avvolse il corpo di Franz in un telo bianco; Anna era di fianco a lui e non smetteva di piangere. Il ragazzo era davvero dispiaciuto per la morte di Franz, ma mai quanto lo fosse per lei: era Anna la viva, era lei a dover sopportare la perdita. Le poggiò una mano sulla spalla per cercare di confortarla, anche se sapeva bene che non sarebbe riuscito nel suo intento, poi si caricò il corpo di Franz in spalla e lo portò dove erano già raggruppati altri decine di corpi dei soldati caduti in battaglia.
Da quando l'umanità aveva vinto per la prima volta contro i giganti Marco si sentiva come diviso in tre: una parte di lui era dispiaciuta per le vittime e i loro familiari, la seconda era contenta del fatto che non fosse toccato a lui morire e, infine, la terza se la prendeva con se stesso per ciò che pensava la seconda parte. Cercava di far diminuire i sensi di colpa dicendosi che facesse parte dell'animo umano gioire della scampata morte in una catastrofe, ma spesso non riusciva comunque a liberarsene.
Si addentrò di nuovo per le vie di Trost, deciso a scovare tutti i cadaveri che ancora attendevano di essere trovati per poter permettere loro di avere un addio degno di essere chiamato tale.
Girò a sinistra, notando che c'era un corpo accasciato contro un muro. Era il corpo, o meglio mezzo corpo, di un ragazzo; i capelli erano corti e biondi rasati sulla nuca, l'occhio sinistro ancora aperto mostrava una pupilla color ambra e indossava la divisa da cadetto. Gli si gelò il sangue nelle vene.

"J-Jean?"

Marco sapeva di essere debole, lo era sempre stato. Non provò neanche a nascondere le lacrime di dolore che gli rigavano il viso mentre guardava il falò che faceva diventare cenere i corpi dei soldati morti. Non sapeva neanche più quale fosse quello di Jean. I suoi compagni e amici erano dietro di lui. Connie e Sasha piangevano. Annie e Reiner avevano espressioni impassibili mentre gli altri guardavano il falò con il dolore negli occhi.
Non si era mai sentito così impotente e pieno di rabbia. Mentre quest'ultimo sentimento cresceva dentro di lui, una consapevolezza lo colpì.
Non sapeva come era morto Jean, né quanto ci avrebbe messo lui a raggiungerlo. Ma una cosa la sapeva: lo avrebbe vendicato. Non avrebbe lasciato correre la sua morte.
Avrebbe ucciso quanti più giganti avrebbe potuto, questo lo sapeva.
  
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