" Ciao papà..."
Una voce nota mi distrasse dal foglio che stavo leggendo, alzai gli occhi e vidi il volto sorridente di mia figlia.
"Da quando mi chiami papà?Nemmeno quando avevi 5 anni ti ho mai sentito chiamarmi così..."
"C'è sempre una prima volta nella vita, volevo sentire l'effetto che ti avrebbe fatto sentirti chiamare così, è un esperimento sociologico..."
"Va, smettila" le risposi "Aspetta dieci minuti mi cambio e arrivo"
"Ok, Milo cioè papà" rispose lei con sguardo divertito.
Mi diressi nello spogliatoio e tolsi la divisa dell'hotel presso il quale lavoravo per rimettermi il maglione ed i jeans che indossavo dalle 22 di ieri sera, orario di inizio del mio turno.
Dalla porta a vetri dello spogliatoio vedevo mia figlia che cercando di non farsi notare, sbirciava l'elenco dei clienti che avevo lasciato sulla scrivania...Le avevo detto parecchie volte che non doveva toccare le carte che lasciavo sulla scrivania della reception, ma lei imperterrita continuava a farlo, sicura che non l'avrei mai scoperta...Tutta sua madre, pensai.
"Finalmente sei pronto, andiamo a fare colazione?Ho una fame..."
"Come mai questa visita alle 6 del mattino?"
"Ma, non riuscivo molto a dormire questa notte, così ho chiesto a Lavi se mi accompagnava a prenderti al lavoro..."
Mia figlia aveva scomodato la sua amica all'alba per farsi portare da me al lavoro, a volte le sue iniziative erano inquietanti...
"Di piuttosto che speravi di incrociare Arben ad inizio turno, dii la verità..."
"Ma che dici, Milo?Figurati...Sai che penso che i ragazzi siano tutti stupidi..."
"Va beh, vai a raccontarlo a qualcun altro..." le dissi lanciandole un sorrisetto ironico.

Mentre mi avvicinavo con mia figlia al bar, non potei fare a meno di pensare a quanti anni fossero passati da quel 27 Maggio 1988...Erano già passati quasi vent'anni, vent'anni senza di lei.
Vent'anni passati tra ospedali, centri di riabilitazione, dottori, sempre a sentirmi dire sua figlia non farà questo, non farà l'altro e invece eccola lì sana e bella davanti ai miei occhi.
La sua nascita estremamente prematura, le aveva causato un deficit motorio agli arti inferiori e da sempre avevamo dovuto combattere con interventi chirurgici, sedute estenuanti di fisioterapia, antidolorifici, ma ora le cose sembravano andare abbastanza bene, Georgia aveva un buon grado di autonomia anche se il suo equilibrio non era molto buono e ogni tanto in alcune attività andava aiutata.
La sua esperienza mi aveva fatto capire che la vita non va sempre come vuoi, che purtroppo ci sono cose che non puoi controllare e che vanno come devono andare, tu puoi solo accettare quello che viene altrimenti smetti di vivere...
Un pensiero un pò troppo filosofico da parte mia, ma in quei 20 anni ero cambiato profondamente anche io, ma questa è un'altra storia...