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Autore: Queen of Superficial    03/10/2014    5 recensioni
Zacky sbuffò con quanto fiato aveva in corpo e si diresse calcando i talloni verso il comodino, trascinando con il filo del telefono tutti i soprammobili che si frapponevano tra lui e la marcia. Accese l'abat-jour e afferrò il cellulare: quattro chiamate perse, tutte di Valary. La sua ex squittì per il rumore e si rigirò nel letto, insultandolo pesantemente.
“Sto facendo una telefonata importante. Se la cosa ti disturba, la porta è là dove te la ricordi.”, si voltò a zittirla lui di malo modo, coprendo la cornetta con una mano. Lei si alzò, raccolse le sue cose, inciampò su un piccolo delfino di ceramica facendosi male, lo insultò di nuovo e svanì nel corridoio. Zacky la guardò andare.
“Chi era?”, chiese Johnny, lievemente.
“Nessuno. Un topo. Hai provato a chiamare a casa di Jimmy?”
“Non risponde nessuno. Hanno anche il cellulare staccato, tutti e tre!”
Zacky si fece meditabondo. Si stava già infilando una scarpa.
“Che fine hanno fatto?”, si domandò Johnny, candido.
“Che fine vuoi che abbiano fatto alle quattro del mattino tre maschi adulti? Non penso si siano affiliati ad Al-Qaeda.”
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Synyster Gates, The Rev, Un po' tutti, Zacky Vengeance
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The best way out is always through”
- Robert Lee Frost

 

 

Brian Haner era una persona appuntita.
Lo avevano sempre pensato tutti. Magari non in quei termini lì, appuntito, ma non era difficile vedere che aveva spigoli su cui era facile farsi male, cadendo di taglio. Spigoli nell'anima. E tamburi nella notte. Il mal di testa a oscillazione di gong che Brian accusava durante quella particolare serata di quello scialbo gennaio lo sospinse, come una barca alla deriva, ad aprire due occhi sofferenti e gonfi dentro il nulla cosmico del soffitto.
“REV” urlò, con quanto fiato aveva in gola.
Non era abbastanza. I tamburi nella notte seguitavano a tuonare.
“Dio, digli di smettere.”, sussurrò all'aria, premendosi forte un cuscino del divano sul viso stravolto.
Una tenda di capelli chiari gli solleticò la pelle lasciata nuda dallo scollo a v della maglia.
“Non sono Dio e, anche se lo fossi, al momento non mi ascolterebbe.”, sussurrò una voce delicata. Brian si scoprì un grande nichilista nei confronti del Creato. Non sopportava nulla, al momento attuale. Non sopportava quella voce, l'odore caldo e avvolgente di quei capelli, la curva sensuale di quelle labbra, il peso di quello sguardo attraverso le lunghe ciglia, le gambe che sicuramente erano da qualche parte a non più di mezzo metro da lui, il profumo burroso di quella pelle, il rumore di una tenda che sbatteva contro un muro e quell'incessante, insostenibile, ovattata cazzo di grancassa che valicava le pareti, le montagne e probabilmente pure l'atmosfera. Con il dolore che gli pulsava nelle tempie, Brian avrebbe potuto giurare di essere certo che i colpi di pedale di quella bestia del suo migliore amico avevano buttato giù dal letto qualche onesto contadino russo di Novosibirsk a causa del rumore assordante che producevano.
“JAMES, PER CRISTO”
“...con Cristo, e in Cristo.”, terminò una voce solenne, avvicinandosi pericolosamente al divano.
“Zacky, levati dal cazzo. Ho mal di testa.”
Arrivò una lieve risata. “Contrariamente all'opinione comune, sul tuo cazzo non ci sono mai stato. Né ho intenzione di starci nel prossimo futuro, te lo dico per amor di chiarezza.”
Brian agitò una mano alla cieca davanti a sé.
“Puoi andare a dire a Jimmy di smetterla con questo frastuono?”
Questo frastuono? Hai mal di testa o ti sei evoluto in sua madre?”
Brian percepì il lieve movimento di capelli che frustavano l'aria allontanarsi da lui. Per come lo rendeva ricettivo quell'atroce emicrania, riusciva quasi a percepire perfino il suono delle lacrime dei suoi antenati che, perduti nei secoli, disapprovavano, da dentro alle bare, la sua inqualificabile condotta di vita. Qualcosa gli sfrigolò pericolosamente vicino all'orecchio.
“Vuoi bere un'aspirina?”, disse capelli-lunghi-voce-suadente.
Il chitarrista si scostò il cuscino dalla faccia con una certa ingiustificata furia e afferrò il bicchiere che la ragazza gli stava porgendo.
“Va bene che abbiamo passato i trenta.”, commentò, allungando il collo per bere senza strozzarsi, “Ma non è un po' presto per assumere una badante?”
“Non avete bisogno di una badante, ma di un'insegnante di sostegno. Le vostre signore sono in odore di santità.”, commentò lei.
“Ex signore, per quanto mi riguarda.”, rettificò Zacky, accomodandosi sull'altro divano con in mano una copia di Vanity Fair, “E la mia era in odore di tante cose, ma di santità non saprei.”
La ragazza si voltò verso di lui arrotolando il jack di un amplificatore, e gli rivolse uno sguardo dolce ma ineludibile.
“Cara, in questo posto c'è per caso del vino?”, domandò quindi il secondo chitarrista, accavallando le gambe.
Lei sorrise. “Certo. Te ne verso un bicchiere.”
Brian osservò il decorso della scena con un sopracciglio alzato.
“Zacky.”, lo chiamò, lieve.
“Dimmi.”, rispose quello, abbassando Vanity Fair.
Cara, c'è per caso del vino?”, gli fece il verso, “Siamo proprio sicuri che non vuoi salire sul cazzo di nessuno? Perché, a vederti da qui, qualche dubbio comincio ad averlo.”

 

Jimmy vagava in un universo privato di suoni incastrati gli uni negli altri. Non si spaventò, comunque, quando lei gli arrivò felpata alle spalle e lo abbracciò da dietro. Tirò giù le cuffie, cercando di non colpire il suo viso, così vicino.
“Non volevo interromperti.”
“Non mi hai interrotto.”
“Brian ha mal di testa. Ha implorato Dio di venire a farti smettere.”
“Hai fatto bene a venire tu al suo posto. A Dio non avrei dato retta.”
Lei socchiuse gli occhi e si concentrò sul rosso vivo delle manette che lui aveva tatuate intorno al collo. L'impulso di baciarlo era forte. Allungò una mano ad accarezzare il China e lo sentì rigido, per una frazione di secondo, trattenere il fiato guardando qualcun altro toccare la sua batteria.
“Vuoi venire di sopra? C'è Zacky.” disse infine la ragazza a mezza voce.
“Ah, che inatteso piacere.”, rispose lui, ironico e allegro, alzandosi in piedi.

 

This is the way the world ends,
not with a bang
but a whimper”
- Thomas Stearns Eliot

 

“Zacky! Non vedevo l'ora di vederti.”
“Vaffanculo.”
“Belle? Che ne dici di portare di qua quella bottiglia di vino?”
La ragazza, che non si chiamava affatto Belle ma ormai ci si era piuttosto abituata, sorrise a Zacky e sparì oltre la porta della cucina.
“Guarda che sarebbe un'ospite, non la cameriera.”, puntualizzò Jimmy.
“Sì, non ho ancora capito cosa ci fa a casa tua infatti. Ospite di chi, precisamente? Ma come l'abbiamo conosciuta? Qualcuno si ricorda quando l'abbiamo conosciuta?”
Jimmy stava per aprire bocca, ma Belle lo precedette. “Mi avete conosciuta a una festa di Kelly. Ci faccio a casa sua che mi ci ha invitato lui. Siamo amici.” disse, dolcemente, versando il vino nei bicchieri.
“Cioè scopate.”, ribatté Brian, la voce ovattata dal cuscino che si era rimesso in faccia.
“No, non scopiamo.”
La mano affusolata di Belle accese una sigaretta e lei accavallò le gambe, sedendosi di fianco a Zacky. Brian estrasse il viso dal cuscino e guardò la ragazza e poi l'amico, seduti nella stessa posizione. “Ah, ecco da chi hai imparato, Zack.”
Calò un silenzio privo di sottintesi.
“Comunque, io non ho amiche donne. Le donne o te le scopi o no, non è che puoi diventarci amico.”, sentenziò ancora il chitarrista, tirandosi a sedere.
“Che diavolo dici?”, ribatté Zacky, piccato, “E Valary? Lacey?”
“Non sono amiche mie, sono le donne dei miei amici.”
Tossì un paio di volte, poi si accese una Marlboro e sollevò un calice di vino. Belle lo guardava impassibile, vagamente divertita.
“Non fate gli ipocriti.”, disse, rivolto a Zacky, “Tu non hai amiche femmine. E manco lui.”, chiosò,
indicando Jimmy con un cenno del capo, “Almeno, non del genere con cui parli dei tuoi incubi alle cinque del mattino o che inviti fuori per una birra e quattro chiacchiere. Siamo più orientati sul genere amiche che puoi chiamare quando sei a casa da solo e in tv non fanno niente di interessante.”
Zacky rivolse gli occhi verdi al soffitto e si abbandonò sullo schienale, esausto. Lo esauriva il modo di fare dei suoi compagni di una vita. Lo esauriva la maniera inefficace in cui affrontavano le cose, le loro inoppugnabili opinioni e il fatto che tentare di far ragionare Synyster era, il più delle volte, paragonabile a tentare di farsi battere a scacchi da uno scaldabagno.
“Guarda che Belle è qui presente.”, rantolò, senza guardarlo, “Non puoi parlare di lei come se non ci fosse. Oltretutto, dovrebbe essere anche amica tua.”
“Non è amica mia. La tollero.”
Belle si alzò in piedi, per nulla risentita. Prese il cardigan dalla sedia dove lo aveva lasciato e se lo infilò addosso, avanzando verso il divano di Brian che si ritrasse impercettibilmente, guardingo.
“Io vado a casa, domani ho un esame. Ci vediamo in questi giorni.”
“Ti accompagno, per carità di Dio è stata una serata anche troppo piacevole.”, saltò in piedi Zacky, dietro di lei. Belle diede un bacio su una tempia a Brian, che le restituì lo schiocco su una guancia, in netto contrasto con quel che aveva detto fino a mezzo secondo prima. Poi passò da Jimmy. Ritraendosi dai baci di commiato, le labbra di Jimmy finivano sempre sul suo collo. Sapeva che lo faceva apposta, perché si era accorto di quanto le piacesse. “In bocca al lupo, piccola.”, le disse lui.
Nel mondo io vi mando, come pecore in mezzo ai lupi.”, ribatté Belle citando la Bibbia, diretta verso l'uscita con un sorriso dolce solo per lui.
“Mi avverti quando arrivi a casa?”
“Ma sono con Zacky!”
“A maggior ragione.”
La ragazza sospirò, divertita.
Il batterista le rivolse uno sguardo carico d'affetto, e indugiò con gli occhi sul legno della porta anche dopo che lei e Zacky se la furono chiusa alle spalle.
“Non è vero.”, disse, dopo un paio di minuti di raccolto silenzio in cui Brian era scivolato in un quieto dormiveglia da vino.
“Scusa?”, rispose, mettendo a fuoco Jimmy nonostante il sonno.
“Non è vero che la tolleri.”, ribatté il suo migliore amico di sempre, voltandosi verso di lui, “Ti piace. Ti piace da morire.”

 

Non abbattete mai un recinto prima di sapere perché è stato costruito.”
- RLF

 

“Cosa c'è fra te e Jimmy?”
Belle si strinse nel cardigan, e i capelli biondo scuro le fluttuarono intorno come fantasmi disoccupati.
“Al momento? La Ocean Lane.”
Zacky non era certo un indovino di prima categoria, ma si era fatto un'idea precisa di quella ragazza dolce e intelligente che gli orbitava tanto intorno negli ultimi tempi. Era una vecchia, nebbiosa amica della sorella minore di Jimmy. Andava all'università, studiava qualcosa di strano che c'entrava almeno marginalmente con la psicologia. Era bella in un modo innegabile, anche un po' inusuale, per il tipo di bellezza a cui erano abituati loro in California. Johnny l'aveva definita una bellezza da sabbia bianca e sottile in odore di tramonto sull'oceano Indiano, o anche una bellezza da bosco di conifere innevato e illuminato da un tiepido sole, ma c'è da dire che quella volta Johnny era particolarmente ubriaco. Zacky, invece, registrava una curiosità scientifica nei confronti di quella che lui pensava fosse la sua intelligenza. Brillante, acuta, divertente. Ma non era quello il punto. Il punto era che lei aveva fascino, un fascino misterioso e insondabile, ed era per quello che piaceva un po' a tutti. Neanche Shadows era rimasto indifferente, e lui era allenato da anni ed anni in cui aveva cercato, con più o meno successo, di fingersi indifferente a qualunque cosa con le tette che non fosse Valary.
“Sul serio.”, ribatté lui.
Belle sorrise. “La risposta è sempre la stessa. Siamo amici.”
Zacky fissò per svariati secondi le palme che costeggiavano il litorale.
“Ti va se ti porto a bere qualcosa?”
Poi si ricordò improvvisamente di un dettaglio.
“Ah già, l'esame!”
La ragazza lo guardò per un lungo, sentito attimo di vento.
“Va bene. Cerchiamo di non fare tardi.”

 

Dobbiamo essere più buoni.”
“Non credere che sia una strada percorribile con la buona volontà”
ho detto io con cognizione di causa.
- Paolo Sorrentino, Hanno tutti ragione

 

“Ti spiace ripetere quello che hai appena detto?”
“Ho detto che lei ti piace.”
“Io sono un uomo sposato!”
“Cosa c'entra? Potresti essere anche una tazzina di ceramica o uno scoiattolo volante, chi se ne frega. Lei ti piace, è chiaro, ovvio e lampante. E, se lo vuoi sapere, se n'è accorta pure lei.”
Il tono di entrambi era canzonatorio, ma qualcosa nell'aria vibrò lievemente, come una nota stonata. Brian versò altro vino ad entrambi, occhieggiando l'amico con discrezione.
“Sei geloso?”, provò a scherzare. Si accorse di aver sbagliato nel momento in cui pronunciò quelle parole, ma ormai era troppo tardi.
“No.”, rispose secco Jimmy, sforzandosi di suonare leggero, ma riuscendoci solo in parte.
“Oh, avanti, Jim. È a te che lei piace, è ovvio.”
“Non dire sciocchezze.”, ribatté l'altro, notando il foulard bianco di Belle abbandonato sull'attaccapanni dell'ingresso.

 

“Forse prima ho formulato male la domanda.”, disse Zacky, nel separé di un wine bar in cui non andava mai, perché era decisamente troppo tranquillo e borghese per le persone che frequentava di solito. Con lei, però, voleva parlare, e non era possibile farlo da Johnny's, con la ressa incessante e il fragore della musica. “Voglio sapere cosa provi per Jimmy.”
Belle lo guardò battendo le ciglia da sopra al bicchiere di vino bianco, sorridendo maliziosa. Prese un lungo sorso prima di rispondergli. “Non l'ho detto a Jimmy, lo vengo a dire a te, Zacky?”
“E come mai non è ancora successo niente?”
Belle si strinse nelle spalle. “Non credo che sia il momento.”, disse, democratica.
Zacky guardò il proprio vino con un sorriso.
“Sì, me ne sono accorto anche io.”
“Che non è il momento?”
“No, che piaci molto a Brian.”
Seguì un lungo minuto di meditabondo silenzio.
Alla fine, lo spezzò Belle. “Sono loro la cosa più importante.”
“Come?”
“Non credo che debbano mettere in discussione il loro rapporto per nessun motivo. Figuriamoci, poi, per me.”
Zacky la fissò come se avesse appena visto un dinosauro comprare due etti di focaccia e lei se ne accorse, sorridendo vagamente divertita dal suo sgomento. Guardò in aria e giunse le mani, in cerca di un modo non folle per esprimersi.
“Io ho una migliore amica. Ho i brividi all'idea che un uomo si metta tra noi.”
“Come finirebbe?”
“Cosa?”
“Se un uomo si mettesse tra voi... Come finirebbe?”
“Malissimo, Zacky! Siamo donne. Finirebbe malissimo. Con recriminazioni, accuse, vittimismi. Ci inventeremmo motivi per convincerci che siamo più meritevoli dell'altra, che è giusto che l'uomo in questione diventi nostro. Distruggeremmo tutto quello che abbiamo faticosamente e non sempre facilmente costruito per qualcosa che forse non ne vale neanche la pena.”
Il chitarrista la guardò bere e accendersi una sigaretta.
“Tra uomini è diverso.”, disse ancora lei, “Ma non ci tengo a verificarlo. Non voglio che debbano neanche porsi il problema di doversi tenere segreti. Non voglio entrarci, tra loro due.”
Zacky le versò un altro bicchiere di vino e fece cenno al cameriere di portargli il conto. La guardò indugiare con gli occhi in quel liquido ambrato come se dentro potesse trovarci le risposte che non aveva. Gli sembrò chiaro, a quel punto, chi dei due preferiva. Anche se lei nicchiava. Anche se tra loro era sceso un velo di non detti che, steso a dovere, avrebbe potuto coprire tutta Los Angeles.
Belle alzò lo sguardo su di lui, e Zacky si rese conto che non lo faceva apposta: non era un comportamento studiato, quel movimento di ciglia un po' timido e un po' indeciso che gli faceva andare a fuoco i fianchi. Lei dischiuse la bocca per parlare e lui fissò le sue labbra; una curva perfetta, pericolosa, piena di insidie.
“Grazie per il vino.”, disse, poggiando il bicchiere vuoto sul tavolo, “C'è altro che vuoi sapere?”
La domanda saltò fuori dalle sue labbra prima che lui potesse organizzarla in qualcosa che non suonasse inopportuno: “Sei mai stata con qualcuno che non amavi?”
Belle sbuffò una risata. “Non sono mai stata con qualcuno che amavo, più che altro. Ho avuto un fidanzato, tempo fa. Il figlio di un amico dei miei. Non ha funzionato.”
“Come mai?”
Il cameriere si avvicinò con il conto e Zacky lo scacciò via come se fosse una mosca, chinandosi con i gomiti sul tavolo per ascoltarla meglio.
“Immagino fossimo molto diversi.”
“Tu sei molto diversa da qualunque cosa, Lidia.”
Belle lo guardò sorpresa: non ricordava che nessun altro avesse usato il suo nome, da quando era arrivata lì. Il soprannome che Kelly le aveva dato come presa in giro per la sua divorante passione per i libri e la sua spaventosa inclinazione a innamorarsi di sociopatici irsuti e lunatici era sempre stato il suo nome, quando era in California.
Zacky seppe di aver colto nel segno e si sistemò sullo schienale della sedia, in una posa inconsapevole che voleva essere sexy. Belle sorrise.
“Non è del tutto vero, signor Baker.”
Un paio di tavoli più in là, non vista, Valary Sanders registrava ogni dettaglio di conversazione che riusciva a cogliere. Conosceva un po' Belle e la trovava simpatica, ma sua sorella le aveva messo un'allerta addosso non indifferente insinuando che quella ragazza europea facesse girare la testa a tutti. A tutti, ma non a Matt. Certo che no. Se ne sarebbe accorta. Valary posò il menù con espressione dura e si alzò, voltandosi in fretta di spalle: urgeva prendere provvedimenti.

 

Perché la verità imbarazza costantemente.”
- T.P.

 

Matt Shadows entrò senza bussare, come sempre faceva da che aveva iniziato ad entrare in qualunque luogo qualificato dalla presenza di una porta. Jimmy e Brian erano seduti su due divani diversi, la tv era accesa, il batterista aveva in grembo un libro e il chitarrista giocherellava con il telecomando, tutti e due presi nello sforzo titanico di ignorarsi a vicenda facendo sembrare la cosa il più naturale e innocua possibile.
Matt guardò l'uno e l'altro con un misto di coscienza e dubbio, infine si risolse a parlare.
“Che diavolo è successo?”
Due “niente” gli giunsero all'orecchio quasi in simultanea, e pronunciati con un po' troppa convinzione. Si strinse nelle spalle e poggiò un cartone di birra sul tavolino che faceva da confine immaginario tra i due contendenti, buttandosi su una poltrona angolare che gli dava una visuale abbastanza buona di tutta la stanza. Soprattutto dei deficienti che la occupavano. Si massaggiò le palpebre e pescò un argomento di conversazione dalla gamma delle cose che gli venivano in mente.
“Ha chiamato Valary. Era fuori con le amiche, al wine bar.”, disse, stancamente.
Jimmy seguitò a fissare la pagina che non stava leggendo e Brian si astenne dal rispondere, se non alzando impercettibilmente un angolo della bocca in un linguaggio convenzionato dei segni che voleva probabilmente dire “sti ricchi cazzi”.
“Ha detto che due tavoli più in là c'erano Zacky e Belle, e che non li ha salutati per non disturbarli. C'è qualcosa che devo sapere?”
La testa di Brian scattò verso di lui in maniera troppo repentina per essere casuale. Jimmy, invece, chiuse il libro con calma, accese una sigaretta e stornò lo sguardo verso la parete beige dietro il televisore.
“Chi cazzo l'ha dipinta di beige, quella parete.”, sussurrò tra i denti, dando fuoco alla Marlboro.
Matt non disse più niente. Sorrise spaesato, un'espressione collaudata e ormai universalmente nota che poteva farlo sembrare un po' fesso, a volte, ma era lo schermo dietro il quale si teneva la sua misteriosa attività cerebrale. Bingo, pensò, non senza una certa soddisfazione.
“Ma non doveva accompagnarla a casa.”, domandò Brian senza punto interrogativo alla fine, lanciandosi in un noncurante seppur lievemente nevrastenico zapping televisivo. Il tono fintamente casuale della domanda gli era uscito un po' troppo forzato. Forse Matt non se ne sarebbe accorto, ma Jimmy sì. Jimmy se ne accorgeva sempre.
Shadows si tolse la maglietta, tanto per fare qualcosa. Sul suo petto spiccava la scritta thicker than water: più denso dell'acqua. Cosa c'è di più denso dell'acqua? Il sangue. L'affetto, tra chi è cresciuto come un manipolo di fratelli, è ancora più denso del sangue, perché è una scelta, non un vincolo. Una scelta consapevole, complicata, obliqua, che mette addosso più responsabilità di quante ne tolga. I vincoli sono catene, le scelte invece no. Per quello pesano molto di più: sono biodegradabili.
Matt sorrise, vagamente divertito.
“Siete seri?”, disse soltanto, rigirandosi una birra in mano.
Jimmy si alzò, scaraventando a terra tre cuscini cuciti a mano nell'impresa. Afferrò la giacca dall'attaccapanni e, dopo un attimo di indugio, anche il foulard bianco. “Vado a fare due passi.”, annunciò, prima di sbattersi la porta alle spalle.

 

Zacky e Belle erano arrivati sotto casa di lei, e si fissavano di sbieco sotto un lampione.
“Credo che dovresti parlare con qualcuno.”, disse lui, calpestando imbarazzato un'aiuola. Giocherellava con l'erba, la punta della scarpa che affondava nel terreno come a voler disseppellire un tesoro, una soluzione.
“A proposito di cosa?”
“Di questa cosa qui.”
Belle sorrise, abbagliante, illuminata dalla luce fioca del lampione.
“Ma non c'è niente da dire, Zacky. Devo solo sparire. Trovare la forza di dare questi ultimi esami, e partire.”
“Per dove?”
“Torno in Inghilterra. Vado a finire la specialistica lì, dove ho preso la triennale. Chiedo il trasferimento a fine anno.”
Zacky improvvisamente rimise insieme i pezzi. Aveva studiato alla UCLA per sei mesi, durante l'ultimo anno di triennale. Ma certo, la ricerca per la tesi. Lui e i ragazzi erano tornati da un tour lungo e sfiancante, un paio di mesi prima che lei andasse via. Da quel periodo in poi, lei e Jimmy si erano sempre guardati come se cercassero la serratura l'uno dell'altra. Se l'erano trascinata alle feste, alle cene, ai barbecue, ai falò. Spesso arrivava con Kelly, ma dopo un po' aveva iniziato ad andarci anche da sola. Dopo la laurea in Inghilterra, era tornata in California per la specialistica. Ecco. Ecco com'era andata, che se la ritrovavano sempre in giro.
“A fine anno?”
“Sì. A giugno.”
“Loro lo sanno?”
“Non ancora.”
Zacky trovò dentro di sé una punta di ignoto fastidio. Non gli piaceva l'idea di non vederla più. Non gli piaceva l'idea di vederla svanire per sempre dalle loro vite. Che lo sapesse o meno, e che agli altri piacesse oppure no, quella ragazza aveva portato qualcosa che confinava con l'ordine, dentro il loro cosmo sgangherato e sempre inevitabilmente caotico. Con una parola, un copridivano o un bicchiere di vino al momento giusto, Belle sapeva sistemare le cose. Soprattutto, in un modo in cui nessuno di loro poteva mai sperare di farlo, sistemava Jimmy.
“Non vuoi ripensarci?” le chiese, senza pensare.
Gli occhi di Belle si fecero tristi e lontani, persi in qualche tipo di labirinto privato, ma durò solo un secondo: alzò il viso verso di lui.
“Ti prometto che ci penserò.”
Poi allungò il collo per dargli un bacio delicato su una guancia, e Zacky inspirò a fondo l'odore dei suoi capelli. Vaniglia e mandorle.

 

 

L'amore è un orizzonte plumbeo.”
- T.P.

 

 

Belle aprì la porta alle tre del mattino e se lo trovò in cortile, gravido di silenzio e di sottintesi. Si era messa a letto una mezz'ora prima, scivolando in un confuso dormiveglia di suoni e odori che si sforzava di non riconoscere come propri ma che lo erano davvero, molto più in fondo all'anima di quanto lei stessa fosse disposta ad ammettere. I capelli di lui freschi di shampoo, aculei neri anarchici e dissidenti. Il rumore che faceva con le mani sul bracciolo della poltrona, tenendo un tempo immaginario e accompagnandolo con le gambe. Le gambe... forti, gambe da batterista. Tutto questo la stava accompagnando in un sonno inquieto, quando il campanello suonò troppo forte, facendola sobbalzare. Jimmy le stava davanti, ora, tranquillo, come se avesse suonato a una porta nel tardo pomeriggio. Si era allontanato, le dava le spalle fermo sulla ghiaia, rivolto verso l'oceano. La maglia oversize che le faceva da pigiama non era un indumento con cui uno solitamente scende i tre gradini del portico per avvicinarsi a un ospite inatteso nel cuore della notte, ma non importava. Afferrò il cardigan lungo dall'attaccapanni e gli andò incontro, scalza. Lui non si voltò. Schiacciò il mozzicone di una sigaretta sotto la scarpa e lo scalciò lontano da lei, dai suoi piedi nudi. Lo abbracciò da dietro, come sempre faceva, inspirando forte la pelle della sua giacca.
Jimmy la lasciò fare, e infine si voltò per guardarla negli occhi: il mezzo metro tra di loro si stava trasformando in chilometri e chilometri di terra di nessuno.
“Ho saputo che sei stata fuori con Zacky.”
Belle annuì, senza sottintesi. Studiò i suoi occhi blu, gelidi e indecifrabili, privi del consueto scudo degli occhiali da vista.
“C'è qualcosa che devo sapere?”, domandò dopo averci pensato un po' su, ricordandosi di Shadows nel suo salotto.
La ragazza lo guardò con l'ombra di un sorriso; gli sfilò lentamente il pacchetto di sigarette dalla tasca dei pantaloni, mandandogli un lungo brivido giù per la schiena, e si prese il tempo che le serviva per accenderne una e sbuffare nella sua direzione una delicata voluta di fumo grigio chiaro.
“C'è qualcosa che pensi dovresti sapere, in particolare?”, gli chiese infine, voltandosi verso il mare.
Jimmy si accorse con una certa sorpresa di non avere idea di cosa risponderle.
Dopo un lunghissimo minuto, fu lei a parlare: “Vieni dentro”, disse, “qui fa freddo”, e quella era di per sé una risposta.
Il salotto era accogliente e c'erano tracce di lei ovunque: libri abbandonati sui tavoli, sul tappeto, sciarpe... Sciarpe.
“Ti ho riportato il foulard.”, disse Jimmy, accomodandosi sul divano. Lei gli sorrise, e lui si diede dell'idiota. Come gli era venuta fuori una cosa così? Ti ho riportato il foulard? Alle tre del mattino? Attese che lei ci scherzasse su, prendendolo un po' in giro, ma lei non lo fece.
“Vuoi qualcosa da bere?”, disse invece.
“Volentieri.”
Belle aveva avuto una giornata difficile. Prese la tequila dal mobile ben conscia delle probabili conseguenze. Tornò in salotto lasciando cadere il cardigan sul pavimento, con la bottiglia in mano; Jimmy andò a fuoco, senza sapere perché un gesto così neutro gli sembrasse, d'un tratto, tanto sensuale.
Lei gli porse un bicchiere da whiskey pieno a metà di quel liquido trasparente, e sedette sul divano srotolando le lunghe gambe sulle sue. Jimmy le appoggiò la mano libera sopra il ginocchio, non sapendo dove altro metterla.
“Ha un suo fascino masochista, no? In fondo, è quasi bello.”
“Cosa?”, chiese lui, dando un sorso al bicchiere.
Belle passò l'indice sulla curva del suo braccio, assorta.
“Volerlo fare. E non farlo.”
Fuori la notte friniva di grilli, onde che sciabordavano sul bagnasciuga e fronde mosse dal vento.
“Ho pensato a te tutta la sera. Ho pensato a te anche a letto, senza riuscire ad addormentarmi.”, disse lei, bevendo. Era evidente che la frase le era uscita male.
“In che senso”, ribatté infatti lui, schiarendosi un po' la voce, “hai pensato a me?”
Belle percorse il braccio di Jimmy a ritroso e prese la sua mano nella propria, godendosi il contatto, il fatto che lui la stesse stringendo. Rise della sua stessa ingenuità, una risata cristallina e candida.
“Non in quel senso. Ho pensato a tutte le cose che non riesco a fare a meno di amare di te. A tutti i modi in cui non mi esci dalla testa, mai, qualunque cosa io faccia.”
Jimmy la guardò assorto.
“Io ci tengo molto a te. Umanamente, intendo.”, gli disse ancora, liberando la mano dalla sua stretta e tirandosi a sedere lontana da lui.
“Né, se era questo che volevi sapere, ho intenzione di prendere in giro Zacky facendogli credere che lui mi interessi solo per poter uscire da questa tagliola in cui, non so come, mi sono infilata.”
“La tagliola sarebbe?”
“La tagliola sareste tu e Brian.”
“Io e Brian...”
Jimmy si guardò intorno, sbuffando un po' insofferente.
“Si può fumare qui?”
“Certo.”
Accese una sigaretta cercando di tenere gli occhi lontani dal suo seno, che si alzava e si abbassava a ritmo del respiro.
“Brian è sposato.”, disse infine, giusto per amor di citazione.
“Lo so, ma non vuol dire niente. Anche se mi piacesse Brian, non è fra lui e sua moglie che mi metterei, ma fra lui e te.”
“E Brian non ti piace?”
Belle scoppiò a ridere, genuina.
“Brian è a posto. Un po' isterico, senza dubbio spigoloso e anche vagamente stronzo, ma la cosa che preferisco in assoluto di lui è che non ama altri che te, nella vita. Non posso permettere che questo venga messo in discussione da me.”
Jimmy la guardò con grande tenerezza. “Non dicevo in quel senso.”, disse, e il campanello suonò di nuovo.
“Jimmy”, gli rispose, andando ad aprire la porta, “Non possiamo continuare a stare in questo rapporto che rischia di precipitare in qualcos'altro ogni momento che siamo insieme da soli. Ciao, Brian.”
“Ciao.”
Brian gettò un'occhiata alla stanza e localizzò il suo migliore amico, senza un'ombra di stupore.
“Vado a prendere un altro bicchiere.”, disse Belle, e si allontanò verso l'open space che comprendeva l'angolo cucina.
“Altri due, se non ti dispiace. Matt sta parcheggiando.”
Nessuno dei due chiese all'altro cosa ci facesse lì, tanto era evidente. Shadows entrò dalla porta socchiusa gettando un cenno di saluto verso la cucina, dove Belle indugiava più del necessario.
“Allora.”, disse, avvicinandosi al divano, “Cosa volete fare? Ve la giocate a dadi?”
Il tintinnio dei bicchieri annunciò il ritorno della donna in questione, che li riempì di tequila e li porse ai due nuovi arrivati, scegliendo per sé la poltrona singola.
“Domani mattina io dovrei essere in dipartimento a dare Neurobiologia II.”
“Hai un esame?”, chiese gentilmente Matt, in un tentativo di conversazione.
“Sì, ma mi sa che lo rimando.”
“Mi sa anche a me.”, le fece eco Shadows, buttando giù d'un sorso il contenuto del suo bicchiere.
Calò un silenzio difficile da gestire.
“Dunque.”, disse Belle, aprendo le mani, “La questione è quella che segue. Tu”, indicò Brian, “fattelo dire, sei un individuo singolare. Non hai fatto altro che provocarmi, deridermi e stuzzicarmi da quando ci conosciamo, pensando così forse di manifestarmi il tuo interesse, o di esorcizzarlo, non lo so. E tu”, si rivolse a Jimmy, “non ho capito bene cosa volessi fare. Hai fatto di tutto per non rimanere quasi mai da solo con me, tant'è che il rapporto tra noi due poteva considerarsi, a un certo punto, prettamente telefonico, e poi piombi a casa mia nel cuore della notte.”
I tre uomini tacquero, sbattendo le palpebre.
“Cionondimeno, nessuno di voi due mi ha ancora detto niente sulla faccenda, per cui lo farò io. Qualcuno deve pur farlo. Partiamo dal presupposto che io voglio molto bene a tutti voi. Anche a Johnny. Soprattutto a Johnny. Ma non esiste circostanza, né vera né presunta, in cui io possa pensare di mettermi tra voi due. Dunque, indipendentemente da quel che penso io, e che provo io, credo che questa sia una situazione che dovete risolvere tra voi, non con me.”
“Sono d'accordo.”, intervenne Matt, dando un po' di conforto a quella ragazza frastornata che forse aveva solo voglia di dormire, ma li guardava vigile e tranquilla, come in effetti non era affatto.
Brian aprì bocca, ma poi la richiuse. Non gli interessavano i sentimenti di nessuno, se non i propri e quelli dell'uomo che gli sedeva a un cuscino di distanza.
“Penso che Jimmy sia innamorato di te.”, disse infine, precipitando gli altri tre in uno stupore che confinava con l'ictus.

 

La ricerca del cuore in mano attraverso i movimenti della testa,
questo mi sono ridotto a fare,
dimentico che il cuore in mano te lo ritrovi così,
senza preavviso.”
- T.P.

 

Zacky stava dormendo il sonno dei giusti e degli amici che intervengono a risolvere i problemi degli altri amici mettendo da parte se stessi, quando venne svegliato dall'insistente squillo del telefono di casa. Prima bestemmiò, quindi si tirò il cuscino in faccia, quindi aprì un occhio per guardare l'orario: resosi conto che mancavano dieci alle quattro, scavalcò di malagrazia le lenzuola e la sua ex moglie (che menò uno strillo infastidito) e si lanciò sul ricevitore, preoccupatissimo.
“Pronto!”, quasi urlò, scivolando sul tappeto.
“... Zee?”
Gli crollò il mondo in testa e si accasciò contro il mobile, furibondo, riconoscendo il timbro di voce di quel precipizio di inutilità che era il bassista degli Avenged Sevenfold.
“Johnny, spero per te che sia morto qualcuno, altrimenti scendo, mi metto in macchina, ti entro in casa con la jeep e non me ne vado finché non ti ho ridotto a un lago di sangue che la scientifica non saprà neanche da che parte iniziare a ricostruire.”
Seguirono alcuni secondi di silenzio.
“Mi ha chiamato Valary, è furibonda! Non sa dove sia Matt, deve aver chiamato anche te. Controlla!”
Zacky sbuffò con quanto fiato aveva in corpo e si diresse calcando i talloni verso il comodino, trascinando con il filo del telefono tutti i soprammobili che si frapponevano tra lui e la marcia. Accese l'abat-jour e afferrò il cellulare: quattro chiamate perse, tutte di Valary. La sua ex squittì per il rumore e si rigirò nel letto, insultandolo pesantemente.
“Sto facendo una telefonata importante. Se la cosa ti disturba, la porta è là dove te la ricordi.”, si voltò a zittirla lui di malo modo, coprendo la cornetta con una mano. Lei si alzò, raccolse le sue cose, inciampò su un piccolo delfino di ceramica facendosi male, lo insultò di nuovo e svanì nel corridoio. Zacky la guardò andare.
“Chi era?”, chiese Johnny, lievemente.
“Nessuno. Un topo. Hai provato a chiamare a casa di Jimmy?”
“Non risponde nessuno. Hanno anche il cellulare staccato, tutti e tre!”
Zacky si fece meditabondo. Si stava già infilando una scarpa.
“Che fine hanno fatto?”, si domandò Johnny, candido.
“Che fine vuoi che abbiano fatto alle quattro del mattino tre maschi adulti? Non penso si siano affiliati ad Al-Qaeda.”
Il chitarrista sentì gli ingranaggi del cervello di Johnny che giravano frenetici anche attraverso il telefono.
“Passami un attimo Lacey.”, disse, marziale, rinvenendo improvvisamente del tutto dai fumi del sonno.
“Come?”
“Passami Lacey!”
La voce intorpidita della fidanzata di Johnny lo raggiunse in un modo così innocente che gli fece quasi pena.
“Pronto? Zacky?”
“Lacey? Fai esattamente quello che ti dico e non fare domande.”
“Va bene.”, rispose lei, dopo un breve tentennamento.
Zacky si infilò anche l'altra scarpa, tenendo faticosamente in equilibrio il telefono tra l'orecchio e la spalla.
“Sentiti male.”, disse, “Sentiti male e chiama Valary e Michelle.”
“Se... se mi chiedono dov'è Johnny?”
“Ripassami Johnny.”
Johnny si sentiva al centro di un'operazione di trincea. Rispose baldanzoso al telefono, entusiasta di fare qualcosa. Era troppo tempo che non accadeva un guaio come si deve a casa Sevenfold, e tutta quella faccenda odorava di guaio lontano un miglio.
“Vestiti ed esci di casa.”, gli disse Zacky, infilandosi la felpa.
“Come?”
“Ci senti?”
“E dove vado?”
“Dovunque. Dove non possano trovarti. E non farti beccare! Muoviti. Ti chiamo dopo.”
Mollò il ricevitore del telefono dove si trovava e si allontanò di corsa giù dagli scalini.

 

Valary misurava a grandi passi il perimetro del suo squisito salotto, meditando sul modo che le faceva meno impressione per uccidere a sangue freddo qualunque cosa stesse impedendo a suo marito di rispondere al cellulare. Sua sorella Michelle, acciambellata sul divano, frignava dentro un cuscino di velluto. Valary si sorprese a sperare che l'altra si fosse struccata bene e non le stesse lasciando un micidiale misto di muco e eyeliner sul preziosissimo Armani Casa nel quale stava versando tutto il suo tormento.
“Ho provato a chiamare anche Zacky, ma non risponde. Forse è ancora con Belle.”, sperò ad alta voce.
“O forse è con Brian, quella.”, muggì l'altra, angosciata dalle possibili triangolazioni astrali del destino.
“O magari c'è Jimmy, con lei. Che ne sappiamo? Certo è che nessuno di loro a parte Johnny risponde a quel cazzo di telefono.”
“Ma Johnny dov'è?”
“Non me l'ha detto. Mi ha solo detto che aveva il telefono scarico e che mi doveva lasciare, ma mi avrebbe fatto avere notizie se uno degli altri si fosse fatto sentire.”
Michelle congiunse alcuni neuroni per allestire il seguente pensiero: “Per quanto ne sappiamo, potrebbe anche esserci Matt, con lei.”
Sua sorella le scoccò un'occhiata che avrebbe congelato sul posto Freddie Krueger. Organizzò una riposta piccata, ma in quel momento squillò il telefono.
“Pronto? V-val?”
La bionda aggrottò le sopracciglia. “Lacey? Che succede?”
“Non riesco a trovare Johnny... N-non mi sento tanto bene.”
Johnny, da parte sua, stava raccogliendo il più in fretta possibile gli effetti personali per uscire di casa, diretto non si sa dove.
“Cos'hai?”
“Non- non lo so. Potresti venire qui? N-non voglio stare da sola.”
Valary cercò di pensare in fretta.
“Va bene. Dammi dieci minuti.”
Poggiò il ricevitore e guardò sua sorella. “Io vado da Lacey, si sente male.”, disse, con una punta di diffidenza, “Tu resta qui. Non fare nulla finché non torno o non ti chiamo. Tutto chiaro?”
Michelle annuì, pensierosa.
Valary si infilò le prime cose che trovava e si mise in auto, sulla Ocean Lane. Il cervello le andava a tremila, troppe anomalie tutte in una volta. Qualcosa non andava, ma cosa? Matt e lei erano stati insieme per così tanto tempo, e avevano superato così tante tempeste che a quel punto della vita aveva acquisito una certa tranquillità che le consentiva di pensare di essere insostituibile, per lui, se non proprio necessaria. La preoccupava di più quel demente di suo cognato. Sempre così scorbutico, così volubile, così... imprevedibile. Guardava assorta la strada davanti a sé, cercando di concentrarsi sul problema; per questo motivo, non si accorse della macchina di suo marito parcheggiata nel vialetto di una delle case che aveva appena sorpassato.

 

Quando spingi le cose fino ad un certo punto, tornare indietro è molto difficile
a meno che non vuoi produrti in una serie inenarrabile di epocali figure di merda.”
- T.P.

 

Zacky aveva parcheggiato sul retro, per evitare di destare sospetti, ma la vista dell'auto di Matt nel cortile davanti gli aveva gelato il sangue nelle vene, e aveva sperato nel meglio. Ora era concentrato sulle voci all'interno che si sentivano fin dalla veranda, soprattutto quell'ultima, malnata frase. Penso che Jimmy sia innamorato di te. Bussò energicamente a pugno chiuso sulla porta di casa di Belle; Shadows gli aprì leggermente frastornato e si scostò di lato per lasciarlo passare. Un attimo dopo che ebbero richiuso la porta, la macchina di Valary sfrecciò a gran velocità sulla Lane proprio davanti a loro.
Si addentrò nel salotto e mise le mani sui fianchi: “Lo so che siete tutti molto presi dalla versione metal di Cime tempestose, ma le vostre signore vi cercano.”
Matt e Brian gli rivolsero uno sguardo sgomento.
“Le vostre mogli! Ce le avete presente? Quelle adorabili gemelle, un po' bassine... Quelle a cui avete detto sì, lo voglio, sì, per tutta la vita.”
Il frontman riemerse dalle nebbie tardoromantiche in cui la questione lo aveva precipitato e si tastò le tasche in cerca del cellulare, col cuore in gola. Si allontanò verso la cucina mentre componeva il numero, sinceramente preoccupato, pensando a qualcosa da dire che non suonasse una completa assurdità.
Zacky prese posto su un divano, accavallò le gambe e disse: “Mi verso da bere. Prego, andate pure avanti.”
Jimmy e Brian - al quale non poteva fregare di meno che lo stesse cercando sua moglie, il Papa o Luigi XIV - si voltarono verso di lui.
“Hai qualcosa di dire?”, si informò Brian.
“Che siete due imbecilli. A parte questo, niente. Proseguite. Eravamo a penso che Jimmy sia innamorato di te.”
“Lo penso davvero!”, si giustificò Brian, seguitando ad essere inadatto a vivere.
“Mm.”, ribatté Zacky, vagamente piccato, “E non pensi che forse doveva dirglielo Jimmy direttamente, se è vero?”
“Ma la questione è che non volevamo mettere in imbarazzo lei.”, tentennò Brian.
“Ah sì”, si infervorò Zacky, vertendo sull'isterico, “E da quando tu ti preoccupi di mettere in imbarazzo la gente? Brian Haner Jr? Synyster Gates? Il grande cinico? Lo stronzo, il puttaniere impenitente, la macchina da riff, il castigatore di vergini-”
“Abbiamo capito, sembra che stai invocando Satana, calmati”, sussurrò Matt, tornato tra i vivi.
Zacky lo ignorò. “Vuoi sapere cos'è davvero imbarazzante, Brian? Essere svegliato alle quattro del mattino dalla telefonata di quell'abisso di errori evolutivi che è il nostro bassista, il quale era stato a sua volta spaventato a morte dalla cognata del tuo indecente chitarrista, momentaneamente a corto di tenerissimo e indispensabile marito. Vuoi sapere cos'è imbarazzante? Andare a letto con la tua ex moglie perché non riesci a toglierti dalla testa una donna, una donna che viene messa in acrobatica difficoltà dalla vergognosa incapacità dei tuoi due migliori amici, e che la ex moglie in questione venga messa in fuga come i cani dai botti di capodanno dalla suddetta telefonata del bassista. Ecco cos'è imbarazzante.”
Gli altri lo fissavano afoni. Belle sorrise piano, interdetta, buttando giù un altro sorso di tequila.
Voi siete imbarazzanti.”, continuò Zacky, “Il modo in cui incessantemente avete cercato di uscire da questa situazione con il solo risultato di piantarvici ancora più dentro come dei maledetti chiodi è imbarazzante. Il fatto che lei” fece un gesto vago all'indirizzo di Belle “voglia andarsene in Inghilterra a fine anno senza tornare più per evitare di causare crepe tra voi due è imbarazzante, ed è anche molto triste. Tu ce l'hai una moglie, Brian, non sarà una cima, non sarà perfetta, ma ce l'hai e nessuno ti ha costretto a sposarla. Se proprio volevi cercarti l'amore di una vita, non era questo il luogo né il momento.”
Zacky bevve quindi un generoso bicchiere di tequila José Cuervo e fece un paio di respiri, poi si accese una sigaretta.
“E' imbarazzante che tu non te la sia già presa e portata da qualche parte per scopartela fino a svenire, Jim.”, disse infine, tirando dalla sigaretta. “Scusa il francese, Belle.”, aggiunse poi, e tornò a rivolgere la sua attenzione al batterista. “Mi ha detto ieri, al wine bar, che non è mai stata con qualcuno che amasse davvero, ed è la cosa più triste che io abbia mai sentito in vita mia. E voi due, invece di capirla, invece di arrivare al fatto che non si sbilanciava e che era disposta a sparire, indipendentemente dai suoi sentimenti, per proteggere il vostro rapporto, state qui sul suo divano a scaricarle addosso la responsabilità di una scelta? Ma che uomini siete?”
“Ha parlato Rodolfo Valentino.”, commentò a mezza voce Shadows, posizionandosi di schiena alla finestra. Aveva detto a sua moglie che c'era stato un problema con i ragazzi, e che sarebbe tornato la mattina dopo. Sorrise, pensando a tutte le spiegazioni in più che avrebbe dovuto comunque darle e al fatto che lei stava invece correndo a casa di Lacey che aveva accusato un improvviso, misterioso malore. Vide il marchio Vengeance su quel bizzarro evento, e sorrise di più.
Brian raccolse le idee, che scappavano da tutte le parti come biglie impazzite.
“Scusa, allora, fammi capire...”
“Magari! Ci vorrebbe un miracolo.”
“Fammi finire di parlare! Allora, tu ti sei tolto di mezzo a priori?”
Jimmy si appoggiò alla spalliera del divano. Spostava gli occhi da uno all'altro, e non aveva ancora detto una parola.
“E che mi mettevo in mezzo a fare? Ci arriverebbe pure questo tavolino a capire che lei è chiaramente innamorata di Jimmy.”
Gli astanti precipitarono nuovamente in uno scomodo sgomento da affermazione inopportuna.
“Ah! E poi sarei IO quello indelicato.”, commentò Brian dopo alcuni secondi, scostando il bicchiere e prendendo un lungo sorso direttamente dalla bottiglia. Belle era violentemente arrossita.
Zacky giunse le mani in preghiera davanti al viso, scontento di se stesso. “Mi sono incazzato e mi è partito di bocca. Scusate. Scusa.”
La lancetta dei minuti dell'orologio analogico sul muro scattò sulle cinque.
Nel silenzio generale, Matt si ricordò di essere il frontman della band.
“D'accordo, per fare una sintesi: abbiamo cercato di ignorare questa situazione fino allo spasimo, siamo arrivati ai ferri corti, abbiamo temuto per il futuro dell'amicizia più strana e duratura che avessimo mai visto in vita nostra e abbiamo rischiato il linciaggio da parte delle squisite sorelle DiBenedetto per poi convergere tutti quanti in questo adorabile salotto a informare Jimmy e Belle che, secondo il nostro modesto parere, sono innamorati l'uno dell'altra?”
Si guardò intorno in cerca di conferme.
“Tutto giusto?”
“In verità, penso che la mia ex si sia recisa un nervo del piede su quel delfino cesso che mi hai regalato tu l'anno scorso.”, aggiunse Zacky.
“Il delfino di ceramica?”
“Sì, e caduto a terra nel parapiglia quando ha telefonato Johnny.”
“Un motivo in più per evitare di continuare a frequentare la tua ex senza dirlo a nessuno. Viene a casa tua a rompere i soprammobili che ti regalo io.”
Belle, inattesa come una canzone in shuffle, scoppiò a ridere di cuore. Alzò gli occhi su Jimmy, che le restituì uno sguardo caldo e imbarazzato. Improvvisamente, per tutti erano tornati gli anni del liceo. Gli anni dei batticuori, dei non detti, degli amici che si mettono in discussione, della più bella della classe; ovviamente, reinterpretavano tutto questo a modo loro. Il loro inefficace modo di affrontare la vita, lo chiamava Zacky. Inefficace, ma indubbiamente bello. Fuori, il cielo della California si stava leggermente schiarendo e odorava di mare e fragranze agrumate: era il momento preferito di Belle, l'ora blu. Un tempo che non è ancora giorno, ma non è già più notte.
Matt fece scorrere due occhi saggi e arrossati dal sonno su tutti i presenti, a testa bassa: “Credo sia il momento che ci leviamo dal cazzo.”
Belle batté le mani sui braccioli della poltrona e si alzò, avvicinandosi a Jimmy. Lo guardò dritto negli occhi e gli passò, lentamente, una mano tra i capelli. Lui chiuse le palpebre e lasciò andare la testa all'indietro, esalando un sospiro di sollievo che voleva dire tutto e niente.
Lei sorrise e disse, rivolta a tutti: “Posso fare i pancake.”
Zacky guardò l'orologio da polso con il quale alcune ore prima, durante un colpevole orgasmo, aveva più o meno accidentalmente colpito la sua ex moglie sull'anca, lasciandole un piccolo livido: “Buona idea. Ho un po' fame, e comunque ormai vi conviene scopare a prima mattina. Non so a voi, ma a me farlo a tarda notte lascia sempre un po' di mal di stomaco.”

 

 

Non si nasconde fuori
dal mondo, chi lo salva e non lo sa.
È uno come noi, non dei migliori.
- Eugenio Montale

 

 

 

 

A.

Volevo scrivere qualcosa che parlasse di loro. Di quel cameratismo un po' fuori di testa che, nella mia mente, li unisce. Qui, Belle, ci dispiace per lei, è un po' un pretesto.

Ad Anita, perché volevo scriverle un Zacky Vengeance che non c'entrasse un cazzo con l'originale.
A Revengeance, che vuole ai Sevenfold il bene che gli voglio io.
A Giulia Yuki, che un freddo novembre mi ha abbracciata come se ci conoscessimo da una vita, anche se non ci eravamo mai viste.
Al Sullivan Inn, che ospita a cena gente con un inefficace modo di affrontare la vita da quasi cinque anni.
A Claudia, da sempre la mia Synyster.
Ad Annika Mitchell, che esortava i roast beef a tacere.
A Milady, umanista, filantropa e intellettuale, grande mente del ventunesimo secolo, che incessantemente mi rassicura del fatto che noi, della vita, non ci capiremo mai il becco di un cazzo.
Ai miei sconquassati amici, e a quel video in macchina che non sarà mai visto da anima viva in cui cantavamo, in coro, “Te lo dice Synyster che giochiamo a Twister, ma Matt Shadows no.”
A quella canzone di Giorgio Gaber che dice “capisco solamente che continuamente io mi condiziono: devi essere come un uomo, come un santo, come un dio. Per me ci sono sempre i come, e non ci sono io.”
Infine, J, a te che mi hai mischiato il mazzo delle carte, perché vincessi ancora, da qualche parte.




 

   
 
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