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Autore: Joyanne    03/10/2014    0 recensioni
Rimpianto. Un limbo fra due stati, la rabbia e l'angoscia. Nessuna voglia di gridare o piangere. "Semplicemente, stava."
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Una situazione fra le più strane, che dimostra che non tutto si può avere nella vita.
Un momento sconvolgente, la nuda verità. La realizzazione di ciò che è accaduto.
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Una storia di cruda realtà, che tratta di una reazione turbolenta e rancorosa.
Come un solo tassello, una sola lettera possa cambiare tutto. Il volto di una Bellatrix tormentata.
Il rimpianto di una scelta, il dolore delle perdite e un futuro incerto. Tutto è sconvolto: fatale rimpianto. Un bruciore, un rancore per non aver fatto ciò che avresti dovuto fare, per aver badato all'orgoglio, che mai se ne andrà.
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bellatrix Lestrange | Coppie: Rodolphus/Bellatrix
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Regret
Neve, sangue, lacrime.

October, 15. Normandie - France.

Notte, buio, alcun rumore
Era come se qualcuno trattenesse il fiato.
Era come se fosse morto tutto quanto.
Il silenzio si palpava.

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La finestra della stanza dava sul villaggio, sepolto sotto una coltre di neve.
Non c’era pioggia, né vento. Era solamente freddo.
Come nel suo cuore, era tutto calmo, ma tutto sapeva… come dire… di rimpianto.
La stanza era gelata, ma dentro di lei era stranamente caldo, come se fosse accolta da un tepore dall’interno, che la riscaldava da dentro ma che le rendeva la sua pelle diafana fredda come il ghiaccio, ricoperta di gelida stizza dovuta al brusco freddo.
Aveva una lingua di fuoco che bruciava nel petto, ma non aveva voglia di piangere, o urlare.
Stava solo così. Stava.

Era freddo, e lei guardava fuori dalla finestra.
Era freddo e lei si sforzava di guardare, nonostante non vedesse niente. Doveva cogliere quell'attimo in cui ce l'avrebbe fatta.Era finito tutto, o forse no? I riccioli neri le ricadevano insignificanti sul petto e sulle spalle, da molto tempo che non li lasciava sciolti. Ma non importava. Quegli occhi scuri, neri che avevano visto tante atrocità da macchiarsi persino essi. Quegli occhi di un nero banale, che però erano così belli, opachi, a fissare il vuoto.

Un rumore ruppe il filo di quiete. Proveniva dal corridoio. Aleggiava ancora nell’aria il silenzio quasi del tutto spezzato, le labbra chiare della giovane, così piene e così sensuali, ebbero un tremito leggero. Un secondo rumore, dei passi, un solo tocco alla porta da parte di qualcuno ignoto. Basta questo per far schiudere alla donna le proprie labbra screpolate, un segnale. Tutto risalì su di lei, tutto il dolore, la rabbia e il rancore. Strinse i denti con rabbia, aveva voglia di urlare, urlare e sfogarsi ma non poteva farlo. Tutto il male lo sputò in un'unica parola: «Arrivo».

Poi si lasciò cadere sul letto alle sue spalle, e si abbandonò di nuovo a quello sguardo vacuo, vitreo, alla malinconia e ai dolori taciti, all’infinita sua tristezza. Versò una, sola, unica lacrima bollente.

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Bellatrix Black-Lestrange camminava lenta, incerta. Cosa che molte poche volte era capitata nella sua vita, anzi forse solo una: quella. Le gambe tremavano, ma si mostrava discretamente sicura per ciò che poteva. Aveva freddo, nonostante fosse appena Ottobre e lei fosse abituata ai geli inglesi. Nonostante fosse cinta in un abito di velluto pesante, nero come i suoi occhi, dall’aspetto vittoriano e pesante. Ma il freddo che provava era differente, un gelo dall’interno. Come un vuoto, una voragine nel petto, nel cuore che fino a pochi giorni prima pensava di non possedere. Di morti ne aveva viste tante, provocate forse di più, ma niente poteva colpirla come questa: sincera, inaspettata, traditrice. Aveva iniziato a piovere: una pioggerellina leggera, ma che aveva il potere di sciogliere il sottile strato di brina sulla lapide “fresca di becchino” di Rodolphus Lestrange.

Si sentì debole, ancora una volta. Non era una cosa che amava. Le labbra dipinte di rossa fremerono di rabbia e poi urlò, urlò come non aveva mai fatto. Più che un urlo, un grido, di terrore, di smarrimento ma anche di furore e rancore. Rimpianto. Rimpianto di non aver potuto fare abbastanza, di aver dimenticato tante cose, di non essersi potuta spiegare. Della neve cadde da un albero, smossa da un uccellino fuggente. Strinse le mani fino a farsi male, conficcandosi le unghie nei palmi, smuovendo la testa e lasciando cadere l’ombrellino di pizzo. Si preparò a trattenere le lacrime, che – constatò con stupore – però non vennero.

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Note dell'autrice: Ciao a tutti! Spero vi sia piaciuta questa mia pazzia ^^' All'inizio era una specie di prologo, per darvi un'idea generale, di una storia, che pubblicherò in seguito. Attualmente è stata trasformata in una semplice one-shot drammatica. Grazie a tutti quelli che leggeranno questa storia e la recensiranno :)

Un bacio!
-Joyannee.

 
   
 
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