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Autore: LilyLunaWhite    03/10/2014    2 recensioni
-Tratto dalla storia.-
Sentii le sue labbra fredde posarsi sulle mie e il mio cuore perdere un battito.
Quando si allontanò dalle mie labbra, mi baciò la fronte e mi sorrise.
Le sue labbra, anche se fredde, lasciarono le mie calde e dolci. Sentivo sulle labbra il dolce sapore di lui e ciò mi fece arrossire, ma mi piacque.
Mi aveva rubato il mio primo bacio ed era stato qualcosa di meraviglioso.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Titolo: La mia libertà.
Autrice: Lily Luna White
Sezione: Romantico.
Genere: Fluff, One Shot, Romantico.
Tipo coppia: Het.
Rating: Verde
Beta: Lucia.

- Vieni -, mi disse il ragazzo che avevo di fronte.
I suoi occhi, neri come la notte, mi incantavano. Nel guardarli, mi perdevo in un mondo tutto da scoprire. Erano così profondi che, dietro quelle iridi scure, sapevo per certa si nascondessero mille segreti.
Gli afferrai la mano, che lui mi aveva teso, e mi lasciai guidare da lui.
Percorsi gli innumerevoli corridoi di quell'edificio che, per anni, era diventata la mia casa e non aveva fatto altro che farmi sentire un uccellino in gabbia.
Il ragazzo aprì la porta e i miei occhi si illuminarono di gioia.
Da quanto tempo non vedevo le luci colorate della città? Da quanto tempo non respiravo l'aria fresca? Da quanto tempo non mi sentivo libera di vivere?
Tanto, troppo tempo.
Feci un passo verso l'esterno, ma lui mi fermò.
- Piccola, non puoi uscire così: ti prenderesti un bel raffreddore -, mi disse lui con un sorriso lieve ad increspargli le labbra.
Mi fece indossare un cappotto lungo e rosso, sopra la camicia da notte bianca che indossavo, e poi, come una bambina piccola, mi prese sulle sue spalle e mi mostrò la libertà.
I miei occhi osservavano famelici ogni dettaglio. Anche il più insignificante.
Le vetrine colorate dei negozi, la gente che passeggiava sola o in compagnia per le strade innevate della città, i bambini che giocavano a rincorrersi e che si lanciavano palle di neve fingendo di fare una guerra, le luci colorate che addobbavano la città intera e l'allegria, che impregnava l'aria, era così tanta che riuscivo a sentirla.
Anni addietro avrei detto che quelli erano dettagli insignificanti, privi di valore ma, ora, erano tutto per me. Ogni cosa che vedevo era come se la vedessi per la prima volta, proprio come una bambina che per la prima volta scopre il mondo al di fuori della propria casa.
Mi strinsi di più a lui.
Avevo freddo, ma non mi lamentavo. Mi mancava quella sensazione e poi, sulle sue spalle, il freddo era accettabile. Il suo corpo caldo riusciva a riscaldarmi quel tanto che bastava a non farmi tremare.
Quando lui si fermò, temetti che si era stancato a portarmi sulle spalle il che mi dispiacque.
- Ti sei stancato? -, domandai in un sussurro, -Guarda che posso camminare -.
Scoppiò a ridere. Una risata leggera, sussurrata, calda e sincera.
- Lo so piccola, ma ho paura di perderti tra tutta questa gente. E tranquilla, non mi sono stancato anzi, ti va una cioccolata calda? -.
Mi indicò un negozietto piccolo, ma dall'aspetto caldo e invitante, e, solo allora, capii il perché si era fermato.
Amavo la cioccolata calda. La prima volta che la bevvi, fu proprio lui a portarmela.
Mi scaldava non solo il corpo, ma anche il cuore, soprattutto perché, ogni volta che l'avevo bevuta, ero in compagnia di lui, di quel ragazzo dagli occhi neri, quel ragazzo che, giorno per giorno, mi aveva dato un motivo per continuare a vivere.
Una volta entrati all'interno di quel locale, mi fece scendere dalle sue spalle, prese una mia mano e mi accompagnò ad un tavolino dove ci sedemmo, uno di fronte all'altro.
Mentre osservavo quel luogo caldo, sentivo i suoi occhi puntati su di me, il che mi fece arrossire.
Dopo aver preso le ordinazioni, rimasi a contemplare il ragazzo che avevo di fronte.
- Che cosa c'è piccola? -, mi disse lui, dopo essersi accorto del mio sguardo su di lui.
- Grazie -, sussurrai io arrossendo.
- Di niente piccola -, mi rispose lui con un sorriso.
- Posso chiederti perché mi chiami piccola? -.
- Perché ai miei occhi tu sei piccola -, mi sussurrò lui scherzosamente.
Sorrisi anche io.
Amavo la sua dolcezza.
Aveva due anni più di me ed era l'unica persona che, fino a quel giorno, era riuscito a darmi la speranza, a darmi un senso per continuare a vivere. A ridarmi il sorriso.
Quando le cioccolate calde arrivarono, io portai immediatamente la tazza alle labbra, scottandomi un po'.
- Attenta, scotta! -, esclamò lui ridacchiando.
- Ma è buona -, dissi io testarda, accostando nuovamente la tazza alle labbra e scatenando una dolce e silenziosa risata da parte sua.
- Ecco un altro motivo per il quale ti chiamo piccola. Sei proprio una bimba -, mi disse, facendomi una dolce carezza sulla guancia, facendomi arrossire nuovamente.
Quando terminammo le nostre cioccolate, lui pagò e uscimmo di nuovo fuori.
- Vuoi camminare o ti riprendo sulle spalle? -.
- Cammino -, sussurrai io emozionata.
La neve sotto i piedi era una sensazione che avevo dimenticato ormai da anni.
Era così soffice sotto le scarpe.
Mi chinai e ne presi un po' in mano.
- Brr... È fredda -, dissi io ridendo.
Lui scoppiò a ridere e, con una mano, tolse la neve dalla mia, mentre con l'altra appoggiò le mia mani al suo petto, per poi stringermi in un caldo abbraccio.
- Hai freddo piccola? -, mi sussurrò lui ad un orecchio.
Io non risposi. Mi strinsi di più a lui e scossi la testa.
Stavo bene.
Dopo tanti anni, stavo bene.
Dopo minuti interminabili, sciolse l'abbraccio e portò un braccio sulle mie spalle, stringendomi a lui.
Ci dirigemmo in piazza, dove un grande albero di Natale si ergeva maestoso davanti ai miei occhi.
Natale.
Tra pochi giorni ci sarebbe stato il Natale, festa che ogni bambino attende con ansia, ma che io odiavo.
Sì, odiavo il Natale.
Lo odiavo perché era la festa nella quale mi sentivo più sola.
Abbassai lo sguardo sulla neve e lasciai che la tristezza delineasse i tratti del mio viso.
Calde e silenziose lacrime cominciarono a rigare il mio volto e, ben presto, lui se ne accorse.
- Ehi piccola, non piangere -, mi disse lui, alzandomi il viso e, con il pollice della mano, asciugandomi quelle perle salate che scorrevano sulle mie guance rosee.
- Mi mancano. Tanto -, sussurrai io, buttandomi tra le sue braccia in cerca di conforto.
- Lo so piccola. Lo so. Se ti va, questo Natale provo a venire da te, così il Natale, quest'anno, lo passiamo insieme e tu non ti sentirai più sola -.
- Promesso? -, gli chiesi io, alzando il volto dal suo petto per poterlo guardare negli occhi.
- Promesso piccola -.
Sorrisi.
Finalmente, da quando i miei genitori erano morti, potevo trascorrere un Natale in compagnia. Finalmente, non sarei stata sola in quel giorno, che, da piccola, attendevo con tanta impazienza e che tanto amavo.
Lui baciò una mia lacrima ferma sulla mia guancia e mi sorrise.
- Grazie Lukas -.
- Di niente mia piccola e dolce Sophy -.
Mi guardò negli occhi, per poi avvicinarsi al mio viso e baciarmi.
Sentii le sue labbra fredde posarsi sulle mie e il mio cuore perdere un battito.
Quando si allontanò dalle mie labbra, mi baciò la fronte e mi sorrise.
Le sue labbra, anche se fredde, lasciarono le mie calde e dolci. Sentivo sulle labbra il dolce sapore di lui e ciò mi fece arrossire, ma mi piacque.
Mi aveva rubato il mio primo bacio ed era stato qualcosa di meraviglioso.
Dei candidi fiocchetti di neve cominciarono a cadere silenziosamente sulla terra, distraendomi momentaneamente dai miei pensieri.
- La neve! -, urlai girando su me stessa e ridendo, incurante della gente che passeggiava per la piazza.
Alzai il volto verso il cielo e lasciai che qualche fiocco si posasse sul mio viso.
Ero felice e avrei voluto urlarlo al mondo intero.
Quando smisi di girare su me stessa, due braccia forti e calde mi avvolsero da dietro e seppi per certo che erano le sue.
- Ti amo piccola -, mi sussurrò lui ad un orecchio.
- Ti amo anche io -, dissi, voltandomi e arrossendo, per poi lasciarmi avvolgere nuovamente dalle sue braccia.
Finalmente tornare in quell'edificio che era la mia prigione, tornare in orfanotrofio, non sarebbe più stato triste. No, non lo sarebbe più stato, perché ora sapevo che, fuori da quelle mura, c'era una persona che mi aspettava, una persona che mi amava e, solo per quella, avrei dovuto lottare e superare i due anni che mi mancavano per poter uscire da quel luogo.
Sì, avrei vissuto solo per lui.
Lui, la mia libertà.
   
 
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