- Titolo: "Alla fine… l'oblio."
- Autore (EFP) _Roxanne
- Rating: Arancione
- Genere: Horror, Drammatico, Sovrannaturale
- Avvertenze: Nessuna
- Note: Nessuna
- Piccola introduzione: Il parco divertimenti di High Springs a Little Rock, in Louisiana, aveva fatto una lunga carriera e in pochissimi anni era cresciuto in maniera esponenziale. Turisti provenienti da tutto lo Stato venivano a Little Rock per provare il brivido delle montagne russe "The Hell's Door" o morire di paura nella casa degli orrori "Black Springs" o, ancora, divertirsi nel labirinto degli specchi più lungo di tutto il Paese. Dietro la grande e bellissima realtà del parco divertimenti, si celava qualcosa di più. Strane cose sono successe a Little Rock dal quel nefasto maggio dell'anno 1989 e non si sono mai fermate. Qualcosa si nascondeva in quel mondo di giochi e divertimento. Qualcosa di cui nessuno a Little Rock osava parlare. Qualcosa che avrebbe portato tutto all'oblio.
ALLA FINE... L'OBLIO.
Gli
abitanti della piccola cittadina di Little Rock, in Louisiana, erano
sempre stati riluttanti a parlare del parco divertimenti di High
Springs. Non si poteva loro scucire più di scarne
informazioni
tranne su quando fosse stato aperto, quando fosse stato chiuso e, se
avevi fortuna, su chi avesse gestito il parco negli ultimi anni di
attività, prima della definitiva e sorprendente chiusura. La
sua
cessazione di attività, però, non era stata
affatto una sorpresa.
In più di quindici anni di carriera, l'High Springs si era
evoluto
in molte forme, fino ad arrivare ad essere uno dei parchi
divertimento più importanti della zona. Turisti provenienti
da tutto
lo Stato venivano a Little Rock per provare il brivido delle montagne
russe "The Hell's Door" o morire di paura nella casa degli
orrori "Black Springs" o, ancora, divertirsi nel labirinto
degli specchi più lungo di tutta la Louisiana. L'ultimo
proprietario
si era enormemente arricchito, ma, dopo alcuni anni, aveva
dimenticato che cosa significasse la parola "sicurezza".
Nel
mese di maggio dell'anno 1989, un ragazzino di undici anni, Colin
Bower, era entrato felicemente nel parco per passare una divertente
giornata con i genitori e la neo sorellina, Maggie. Aveva provato
molte delle giostre del parco, quelle a lui accessibili, e, alla fine
della giornata, aveva voluto provare la casa degli orrori.
Così,
dopo varie insistenze da parte del bambino, la madre si
offrì di
accompagnarlo. Bisogna dire che quella giostra faceva veramente
paura, tanto che anche la madre di Colin si spaventò varie
volte. A
metà percorso, la piccola carrozza che ospitava Colin e sua
madre si
bloccò, come quelle dietro la loro. Il buio calò
fitto sui
passeggeri e un urlo straziò improvvisamente il silenzio. Il
piccolo
Colin era stato colpito da una trave di legno staccatasi dal buio
soffitto della caverna e lo aveva fatto cadere dalla carrozza. Il
tonfo sordo fu presagio di ciò che era avvenuto. La testa,
il
rumore, le rocce che costeggiavano le rotaie.
Dopo
alcuni secondi con il fiato sospeso, le luci ripresero a funzionare e
una visione raccapricciante si presentò agli occhi dei
presenti.
Colin si trovava a pochi metri di distanza dalla sua carrozza e aveva
il cranio spaccato. La madre tentò di raggiungere il
figlioletto, ma
le fu impedito dalla giostra che ripartì.
I
giornali, nei giorni successivi, riportarono l'avvenimento,
aggiungendo che il parco si era subito mobilitato per il piccolo
Colin. Però, c'è chi, ancora oggi come allora,
non crede a questa
versione, ma crede che il cadavere del piccolo Colin si trovi nella
giostra.
Pochi
giorni dopo la morte di Colin, il parco fu chiuso definitamente e
alcuni operai vennero chiamati per smantellare la maggior parte delle
strutture, cosa che non successe mai. Infatti, alcune settimane dopo
gli operai cessarono i lavori, senza dare una spiegazione al
proprietario del parco, che da quel momento non se ne curò
mai più.
A
distanza di vent'anni le informazioni su quel parco divertimenti sono
davvero poche, poiché negli anni Novanta, un incendio a
distrutto
gli archivi comunali di Little Rock e, con essi, tutte le fonti
scritte a proposito di quelle vicende.
Al
giorno d'oggi, a Little Rock non si parla di High Springs, della
morte di Colin Bower o delle condizioni del parco, ma soltanto di
cosa potrebbe celarsi oltre quei cancelli.
Nell'inverno
dell'anno 2011, la neo giornalista, Maria William, lavorava in
un'importante testata giornalistica, offrendosi di fare la reporter
in tutto il Paese. Dopo
pochi mesi dalla sua assunzione, venne
chiamata a fare un servizio a Little Rock sul caso di tre ragazze
scomparse in quella zona.
Avendo
uno spirito avventuriero e desideroso di mistero, accettò
immediatamente.
La
28enne, Glory Moore, collega di Maria, quando venne a conoscenza del
nuovo incarico, tentò di parlarle del parco "maledetto",
poichè ben 17 dei suoi anni li aveva trascorsi a Little Rock.
Maria,
però, non aveva intenzione di ascoltare nessuno a proposito
del suo
nuovo e, per lei, entusiasmante incarico, costrinse così
Glory a
offrirsi di accompagnarla.
"Maria?"
"Sì?"
"Sono
Glory Moore, la ragazza che ti accompagnerà a Little Rock."
Arrivata
a Little Rock, Glory si decise, doveva parlare di High Springs con
Maria. Avendo passato l'infanzia con il terrore di quel luogo, si
sforzò per parlarne e dire alla collega tutto ciò
che sapeva.
Maria
fu scioccata dalle parole di Glory, ma non era sua intenzione
fermarsi. Avrebbe fatto il suo lavoro e non avrebbe rinunciato a
indagare sul parco.
"Se
questo è ciò che vuoi fare, non aspettarti alcun
aiuto da me."
Aveva detto aspramente Glory, prima di chiudere la porta della sua
stanza alle spalle, causando un brusco rumore, tale da far sobbalzare
Maria. Non avrebbe voluto essere così dura, ma la paura di
quel
parco era ancora vivida nel suo cuore, anche dopo tutti gli anni
passati lontano da casa.
Il
giorno seguente, le due donne cominciarono immediatamente a lavorare
sul servizio, dedicandosi a intervistare gli abitanti di Little Rock.
Passarono da un negozio all'altro, da una bottega alla successiva, ma
ciò che ricavarono fu una misera pagina. Fedeli a loro
stessi, gli
abitanti non si fecero convincere dalle continue richieste di Maria,
tanto meno se ciò che voleva erano informazioni sul parco di
High
Spring.
La
donna non riusciva a capacitarsi di aver impiegato tre giorni e
mezzo, intervistando metà della città, per
scrivere una scarna
pagina di Word. Rileggendo più volte le informazioni che
aveva
appreso dai pochi passanti o commercianti disposti a collaborare,
notò che ognuno di loro non andava oltre una certa soglia,
come in
passato avevano fatto per High Springs.
Glory,
dal canto suo, sapeva benissimo che i suoi compaesani non avrebbero
ceduto facilmente e si arrese all'idea di dover ricorrere alle uniche
persone che avrebbero collaborato.
La
mattina del quarto giorno aveva bussato alla porta dei suoi genitori
con un groppo in gola, sentendosi strana all'idea di incontrarli dopo
così tanti anni.
Sua
madre aprì la porta, sbuffando come aveva sempre fatto, ma
quando
riconobbe la donna che si trovava sulla soglia di casa,
scoppiò in
lacrime, bloccata a pochi metri dalla figlia che aveva rivisto dopo
ben 11 anni. Il marito, anch'egli sotto shock, fece accomodare sua
figlia e Maria in casa, tentando di calmare la moglie sofferente di
cuore.
Una
volta tornata alla normalità la signora Moore strinse Glory
in un
abbraccio soffocante, cercando di farle capire quanto le fosse
mancata in questi undici anni. E Glory recepì il messaggio,
addirittura ricambiando l'abbraccio con quella donna che aveva un
tempo odiato.
"Mamma…
Papà…"
"Come
mai sei tornata qui, figliola?"
"Beh,
stiamo cercando delle informazioni sulle ragazze scomparse…
e sul
parco."
A
quella parola i genitori di Glory si voltarono l'uno verso l'altro,
comunicando il loro disagio con gli occhi. Sapevano di dover delle
spiegazioni alla figlia, ma questo non li fermò
dall'attendere
svariati minuti, prima di cominciare a parlare.
"Vedi,
Glory, noi non sappiamo molto riguardo le tre giovani donne
scomparse…"
"Sono
entrate nel parco?"
"Beh,
loro…. Sì, insomma…. Sì.
Sono entrate. Tutte. Una dopo l'altra.
Non ho idea di cosa cercavano, ma l'hanno fatto, nonostante tutti le
spingevano a non farlo. Quel parco è maledetto, tesoro, lo sai
meglio di noi."
Le
parole erano venute alle labbra del padre in modo spontaneo e avevano
rivelato una parte della verità. Sì, Glory sapeva
esattamente
quanto era tremendo quel posto, perché lo aveva provato
sulla sua
pelle.
Maria,
dalla visita alla casa dei genitori di Glory, che nel poco tempo
trascorso insieme era diventata sua amica, ne uscì
sconvolta. Aveva
ricevuto le risposte alla maggior parte delle domande che si era
posta, anche lei non sicura di volerle, ora aveva più dubbi
che
risposte.
Aveva
ascoltato tutto ciò che Betty e Richard, i genitori di
Glory,
avevano detto e, durante il viaggio di ritorno verso l'hotel, non
aveva fatto altro che pensarci.
"Glory…
perché tua madre ha detto che tu sai meglio di loro quanto
sia
maledetto quel parco?"
La
macchina ebbe una brusca frenata dopo che Maria pose quella domanda
alla donna che stava guidando, pensando che forse non avrebbe dovuto
farlo in quel momento.
Glory
si voltò, bianca come il latte, a guardare Maria, a cui si
leggeva
negli occhi la necessità di sapere. Sospirò
affranta e fece
ripartire l'auto, diretta verso il momento nel quale avrebbe dovuto
raccontare tutto.
Nella
stanza d'albergo di Glory regnava un silenzio carico di tensione,
mentre prendeva una bottiglia di brandy dal piccolo bar a
disposizione. Ne avrebbe avuto bisogno.
Maria
attendeva con ansia il racconto dell'amica e tentava di restare calma
durante l'attesa, capendo non fosse una cosa facile da raccontare.
"All'età
di cinque anni il mio piccolo sogno era quello di poter fare tutte le
attrazioni del parco divertimenti di High Springs. Volevo provare le
montagne russe, la casa degli orrori, tutto quanto. Ma, data la mia
età, non me lo permisero. Perciò i miei genitori
mi portarono al
circo. All'interno del parco, c'era un grandissimo tendone, dove si
svolgevano gli spettacoli con gli animali, gli equilibristi e molto
altro. Quello era il "Magic Circus". Non ero molto
entusiasta di andarci, ma almeno avrei potuto godermi uno spettacolo
divertente.
I
miei genitori erano felici che per qualche ora avessi smesso di
assillarli con il voler salire sulle montagne russe. Fattasi sera, lo
spettacolo terminò e mi fu permesso di andare dietro le
quinte per
vedere gli animali. Uno dei pagliacci mi prese per mano e mi condusse
in un altro tendone, più grande, così che potessi
ammirare e forse
toccare gli animali. Mi lasciò nella stanza con loro,
dicendomi di
non muovermi, mentre lui si cambiava. Io non potevo chiedere di
meglio. Avevo tutti gli animali del mondo davanti ai miei occhi e non
mi sarei scollata da quelle gabbie per nulla e per nessun motivo.
Pochi
minuti dopo, però, un lieve rumore di passi mi raggiunse.
Ricordo
nitidamente che mi voltai e vidi un'ombra scura dietro la gabbia
della tigre. Pensando fosse l'uomo che mi aveva condotto lì,
mi
avvicinai. Da quel momento, non ricordo più nulla. Soltanto
che
qualcuno mi addormentò e mi sollevò di peso. Mi
svegliai poche ore
dopo in un posto che non avevo mai visto. Buio, fetido, puzzolente e
totalmente isolato. Ero legata e imbavagliata, quando riconobbi la
figura di un bambino riversa a terra, sgozzata. Urlai nel fazzoletto
e cominciai a piangere."
Singhiozzi
l'avevano scossa sin dall'inizio del racconto, ma si dovette fermare
perché si erano trasformati in un pianto vero e proprio.
"Scusami.
Nessuno sa di questa storia. Beh, in realtà, molti erano a
conoscenza delle sparizioni di bambini piccoli avvenute quell'anno.
Però, sai, non c'è più traccia negli
archivi, distrutti durante
l'incendio, e nessuno ne ha mai parlato.
Comunque,
dopo che notai il bambino, pressoché della mia
età, a terra, piansi
per molto tempo, finché qualcuno non entrò nella
stanza e bloccò i
miei singhiozzi. Era un uomo, alto, magrissimo, con la pelle di cera.
Indossava un mantello lunghissimo e uno smoking da spettacolo. Sul
volto era poggiata una maschera che nascondeva metà della
sua
faccia, che sotto era sfigurata. Mi levò il bavaglio, si
tolse la
maschera e urlai per quello che stavo vedendo. E' impresso nella mia
mente esattamente tutto ciò che mi disse, ciò che
fece, la sua
voce, ogni cosa. Non mi chiedere perché o come…
non ne ho la
minima idea. So che lui non era vivo, ma nemmeno morto, era sospeso
tra un mondo e l'altro.
Non
mi fece del male, fortunatamente, perché riuscii a scappare.
Alcune
cose sono confuse, quindi sul come sono scappata so dirti che mi sono
trovata i nodi della corda allentati e mi sono semplicemente
liberata. Ricordo che corsi più veloce che potei, trovandomi
nel
bosco al limitare di Little Rock. Essendo così piccola, non
riuscii
a capire dove andare, perciò mi rannicchiai in un
tronco cavo
e rimasi lì ferma. Aspettai , aspettai e aspettai. Poco
prima che
sorgesse l'alba, una voce chiamò il mio nome nelle vicinanze
dell'albero e io scattai in piedi, cercando di raggiungerla.
Finalmente, vidi un uomo con una divisa che guardava tra i cespugli
di una radura e gli corso incontro.
Il
tutto durò una notte, una soltanto, e da quel momento in poi
nessun
bambino fu più rapito."
La
donna scoppiò in un pianto disperato, esprimendo tutta la
frustrazione che per anni si era tenuta dentro e non aveva mai
esternato con nessuno all'infuori dei suoi genitori. Furono loro
più
di vent'anni prima a scrivere il verbale per la figlia,
poiché la
bambina non voleva parlare con nessuno. Riuscì a farlo
solamente
dopo due anni dall'accaduto.
Maria
rimase sconvolta dalla confessione della donna e cercò di
starle
vicino, ricevendo in cambio altre informazioni riguardanti le
sparizioni dei bambini di quell'epoca e sul parco.
Passarono
alcuni giorni prima che le due donne, al sorgere del sole,
oltrepassassero i cancelli del parco di divertimenti dei High
Springs.
Tutto
ciò che le circondava era in rovina, ma nulla era cambiato
da quando
Glory ci aveva messo piede per la prima volta all'età di tre
anni. I
cavalli meccanici erano ancora accanto allo stand dove un tempo si
giocava a freccette; lo stand pieno di peluche che ricordava era
ancora lì, soltanto privo di tutti quei meravigliosi amici
in cui
trovava conforto da bambina; la giostra dei cavalli, dove passava le
sue giornate,era spoglia e i suoi amati cavallini rovinati dal tempo
e dall'incuria, le riempivano gli occhi e il cuore di tristezza e
angoscia.
Il
nodo alla gola di Glory non si allentò nemmeno quando si
trovò di
fronte alla sua giostra preferita, la ruota panoramica.
Passò
accanto alla struttura, che pareva poter crollare da un momento
all'altro, e guardò i seggiolini rotti con grade nostalgia,
ricordando l'emozione che la invadeva ogni volta che arrivava in
cima alla giostra vedeva il paesaggio intorno a Little Rock.
"Non
penso ci sia pericolo durante il giorno, Maria, puoi anche smettere
di tremare."
Nemmeno
Glory era completamente tranquilla, ma desiderava smorzare la
tensione formatasi da primo momento in cui avevano varcato le porte
del parco.
"Non
sto tremando…"
Anche
se Maria si sentiva opprimere da quel posto, riuscì a
strapparsi un
sorriso per l'amica, cercando di farle capire che non era sola.
Le
due donne passarono l'intera mattinata a girovagare tra le giostre,
evitando volontariamente l'area del tendone del circo, che si poteva
vedere da molto lontano.
Maria
si era chiesta quanto fosse realmente grande quel parco,
perché ad
ogni passo qualcosa di nuovo catturava la sua attenzione.
Glory,
dal canto suo, aveva la nausea. Tornare in quel posto dopo
così
tanti anni, la faceva sentire vuota.
Durante
le fredde ore del pomeriggio, passarono a esplorare gli alloggi del
personale, che erano installati al limitare del parco, e gli alloggi
per i clienti provenienti da molto lontano.
L'
Hotel Luxor si trovava nella parte ovest del luogo e urlava il suo
decadimento. Finestre rotte, porte rubate, macerie ovunque e graffiti
ricoprivano l'intero luogo con scritte di ogni genere.
Glory
ricordava perfettamente quanto quell'hotel fosse stato splendido un
tempo.
"Entriamo…"
Si
fece sera. Maria e Glory erano rimaste per molto tempo all'interno
della vecchia residenza per i visitatori e avevano parlato tanto tra
loro. Si erano davvero conosciute meglio e, ora, Maria, capiva che
cosa stava provando l'amica nel tornare in quel "parco
maledetto".
Un
sibilo sqaurciò il silenzio, facendo fischiare i timpani a
entrambe.
Maria
si coprì le orecchie con le mani, mentre Glory rimase
paralizzata.
Aveva già sentito quel rumore, aveva già provato
quel lungo
brivido, aveva già sperimentato quelle sensazioni e la paura
che
tutto tornasse la trasformò in una statua di sale.
"Nuovi
visitatori… Vogliamo giocare, ragazze? Ho un bel mazzo di
carte per
voi…"
La
voce pareva incorporea, come se qualcuno di un altro mondo stesse
comunicando con loro.
Il
braccio di Maria venne scosso più volte, prima che si
rendesse conto
di essersi incantata.
Guardò
Glory negli occhi e capì immediatamente dove avrebbero
dovuto
recarsi: al circo.
"Sei
sicura?"
"Dobbiamo
combatterlo, Maria… è l'unica cosa da fare."
La
risolutezza nella voce della donna sorprese Maria, che si fece
trascinare in quell'enorme tendone, che un tempo aveva ospitato molte
persone e animali.
Al
centro della pista si trovava un piccolo tavolino illuminato dalla
luce delle Luna, che proveniva da un taglio creato in cima al
tendone. Sopra la superfice rovinata era posizionato un lucido mazzo
di carte, perfettamente ordinato, come se non fosse mai stato
toccato.
Le
due donne avevano deciso di avvicinarsi, quando la voce incorporea le
bloccò sulla soglia della pista sabbiosa.
"Glory…
sei tornata. Da quanto tempo… sai, mi sei
mancata…"
Il
colore scomparve dal viso della donna, non appena venne pronunciato
il suo nome.
I
lunghi capelli biondi stretti in un pugno, il viso distorto da
un'espressione di puro terrore e le gambe che tremavano sotto il suo
umile peso.
"Giochiamo
ancora." La sua non era stata una domanda,
bensì una chiara
affermazione, un ordine.
Maria
voleva fuggire, correre lontano, ma le sue esili gambe non
rispondevano ai comandi del suo cervello, che era stato troppo
impegnato a cercare di capire quanto stava accadendo.
La
voce incorporea sembrava aleggiare attorno alle due donne e metteva
loro addosso una stranissima sensazione.
Maria
fu la prima a muoversi, quando una carta lucida proveniente dal mazzo
si levò nell'aria, sfrecciando furiosamente contro il viso
di Glory.
Un lungo taglio superficiale si aprì sulla guancia sinistra
della
donna, lasciando uscire fiumi di sangue.
Glory
urlò al vento il suo dolore, mentre si accasciava a terra,
tremante.
"Possiamo
cominciare. Non ti dispiace vero Glory? Il gioco è semplice
e in
palio c'è la vostra vita.
Quel
mazzo di carte continuerà a lanciare contro di voi le sue
armi e ne
subirete le orrende conseguenze. A meno che… non riusciate a
uscire
da questo tendone. Buona fortuna."
Maria
era rimasta ad ascoltare attentamente le parole della voce, come
rapita e stordita dal suono. Le era parsa stupida la prova che era
stata sottoposta loro.
Glory,
d'altra parte, aveva intuito non fosse poi così insulsa
quella
prova.
Un'altra
carta si levò dal mazzo e colpì Maria al fianco.
Un dolore acuto le
era partito dal punto ferito e si era irradiato a tutto il corpo. La
sua soglia del dolore era sicuramente troppo bassa perché
lei
riuscisse a incassare un altro colpo.
"Glory…
ti prego, usciamo da questo luogo." Aveva detto fra le lacrime.
"Non
ti muovere… non è così semplice come
sembra…"
"Ma
Glory…"
Maria
era arrivata a intendere che Glory fosse troppo spaventata per
pensare a una soluzione razionale. Ma avrebbe potuto dire la stessa
cosa di se stessa?
Senza
rimuginare sulla sua iniziale decisione, si era alzata e aveva preso
il cammino verso l'apertura da cui era entrata poco prima con la sua
amica. Forse la sua era stata una decisione troppo avventata…
Improvvisamente,
in un battito di ciglia, l'ambiente intorno a lei cambiò.
Non si
trovava più nel circo, ma nella sua dimora a Indianapolis.
Il camino
era scoppiettante; i suoi romanzi posizionati, come di consueto,
sulla mensola proprio al di sopra di esso e il suo amato divano
pulito e in ordine. Ma quello non era il suo appartamento.
Maria
aveva scosso il capo, sbattuto più volte le ciglia e,
infine, si era
seduta cautamente su quello splendido divano così simile al
suo.
Sembrava che qualcosa non andava… sentiva che qualcosa
sarebbe
successo. E fu così.
Bruscamente,
il suo morbido divano si ribalto e lei finì a terra, nelle
orecchie
migliaia di urla disumane. Non capiva da dove provenissero tutte
quelle voci, perché arrivavano da tutte le parti. La sua
mente non
era riuscita a registrare tutto ciò che era appena accaduto,
quindi
si sentì mancare, come se fosse vicina allo svenire. Quando
aveva
creduto di non poter sopportare altro, le grida erano cessate e tutto
intorno a lei si era fatto muto.
Si
era alzata a fatica, in quell'oblio nero, e aveva cercato di vedere
qualcosa oltre a quel non colore che sembrava dominare l'intero
spazio intorno a lei.
Finchè
non scorse una figura nera. La figura era estremamente allungata e
distorta, come una persona affetta da una rara patologia. La sagoma
si era avvicinata al punto nel quale si era alzata Maria e aveva teso
le braccia nella direzione della donna.
"Non
avere paura, Mary, ci sono io con te…" Aveva detto,
trascinando le parole.
Alla
donna aveva immediatamente ricordato a chi apparteneva quella voce,
che in quegli anni le era sembrata così lontana.
"Io
sono qui, accanto a te. Non avere paura del buio, il buio non fa
male."
Maria
era corsa verso la figura nera, perdendosi in quel mare di profondo
oblio.
Glory,
che non si era minimamente mossa dalla sua posizione sul pavimento,
aveva sentito l'amica urlare e l'aveva vista portarsi le mani a
coprire i timpani, come se tutto quel silenzio la stesse assordando.
Anche se, in cuor suo, aveva intuito ci fosse qualcosa di
più.
Aveva
visto la sua amica alzarsi, correre verso un punto vuoto del tendone
e, infine, accasciarsi a terra come in preda a spasmi e convulsioni.
Aveva distolto lo sguardo da quell'orrenda visione, non aveva avuto
il coraggio di rimanere immobile a osservare l'amica in preda alla
pazzia.
Dopo
alcuni istanti, si alzò da terra e corse verso il piccolo
tavolino
di legno, appoggiandosi su di esso. A poco a poco il legno
sembrò
trasformarsi in qualcosa di liquido e viscido, dal quale Glory si
affrettò a levare le mani. Lentamente, il tavolino lavorato
era
mutato sotto i suoi occhi, che continuavano a fissarlo sbarrati.
Davanti a lei, dopo la trasformazione, si trovava una bambina, dai
capelli biondi come il miele e gli occhi verdi come l'erba di
mattina, che tentava invano di correrle incontro. Si riconobbe
subito, forse, nell'atto di correre verso suo padre, cosa che da
piccola faceva molto spesso visto che il suo papà restava
via per
molti mesi.
In
preda ai ricordi, si accasciò a terra e scoppiò
in un pianto
disperato.
Come
aveva potuto dimenticare tutto ciò che era successo durante
la sua
infanzia? Come aveva anche solo minimamente pensato che i suoi
genitori la potessero diseredare per un così futile motivo?
Le
erano tornate in mente tutte quelle immagini che per undici anni
aveva cercato di cancellare dalla sua mente, di spazzare via dalla
sua anima, ma evidentemente non ci era riuscita come un tempo aveva
pensato.
All'improvviso
si era sentita toccare il braccio ferito e, quando aveva alzato lo
sguardo, la sua versione di bambina le aveva sorriso. Un sorriso
sincero, uno di quelli che puoi davvero apprezzare solo quando cresci
e ti rendi conto di ciò che hai passato.
Si
portò le mani alle tempie e urlò forte,
così forte che
l'allucinazione che stava avendo vacillò. Quel piccolo
spostamento,
però, venne colto. Glory aveva visto un'interferenza, aveva
notato
il cambiamento di immagine che aveva avuto la bambina, aveva capito
che non poteva essere vera.
Facendo
appello a tutta la sua forza, aveva fatto un profondo respiro e aveva
convinto se stessa della finzione di quelle immagini. Una volta che
la sua mente era convinta, riaprì gli occhi e il tavolino
era ancora
al suo posto, con le carte ordinate sopra.
Non
si prese la briga di osservare ancora Maria, ancora in preda alle
"convulsioni", e uscì dal tendone. Respirò
profondamente
l'aria fresca della sera e, una volta uscita da quel parco maledetto,
si addentrò nella foresta al limitare di Little Rock.
Aveva
ricordato. Ricordato quasi ogni singolo particolare della notte in
cui era sfuggita a "The man of circus", il nome che gli
abitanti della cittadina avevano dato alla presenza che si aggirava
nel parco.
Ma
l'uomo del circo era ben altro. Era qualcosa che la mente umana
poteva solo concepire come impossibile, ultraterreno.
Glory,
con la mente invasa dai ricordi, aveva cercato il cosiddetto rifugio
di "the man of circus".
E
quando l'aveva trovato, non ci aveva pensato sue volte a entrarci.
"Oh,
è un piacere per me vederti… cara Glory."
Una
figura incappucciata fece capolino nell'ambiente oscuro e sinistro
intorno alla donna.
Era
alto e scheletrico, con le maniche del completo che gli coprivano le
mani e un grande cappello a cilindro sopra il cappuccio.
Nemmeno
Glory avrebbe mai potuto pensare che "l'uomo del circo"
potesse avere una faccia così… umana.
Sì, umana, perché umana si
può definire una faccia che abbia una bocca, un naso e due
occhi,
anche se coperti da un vecchio e datato paio di occhiali da sole.
Un
ghigno maligno scoprì i denti brillanti dell'uomo e Glory
ebbe un
sussulto. Che razza di idea le era balenata in testa, quando aveva
deciso anche solo di tornare in città?
"N-non
fare del male a Maria…"
"E
perché no? Ti sei per caso preoccupata per lei, hai cercato
di
aiutarla?"
"Non
era mio compito, anche per quello che le sta accadendo è
colpa tua,
non è così?"
"Non
negherò, ma nemmeno affermerò ciò che
hai detto, cara Glory…"
Glory
aveva cercato di guadagnare tempo.
"Dimmi
che cosa vuoi… questa cosa riguarda te e…
me…"
"Oh,
certo, ma come potevo rifiutare ciò che tu stessa mi hai
offerto in
un piatto d'argento?"
In
una frazione di secondo, la donna si era trovata faccia a faccia con
l'uomo. Il suo naso appuntito, che in quel momento non le era parso
più così normale, sfiorava la sua guancia e gli
occhiali da sole
lasciavano trasparire uno scintillio sinistro.
L'uomo
aveva le mani dietro la schiena e, piegandosi leggermente su Glory le
aveva mostrate. Nella mano destra teneva imprigionati in un pugno i
capelli bruni di Maria, che lasciavano penzolare la sua testa
mozzata.
Un
urlo smorzò il silenzio maligno che aveva impregnato l'aria
e, senza
capire quello che stava facendo, Glory piantò le sue
lunghissime
unghie nella pelle di ceradell'uomo, proprio sotto l'occhio sinistro.
Anche
l'uomo urlò, ma il suo grido era disumano, infernale. La
donna
dovette coprirsi le orecchie per attutire quel suono non terreno.
Gli
occhiali gli caddero dalla faccia e Glory notò una cicatrice
che si
estendeva sopra l'occhio destro, che pareva danneggiato.
Quando
incontrò quegli occhi, però, non fece casa al
fatto che soltanto
uno era aperto e rivolto nella sua direzione, perché il
colore
bianco della sclera aveva catturato il suo sguardo. L'iride non era
normale, bensì completamente bianca, tanto che risultava
difficile
riconoscerne il contorno.
"Tu!
Tu!... Volevi rendermi completamente cieco?!"
L'uomo
aveva urlato ancora e, quell'ultimo grido, fece tornare alla mente di
Glory immagini che non pensava di possedere nel profondo del suo
inconscio.
"Io
giuro… che ti ucciderò,
in nome dell'odio
che provo per te, cara
Glory."
Aveva
ricordato quando, dopo essere uscita da quello stesso posto
all'età
di cinque anni, quello stesso uomo l'aveva braccata e aveva tentato
di riportarla all'interno.
Aveva
ricordato che con le sue piccole dita aveva schiacciato dentro
l'occhio destro e graffiato con furia.
Aveva
ricordato quell'urlo disumano che le era rimasto in testa per anni
dopo l'accaduto. Aveva ricordato e capito.
Si
era data una veloce occhiata intorno, prima di afferrare una piccola
asse di legno, non più grande di una mano, e averla
conficcata
rabbiosamente nell'unico occhio sano del suo aguzzino.
Altre
grida, infernali, che nessuno avrebbe mai dovuto udire, grida che mai
nella storia dell'umanità alcuno aveva udito così
da vicino, così
forte. Avrebbero potuto stordire un'intera mandia di buoi, se non
peggio… ucciderli.
Ed
era così che si stava sentendo Glory, morire.
Le
sue esili gambe coperte da un paio di pantaloni della tuta non
avevano la forza di contrastare quelle urla e imploravano Glory di
lasciarsi andare. Le braccia erano le sue uniche alleate rimaste e,
reggendosi al muro della struttura, si era trascinata fuori. Era
caduta dopo aver oltrepassato la soglia della casetta di legno scuro,
finendo nel buio della notte, e si era voltata indietro. La figura de
"l'uomo del circo" aveva continuato a contorcersi a terra,
senza emettere alcun suono. Infine, come se nulla fosse mai esistito,
l'uomo venne rimpiazzato dalla polvere, polvere fine, che poteva
confondersi con la terra.
Glory
aveva gemuto sull'erba fresca, aveva sospirato ed era rimasta a
fissare il terreno, mentre le immagini di quelle ore si stavano
succedendo nella sua mente a una velocità inimmaginabile.
Dopo alcuni minuti passati a pensare, si alzò a fatica da terra e cominciò il suo cammino di ritorno verso Little Rock. Non era sicura di poter tornare, di poter rivedere i suoi genitori. Non era sicura di poter restare in piedi ancora per molto, di poter vivere ancora per molto, dopo che quello che era accaduto le aveva lasciato un segno incancellabile nel petto. Frammento per frammento, passo per passo, sentiva la vita scivolarle addosso e quel pezzo conficcato nel petto diventare via via più grande. Come avrebbe potuto convivere con tutto ciò? Come avrebbe potuto fare finta di nulla e tornare alla sua vita normale? Per l'amore del cielo… aveva portato alla morte una persona, era come se l'avesse uccisa davvero.
"Gloria…"
Una
voce sommessa aveva chiamato il suo nome nel fitto degli alberi.
"Vieni
qui, sono sola."
La
donna si era voltata e aveva trovato due occhi grandi e di un verde
smeraldo osservarla, nascosti dietro un cespuglio. Si era sfregata
gli occhi, credendo di avere le allucinazioni… lei non
poteva
essere lì.
"Ho
paura…" Aveva detto ancora la bambina, che ora si era
esposta
a Glory.
Che
razza di scherzi le stava giocando la mente? Perché vedeva
la sua
versione bambina, poi la sua versione ragazzina e infine la sua
versione adolescente prendere forma davanti a lei?
La
sua copia di diciassette anni si era avvicinata e le aveva sorriso,
porgendole la mano.
In
quel momento, Glory aveva capito.
Aveva
afferrato la mano della ragazza e aveva cominciato a camminare al suo
seguito.
Mentre
era avviata verso la via del non ritorno, aveva sorriso, un sorriso
amaro, consapevole di aver scelto
l'oblio.
[Storia partecipante
al contest "Le creature della notte"
indetto da passiflora91 sul forum di EFP.
_Roxanne]