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Autore: _Roxanne    03/10/2014    1 recensioni
Il parco divertimenti di High Springs a Little Rock, in Louisiana, aveva fatto una lunga carriera e in pochissimi anni era cresciuto in maniera esponenziale.  Turisti provenienti da tutto lo Stato venivano a Little Rock per provare il brivido delle montagne russe "The Hell's Door" o morire di paura nella casa degli orrori "Black Springs" o, ancora, divertirsi nel labirinto degli specchi più lungo di tutto il Paese.
Dietro la grande e bellissima realtà del parco divertimenti, si celava qualcosa di più.
Strane cose sono successe a Little Rock dal quel nefasto maggio dell'anno 1989 e non si sono mai fermate. Qualcosa si nascondeva in quel mondo di giochi e divertimento. Qualcosa di cui nessuno a Little Rock osava parlare. Qualcosa che avrebbe portato tutto all'oblio.
[Storia partecipante al contest "Le creature della notte", indotto da passiflora sul forum di EFP.]
Genere: Drammatico, Horror, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Alla fine... l'oblio.
  • Titolo: "Alla fine… l'oblio."
  • Autore (EFP) _Roxanne
  • Rating: Arancione
  • Genere: Horror, Drammatico, Sovrannaturale
  • Avvertenze: Nessuna
  • Note: Nessuna
  • Piccola introduzione: Il parco divertimenti di High Springs a Little Rock, in Louisiana, aveva fatto una lunga carriera e in pochissimi anni era cresciuto in maniera esponenziale.  Turisti provenienti da tutto lo Stato venivano a Little Rock per provare il brivido delle montagne russe "The Hell's Door" o morire di paura nella casa degli orrori "Black Springs" o, ancora, divertirsi nel labirinto degli specchi più lungo di tutto il Paese. Dietro la grande e bellissima realtà del parco divertimenti, si celava qualcosa di più. Strane cose sono successe a Little Rock dal quel nefasto maggio dell'anno 1989 e non si sono mai fermate. Qualcosa si nascondeva in quel mondo di giochi e divertimento. Qualcosa di cui nessuno a Little Rock osava parlare. Qualcosa che avrebbe portato tutto all'oblio.


ALLA FINE... L'OBLIO.

Gli abitanti della piccola cittadina di Little Rock, in Louisiana, erano sempre stati riluttanti a parlare del parco divertimenti di High Springs. Non si poteva loro scucire più di scarne informazioni tranne su quando fosse stato aperto, quando fosse stato chiuso e, se avevi fortuna, su chi avesse gestito il parco negli ultimi anni di attività, prima della definitiva e sorprendente chiusura. La sua cessazione di attività, però, non era stata affatto una sorpresa. In più di quindici anni di carriera, l'High Springs si era evoluto in molte forme, fino ad arrivare ad essere uno dei parchi divertimento più importanti della zona. Turisti provenienti da tutto lo Stato venivano a Little Rock per provare il brivido delle montagne russe "The Hell's Door" o morire di paura nella casa degli orrori "Black Springs" o, ancora, divertirsi nel labirinto degli specchi più lungo di tutta la Louisiana. L'ultimo proprietario si era enormemente arricchito, ma, dopo alcuni anni, aveva dimenticato che cosa significasse la parola "sicurezza".
Nel mese di maggio dell'anno 1989, un ragazzino di undici anni, Colin Bower, era entrato felicemente nel parco per passare una divertente giornata con i genitori e la neo sorellina, Maggie. Aveva provato molte delle giostre del parco, quelle a lui accessibili, e, alla fine della giornata, aveva voluto provare la casa degli orrori. Così, dopo varie insistenze da parte del bambino, la madre si offrì di accompagnarlo. Bisogna dire che quella giostra faceva veramente paura, tanto che anche la madre di Colin si spaventò varie volte. A metà percorso, la piccola carrozza che ospitava Colin e sua madre si bloccò, come quelle dietro la loro. Il buio calò fitto sui passeggeri e un urlo straziò improvvisamente il silenzio. Il piccolo Colin era stato colpito da una trave di legno staccatasi dal buio soffitto della caverna e lo aveva fatto cadere dalla carrozza. Il tonfo sordo fu presagio di ciò che era avvenuto. La testa, il rumore, le rocce che costeggiavano le rotaie.
Dopo alcuni secondi con il fiato sospeso, le luci ripresero a funzionare e una visione raccapricciante si presentò agli occhi dei presenti. Colin si trovava a pochi metri di distanza dalla sua carrozza e aveva il cranio spaccato. La madre tentò di raggiungere il figlioletto, ma le fu impedito dalla giostra che ripartì.
I giornali, nei giorni successivi, riportarono l'avvenimento, aggiungendo che il parco si era subito mobilitato per il piccolo Colin. Però, c'è chi, ancora oggi come allora, non crede a questa versione, ma crede che il cadavere del piccolo Colin si trovi nella giostra.
Pochi giorni dopo la morte di Colin, il parco fu chiuso definitamente e alcuni operai vennero chiamati per smantellare la maggior parte delle strutture, cosa che non successe mai. Infatti, alcune settimane dopo gli operai cessarono i lavori, senza dare una spiegazione al proprietario del parco, che da quel momento non se ne curò mai più.
A distanza di vent'anni le informazioni su quel parco divertimenti sono davvero poche, poiché negli anni Novanta, un incendio a distrutto gli archivi comunali di Little Rock e, con essi, tutte le fonti scritte a proposito di quelle vicende.
Al giorno d'oggi, a Little Rock non si parla di High Springs, della morte di Colin Bower o delle condizioni del parco, ma soltanto di cosa potrebbe celarsi oltre quei cancelli.

Nell'inverno dell'anno 2011, la neo giornalista, Maria William, lavorava in un'importante testata giornalistica, offrendosi di fare la reporter in tutto il Paese. Dopo pochi mesi dalla sua assunzione, venne chiamata a fare un servizio a Little Rock sul caso di tre ragazze scomparse in quella zona.
Avendo uno spirito avventuriero e desideroso di mistero, accettò immediatamente.
La 28enne, Glory Moore, collega di Maria, quando venne a conoscenza del nuovo incarico, tentò di parlarle del parco "maledetto", poichè ben 17 dei suoi anni li aveva trascorsi a Little Rock.
Maria, però, non aveva intenzione di ascoltare nessuno a proposito del suo nuovo e, per lei, entusiasmante incarico, costrinse così Glory a offrirsi di accompagnarla.
"Maria?"
"Sì?"
"Sono Glory Moore, la ragazza che ti accompagnerà a Little Rock."

Arrivata a Little Rock, Glory si decise, doveva parlare di High Springs con Maria. Avendo passato l'infanzia con il terrore di quel luogo, si sforzò per parlarne e dire alla collega tutto ciò che sapeva.
Maria fu scioccata dalle parole di Glory, ma non era sua intenzione fermarsi. Avrebbe fatto il suo lavoro e non avrebbe rinunciato a indagare sul parco.
"Se questo è ciò che vuoi fare, non aspettarti alcun aiuto da me." Aveva detto aspramente Glory, prima di chiudere la porta della sua stanza alle spalle, causando un brusco rumore, tale da far sobbalzare Maria. Non avrebbe voluto essere così dura, ma la paura di quel parco era ancora vivida nel suo cuore, anche dopo tutti gli anni passati lontano da casa.


Il giorno seguente, le due donne cominciarono immediatamente a lavorare sul servizio, dedicandosi a intervistare gli abitanti di Little Rock. Passarono da un negozio all'altro, da una bottega alla successiva, ma ciò che ricavarono fu una misera pagina. Fedeli a loro stessi, gli abitanti non si fecero convincere dalle continue richieste di Maria, tanto meno se ciò che voleva erano informazioni sul parco di High Spring.
La donna non riusciva a capacitarsi di aver impiegato tre giorni e mezzo, intervistando metà della città, per scrivere una scarna pagina di Word. Rileggendo più volte le informazioni che aveva appreso dai pochi passanti o commercianti disposti a collaborare, notò che ognuno di loro non andava oltre una certa soglia, come in passato avevano fatto per High Springs.
Glory, dal canto suo, sapeva benissimo che i suoi compaesani non avrebbero ceduto facilmente e si arrese all'idea di dover ricorrere alle uniche persone che avrebbero collaborato.
La mattina del quarto giorno aveva bussato alla porta dei suoi genitori con un groppo in gola, sentendosi strana all'idea di incontrarli dopo così tanti anni.
Sua madre aprì la porta, sbuffando come aveva sempre fatto, ma quando riconobbe la donna che si trovava sulla soglia di casa, scoppiò in lacrime, bloccata a pochi metri dalla figlia che aveva rivisto dopo ben 11 anni. Il marito, anch'egli sotto shock, fece accomodare sua figlia e Maria in casa, tentando di calmare la moglie sofferente di cuore.
Una volta tornata alla normalità la signora Moore strinse Glory in un abbraccio soffocante, cercando di farle capire quanto le fosse mancata in questi undici anni. E Glory recepì il messaggio, addirittura ricambiando l'abbraccio con quella donna che aveva un tempo odiato.
"Mamma… Papà…"
"Come mai sei tornata qui, figliola?"
"Beh, stiamo cercando delle informazioni sulle ragazze scomparse… e sul parco."
A quella parola i genitori di Glory si voltarono l'uno verso l'altro, comunicando il loro disagio con gli occhi. Sapevano di dover delle spiegazioni alla figlia, ma questo non li fermò dall'attendere svariati minuti, prima di cominciare a parlare.
"Vedi, Glory, noi non sappiamo molto riguardo le tre giovani donne scomparse…"
"Sono entrate nel parco?"
"Beh, loro…. Sì, insomma…. Sì. Sono entrate. Tutte. Una dopo l'altra. Non ho idea di cosa cercavano, ma l'hanno fatto, nonostante tutti le spingevano a non farlo. Quel parco è maledetto, tesoro, lo sai meglio di noi."
Le parole erano venute alle labbra del padre in modo spontaneo e avevano rivelato una parte della verità. Sì, Glory sapeva esattamente quanto era tremendo quel posto, perché lo aveva provato sulla sua pelle.

Maria, dalla visita alla casa dei genitori di Glory, che nel poco tempo trascorso insieme era diventata sua amica, ne uscì sconvolta. Aveva ricevuto le risposte alla maggior parte delle domande che si era posta, anche lei non sicura di volerle, ora aveva più dubbi che risposte.
Aveva ascoltato tutto ciò che Betty e Richard, i genitori di Glory, avevano detto e, durante il viaggio di ritorno verso l'hotel, non aveva fatto altro che pensarci.
"Glory… perché tua madre ha detto che tu sai meglio di loro quanto sia maledetto quel parco?"
La macchina ebbe una brusca frenata dopo che Maria pose quella domanda alla donna che stava guidando, pensando che forse non avrebbe dovuto farlo in quel momento.
Glory si voltò, bianca come il latte, a guardare Maria, a cui si leggeva negli occhi la necessità di sapere. Sospirò affranta e fece ripartire l'auto, diretta verso il momento nel quale avrebbe dovuto raccontare tutto.


Nella stanza d'albergo di Glory regnava un silenzio carico di tensione, mentre prendeva una bottiglia di brandy dal piccolo bar a disposizione. Ne avrebbe avuto bisogno.
Maria attendeva con ansia il racconto dell'amica e tentava di restare calma durante l'attesa, capendo non fosse una cosa facile da raccontare.
"All'età di cinque anni il mio piccolo sogno era quello di poter fare tutte le attrazioni del parco divertimenti di High Springs. Volevo provare le montagne russe, la casa degli orrori, tutto quanto. Ma, data la mia età, non me lo permisero. Perciò i miei genitori mi portarono al circo. All'interno del parco, c'era un grandissimo tendone, dove si svolgevano gli spettacoli con gli animali, gli equilibristi e molto altro. Quello era il "Magic Circus". Non ero molto entusiasta di andarci, ma almeno avrei potuto godermi uno spettacolo divertente.
I miei genitori erano felici che per qualche ora avessi smesso di assillarli con il voler salire sulle montagne russe. Fattasi sera, lo spettacolo terminò e mi fu permesso di andare dietro le quinte per vedere gli animali. Uno dei pagliacci mi prese per mano e mi condusse in un altro tendone, più grande, così che potessi ammirare e forse toccare gli animali. Mi lasciò nella stanza con loro, dicendomi di non muovermi, mentre lui si cambiava. Io non potevo chiedere di meglio. Avevo tutti gli animali del mondo davanti ai miei occhi e non mi sarei scollata da quelle gabbie per nulla e per nessun motivo.
Pochi minuti dopo, però, un lieve rumore di passi mi raggiunse. Ricordo nitidamente che mi voltai e vidi un'ombra scura dietro la gabbia della tigre. Pensando fosse l'uomo che mi aveva condotto lì, mi avvicinai. Da quel momento, non ricordo più nulla. Soltanto che qualcuno mi addormentò e mi sollevò di peso. Mi svegliai poche ore dopo in un posto che non avevo mai visto. Buio, fetido, puzzolente e totalmente isolato. Ero legata e imbavagliata, quando riconobbi la figura di un bambino riversa a terra, sgozzata. Urlai nel fazzoletto e cominciai a piangere."
Singhiozzi l'avevano scossa sin dall'inizio del racconto, ma si dovette fermare perché si erano trasformati in un pianto vero e proprio.
"Scusami. Nessuno sa di questa storia. Beh, in realtà, molti erano a conoscenza delle sparizioni di bambini piccoli avvenute quell'anno. Però, sai, non c'è più traccia negli archivi, distrutti durante l'incendio, e nessuno ne ha mai parlato.
Comunque, dopo che notai il bambino, pressoché della mia età, a terra, piansi per molto tempo, finché qualcuno non entrò nella stanza e bloccò i miei singhiozzi. Era un uomo, alto, magrissimo, con la pelle di cera. Indossava un mantello lunghissimo e uno smoking da spettacolo. Sul volto era poggiata una maschera che nascondeva metà della sua faccia, che sotto era sfigurata. Mi levò il bavaglio, si tolse la maschera e urlai per quello che stavo vedendo. E' impresso nella mia mente esattamente tutto ciò che mi disse, ciò che fece, la sua voce, ogni cosa. Non mi chiedere perché o come… non ne ho la minima idea. So che lui non era vivo, ma nemmeno morto, era sospeso tra un mondo e l'altro.
Non mi fece del male, fortunatamente, perché riuscii a scappare. Alcune cose sono confuse, quindi sul come sono scappata so dirti che mi sono trovata i nodi della corda allentati e mi sono semplicemente liberata. Ricordo che corsi più veloce che potei, trovandomi nel bosco al limitare di Little Rock. Essendo così piccola, non riuscii a capire dove andare, perciò mi rannicchiai  in un tronco cavo e rimasi lì ferma. Aspettai , aspettai e aspettai. Poco prima che sorgesse l'alba, una voce chiamò il mio nome nelle vicinanze dell'albero e io scattai in piedi, cercando di raggiungerla. Finalmente, vidi un uomo con una divisa che guardava tra i cespugli di una radura e gli corso incontro.
Il tutto durò una notte, una soltanto, e da quel momento in poi nessun bambino fu più rapito."
La donna scoppiò in un pianto disperato, esprimendo tutta la frustrazione che per anni si era tenuta dentro e non aveva mai esternato con nessuno all'infuori dei suoi genitori. Furono loro più di vent'anni prima a scrivere il verbale per la figlia, poiché la bambina non voleva parlare con nessuno. Riuscì a farlo solamente dopo due anni dall'accaduto.
Maria rimase sconvolta dalla confessione della donna e cercò di starle vicino, ricevendo in cambio altre informazioni riguardanti le sparizioni dei bambini di quell'epoca e sul parco.


Passarono alcuni giorni prima che le due donne, al sorgere del sole, oltrepassassero i cancelli del parco di divertimenti dei High Springs.
Tutto ciò che le circondava era in rovina, ma nulla era cambiato da quando Glory ci aveva messo piede per la prima volta all'età di tre anni. I cavalli meccanici erano ancora accanto allo stand dove un tempo si giocava a freccette; lo stand pieno di peluche che ricordava era ancora lì, soltanto privo di tutti quei meravigliosi amici in cui trovava conforto da bambina; la giostra dei cavalli, dove passava le sue giornate,era spoglia e i suoi amati cavallini rovinati dal tempo e dall'incuria, le riempivano gli occhi e il cuore di tristezza e angoscia.
Il nodo alla gola di Glory non si allentò nemmeno quando si trovò di fronte alla sua giostra preferita, la ruota panoramica. Passò accanto alla struttura, che pareva poter crollare da un momento all'altro, e guardò i seggiolini rotti con grade nostalgia, ricordando l'emozione che la invadeva ogni volta che arrivava in cima alla giostra vedeva il paesaggio intorno a Little Rock.
"Non penso ci sia pericolo durante il giorno, Maria, puoi anche smettere di tremare."
Nemmeno Glory era completamente tranquilla, ma desiderava smorzare la tensione formatasi da primo momento in cui avevano varcato le porte del parco.
"Non sto tremando…"
Anche se Maria si sentiva opprimere da quel posto, riuscì a strapparsi un sorriso per l'amica, cercando di farle capire che non era sola.

Le due donne passarono l'intera mattinata a girovagare tra le giostre, evitando volontariamente l'area del tendone del circo, che si poteva vedere da molto lontano.
Maria si era chiesta quanto fosse realmente grande quel parco, perché ad ogni passo qualcosa di nuovo catturava la sua attenzione.
Glory, dal canto suo, aveva la nausea. Tornare in quel posto dopo così tanti anni, la faceva sentire vuota.

Durante le fredde ore del pomeriggio, passarono a esplorare gli alloggi del personale, che erano installati al limitare del parco, e gli alloggi per i clienti provenienti da molto lontano.
L' Hotel Luxor si trovava nella parte ovest del luogo e urlava il suo decadimento. Finestre rotte, porte rubate, macerie ovunque e graffiti ricoprivano l'intero luogo con scritte di ogni genere.
Glory ricordava perfettamente quanto quell'hotel fosse stato splendido un tempo.
"Entriamo…"
Si fece sera. Maria e Glory erano rimaste per molto tempo all'interno della vecchia residenza per i visitatori e avevano parlato tanto tra loro. Si erano davvero conosciute meglio e, ora, Maria, capiva che cosa stava provando l'amica nel tornare in quel "parco maledetto".
Un sibilo sqaurciò il silenzio, facendo fischiare i timpani a entrambe.
Maria si coprì le orecchie con le mani, mentre Glory rimase paralizzata. Aveva già sentito quel rumore, aveva già provato quel lungo brivido, aveva già sperimentato quelle sensazioni e la paura che tutto tornasse la trasformò in una statua di sale.
"Nuovi visitatori… Vogliamo giocare, ragazze? Ho un bel mazzo di carte per voi…"
La voce pareva incorporea, come se qualcuno di un altro mondo stesse comunicando con loro.
Il braccio di Maria venne scosso più volte, prima che si rendesse conto di essersi incantata.
Guardò Glory negli occhi e capì immediatamente dove avrebbero dovuto recarsi: al circo.
"Sei sicura?"
"Dobbiamo combatterlo, Maria… è l'unica cosa da fare."
La risolutezza nella voce della donna sorprese Maria, che si fece trascinare in quell'enorme tendone, che un tempo aveva ospitato molte persone e animali.
Al centro della pista si trovava un piccolo tavolino illuminato dalla luce delle Luna, che proveniva da un taglio creato in cima al tendone. Sopra la superfice rovinata era posizionato un lucido mazzo di carte, perfettamente ordinato, come se non fosse mai stato toccato.
Le due donne avevano deciso di avvicinarsi, quando la voce incorporea le bloccò sulla soglia della pista sabbiosa.
"Glory… sei tornata. Da quanto tempo… sai, mi sei mancata…"
Il colore scomparve dal viso della donna, non appena venne pronunciato il suo nome.
I lunghi capelli biondi stretti in un pugno, il viso distorto da un'espressione di puro terrore e le gambe che tremavano sotto il suo umile peso.
"Giochiamo ancora." La sua non era stata una domanda, bensì una chiara affermazione, un ordine.
Maria voleva fuggire, correre lontano, ma le sue esili gambe non rispondevano ai comandi del suo cervello, che era stato troppo impegnato a cercare di capire quanto stava accadendo.
La voce incorporea sembrava aleggiare attorno alle due donne e metteva loro addosso una stranissima sensazione.
Maria fu la prima a muoversi, quando una carta lucida proveniente dal mazzo si levò nell'aria, sfrecciando furiosamente contro il viso di Glory. Un lungo taglio superficiale si aprì sulla guancia sinistra della donna, lasciando uscire fiumi di sangue.
Glory urlò al vento il suo dolore, mentre si accasciava a terra, tremante.
"Possiamo cominciare. Non ti dispiace vero Glory? Il gioco è semplice e in palio c'è la vostra vita.
Quel mazzo di carte continuerà a lanciare contro di voi le sue armi e ne subirete le orrende conseguenze. A meno che… non riusciate a uscire da questo tendone. Buona fortuna."
Maria era rimasta ad ascoltare attentamente le parole della voce, come rapita e stordita dal suono. Le era parsa stupida la prova che era stata sottoposta loro.
Glory, d'altra parte, aveva intuito non fosse poi così insulsa quella prova.

Un'altra carta si levò dal mazzo e colpì Maria al fianco. Un dolore acuto le era partito dal punto ferito e si era irradiato a tutto il corpo. La sua soglia del dolore era sicuramente troppo bassa perché lei riuscisse a incassare un altro colpo.
"Glory… ti prego, usciamo da questo luogo." Aveva detto fra le lacrime.
"Non ti muovere… non è così semplice come sembra…"
"Ma Glory…"
Maria era arrivata a intendere che Glory fosse troppo spaventata per pensare a una soluzione razionale. Ma avrebbe potuto dire la stessa cosa di se stessa?
Senza rimuginare sulla sua iniziale decisione, si era alzata e aveva preso il cammino verso l'apertura da cui era entrata poco prima con la sua amica. Forse la sua era stata una decisione troppo avventata…
Improvvisamente, in un battito di ciglia, l'ambiente intorno a lei cambiò. Non si trovava più nel circo, ma nella sua dimora a Indianapolis. Il camino era scoppiettante; i suoi romanzi posizionati, come di consueto, sulla mensola proprio al di sopra di esso e il suo amato divano pulito e in ordine. Ma quello non era il suo appartamento.
Maria aveva scosso il capo, sbattuto più volte le ciglia e, infine, si era seduta cautamente su quello splendido divano così simile al suo. Sembrava che qualcosa non andava… sentiva che qualcosa sarebbe successo. E fu così.
Bruscamente, il suo morbido divano si ribalto e lei finì a terra, nelle orecchie migliaia di urla disumane. Non capiva da dove provenissero tutte quelle voci, perché arrivavano da tutte le parti. La sua mente non era riuscita a registrare tutto ciò che era appena accaduto, quindi si sentì mancare, come se fosse vicina allo svenire. Quando aveva creduto di non poter sopportare altro, le grida erano cessate e tutto intorno a lei si era fatto muto.
Si era alzata a fatica, in quell'oblio nero, e aveva cercato di vedere qualcosa oltre a quel non colore che sembrava dominare l'intero spazio intorno a lei.
Finchè non scorse una figura nera. La figura era estremamente allungata e distorta, come una persona affetta da una rara patologia. La sagoma si era avvicinata al punto nel quale si era alzata Maria e aveva teso le braccia nella direzione della donna.
"Non avere paura, Mary, ci sono io con te…" Aveva detto, trascinando le parole.
Alla donna aveva immediatamente ricordato a chi apparteneva quella voce, che in quegli anni le era sembrata così lontana.
"Io sono qui, accanto a te. Non avere paura del buio, il buio non fa male."
Maria era corsa verso la figura nera, perdendosi in quel mare di profondo oblio.

Glory, che non si era minimamente mossa dalla sua posizione sul pavimento, aveva sentito l'amica urlare e l'aveva vista portarsi le mani a coprire i timpani, come se tutto quel silenzio la stesse assordando. Anche se, in cuor suo, aveva intuito ci fosse qualcosa di più.
Aveva visto la sua amica alzarsi, correre verso un punto vuoto del tendone e, infine, accasciarsi a terra come in preda a spasmi e convulsioni. Aveva distolto lo sguardo da quell'orrenda visione, non aveva avuto il coraggio di rimanere immobile a osservare l'amica in preda alla pazzia.
Dopo alcuni istanti, si alzò da terra e corse verso il piccolo tavolino di legno, appoggiandosi su di esso. A poco a poco il legno sembrò trasformarsi in qualcosa di liquido e viscido, dal quale Glory si affrettò a levare le mani. Lentamente, il tavolino lavorato era mutato sotto i suoi occhi, che continuavano a fissarlo sbarrati. Davanti a lei, dopo la trasformazione, si trovava una bambina, dai capelli biondi come il miele e gli occhi verdi come l'erba di mattina, che tentava invano di correrle incontro. Si riconobbe subito, forse, nell'atto di correre verso suo padre, cosa che da piccola faceva molto spesso visto che il suo papà restava via per molti mesi.
In preda ai ricordi, si accasciò a terra e scoppiò in un pianto disperato.
Come aveva potuto dimenticare tutto ciò che era successo durante la sua infanzia? Come aveva anche solo minimamente pensato che i suoi genitori la potessero diseredare per un così futile motivo?
Le erano tornate in mente tutte quelle immagini che per undici anni aveva cercato di cancellare dalla sua mente, di spazzare via dalla sua anima, ma evidentemente non ci era riuscita come un tempo aveva pensato.
All'improvviso si era sentita toccare il braccio ferito e, quando aveva alzato lo sguardo, la sua versione di bambina le aveva sorriso. Un sorriso sincero, uno di quelli che puoi davvero apprezzare solo quando cresci e ti rendi conto di ciò che hai passato.
Si portò le mani alle tempie e urlò forte, così forte che l'allucinazione che stava avendo vacillò. Quel piccolo spostamento, però, venne colto. Glory aveva visto un'interferenza, aveva notato il cambiamento di immagine che aveva avuto la bambina, aveva capito che non poteva essere vera.
Facendo appello a tutta la sua forza, aveva fatto un profondo respiro e aveva convinto se stessa della finzione di quelle immagini. Una volta che la sua mente era convinta, riaprì gli occhi e il tavolino era ancora al suo posto, con le carte ordinate sopra.
Non si prese la briga di osservare ancora Maria, ancora in preda alle "convulsioni", e uscì dal tendone. Respirò profondamente l'aria fresca della sera e, una volta uscita da quel parco maledetto, si addentrò nella foresta al limitare di Little Rock.

 

Aveva ricordato. Ricordato quasi ogni singolo particolare della notte in cui era sfuggita a "The man of circus", il nome che gli abitanti della cittadina avevano dato alla presenza che si aggirava nel parco.
Ma l'uomo del circo era ben altro. Era qualcosa che la mente umana poteva solo concepire come impossibile, ultraterreno.
Glory, con la mente invasa dai ricordi, aveva cercato il cosiddetto rifugio di "the man of circus".
E quando l'aveva trovato, non ci aveva pensato sue volte a entrarci.


"Oh, è un piacere per me vederti… cara Glory."
Una figura incappucciata fece capolino nell'ambiente oscuro e sinistro intorno alla donna.
Era alto e scheletrico, con le maniche del completo che gli coprivano le mani e un grande cappello a cilindro sopra il cappuccio.
Nemmeno Glory avrebbe mai potuto pensare che "l'uomo del circo" potesse avere una faccia così… umana. Sì, umana, perché umana si può definire una faccia che abbia una bocca, un naso e due occhi, anche se coperti da un vecchio e datato paio di occhiali da sole.
Un ghigno maligno scoprì i denti brillanti dell'uomo e Glory ebbe un sussulto. Che razza di idea le era balenata in testa, quando aveva deciso anche solo di tornare in città?
"N-non fare del male a Maria…"
"E perché no? Ti sei per caso preoccupata per lei, hai cercato di aiutarla?"
"Non era mio compito, anche per quello che le sta accadendo è colpa tua, non è così?"
"Non negherò, ma nemmeno affermerò ciò che hai detto, cara Glory…"
Glory aveva cercato di guadagnare tempo.
"Dimmi che cosa vuoi… questa cosa riguarda te e… me…"
"Oh, certo, ma come potevo rifiutare ciò che tu stessa mi hai offerto in un piatto d'argento?"
In una frazione di secondo, la donna si era trovata faccia a faccia con l'uomo. Il suo naso appuntito, che in quel momento non le era parso più così normale, sfiorava la sua guancia e gli occhiali da sole lasciavano trasparire uno scintillio sinistro.
L'uomo aveva le mani dietro la schiena e, piegandosi leggermente su Glory le aveva mostrate. Nella mano destra teneva imprigionati in un pugno i capelli bruni di Maria, che lasciavano penzolare la sua testa mozzata.
Un urlo smorzò il silenzio maligno che aveva impregnato l'aria e, senza capire quello che stava facendo, Glory piantò le sue lunghissime unghie nella pelle di ceradell'uomo, proprio sotto l'occhio sinistro.
Anche l'uomo urlò, ma il suo grido era disumano, infernale. La donna dovette coprirsi le orecchie per attutire quel suono non terreno.
Gli occhiali gli caddero dalla faccia e Glory notò una cicatrice che si estendeva sopra l'occhio destro, che pareva danneggiato.
Quando incontrò quegli occhi, però, non fece casa al fatto che soltanto uno era aperto e rivolto nella sua direzione, perché il colore bianco della sclera aveva catturato il suo sguardo. L'iride non era normale, bensì completamente bianca, tanto che risultava difficile riconoscerne il contorno.
"Tu! Tu!... Volevi rendermi completamente cieco?!"
L'uomo aveva urlato ancora e, quell'ultimo grido, fece tornare alla mente di Glory immagini che non pensava di possedere nel profondo del suo inconscio.
"Io giuro… che ti ucciderò, in nome dell'odio che provo per te, cara Glory."


Aveva ricordato quando, dopo essere uscita da quello stesso posto all'età di cinque anni, quello stesso uomo l'aveva braccata e aveva tentato di riportarla all'interno.
Aveva ricordato che con le sue piccole dita aveva schiacciato dentro l'occhio destro e graffiato con furia.
Aveva ricordato quell'urlo disumano che le era rimasto in testa per anni dopo l'accaduto. Aveva ricordato e capito.

 
Si era data una veloce occhiata intorno, prima di afferrare una piccola asse di legno, non più grande di una mano, e averla conficcata rabbiosamente nell'unico occhio sano del suo aguzzino.
Altre grida, infernali, che nessuno avrebbe mai dovuto udire, grida che mai nella storia dell'umanità alcuno aveva udito così da vicino, così forte. Avrebbero potuto stordire un'intera mandia di buoi, se non peggio… ucciderli.
Ed era così che si stava sentendo Glory, morire.

Le sue esili gambe coperte da un paio di pantaloni della tuta non avevano la forza di contrastare quelle urla e imploravano Glory di lasciarsi andare. Le braccia erano le sue uniche alleate rimaste e, reggendosi al muro della struttura, si era trascinata fuori. Era caduta dopo aver oltrepassato la soglia della casetta di legno scuro, finendo nel buio della notte, e si era voltata indietro. La figura de "l'uomo del circo" aveva continuato a contorcersi a terra, senza emettere alcun suono. Infine, come se nulla fosse mai esistito, l'uomo venne rimpiazzato dalla polvere, polvere fine, che poteva confondersi con la terra.
Glory aveva gemuto sull'erba fresca, aveva sospirato ed era rimasta a fissare il terreno, mentre le immagini di quelle ore si stavano succedendo nella sua mente a una velocità inimmaginabile.

 Dopo alcuni minuti passati a pensare, si alzò a fatica da terra e cominciò il suo cammino di ritorno verso Little Rock. Non era sicura di poter tornare, di poter rivedere i suoi genitori. Non era sicura di poter restare in piedi ancora per molto, di poter vivere ancora per molto, dopo che quello che era accaduto le aveva lasciato un segno incancellabile nel petto. Frammento per frammento, passo per passo, sentiva la vita scivolarle addosso e quel pezzo conficcato nel petto diventare via via più grande. Come avrebbe potuto convivere con tutto ciò? Come avrebbe potuto fare finta di nulla e tornare alla sua vita normale? Per l'amore del cielo… aveva portato alla morte una persona, era come se l'avesse uccisa davvero.

"Gloria…"
Una voce sommessa aveva chiamato il suo nome nel fitto degli alberi.
"Vieni qui, sono sola."
La donna si era voltata e aveva trovato due occhi grandi e di un verde smeraldo osservarla, nascosti dietro un cespuglio. Si era sfregata gli occhi, credendo di avere le allucinazioni… lei non poteva essere lì.
"Ho paura…" Aveva detto ancora la bambina, che ora si era esposta a Glory.
Che razza di scherzi le stava giocando la mente? Perché vedeva la sua versione bambina, poi la sua versione ragazzina e infine la sua versione adolescente prendere forma davanti a lei?
La sua copia di diciassette anni si era avvicinata e le aveva sorriso, porgendole la mano.
In quel momento, Glory aveva capito.
Aveva afferrato la mano della ragazza e aveva cominciato a camminare al suo seguito.
Mentre era avviata verso la via del non ritorno, aveva sorriso, un sorriso amaro, consapevole di aver scelto l'oblio.  

[Storia partecipante al contest "Le creature della notte"
indetto da passiflora91 sul forum di EFP.
_Roxanne]



   
 
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