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Autore: Chloe R Pendragon    03/10/2014    1 recensioni
Cosa sarebbe successo se Gwaine avesse trovato Morgana durante la sua prigionia? Avrebbe tradito il suo re o avrebbe tradito il suo cuore?
Settima classificata a pari merito con (setsuna) al contest "Quel momento difficile..." indetto da Paperetta@ sul forum di EFP.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Galvano, Morgana
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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The beast inside

Nick (sul forum e su EFP): Chloe R Pendragon.
Fandom (se non originale): Merlin.
Titolo: The beast inside.
Generi: Introspettivo, Drammatico, Triste.
Rating: Verde.
Avvertimenti: Spoiler.
Note: Missing Moment, What if...?
Eventuale contesto: Prima della quinta stagione.
Introduzione: Cosa sarebbe successo se Gwaine avesse trovato Morgana durante la sua prigionia? Avrebbe tradito il suo re o avrebbe tradito il suo cuore?
NdA: Nessuna.

 

The beast inside.

 

L’oscurità avvolgeva il regno di Amata come una nera coperta, attraverso la quale ogni suono giungeva ovattato: un surreale silenzio dominava le strade deserte, infranto dai soffocati lamenti provenienti dal pozzo situato di fronte al castello di Sarrum. Seppur flebili, i versi della bestia rinchiusa nelle viscere di quella buca disturbavano il sonno di sir Gwaine, il quale continuava a rigirarsi nel letto per cercare di riposare, ma invano.

Era stato mandato da Arthur per scoprire se realmente Morgana fosse stata catturata dallo spietato alleato di Camelot, ma era giunto troppo tardi a destinazione, così era stato invitato a trattenersi per la notte. Per quanto si sforzasse, quei rumori spettrali non gli consentivano di addormentarsi, perciò si alzò dal suo giaciglio e, indossata la cotta di maglia, si avviò spedito verso la fonte della sua insonnia.

Con ampie falcate giunse nel cortile del palazzo e rimase per qualche secondo stordito dalla visione della rudimentale prigione: rocce di forme e colori diversi erano ammassate le une sulle altre, quasi a simboleggiare un gretto tumulo, se non fosse stato per una massiccia lastra di pietra che torreggiava sopra di essa, così da non permettere ai raggi solari di filtrare all’interno della cavità. Il cavaliere percepì un brivido corrergli lungo la schiena, agghiacciato dalle disumane condizioni in cui era costretta a vivere la sorellastra del suo re: sebbene la strega avesse dimostrato in più occasioni il suo scarso rispetto verso i suoi nemici, il giovane guerriero non riuscì a non provare pietà per lei.

Un gemito acuto lo riscosse dal flusso dei suoi pensieri e diede nuovo vigore al suo incedere, spingendolo a posare le mani callose sopra la superficie ruvida e a spingere la rudimentale piastra, così da accertarsi dell’identità della prigioniera e della creatura che le teneva compagnia. L’apertura del pozzo fu accompagnata un fastidioso stridio che rese il condottiero incapace di udire altri suoni per un lungo e interminabile minuto, al termine del quale la buca fu aperta e la pallida luce della luna poté addentrarsi nelle sue profondità.

Gwaine si sporse e vide qualcosa di raccapricciante, capace di mozzargli: in un groviglio di catene, una donna dall’incarnato esangue e sporco era schiacciata a ridosso della parete dalla crescente mole di una creatura bianca e malconcia, che gemeva per il dolore che affliggeva le sue membra. Quando le iridi nocciola del cavaliere incrociarono quelle grigie della strega, il suo cuore fu stretto da una morsa gelida: era davvero Morgana! Entrambi rimasero attoniti per la reciproca presenza, poi la giovane Pendragon gli rivolse un sorriso amaro ed espresse la domanda che era affiorata sulle sue labbra screpolate.

 

«Cosa siete venuto a fare qui? Vi prendete gioco di me o vi siete perso?» domandò con voce roca la prigioniera, ostentando una sicurezza che non le apparteneva più; si trovava lì dentro da un tempo indefinito, accompagnata dai continui lamenti di Aithusa e dalla sua crescente disperazione. Da quando era stata spodestata dal trono di Camelot, la sua mente corrotta aveva iniziato a smarrirsi nell’odio e nella frustrazione, alterando la sua percezione della realtà: quella prigionia aveva accentuato quei sentimenti corrosivi rendendola sempre più fragile e spingendola ad aggrapparsi all’orgoglio. Nonostante ciò, il guerriero sembrava percepire la differenza nell’animo della regina nera, per questo motivo una parte di sé ebbe l’impulso di strappare quel labirinto di metallo che la intrappolava: dovette sbattere con forza le palpebre per riaversi, così da poter apparire tranquillo.

 

«Niente di tutto questo, sono venuto per avere la conferma della tua cattura...» sospirò con fare pensieroso, ancora intimamente turbato dall’improvvisa compassione che provava; Morgana scosse debolmente la testa, sentendo un’ondata di rabbia e disperazione travolgerla, tuttavia le resistette e mantenne il suo regale contegno.

 

«Bene, allora cosa vi trattiene ancora? Prendete il vostro cavallo e correte dal vostro signore per dargli la buona notizia e per festeggiare!» esclamò stizzita, gli occhi che venivano pizzicati da lacrime che cercava di trattenere con ogni fibra del suo corpo, ma che le rigarono il volto smagrito a causa della risposta del condottiero di Camelot.

 

«Come potrei festeggiare per questo?! Persino voi avete dimostrato di essere più umana di Sarrum...» replicò disgustato Gwaine, il volto contrito e le nocche divenute bianche per l’ira che provava di fronte a quella deplorevole visione; la strega cercò di mascherare le proprie emozioni, confusa dalla reazione del suo nemico ma ancora titubante circa le sue intenzioni.

 

«Se siete arrivato al punto di farmi dei complimenti, deve stare per accadere qualcosa di terribile, perciò ve lo richiedo: cosa siete venuto a fare qui?»

 

Il cavaliere sgranò gli occhi e si precipitò ad afferrare la lastra di pietra, per poi trascinarla rumorosamente sull’apertura del pozzo: ignorando le proteste e gli improperi della donna, richiuse la rudimentale prigione e corse a perdifiato verso la propria camera, gettandosi sul giaciglio. La giovane Pendragon doveva sicuramente averlo preso per pazzo, ma la verità era ancor peggiore: la prigioniera aveva parlato di qualcosa di terribile e aveva ragione, dal momento che il guerriero stava per dirle che era lì per salvarla. Come aveva potuto pensare una cosa del genere?

Avrebbe messo a repentaglio la vita di persone innocenti per un po’ di pietà? Avrebbe tradito il suo re per uno slancio d’altruismo? Stava forse impazzendo?

Non avrebbe mai potuto compiere un gesto tanto impulsivo quanto sciocco, ne andava del suo onore e della sicurezza dei suoi amici; eppure, quando chiudeva le palpebre rivedeva l’espressione sofferente di Morgana, e sentiva il cuore andare in frantumi se ripensava a quel letale intreccio di catene e pietre. Non aveva dimenticato il trattamento che la strega gli aveva riservato durante il suo breve periodo al potere, tuttavia non era in grado di far tacere la sua coscienza che reclamava la libertà della sacerdotessa: cosa doveva fare? Andare contro se stesso o mettere a repentaglio il regno che avrebbe dovuto proteggere? Prese a pugni il proprio letto per la frustrazione, rendendosi conto che, qualunque scelta avesse preso, non se la sarebbe mai perdonata...

 

 

 

Il cielo si era tinto del medesimo colore del sangue, quasi volesse preannunciare un futuro nefasto; quella lunga nottata aveva messo a dura prova la lealtà di sir Gwaine, logorando il suo spirito con mille dubbi. Non era stata una decisione facile, ma non aveva potuto farne a meno: anche a costo della sua stessa vita, avrebbe pensato alla salvezza di Camelot e avrebbe onorato i suoi doveri fino all’ultimo respiro.

Consapevole del poco tempo a disposizione, aveva raccolto i suoi averi e indossato l’armatura, per poi marciare con la spada sguainata verso il pozzo; il sole aveva iniziato a spandere la propria luce sul regno di Amata, così da consentire al cavaliere di muoversi con maggior disinvoltura. Aveva spostato parzialmente la lastra di pietra, in modo da lasciar filtrare la luce all’interno della cavità, per poi chiamare lady Morgana e decidere del suo destino in sua presenza.

 

«Buongiorno, vi sono mancato?» le aveva chiesto con tono pacato, sorridendo forzatamente prima di aggiungere: «Giacché domandare è lecito e rispondere è cortesia, sono qui per dirvi cosa sono venuto a fare qui...»

Aveva aspettato che la donna fosse cosciente per evitare incomprensioni, vista la decisione fatale che aveva preso.

 

«Ebbene?» aveva risposto atona la prigioniera , stizzita dalla precedente fuga e stanca di quella logorante situazione; il guerriero aveva preso quanta più aria possibile, determinato a porre fine a quella guerra fratricida.

«Come vi ho già detto, era venuto qui per avere la conferma della vostra cattura, ma non mi aspettavo di vedervi in questo stato: voi, che mi avete trattato come una bestia, ora siete debole come un agnellino e tutto questo mi ha stordito...» aveva ammesso il condottiero, scuotendo la testa prima di continuare: «Avete causato così tanta sofferenza a così tante persone che sarebbe impossibile non odiarvi, specie per chi, come me, è stato una vittima del vostro odio; è per questo che ho deciso di porre fine a tutto ciò!»

Dopo aver pronunciato quelle parole, aveva reciso le catene che legavano la creatura e Morgana in quel pozzo oscuro: la strega era rimasta basita e aveva guardato titubante il suo nemico di un tempo, in attesa di una spiegazione che non aveva tardato ad arrivare.

 

«Qualche anno fa non vi sareste stupita di un simile gesto, ma ora il vostro cuore è così ottenebrato dal dolore e dall’odio da non riuscire a capire; avete subito tante ingiustizie e vi siete lasciata corrompere, convincendovi di non avere altra scelta. Ma esiste sempre un’altra scelta, lady Morgana: abbandonate la vostra vendetta e venite con me, sono certo che Arthur vi perdonerebbe se vi mostraste davvero pentita!» le aveva proposto supplichevole, sperando di poterla convincere: aveva dovuto prendere una decisione difficile quella notte, ma aveva scelto di fidarsi di lei, ora era il turno della sacerdotessa. Quest’ultima era scoppiata a ridere e, guardandolo con aria di superiorità, lo aveva pugnalato con la sua risposta.

 

«Pensavate davvero di potermi ammaliare con questo futile discorsetto? Per chi mi avete presa, cavaliere!» aveva detto velenosa, sottolineando con disgusto l’ultima parola prima di proseguire:

«Voi mi avete liberata perché siete un povero illuso: non riuscivate a far tacere la vostra coscienza, così avete deciso di salvarmi e di salvarvi con questo patetico tentativo di redenzione. Perché non vi unite voi a me? Insieme porteremo davvero la pace, non come mio fratello, abile con le parole ma non con i fatti...»

Gwaine era rimasto senza fiato, aveva sperato fino alla fine di poterla riportare a casa, invece aveva fallito e aveva segnato l’inizio della rovina di Camelot: avrebbe dovuto risponderle, ma come? Per sua fortuna, la giovane Pendragon non gli aveva dato il tempo per replicare.

 

«Non serve che rispondiate, la vostra espressione parla chiaro. Questo sarà il nostro piccolo segreto, sir Gwaine, così non potrete dire che non sono riconoscente...» lo aveva deriso, per poi usare la sua magia per stordirlo e scappare insieme ad Aithusa, pronta a meditar vendetta; prima della fuga però, aveva lasciato un messaggio per il suo carceriere, scagionando colui che l’aveva liberata per evitare di sentirsi scioccamente in debito. Ora Gwaine stava tornando a casa, la testa piena di pensieri e il cuore pieno di timori: era stato così scellerato da gettare nuovamente il mondo in guerra a causa di un atto di compassione che liberò lei e condannò tutti. Fino alla fine dei suoi giorni avrebbe dovuto portare quel fardello, nutrendo dentro sé la bestia più famelica che esista: il rimpianto di non aver saputo agire.

  
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