Nick
(sul forum e su EFP): Chloe R Pendragon.
Fandom (se non originale): Merlin.
Titolo: The beast inside.
Generi: Introspettivo, Drammatico, Triste.
Rating: Verde.
Avvertimenti: Spoiler.
Note: Missing Moment, What if...?
Eventuale contesto: Prima della quinta stagione.
Introduzione: Cosa sarebbe successo se Gwaine avesse trovato Morgana durante la
sua prigionia? Avrebbe tradito il suo re o avrebbe tradito il suo cuore?
NdA: Nessuna.
The beast inside.
L’oscurità avvolgeva il regno di Amata come una nera
coperta, attraverso la quale ogni suono giungeva ovattato: un surreale silenzio
dominava le strade deserte, infranto dai soffocati lamenti provenienti dal
pozzo situato di fronte al castello di Sarrum. Seppur flebili, i versi della
bestia rinchiusa nelle viscere di quella buca disturbavano il sonno di sir
Gwaine, il quale continuava a rigirarsi nel letto per cercare di riposare, ma
invano.
Era stato mandato da Arthur per scoprire se
realmente Morgana fosse stata catturata dallo spietato alleato di Camelot, ma
era giunto troppo tardi a destinazione, così era stato invitato a trattenersi
per la notte. Per quanto si sforzasse, quei rumori spettrali non gli
consentivano di addormentarsi, perciò si alzò dal suo giaciglio e, indossata la
cotta di maglia, si avviò spedito verso la fonte della sua insonnia.
Con ampie falcate giunse nel cortile del palazzo e
rimase per qualche secondo stordito dalla visione della rudimentale prigione:
rocce di forme e colori diversi erano ammassate le une sulle altre, quasi a
simboleggiare un gretto tumulo, se non fosse stato per una massiccia lastra di
pietra che torreggiava sopra di essa, così da non permettere ai raggi solari di
filtrare all’interno della cavità. Il cavaliere percepì un brivido corrergli
lungo la schiena, agghiacciato dalle disumane condizioni in cui era costretta a
vivere la sorellastra del suo re: sebbene la strega avesse dimostrato in più
occasioni il suo scarso rispetto verso i suoi nemici, il giovane guerriero non
riuscì a non provare pietà per lei.
Un gemito acuto lo riscosse dal flusso dei suoi
pensieri e diede nuovo vigore al suo incedere, spingendolo a posare le mani
callose sopra la superficie ruvida e a spingere la rudimentale piastra, così da
accertarsi dell’identità della prigioniera e della creatura che le teneva
compagnia. L’apertura del pozzo fu accompagnata un fastidioso stridio che rese
il condottiero incapace di udire altri suoni per un lungo e interminabile
minuto, al termine del quale la buca fu aperta e la pallida luce della luna
poté addentrarsi nelle sue profondità.
Gwaine si sporse e vide qualcosa di raccapricciante,
capace di mozzargli: in un groviglio di catene, una donna dall’incarnato
esangue e sporco era schiacciata a ridosso della parete dalla crescente mole di
una creatura bianca e malconcia, che gemeva per il dolore che affliggeva le sue
membra. Quando le iridi nocciola del cavaliere incrociarono quelle grigie della
strega, il suo cuore fu stretto da una morsa gelida: era davvero Morgana!
Entrambi rimasero attoniti per la reciproca presenza, poi la giovane Pendragon
gli rivolse un sorriso amaro ed espresse la domanda che era affiorata sulle sue
labbra screpolate.
«Cosa siete venuto a fare qui? Vi
prendete gioco di me o vi siete perso?» domandò con voce roca la prigioniera,
ostentando una sicurezza che non le apparteneva più; si trovava lì dentro da un
tempo indefinito, accompagnata dai continui lamenti di Aithusa e dalla sua
crescente disperazione. Da quando era stata spodestata dal trono di Camelot, la
sua mente corrotta aveva iniziato a smarrirsi nell’odio e nella frustrazione,
alterando la sua percezione della realtà: quella prigionia aveva accentuato
quei sentimenti corrosivi rendendola sempre più fragile e spingendola ad
aggrapparsi all’orgoglio. Nonostante ciò, il guerriero sembrava percepire la
differenza nell’animo della regina nera, per questo motivo una parte di sé ebbe
l’impulso di strappare quel labirinto di metallo che la intrappolava: dovette
sbattere con forza le palpebre per riaversi, così da poter apparire tranquillo.
«Niente di tutto questo, sono
venuto per avere la conferma della tua cattura...» sospirò con fare pensieroso,
ancora intimamente turbato dall’improvvisa compassione che provava; Morgana
scosse debolmente la testa, sentendo un’ondata di rabbia e disperazione travolgerla,
tuttavia le resistette e mantenne il suo regale contegno.
«Bene, allora cosa vi trattiene
ancora? Prendete il vostro cavallo e correte dal vostro signore per dargli la
buona notizia e per festeggiare!» esclamò stizzita, gli occhi che venivano pizzicati
da lacrime che cercava di trattenere con ogni fibra del suo corpo, ma che le
rigarono il volto smagrito a causa della risposta del condottiero di Camelot.
«Come potrei festeggiare per questo?! Persino voi avete dimostrato di
essere più umana di Sarrum...» replicò disgustato Gwaine, il volto contrito e
le nocche divenute bianche per l’ira che provava di fronte a quella deplorevole
visione; la strega cercò di mascherare le proprie emozioni, confusa dalla
reazione del suo nemico ma ancora titubante circa le sue intenzioni.
«Se siete arrivato al punto di
farmi dei complimenti, deve stare per accadere qualcosa di terribile, perciò ve
lo richiedo: cosa siete venuto a fare qui?»
Il cavaliere sgranò gli occhi e
si precipitò ad afferrare la lastra di pietra, per poi trascinarla
rumorosamente sull’apertura del pozzo: ignorando le proteste e gli improperi
della donna, richiuse la rudimentale prigione e corse a perdifiato verso la
propria camera, gettandosi sul giaciglio. La giovane Pendragon doveva sicuramente
averlo preso per pazzo, ma la verità era ancor peggiore: la prigioniera aveva
parlato di qualcosa di terribile e aveva ragione, dal momento che il guerriero
stava per dirle che era lì per salvarla. Come aveva potuto pensare una cosa del
genere?
Avrebbe messo a repentaglio la
vita di persone innocenti per un po’ di pietà? Avrebbe tradito il suo re per
uno slancio d’altruismo? Stava forse impazzendo?
Non avrebbe mai potuto compiere
un gesto tanto impulsivo quanto sciocco, ne andava del suo onore e della
sicurezza dei suoi amici; eppure, quando chiudeva le palpebre rivedeva
l’espressione sofferente di Morgana, e sentiva il cuore andare in frantumi se
ripensava a quel letale intreccio di catene e pietre. Non aveva dimenticato il
trattamento che la strega gli aveva riservato durante il suo breve periodo al
potere, tuttavia non era in grado di far tacere la sua coscienza che reclamava
la libertà della sacerdotessa: cosa doveva fare? Andare contro se stesso o mettere
a repentaglio il regno che avrebbe dovuto proteggere? Prese a pugni il proprio
letto per la frustrazione, rendendosi conto che, qualunque scelta avesse preso,
non se la sarebbe mai perdonata...
Il cielo si era tinto del
medesimo colore del sangue, quasi volesse preannunciare un futuro nefasto;
quella lunga nottata aveva messo a dura prova la lealtà di sir Gwaine,
logorando il suo spirito con mille dubbi. Non era stata una decisione facile,
ma non aveva potuto farne a meno: anche a costo della sua stessa vita, avrebbe
pensato alla salvezza di Camelot e avrebbe onorato i suoi doveri fino
all’ultimo respiro.
Consapevole del poco tempo a
disposizione, aveva raccolto i suoi averi e indossato l’armatura, per poi
marciare con la spada sguainata verso il pozzo; il sole aveva iniziato a
spandere la propria luce sul regno di Amata, così da consentire al cavaliere di
muoversi con maggior disinvoltura. Aveva spostato parzialmente la lastra di
pietra, in modo da lasciar filtrare la luce all’interno della cavità, per poi
chiamare lady Morgana e decidere del suo destino in sua presenza.
«Buongiorno, vi sono mancato?» le
aveva chiesto con tono pacato, sorridendo forzatamente prima di aggiungere:
«Giacché domandare è lecito e rispondere è cortesia, sono qui per dirvi cosa
sono venuto a fare qui...»
Aveva aspettato che la donna fosse
cosciente per evitare incomprensioni, vista la decisione fatale che aveva
preso.
«Ebbene?» aveva risposto atona la
prigioniera , stizzita dalla precedente fuga e stanca di quella logorante
situazione; il guerriero aveva preso quanta più aria possibile, determinato a
porre fine a quella guerra fratricida.
«Come vi ho già detto, era venuto
qui per avere la conferma della vostra cattura, ma non mi aspettavo di vedervi
in questo stato: voi, che mi avete trattato come una bestia, ora siete debole
come un agnellino e tutto questo mi ha stordito...» aveva ammesso il
condottiero, scuotendo la testa prima di continuare: «Avete causato così tanta
sofferenza a così tante persone che sarebbe impossibile non odiarvi, specie per
chi, come me, è stato una vittima del vostro odio; è per questo che ho deciso
di porre fine a tutto ciò!»
Dopo aver pronunciato quelle
parole, aveva reciso le catene che legavano la creatura e Morgana in quel pozzo
oscuro: la strega era rimasta basita e aveva guardato titubante il suo nemico
di un tempo, in attesa di una spiegazione che non aveva tardato ad arrivare.
«Qualche anno fa non vi sareste
stupita di un simile gesto, ma ora il vostro cuore è così ottenebrato dal
dolore e dall’odio da non riuscire a capire; avete subito tante ingiustizie e
vi siete lasciata corrompere, convincendovi di non avere altra scelta. Ma
esiste sempre un’altra scelta, lady Morgana: abbandonate la vostra vendetta e
venite con me, sono certo che Arthur vi perdonerebbe se vi mostraste davvero pentita!»
le aveva proposto supplichevole, sperando di poterla convincere: aveva dovuto
prendere una decisione difficile quella notte, ma aveva scelto di fidarsi di
lei, ora era il turno della sacerdotessa. Quest’ultima era scoppiata a ridere
e, guardandolo con aria di superiorità, lo aveva pugnalato con la sua risposta.
«Pensavate davvero di potermi
ammaliare con questo futile discorsetto? Per chi mi avete presa, cavaliere!» aveva detto velenosa,
sottolineando con disgusto l’ultima parola prima di proseguire:
«Voi mi avete liberata perché
siete un povero illuso: non riuscivate a far tacere la vostra coscienza, così
avete deciso di salvarmi e di salvarvi con questo patetico tentativo di
redenzione. Perché non vi unite voi a
me? Insieme porteremo davvero la pace, non come mio fratello, abile con le
parole ma non con i fatti...»
Gwaine era rimasto senza fiato,
aveva sperato fino alla fine di poterla riportare a casa, invece aveva fallito
e aveva segnato l’inizio della rovina di Camelot: avrebbe dovuto risponderle,
ma come? Per sua fortuna, la giovane Pendragon non gli aveva dato il tempo per
replicare.
«Non serve che rispondiate, la
vostra espressione parla chiaro. Questo sarà il nostro piccolo segreto, sir
Gwaine, così non potrete dire che non sono riconoscente...» lo aveva deriso,
per poi usare la sua magia per stordirlo e scappare insieme ad Aithusa, pronta
a meditar vendetta; prima della fuga però, aveva lasciato un messaggio per il
suo carceriere, scagionando colui che l’aveva liberata per evitare di sentirsi
scioccamente in debito. Ora Gwaine stava tornando a casa, la testa piena di
pensieri e il cuore pieno di timori: era stato così scellerato da gettare
nuovamente il mondo in guerra a causa di un atto di compassione che liberò lei
e condannò tutti. Fino alla fine dei suoi giorni avrebbe dovuto portare quel
fardello, nutrendo dentro sé la bestia più famelica che esista: il rimpianto di
non aver saputo agire.