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Autore: FairyCleo    03/10/2014    2 recensioni
"Lo aveva visto giocare con suo figlio, lo aveva sentito ridere con i suoi amici di sempre, ma nei suoi occhi aveva letto un dolore profondo e un senso di mancanza che solo lui sembrava in grado di comprendere. Per tutti gli altri non c’era niente di diverso o di strano in quella serata trascorsa alla Capsule Corporation. Gli amici di una vita avevano continuato a fare ciò che avevano sempre fatto senza capire, o peggio ancora fingendo di non capire che Trunks avrebbe voluto trovarsi altrove. E questo, non era un pensiero che stava toccando solo lui".
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Goku, Goten, Trunks, Un po' tutti, Vegeta
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Parte XIX
 
“Fratello! Fratello! Apri gli occhi! APRI GLI OCCHI”.
Era accaduto tutto in pochi secondi, ed era stato talmente fugace da fargli credere che non fosse accaduto affatto. Ma così non era stato. Perché, se non fosse accaduto, non avrebbe avuto attorno a sé i suoi fratelli intenti ad osservarlo, carichi di preoccupazione.
“Grazie agli dei” – aveva sospirato Nappa, ancora carico di apprensione  - “Ci hai fatti morire di paura”.
“Si…” – gli aveva fatto eco Radish – “Siamo stati così in pena. Stai meglio, adesso, fratello?”.
Meglio? Non avrebbe saputo dire se stava meglio, perché non sapeva se fosse stato male o meno. Ricordava solo di aver parlato a lungo con Kaharot sul perché fossero così simili a differenza dei loro fratelli, ma poi… Ecco, poi c’era stato un attimo in cui non c’era stato più nulla, non avrebbe saputo spiegarlo meglio di così. Aveva avuto come un black-out, un vuoto totale che aveva seguito la conversazione rimasta a metà e preceduto quello che aveva tutta l’aria di essere stato un risveglio. Ma cosa poteva essergli capitato? Per quale ragione era accaduta una cosa simile proprio a lui?
“Un semplice svenimento” – era intervenuto Kaharot, che aveva ancora entrambe le mani saldamente poggiate sulle spalle di Alpha nell’evidente tentativo di tenerlo in piedi – “Non ritengo che sia il caso di farne una faccenda di stato”.
“Tu… Non ritieni?” – Radish non credeva alle sue orecchie. Quello non era stato un semplice svenimento, ma molto di più e lo sapevano tutti, tranne Alpha, a quanto sembrava, ma Kaharot aveva evidentemente deciso che la cosa non fosse di suo interesse, anche se stentava a comprenderne il motivo.
“Si, non ritengo. Non eri qui quando è successo e, come puoi vedere, Alpha si è ripreso benissimo. Non è vero, fratello?”.
Era vero… O non lo era? C’era troppa confusione nella sua testa perché potesse dare una risposta, soprattutto ora che stava ancora tentando di capire, di darsi una spiegazione che non fosse quella a cui aveva pensato poc’anzi, perché, se fosse stato come aveva per un attimo creduto, ciò avrebbe potuto significare solo che aveva fallito in ogni sua singola mossa.
“Non è così” – lo aveva rimbeccato Kaharot, guardandolo con occhi a metà fra l’addolorato e l’accigliato – “Sai che non è così”.
“No che non lo sa!” – aveva insistito un Radish che faticava a mantenere il controllo – “Abbiamo visto tutti quello che è successo, anche se non eravamo qui, lo abbiamo sentito tutti. E non venire a dirmi che ho immaginato di aver perso il contatto che ho con mio fratello perché sai perfettamente che non è così”.
“Radish…”.
“Non vorrai negare di averlo sentito anche tu! Vero, Nappa?”.
No, non avrebbe potuto negarlo neanche volendo, perché lui aveva vissuto esattamente quello di cui aveva appena parlato Radish. Era durato poco, pochissimo, ma era stato talmente intenso da averlo segnato per sempre. Era stato come se avessero reciso qualcosa non solo nel suo cervello, ma nella sua anima, rendendolo mutilo, privo di quel contatto vitale che lo rendeva parte di qualcosa di vero e tangibile. Non aveva sentito più la presenza di Alpha. Per quel breve istante, era stato come se suo fratello, il suo creatore, la solida radice che aveva dato vita alla loro famiglia, non esistesse più, come se Alpha non facesse parte non solo di quel mondo, ma di nessun mondo conosciuto, come se la sua presenza fosse ormai solo nei ricordi di chi era rimasto indietro a soffrire.
No, non poteva dare torto a Radish. Eppure, non voleva neppure litigare con Kaharot o far spaventare ulteriormente Alpha, perché era certo che a nessuno fosse sfuggito lo sguardo spaurito e perso dell’ancora a cui tutti facevano affidamento.
“Allora?” – era arrabbiato. Radish era talmente arrabbiato da non essere riuscito a leggere nitidamente tra i pensieri di Nappa. Perché attendeva tanto prima di intervenire? Perché fingeva di non vedere?
“Sai che non è così, fratello. Non dovresti fare simili pensieri” – era ferito. Ma non poteva del tutto biasimare Radish. Era una situazione nuova per tutti loro, e nonostante possedessero tutta la conoscenza del mondo, si erano ritrovati completamente impreparati ad affrontarla.
“Alpha sta bene. Non è vero?” – aveva ripetuto Kaharot per l’ennesima volta, lanciando uno sguardo gelido verso chi stava osando contraddirlo.
“Dimmi, fratello” – la voce di Radish era piatta, inespressiva, e ciò era dovuto al disperato tentativo di controllare almeno in parte la rabbia che continuava a crescere in lui come un male inarrestabile – “Stai forse giocando ad un gioco di cui noi non conosciamo ancora le regole?”.
“E tu, fratello, stai forse dicendo che Alpha non è abbastanza forte da controllare chi ha ceduto in maniera così patetica alle sue… attenzioni? Stai forse dicendo che Alpha sia debole, non è vero?”.
“Ora basta”.
Era stata proprio la voce di Alpha a porre fine a quell’alterco durato sin troppo a lungo. Senza esitare ancora, aveva scansato Kaharot e si era rimesso in piedi, i pugni serrati, lo sguardo dritto davanti a sé. Un silenzio assordante era calato su di loro, rendendo troppo pesante da sopportare anche solo la presenza di chi si aveva attorno. E cosa c’era di più grave, per una famiglia, se non l’insofferenza verso chi si doveva amare incondizionatamente?
“Alpha… Io…”.
“Basta”.
Aveva zitto Nappa senza porsi alcuno scrupolo. Era stato rude, quasi brutale, del tutto differente dall’essere razionale e socievole con cui avevano a che fare. Quello che avevano davanti non sembrava più neanche Alpha, ma qualcuno di simile alla creatura che aveva eliminato senza nessuna pietà chi gli aveva dato la vita e allo stesso tempo aveva osato ingannarlo. E, quello stesso Alpha, il fratello che aveva permesso loro di vedere la luce, continuava a fissare un punto impreciso davanti a sé, quasi non vedesse altro se non ciò che aveva davanti.
E poi, senza che potessero opporsi in alcun modo, la loro casa aveva cominciato a tremare, scossa da un’energia che non avevano mai avvertito prima di allora. In pochi istanti, quasi come se fosse stato improvvisamente attivato uno speciale comando, la navicella e tutto ciò che conteneva, compresi i suoi quattro passeggeri, si era smaterializzata, comparendo un attimo dopo nei pressi dell’orbita del pianeta Terra.
Nessuno aveva osato proferire parola. Tutto, lì, sembrava essersi congelato a qualche minuto addietro, e ciò avrebbe anche potuto essere vero se lo scenario davanti a loro non fosse mutato, se le verdi acque ancora visibili del pianeta Neo-Namecc non avessero lasciato posto alle acque ben più vivide che circondavano il pianeta blu.
“Ora, Radish, dimmi pure: pensi ancora che io sia debole?”.
La domanda suonava come un’accusa, una condanna verso chi aveva solo cercato di preservare la salute di chi amava più di se stesso.
Gli era occorso un lungo istante prima di trovare le parole adatte per poter rispondere, un istante che gli aveva permesso di comprendere che nessuna avrebbe potuto permettergli di spiegare ciò che avrebbe tanto voluto fargli comprendere. Per questo, aveva preferito il silenzio, sperando che fosse il suo sguardo ferito a parlare al suo posto, scoprendo poi, con suo grande rammarico, che così non era stato, che c’era solo gelo dall’altra parte, il gelo di chi si era sentito ridicolizzato e sminuito.
“Felice di aver rimesso le cose al loro posto” – aveva detto, mentre la sua energia tornava a concentrarsi sulla sua fonte fino a sparire – “Ora, Kaharot, ti pregherei di seguirmi. Abbiamo un atterraggio da effettuare”.
Non avevano potuto fare altro se non rimanere indietro ad osservare, entrambi troppo stanchi e provati da quello che avevano appena vissuto. Alpha li aveva lasciati indietro, preferendo la presenza di Kaharot alla loro, alla presenza di chi aveva sempre cercato di comprenderlo, di capirlo e sostenerlo in ogni scelta. Non c’era rabbia in loro, ma qualcosa di più simile alla delusione, e non era stato a causa della gelosia se quel sentimento aveva preso il sopravvento su di loro, soprattutto su chi aveva disperatamente tentato di spiegare qualcosa di troppo complicato da capire. E, alla fine, la consapevolezza di quanto accaduto lo aveva reso certo di una cosa fin troppo vera, una cosa che non aveva letto nella voce di Alpha, ma nello sguardo compiaciuto che gli aveva rivolto Kaharot prima di lasciare quella stanza.
“Lo abbiamo perso” – aveva semplicemente asserito, incapace ormai di provare qualsiasi tipo di emozione – “Lo abbiamo perso per colpa mia”.
*

“Che razza di farabutto” – non aveva potuto evitare di sbottare, infuriato per quanto era avvenuto là dove avrebbe dovuto trovarsi se solo non fosse stato imprigionato in quell’orrenda schifezza. Era arrabbiato, e forse non avrebbe dovuto esserlo. Era difficile da spiegare, perché in verità non se l’era presa a male per come Kaharot aveva raggirato Alpha piegandolo alla sua volontà, ma per il fatto che Alpha gli avesse permesso di farlo, mostrandosi realmente una creatura debole e facilmente plasmabile, cosa che lo rendeva troppo simile al se stesso che era stato per cinque lunghi anni.
Goku aveva visto la rabbia di Vegeta crescere, distraendosi così da quella che aveva ricominciato a prendere piede nel proprio cuore. Come dargli torto? Quell’essere, quel Kaharot, era un vero farabutto, ma uno di lega talmente bassa da aver deciso di mettere l’uno contro l’altro i suoi stessi fratelli pur di mettere in atto quello che aveva tutta l’idea di essere un piano più che malefico.
Stentava a credere che fosse stato creato dai suoi geni, che quell’abominio fosse frutto di una sua clonazione leggermente perfezionata. Perfezionata in cosa, poi, stentava a capirlo. Forse in quantità di cattiveria e di furbizia, “doti” che non gli invidiava affatto. Ma capiva ancor di più la rabbia di Vegeta. Se, almeno in parte, quel comportamento gli aveva permesso di capire quanto diverso fosse lui, Goku, da Kaharot, la resa di Alpha, il modo in cui si era lasciato plasmare, lo aveva reso fin troppo simile al Vegeta che aveva avuto le visioni e che aveva deciso di farlo ritornare in vita nell’ormai vano tentativo di fermare il se stesso che aveva visto compiere l’atto più crudele.
Kaharot non era come gli altri. Kaharot non aveva niente a che fare con Alpha, Radish e Nappa, per quanto il ragionamento che stava facendo fosse a dir poco surreale. I tre che avevano atteso il suo arrivo non erano così subdoli, così manipolatori. Almeno, non lo erano con chi avevano desiderato di avere accanto da sempre. Alpha aveva aspettato il suo arrivo con un’ansia e una trepidazione che non tutti avrebbero mostrato, e la sua gioia era stata immensa nel vedere finalmente il suo sogno realizzato, e Goku si era ritrovato quasi ad invidiarlo per la tenacia, dote che, per altro, apparteneva al ragazzo con cui stava condividendo quell’assurda e inaspettata prigionia.
Vegeta aveva chiuso gli occhi con veemenza, aggrottando la fronte su cui erano improvvisamente apparse numerose rughe profonde. Aveva voglia di rivalsa, Vegeta. Per se stesso e forse anche per Alpha, date le assurde circostanze. Ma come poteva intervenire per modificare le cose? Come poteva impedire a quei quattro, ma soprattutto a Kaharot, di atterrare sulla Terra e seminare il panico? Perché non aveva idea di cosa volesse dai terrestri, ma tra loro c’era suo figlio, tra loro c’era Trunks, e non voleva che Kaharot gli si avvicinasse per nessuna ragione al mondo.
“Dobbiamo fermarli” – aveva ribadito, convinto di poterci davvero riuscire – “Dobbiamo trovare il modo di fermarli”.
“Lo so, Vegeta. Ma vorrei davvero capire come. Siamo in trappola, e loro sono già nell’orbita del nostro pianeta”.
“Sì, me ne sono accorto anche io, genio, grazie tante” – a volte sapeva essere davvero irritante.
Erano soli, soli contro un nemico che non sapevano come affrontare, che forse non potevano neanche affrontare, a dire il vero, e questo perché erano imprigionati in un posto sconosciuto nel loro stesso corpo, neanche fosse uno scherzo messo su da qualche divinità oltremodo dispettosa.
“Vegeta…”.
“Ascolta, dobbiamo sapere che cosa ha intenzione di fare la tua copia più sveglia, hai capito?”.
“Eh?”.
“Tsk. Ecco, appunto. Avevo ragione sul fatto che quell’altro è più sveglio. Razza di idiota, sto cercando di dirti che devi fare in modo di scoprire quello che pensa!”.
“Urca! E come dovrei fare, scusa?”.
“Come ho fatto io qualche istante fa, e come hai fatto anche tu, del resto. Possibile che tu sia così inutile?”.
Avrebbe sorriso, se non fosse stato che non si trattava dell’occasione migliore, e lo avrebbe fatto perché quello che aveva davanti sembrava essere tornato esattamente il ragazzo che aveva lasciato, sembrava essere tornato il principe dei saiyan che aveva conosciuto tanti anni addietro. E, tanto per cambiare, del resto, il principe dei saiyan aveva ragione anche in quella circostanza. Lui poteva sapere cosa frullava nella testa di quell’altro, come lo chiamava Vegeta, e doveva scoprirlo al più presto, o sarebbe potuto essere davvero troppo tardi. Forse, a quel punto, avrebbe potuto capire anche come fare “altro”, anche se ancora non sapeva come.
*
 
Li aveva convinti. Era riuscito a far fare loro esattamente quello che aveva in mente. Anzi, gli aveva fatto fare esattamente quello che aveva escogitato, e lui non si era opposto, mostrandosi docile e perfettamente plasmabile. Era straordinario il modo in cui tutto ciò stava avvenendo, la facilità con cui le cose stavano andando nella direzione più… giusta, almeno secondo il suo punto di vista. Certo, non avrebbe potuto dire lo stesso degli altri due, soprattutto non di quella brutta copia incompleta di Radish, ma ormai aveva capito perfettamente come tenerli a bada.
La chiave di tutto era Alpha, ed era stato in grado di capirlo nello stesso istante in cui lo aveva visto con quei suoi nuovi occhi, occhi vispi, vividi, ma capaci di celare quanto si nascondeva realmente nel suo cuore.  Non avrebbero mai saputo le sue reali intenzioni, mai. O meglio, non ancora. Ma, a quel punto, doveva solo dare tempo al tempo, e non avrebbe dovuto aspettare neanche più di tanto, a ben vedere. Presto avrebbero toccato terra nel vero senso della parola, e tutto sarebbe finalmente andato come voleva. Sì, tutto sarebbe andato proprio come doveva andare e nessuno, ma proprio nessuno, sarebbe stato in grado di fermarlo.
Fine parte XIX
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Eccomi. Con un po’ di ritardo, ma almeno questa settimana ho aggiornato! XD
Non ho intenzione di dilungarmi molto, tranquilli, anche perché credo che questa parte parli da sola. I red-saiyan sono alle porte della Terra, ormai, e credetemi se vi dico che le cose si evolveranno in maniera… come dire… anomala. ;)
Vi ringrazio per la pazienza e l’attenzione, augurandomi che il capitolo vi sia piaciuto.
A presto miei cari!
Un bacione
Cleo

 
   
 
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