Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Ariana_Silente    04/10/2014    3 recensioni
"Si sentiva confuso, il suo vero padre non aveva detto niente per difenderlo quel giorno, quando era stato portato via; lord Stark, anche se era il bastardo che aveva contribuito alla morte dei suoi fratelli e alla sconfitta di suo padre, aveva detto poche parole, ma erano bastate a difenderlo da quanti avessero dei conti in sospeso con gli Uomini di Ferro."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Theon Greyjoy, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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III. Gioco Mancino


Era tornato.

L'aveva conquistata in nome di suo padre. Per lui, per la sua famiglia che non l'aveva accolto una volta tornato alla sua Isola, di ritorno da una terra straniera in patria e l'avevano abbracciato solo indifferenza e diffidenza. Sua sorella aveva provveduto a mettere in chiaro come stavano le cose, suo padre, quell'uomo vecchio e consumato, gli aveva sbattuto in faccia la sua diversità, la sua debolezza. Doveva dimostrare quanto si sbagliavano, doveva pagare il prezzo in ferro e lo avrebbe fatto, non ci sarebbe voluto poi molto. Lui conosceva le terre verdi del Nord e conosceva gli Stark... Il Dio Abissale sarebbe stato orgoglioso di lui, quel Dio che era rimasto indifferente come suo padre.

Aveva tolto l'orgoglioso stemma Stark e lo aveva sostituito con quello inquietante Greyjoy. Quale mirabile contrasto vedere sventolare il suo stendardo sulla torre più alta di Grande Inverno.
Era tornato a casa e aveva convinto Bran a cedergli Grande Inverno. Non era stato difficile, come aveva previsto.
Era come se avesse restituito il favore – e la cosa non poteva che riempirlo di una sfrenata ironia. Non voleva fare del male ai bambini Stark: erano i suoi protetti, ed era lui a proteggerli.
Un potere inebriante, era questo che il lord Lupo aveva provato?
Sedere al posto che era stato di Eddard Stark e poi di Robb e quindi di Bran lo riempiva di ulteriore soddisfazione: ora era il posto di Theon, il suo.
«Theon, perché hai ucciso Mikken e ser Rodrick? Mi avevi promesso...» chiese Bran per l'ennesima volta e maestro Luwin intervenne, mentre la sua mano si contraeva sul calice.
«Bran, non è il caso di infastidire il principe...» ma lo interruppe quella volta con un cenno del capo.
«Bran, Mikken non ha acconsentito a servirmi, c'eri anche tu. E ser Rodrick ha tentato di attaccarmi, lo hai visto. Dimmi, tuo padre avrebbe accettato mai una cosa simile?» chiese al bambino.
«Mi pare di ricordare che il lord mio padre ti abbia accolto tra di noi.» rimbeccò lui, con sguardo velato da lacrime. Maestro Luwin tentò ancora di intervenire, ma Theon lo impedì di nuovo.
Si alzò e raggiunse Bran da dietro e lo sguardo del bambino poté seguirlo solo fino a un certo punto.
Gli mise le mani sulle spalle magre con calma mal celata, la tensione era altissima, Luwin stava stringendo una mano a Bran, mentre con l'altra tratteneva Rickon.
Theon, tuttavia percepiva la paura del piccolo Stark, la stessa che aveva avuto lui tanti anni prima...
Strattonò indietro la testa del marmocchio che urlò per la sorpresa e appoggiò la lama del pugnale sulla gola esposta. Rickon stava gridando, trattenuto non si sa da chi, maestro Luwin era scattato in piedi, stringendo le mani di Bran.
«Mio signore, imploro la tua clemenza. Non voleva mancarvi di rispetto, è un bambino troppo impulsivo e a volte parla solo per dar aria alla bocca. Ti prego, mio signore, ti è molto più utile vivo che morto.» gli sussurrò ancora.
Ma non gli interessava, non gli importava che intenzioni avesse quel moccioso o cosa gli sarebbe stato più utile: importava solo essere dietro le spalle di Brandon Stark, percepire la sua paura, vederla nei suoi occhi, quegli occhi di ghiaccio che lo avevano terrorizzato, mentre adesso erano velati di paura. E quel potere di decidere se ammazzare o salvare il figlio di Eddard Stark, solo quello contava.
Avrebbe riso se avesse potuto, ma gli piaceva che tutti tremassero dalla paura per la sua reazione. Forse dopo avrebbe chiamato nel solarium qualche ragazza per festeggiare.
«Bran, hai mai chiesto quale sia la differenza tra un ostaggio e un protetto?» gli chiese.
«Che differenza fa? L'unico a cui potresti venderci è Robb, ma ti converrà molto di più mandarci molto lontano, dove lui non possa arrivare. Perché se dovesse arrivare da noi e avere te tra le mani, te la farà pagare.» la voce del bambino tremava, ma i suoi occhi non si erano spostati un attimo dai suoi, la lama ancora appoggiata alla pelle appena arrossata dallo sfregamento. Ci fu qualcosa in quello che Brandon Stark disse che gli fece scorrere un tremito lungo la schiena.
La situazione rimase sospesa ancora per un po', la lama incise finalmente la pelle e qualche goccia di sangue macchiò di rosso i vestiti bel bambino.
«Portate i giovani Stark nelle loro stanze. Che non lascino le loro stanze senza mio ordine.» comandò lui, abbandonando la sala.


...Dovresti arrenderti, se ti arrendessi e prendessi il nero, i tuoi crimini verrebbero cancellati. Avresti salva la tua vita e quella dei tuoi uomini...

 

Ma quel vecchio non sapeva niente, Grande Inverno era sua, la sua casa, molto più di quella che aveva lasciato a Pyke... Doveva esserci qualcosa che gli appartenesse... Era per questo che aveva fatto ritorno.
Ma il dubbio lo assillava, cosa aveva fatto? Era rimasto solo.
Asha e suo padre l'avevano abbandonato, non erano la famiglia che aveva cullato e protetto per tutti quegli anni nei suoi ricordi, loro erano ciò che lui non aveva potuto diventare.

Kraken, non lupo.
Predatore, non preda.
Acqua, non terra.

E lui?
Era confuso.
Aveva cacciato con le micidiali piume d'oca, aveva misurato la terra a cavallo e non il mare a nave, quel mare cui era tornato ed era rimasto sterile e inospitale così come l'aveva lasciato l'ultima volta... ed Eddard Stark era tornato a sussurragli nelle sue troppe notti insonni tante volte che vedeva solo un bambino... E per troppe volte era di nuovo ragazzino a giocare ed allenarsi con Robb e Jonn, a fare scherzi a Bran e Sansa...
Ma il lord Lupo non era altri che il bastardo che aveva contribuito alla morte dei suoi fratelli che lo prendevano in giro, alla sconfitta di suo padre che era rimasto a guardare mentre lo portavano via e alla sua prigionia che gli aveva donato un fratello e un posto dove stare.

 

...Il patto diceva la ragazza dei canili...

Il pugno ferrato lo colpì così violentemente sullo zigomo che sentì il rumore dell'osso che si incrina, assieme alla sua esistenza, e almeno un premolare mordere la lingua col sapore acre del sangue.
Fu l'inizio di un gioco meschino in cui non era altro che una pedina. E Theon si prestò molto bene a quel gioco: iniziò a collaborare nella scelta di quale parte del proprio corpo preferiva fare a meno.
Il bastardo gli strappò prima la sua spavalderia, bruciata in una fiammata con i suoi denti rotti. Quindi lasciò che i suoi uomini si divertissero a mostrargli la sua anatomia, togliendo un po' di cute qui e là, un po' alla volta, mostrando i tessuti sottostanti rossi e vivi e pulsanti che ben presto diventavano neri e morti e doloranti.
Fu quando implorò per la prima volta di tagliare l'anulare della sinistra che Theon iniziò a morire. Quel Theon che aveva fatto in modo di convincere il Giovane Lupo a mandarlo a Pyke, che era tornato pieno di nostalgia e ricordi, di speranze e commozioni per riabbracciare la sua famiglia – sentiva ancora confusamente un aroma di lavanda a pensarci – che erano state affondate con poche parole e pochi sguardi. Quello stesso Theon che nella foga dell'arroganza, dell'invidia e della delusione di perdere quello che pensava gli spettasse di diritto aveva fatto ritorno a Grande Inverno e l'aveva conquistata e poi, avvolto dalla confusa paura di perdere tutto ciò per cui aveva combattuto – e ormai il dubbio che fosse inutilmente lo assillava in continuazione –, aveva ammazzato troppe persone e quei bambini innocenti, che dovevano essere il suo salvacondotto per la sicurezza si erano rivelati la condanna più grande della sua stupidità. Non c'era perdono per quell'omicidio.
Fu mentre intere strisce di pelle abbandonavano la sua schiena, scorticando l'arroganza, la spavalderia e un po' alla volta minando la sua identità, che nacque Reek. Che nacque quella creatura servile e non-umana, disposta ad accondiscendere e a stare al gioco, da pedina a marionetta con fili talmente saldi e indistruttibili da non esserci bisogno nel burattinaio.

...Tu non sei un uomo, ma avrai il vino...


Aveva deliberatamente condannato gli uomini di ferro. Ora che il lord Lupo era morto, ora che Robb era caduto e che Theon non esisteva più, aveva condannato i suoi uomini, sangue del suo sangue. Reek aveva usato il nome Theon Gryjoy, come i buffoni e i giullari delle corti usano le loro maschere. Da indossare e togliere all'occorrenza.

Ma se era Reek, perché tutte le volte doveva ricordarsi di non essere Theon?

 

...Non ci tradirebbe mai, è troppo legato a mio figlio...

 

Aveva condannato un'altra creatura innocente. Un'altra bambina che avrebbe subito la sua stessa sorte, che avrebbe ben presto imparato ad indossare una maschera, se lord Bolton, il bastardo gliel'avesse concesso.
Era seduto accanto al tavolo della sala delle udienze che era stata di Eddard Stark, a sorbire vino e studiare la scena.
Come la sala delle udienze si mostrava triste e cadente, nemmeno l'ombra della splendida dimora che era stata, quando a viverci era Lord Stark, così lui era: nemmeno l'ombra di se stesso.
Era confuso.

Non era il Kraken, quel mostro che non si era sollevato. E il suo dio non era quello Abissale che era rimasto sordo alle sue invocazioni.
Quindi non era acqua, su cui non sapeva navigare.
Non era predatore e non era preda: aveva le terribili piume d'oca.
Non era Theon Greyjoy.
Era stato deciso molti anni addietro, quando Balon aveva deciso di averlo perso, quando, pur sapendo dov'era suo figlio e che attendeva di ritornare, lo aveva comunque relegato nelle schiere di coloro di cui non si poteva fidare.

Non era Reek, decise.
Gli serviva solo per sopravvivere al bastardo che pensava di averlo distrutto e rimontato.

Era Theon.
E aveva misurato la terra a cavallo, la sua arma era la piuma d'oca e il suo signore il lord Lupo della casa Stark che gli aveva messo e poi tolto la corda dal collo e che gli aveva concesso l'unico legame tra l'antro e la tana. Aveva cavalcato accanto a re Robb, aveva combattuto con lui.
La sua colpa era di aver tradito il suo signore, la famiglia che lo aveva accolto e aveva condannato il re del Nord alla morte. E aveva ucciso Mikken, ser Rodrick, i bambini e tutti gli altri.

Mentre lui, Theon, viveva.
Ma sapeva che da qualche parte vivevano, o almeno lo sperava, gli ultimi sopravvissuti della sua famiglia: Bran Stark e il piccolo Rickon.
Probabilmente lo attendeva un destino più misero della morte che i piccoli Stark se ancora vivevano gli avrebbero riversato.
Era stanco di maschere e ombre.


...Tu canterai la tua canzone ad Abel...

 

Salvare quella bambina non sarebbe valso a riportare in vita tutti i morti che lo tormentavano e se li avessero ripresi vivi sarebbe stata solo una condanna a un'agonia senza fine, ma era stato al centro di troppi giochi mancini per non tentare: quello sarebbe stata l'ultimo.
Per la prima volta non ci furono sentimenti contrastanti a spingerlo: portare via Jeyene significava salvarsi e salvarla.
Significava definitivamente rinascere come Theon, un uomo tenuto insieme dalle cicatrici, senza denti, senza dita e senza nulla all'infuori di se stesso.

Tornò al mondo quando sembrava tutto perduto e lui decise di saltare dalle mura esterne, tirandosi a dietro la ragazzina.

 

Era quel salto nel vuoto.
Era Theon.


 

§§§

Eccoci alla fine di questa longshot. Se non si evince dalla storia, non lo perdono per le scelte che ha fatto - avrebbe potuto benissimo cantarle a suo padre e tornare da Robb, per dirne una - tuttavia non possimao dire che non sia stato aiutato dalle sue vicissitudini. E poi diciamocelo, è passato sotto Ramsey, se non il paradiso diaciamo che si è guadagnato il purgatorio.
Fatemi sapere che ne pensate ;)
AS

 
  
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