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Autore: edo_spara_93    04/10/2014    1 recensioni
Di lei le erano sin da subito piaciuti quei capelli sempre lisci di un castano acceso e soprattutto gli occhi, di un marrone scuro che tendeva quasi al nero. E poi anche il viso, né troppo magro né troppo grosso, sul quale aveva sempre stampato un sorriso. La sua frase preferita era che “un giorno senza sorriso è un giorno perso”. Altra frase maledettamente vera [...]
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Erano le due di un’insolita, fredda notte di Luglio quando, come ormai ogni notte da sei mesi, ad Albabruna si sentirono dei rumori. Nonostante si sapesse già da dove provenivano questi rumori, gli abitanti di Albabruna e Portofiorito non ne avevano ancora compreso la causa. Per scoprire il perché, ogni notte, alcuni abitanti dei due paesini adiacenti formavano delle ronde di sicurezza. Quella notte anche Carlo, un ragazzino di quindici anni, aveva deciso di aggregarsi al gruppo. Dopo essersi preparato ed essere uscito di casa di soppiatto, si ritrovò direttamente su Corso Roma, la  via principale di Albabruna. Già a quell’ora si iniziavano  a vedere le persone che formavano i gruppi di perlustrazione. Nonostante l’ora, molta gente  affollava la via principale, intenta a capire la vera natura di quegli strani rumori che provenivano da Portofiorito. Tra la gente, Carlo notò uno dei suoi pochi amici che ancora non avevano abbandonato il paese: Roman.
-Ancora mi chiedo perché ti ostini a rimanere in questo paese.- Disse esordiendo Carlo.
-Anche io potrei farti la stessa domanda… E poi dove potrei andare?-
 
Roman era un ragazzo di diciotto anni che, nonostante la sua giovane età, aveva sofferto molto. A cinque anni, quando ancora viveva con i suoi genitori in Sri Lanka, aveva visto saltare in aria a causa di una mina i suoi genitori e i suoi due fratellini. Costretto a fuggire dal suo paese a causa della guerra, Roman fu costretto a vivere come clandestino e a lavorare nei campi con orari disumani per circa due anni. Nonostante la sua sofferenza si leggesse in viso, non negava  mai un sorriso ed era sempre gentile con tutti.
 
La ronda arrivò in loco alle due e trenta circa. Questa volta, però, con grande sorpresa, gli abitanti notarono che il perimetro in cui si svolgevano le ricerche era recintato. Ad un tratto si sentì uno sparo e un uomo sulla quarantina sbucò fuori da un cespuglio.
-Fermi dove siete. La zona recintata è interdetta all’accesso. Tornate tutti a casa.
Dopo qualche attimo di esitazione, il gruppo che formava la ronda intraprese la strada di casa. Solo Carlo, deluso dall’esito della spedizione, indugiò un po’ di più, desideroso di scoprire qualcosa di più sulla faccenda.
Sicuramente la faccenda puzzava. Perché mai la zona da dove provenivano ogni notte quegli strani rumori era stata interdetta all’accesso? Chi o cosa si nascondeva in quella zona?
Stando attento a non farsi notare da nessuno, Carlo scavalcò i segnali che delimitavano la zona e si addentrò nel bosco. Nonostante fosse Luglio inoltrato, il clima era molto freddo. Dall’inizio dell’estate non c’era stata ancora una giornata di caldo estivo e questo aveva preoccupato molto gli abitanti dei paesi circostanti. La solita voce che conduceva il telegiornale regionale, che il padre di Carlo era solito seguire ogni giorno, aveva detto che a causa di quello strano clima il settore dell’agricoltura aveva perso più di dieci milioni di euro. A causa di questa perdita, molti contadini della zona avevano deciso di emigrare al nord, svuotando così i paesi della zona. Tra le persone che avevano lasciato Albabruna vi erano Max ed Elena, rispettivamente il migliore amico e l’ex ragazza di Carlo.
Mentre camminava, Carlo pensò al giorno in cui Elena gli annunciò che i due dovevano partire. Fu un brutto colpo per il ragazzo, il quale conosceva Max e Elena da quando erano nati. Infatti, prima di diventare fidanzati, Carlo ed Elena erano stati amici per tredici anni. Tutti, quando li vedevano insieme, dicevano sempre che erano “la classica coppia perfetta, quella che si incontra solo nei film” e che era proprio un peccato vederli solo amici. E così, dopo tredici anni di amicizia, si erano messi insieme. Tutto sembrava andare bene: non litigavano, si volevano molto bene, l’uno completava l’altra… Fino a quel giorno, in cui tutto sembrò svanire in pochi secondi... Era bastato un solo “dobbiamo parlare…” per fare crollare tutte le sicurezze che si erano costruite con il tempo.
Dopo aver ricevuto quel messaggio, Carlo capì subito che c’era qualcosa che non andava. Direttosi subito a casa di Max ed Elena, trovò quest’ultima in lacrime, intenta a mettere dentro uno scatolone i libri di scuola…
-Non te l’ho voluto dire prima perché non sapevo come dirtelo… Domani parto, vado a Torino con la mia famiglia dai miei zii… Mio padre ha trovato lavoro lì. Mi dispiace, ma con questa distanza porterà solo a complicazioni. E’ meglio finirla qui, tra noi…-
“E’ vero che le parole fanno male come lame di rasoio… Entrano piano piano ma possono arrivare in profondità. E quando arrivano in profondità, uccidono”: questo pensò  Carlo subito dopo aver udito queste parole. E, nel frattempo, iniziarono a scendere sul suo viso  con prepotenza anche le lacrime. È strano come le lacrime scendano nei momenti meno opportuni. Quando non vorresti farti vedere debole, sconfitto, quasi distrutto dalle parole che ti ha detto l’altra persona.
In quel momento Carlo avrebbe voluto urlare quanto amava Elena, quanto teneva a lei. Era giusto finire quella storia così, dopo tutto quello che era successo? No, non era affatto giusto. Nonostante la sua opinione fosse diversa da quella di Elena, Carlo rispose con un semplice “va bene”. Prima di andarsene, guardò un’ultima volta Elena: non aveva mai notato veramente quanto fosse bella. Forse è maledettamente vera la frase “non si capisce la bellezza di una persona, fino a quando non la perdi”.  Di lei le erano sin da subito piaciuti quei capelli sempre lisci di un castano acceso e soprattutto gli occhi, di un marrone scuro che tendeva quasi al nero. E poi anche il viso, né troppo magro né troppo grosso, sul quale aveva sempre stampato un sorriso. La sua frase preferita era che “un giorno senza sorriso è un giorno perso”.  Altra frase maledettamente vera, che sarebbe stata molto utile nei giorni successivi per farsi forza.
Mentre questa frase entrava prepotentemente nella sua testa, Carlo sentì il bisogno di abbracciare e baciare Elena. Quello fu il bacio più bello che si erano dati fino a quel momento. Dopo essersi asciugato le lacrime, uscì dalla porta e tornò a casa. Ritornando a casa, ascoltò la sua canzone preferita:
“Come mai, ma chi sarai,
per fare questo a me,
notti intere ad aspettarti,
ad aspettare te…”
A queste parole scoppiò a piangere…
   
 
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