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Autore: CHAOSevangeline    04/10/2014    2 recensioni
Quando Loki era un bambino, possedeva tutto l'amore necessario per essere felice.
Tutto questo, in comune con il miglior compagno che all’epoca avrebbe mai potuto chiedere: suo fratello Thor.
Erano poli opposti che si attraevano e pertanto si erano sempre rivelati complementari: la miglior coppia di fratelli esistente, poiché uno compensava le mancanze dell’altro.
Fu così, fino a quando le lacune del futuro dio degli inganni non iniziarono ad essere provocate dalla stessa persona che per tanto tempo le aveva colmate.
Peccato che non fosse cambiato nulla. Niente di riparabile, almeno: Thor era quello di sempre, era Loki che era mutato nei meandri più profondi di sé e nessuno, se non lui stesso, sarebbe riuscito a fare qualcosa per fermarlo.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Loki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Castle of Glass






I.

Loki ricordava di aver sempre avuto gli occhi pieni di Asgard.
Aveva sempre visto la luminosità di quel regno e le auree costruzioni meno lucenti solo del cosmo che pendeva sopra di esse.
Ricordava che, quando era un bambino, per lui esisteva solamente quel guscio superficiale, quell’involucro che gli celava la verità delle cose. In fin dei conti, dio o umano che fosse, rimaneva pur sempre un bambino e come tale possessore di quel puro dono chiamato innocenza.
Dono che avrebbe abbandonato precocemente e non per motivi poi tanto limpidi: su di lui incombeva un futuro tetro quanto un’ombra, dettato dalla sua natura che, inesorabilmente, avrebbe fatto mutare ogni cosa senza che lui potesse opporvisi.
Per questo l’epoca in cui ai suoi occhi nulla appariva celato era finita con tanta fretta, senza fargli più credere ciecamente agli insegnamenti dell’uomo che chiamava Padre; voleva capire da solo il perché di ogni cosa, voleva vedere i fili che dietro di essa la muovevano e non aveva impiegato poi molto per realizzare la capacità di nascondersi, alle spalle della più nobile delle azioni, di alcuni maliziosi intarsi.
Quando Loki era un bambino aveva gli occhi pieni di Asgard, della verità a cui ormai fingeva solo di credere e di tutto l’amore necessario per essere felice.
Tutto questo, in comune con il miglior compagno che all’epoca avrebbe mai potuto chiedere: suo fratello Thor.
Loki e Thor, gli inseparabili. Uno più portato per la semplice materialità delle cose, l’altro per i segreti effimeri che esse celavano.
Erano poli opposti che si attraevano e pertanto si erano sempre rivelati complementari: la miglior coppia di fratelli esistente, poiché uno compensava le mancanze dell’altro.
Fu così, fino a quando le lacune del futuro dio degli inganni non iniziarono ad essere provocate dalla stessa persona che per tanto tempo le aveva colmate.
Peccato che non fosse cambiato nulla, niente di riparabile almeno: Thor era quello di sempre, era Loki che era mutato nei meandri più profondi di sé e nessuno, se non lui stesso, sarebbe riuscito a fare qualcosa per fermarlo.


II.

L’ora vagamente tarda rosseggiava il cielo di caldi raggi solari. Si riflettevano sulle mura esterne dell’imponente palazzo di Asgard, perfettamente visibile dalla pianura fino a cui lui e Thor si erano spinti.
Per un pomeriggio Loki aveva deciso di abbandonare i libri a cui pareva aver giurato eterna devozione, accontentando così la richiesta del fratello che li vedeva protagonisti di un pomeriggio speso interamente all’aperto.
Si erano guadagnati la fiducia dei genitori da diverso tempo e avendo promesso di non creare scompiglio nei vari angoli del regno i due fratelli erano riusciti a ottenere l’autorizzazione per raggiungere quel luogo piuttosto distante dalla loro dimora.
Dopo aver camminato per un po’ l’uno accanto all’altro condividendo fatti accaduti recentemente, Thor si era trovato costretto a correre temendo di aver suscitato la collera del fratello per aver deriso bonariamente il suo continuo studiare le arti magiche.
Erano scherzi che si facevano spesso, scherzi che Loki ricambiava ampiamente chiamando Thor con il soprannome che tanto odiava, diventando così l’unica possibile vittima della situazione.
In quel modo, tra una battuta e l’altra, erano giunti in quello spazio erboso che digradava fino a un lago. Pareva aver inghiottito il sole, quel lago.
Loki si perse a osservare il paesaggio, realizzando di aver scordato per qualche ora tutti i pensieri pessimistici annidati di solito nella sua mente quando guardava suo fratello Thor. Non lo odiava, non l’aveva mai fatto, eppure da quando erano fuggiti dall’età della fanciullezza Loki aveva avuto modo di rendersi conto di alcune scomode verità; aveva notato gli sguardi carichi di fiducia che tutti rivolgevano a Thor e a Thor soltanto, di come fosse inevitabilmente lui il centro di tutto.
Per queste ragioni Loki si era visto costretto ad autoproclamarsi non invidioso, quanto piuttosto geloso: avrebbe voluto quella stessa quantità di attenzioni, avrebbe voluto sentirsi un suo pari, ma più di tutto desiderava davvero di non provare tutti quei sentimenti contrastanti capaci di privarlo del sonno; Thor era suo fratello, un suo fido compagno e non era giusto che il loro legame si spezzasse.
« Fratello. » la voce di Thor interruppe il silenzio con un timbro sicuro, timbro che costrinse Loki a voltarsi verso di lui accompagnato da una certa curiosità.
« Sì? »
« Nostro padre ci parla sempre più spesso della successione, ma confesso che un po’ mi preoccupa, per quanto io desideri prendere il suo posto in futuro. » corrugò la fronte per un attimo, poi riprese. « Tu sei mio fratello, un mio pari qui ad Asgard, perciò ti prometto che quando salirò al trono mi consulterò con te per le decisioni più importanti da prendere. »
Loki si ritrovò a osservare il fratello con sguardo sorpreso, notando che fissava il punto che fino a poco prima anche lui aveva osservato: il palazzo reale. Era come se stesse già proiettando le loro figure adulte all’interno della sala del Re.
A quel punto realizzò che Thor era, dopo sua madre, la persona che meglio lo conosceva, che sapeva quanto entrambi fossero capaci di aiutarsi a vicenda.
Loki riuscì a illudersi per qualche attimo che sarebbe bastata la fiducia del fratello nei suoi confronti per non sentirsi più inferiore.


III.

Osservava con apparente compostezza gli ennesimi festeggiamenti organizzati nel breve lasso di tempo composto forse da un paio di mesi.
Thor si stava dimostrando il valoroso guerriero che tanto suo padre doveva aver pregato diventasse, e i banchetti si erano così moltiplicati per dar modo alle persone più legate alla corte di ascoltare le prodi gesta del dio del tuono, futuro re di Asgard nonché figlio di Odino, narrate dai suoi fidati amici guerrieri.
Loki se ne stava lontano da loro, appoggiato con le spalle contro una parete e con lo stomaco riempito solamente dal nodo di rabbia formatosi fin dai primi attimi della festa; si era congedato con una sciocca scusa e nessuno l’aveva fermato né gli aveva domandato di unirsi nuovamente alla conversazione più tardi, alimentando così il fuoco di collera che ormai ardeva dentro di lui.
Il suo volto, tuttavia, non tradiva alcuna emozione: sembrava quasi assorto nei propri pensieri, come se i suoi occhi non stessero fissando davvero i Tre guerrieri e Sif che ridevano, chi più sguaiatamente e chi con più discrezione per potersi ritagliare un piccolo spazio di tempo durante il quale ammirare liberamente Thor senza che lui se ne accorgesse.
Dal canto suo il principe asgardiano rideva per le battute e le distorsioni che esageravano quella narrazione, sfibrandola della tensione che altrimenti il racconto di una recente battaglia avrebbe certamente suscitato in ogni animo.
Pur essendovi un forte brusio, Loki riusciva a comprendere ugualmente ciò che veniva detto ed era certo di aver sentito il proprio nome solamente una volta, nominato giusto nell’elenco delle persone che avevano accompagnato Thor in quella scorreria di poco conto.
Era stato aggiunto alla lista dei presenti, eppure nessuno aveva raccontato di come avesse contribuito e non uno degli spettatori aveva chiesto qualcosa in merito alle sue azioni.
Dopotutto, a nessuno sarebbe importato sapere che era stato il suo minuzioso piano a condurli elegantemente alla vittoria.
Non c’era spazio per lui, c’era posto solo per il fratello che, in quel momento, pareva essere l’unico principe di Asgard, l’unico dei due a non essere un’ombra in quella stanza enorme.


IV.

Loki era diventato un bugiardo. Un bugiardo impeccabile, uno dei migliori maestri della menzogna, e tutto era derivato dalla semplice arte di saper celare ciò che più si rivelava scomodo.
Era anche quello un modo di ingannare, era vero, ma in passato l’aveva sfruttato per nobili scopi: aveva nascosto la presenza di qualcuno a palazzo perché magari non si sarebbe dovuto trovare lì, prima che iniziasse a divertirsi nel vedere quel qualcuno rimproverato da un superiore. Non aveva rivelato a nessuno l’esistenza di portali sconosciuti anche a Heimdall, prima che iniziasse ad essere conveniente usarli per trovarsi avvantaggiato rispetto agli altri.
Loki era sempre stato bravo a celare e ad omettere, e tutta quella bravura era sfociata nel tessere inganni da cui nessuno sarebbe stato in grado di salvarsi. Erano come una ragnatela che avvolgeva le sue vittime, rendendole sia prede intrappolate al suo interno che fili capaci di renderla più forte.
Loki studiava ogni dettaglio dei suoi piani, sceglieva accuratamente i pezzi da muovere su quella scacchiera e con pazienza faceva la propria mossa dovendola raramente cambiare, per quanto era bravo a predire le altrui azioni.
Se sbagliava, poi, poteva sempre spingere le sue marionette a fare ciò che voleva con una semplice frase.
Lo avevano sminuito attribuendogli il peccato dell’invidia, in passato, ma mai avrebbero potuto schernire le sue doti di manipolatore ora.
Era solo contro tutti, ma più gli altri si ribellavano, più alimentavano la sua sete di potere, la sua voglia di sottomettere per vendetta, e lo rendevano più risoluto e più forte.
Loki si era nutrito in passato della sciagura altrui, ora si sfamava con l’odio che lui stesso suscitava come se volesse ottenere indietro tutto il rancore che continuamente gli ardeva dentro; felicità e pace non gli avevano mai trasmesso tutte le energie che invece gli davano quei sentimenti conflittuali e pur di aver la forza di combattere, Loki avrebbe volentieri continuato a nutrirsi di quelle emozioni.
Non si sarebbe mai voluto ridurre come l’uomo sdraiato sul giaciglio dorato accanto a cui era seduto.
Non più suo padre, ma semplicemente il Re di Asgard.
Per principio, Loki sarebbe dovuto essere non un suo suddito, quanto piuttosto un suo nemico. Eppure si trovava a guidare il suo regno.
Quell’uomo non aveva mai voluto affrontare le minacce, perché a detta sua un sovrano non avrebbe dovuto cercare la guerra, ma il suo utilizzo della diplomazia aveva portato alla più totale disfatta dell’animo di suo figlio. O meglio, della persona che il Re Asgardiano si ostinava a chiamare in quel modo.
Loki aveva scoperto troppo tardi di aver desiderato di distruggere la stessa razza, ma il suo sogno non era cambiato: aspirava ad estirparla e forse più di prima.
Non apparteneva ad Asgard, ma non apparteneva nemmeno a Jotunheim, nonostante avesse scoperto.
La sua gente l’aveva abbandonato, il suo vero padre l’aveva rinnegato e lui era stato accolto e salvato da un uomo che in circostanze diverse avrebbe dovuto uccidere, o che l’avrebbe ucciso.
Tutto questo perché era nato debole.
Aveva impiegato giorni a comprendere come si sentisse sapendo di essere un diverso, potendo ricondurre le carenze passate a una differenza fondamentale, ma con scarsi risultati. Aveva solo sentito che la propria fiducia era stata tradita e a quel punto qualcosa in lui era scattato: quella verità rivelata l’aveva spinto ad arrogarsi un diritto di successione che non gli spettava, che nella propria posizione avrebbe potuto restituire al legittimo proprietario.
Ma non voleva farlo.
In un certo senso era venuto meno alla promessa pronunciata da Thor anni e anni prima, quando avevano osservato Asgard dalla pacifica sponda di un lago rosso per il tramonto.
Era stato il fratello a promettergli che l’avrebbe consultato per regnare, ma dopotutto Loki non aveva esplicitamente detto che lui avrebbe fatto lo stesso, anche se era accaduto semplicemente perché era convinto che non si sarebbe mai seduto sul trono.
Ma lui, a Thor, non doveva proprio nulla.
Dopotutto, il dio degli inganni era l’ultima persona che per vanificare un giuramento avrebbe dovuto incrociare le dita dietro la schiena.


V.

Vedeva qualsiasi cosa, dal trono che per nessun motivo sarebbe dovuto cadere in mano sua.
Loki scrutava ciò che accadeva sulla Terra, ormai consapevole di poter contare unicamente su se stesso: nemmeno i giuramenti erano serviti per costringere le persone a sottostare al suo volere, tanto erano ostili alla sua reggenza.
Tuttavia, Loki si sentiva intoccabile in quella fortezza e aveva la sensazione che nulla avrebbe potuto spodestarlo da quel trono da lui tanto desiderato.
La disfatta di suo fratello era appena avvenuta e lui l’aveva ammirata in ogni dettaglio. L’aveva provocata e l’aveva assaporata, convinto che sarebbe stata solo l’ennesimo spiacevole avvenimento in grado di nutrire la sua sadica mente.
Si sbagliava.
Loki provò un’enorme soddisfazione, eppure fu quasi come se l’ottenimento del più totale potere avesse sminuito ogni cosa. Ora sarebbe potuto rimanere seduto su quel trono perché non ci sarebbero stati contendenti fino a quando Odino non si sarebbe svegliato.
Avrebbe continuato a regnare perché nessun’altro avrebbe potuto rivendicare un qualche diritto di nascita più meritevole del suo e questo dilaniò l’animo di Loki a tal punto che non si sentì felice come aveva creduto.
Aveva ucciso, aveva distrutto, aveva fatto tutto ciò che più si addiceva alla sua natura: seminare caos e terrore. Si era liberato del fratello per cui aveva creduto di nutrire tanto odio, l’aveva ucciso pensando che gli avesse portato via ogni cosa e tutto questo solo perché Loki sapeva di non avere alcuna possibilità di imporsi su di lui se non in quel modo sleale: l’aveva ucciso come un codardo, quando non aveva poteri per difendersi.
Cercò di scacciare quei pensieri, di convincersi che il suo piano era finalmente giunto a termine e che nulla sarebbe riuscito a fermarlo, da quel momento in poi.
Non realizzò che ben presto quel momento di incertezza gli sarebbe stato fatale, che avrebbe spinto ogni suo schema a crollare come il più effimero castello di carte.
Eppure si rese conto che, quando vide il fratello riaprire gli occhi, si sentì quasi sollevato.


VI.

Si sentiva quasi come una delle innumerevoli quanto anonime schegge del Ponte dell’Arcobaleno appena distrutto da Thor.
Fluttuava nel nulla del cosmo che spesso aveva osservato raggiungendo insieme al fratello il Bifrost di cui oramai, a causa di entrambi, non esisteva quasi più nulla.
Eppure nella sua mente tutto aveva avuto una logica fino all’ultimo secondo, tutto era stato perfettamente calcolato e nulla era rimasto fuori posto come un’incognita ancora sconosciuta.
Possibile che nessuno capisse che aveva fatto tutto per il bene di quel regno, che in verità Asgard gli stava a cuore proprio come chiunque si sarebbe aspettato, essendo sempre stata la sua unica e vera casa?
Gli avevano mentito, l’avevano ingannato come lui avrebbe dovuto fare con gli altri e, nonostante tutto questo, aveva impegnato le proprie energie per qualcosa che secondo il suo parere era giusto.
Aveva fatto tutto ciò che era in suo potere solo per poter essere finalmente capito e chiedeva che accadesse almeno una volta, una sola volta, nella sua gelida mente calcolatrice scaldata oramai solo dall’odio e dalla collera.
Cercò di spiegarlo con un ultimo disperato tentativo, ma non poteva vedere l’uomo che aveva sempre chiamato Padre mentre parlava. Non poteva guardarlo negli occhi, perché Thor era esattamente tra loro due.
Come sempre dopo tutto.
Odino guardava il fratello e lui, alle spalle dell’ormai unico legittimo successore al trono di Asgard, sperava invano di non essere davvero solo un’ombra.
Lo sperava, mentre il suo illegittimo Padre diceva a un punto imprecisato del cosmo, a lui idealmente vicino, che lo stava rifiutando per l’ennesima volta.
Loki non provò rabbia, non si sentì scoppiare d’odio. Al contrario, percepì qualcosa dentro di sé spezzarsi così dolorosamente che codardia e paura lo abbandonarono, spingendolo a lasciare la presa, dapprima forte tanto quella della sua forza d’animo, sul suo stesso scettro.
Non provò assolutamente nulla e si lasciò cadere, facendosi cullare dal vuoto che si amalgamò senza fatica con ciò che, ormai, non aveva più dentro.



 
“Because I'm only a crack in this castle of glass
Hardly anything left for you to see
For you to see”




Angolo~
Fino a una settimana fa dicevo che non avrei mai postato niente in questa sezione perché convinta di non essere né all'altezza, né capace di occuparmi del contesto e dei personaggi, ma alla fine ho deciso di tentare più che altro perché mi sono impegnata per una settimana su questa fanfiction, nonostante la lunghezza non sia particolarmente importante.
L'idea della fanfiction è nata da questa splendida immagine, perciò se vi va datele un'occhiata:
Che altro dire? Temo di aver inserito una caratterizzazione un po' "personale" di Loki. Dico temo perché sono il genere di persona che si prende diversi momenti, dopo la visione di determinati film, per rimuginare su quelli che sono stati i comportamenti dei personaggi e non vorrei aver dato delle interpretazioni troppo "distorte" di quello che potrebbe essere il pensiero originale - nel film - di Loki.
Spero vivamente che qualcuno voglia dirmi che cosa ne pensa!

Per fare una piccolissima parentesi, la divisione della storia mi è stata suggerita da una canzone chiamata "Six Degrees of Separation". Non l'ho usata per ispirarmi per questa fanfiction, ma considerando che alla fine comunque nel contesto della storia si parla di un allontanamento, ho deciso di suddividerla in sei passi che hanno portato inevitabilmente alla conclusione che tutti conosciamo.

Nel frattempo ne approfitto per scrivere che questa storia è dedicata a una mia cara amica, che ha iniziato ad adorare Loki recentemente proprio come ho fatto io


Grazie a chiunque sia arrivato fino a qui decidendo di leggere la storia!

CHAOSevangeline
   
 
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