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Autore: arttelE    05/10/2014    2 recensioni
Un istinto così primordiale da essere incontrollabile. Una pulsione talmente selvaggia ed improvvisa da suscitare una sorta di vergogna, nel lasciarsi sopraffare dalla sua immensa indomabilità, quasi una fiamma inestinguibile. Eppure gli risultava così naturale. Superato il primo ragguardevole impatto col muro dell’imbarazzo indotto artificialmente da una convenzione sociale non scritta, eccolo che, quel coinvolgente desiderio si rivelava nient’altro che l’appagamento di una delle più comuni necessità intrinseche nel genere umano: l’omicidio.

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Mia prima fan fiction, personaggi di HoO in un’ambientazione (circa) steampunk. Se mi lasciaste una recensione vi sarei più che grata, davvero, ci tengo parecchio a sapere cosa ne pensate.
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: I sette della Profezia, Jason Grace, Leo Valdez, Nico di Angelo, Percy Jackson
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
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Angolo dell'autrice
Prima fanfic e già rompo <3
Vi informo che, seguendo lo stile di quell'adorabile crudele uomo che è Riordan, ogni capitolo sarà scritto con il punto di vista di un pesonaggio. Come già accennato, la storia si ambienta in un universo vagamente steampunk. Particolari maggiori sull'ambientazione si potranno evincere dal capitolo 3 in poi, inoltre, anche se sto partendo da un rating giallo, conto presto di cambiarlo in arancione.
Che dire? Il capitolo è un po' corto, ma spero che gradiate e, che lo facciate o meno, mi fareste un grandissimo favore se commentaste. 

VI AMO, SAPPIATELO.




1. Leo
 
 
Un istinto così primordiale da essere incontrollabile. Una pulsione talmente selvaggia ed improvvisa da suscitare una sorta di vergogna, nel lasciarsi sopraffare dalla sua immensa indomabilità, quasi una fiamma inestinguibile. Eppure gli risultava così naturale. Superato il primo ragguardevole impatto col muro dell’imbarazzo indotto artificialmente da una convenzione sociale non scritta, eccolo che, quel coinvolgente  desiderio si rivelava nient’altro che l’appagamento di una delle più comuni necessità intrinseche nel genere umano: l’omicidio.
Perché in quel momento avrebbe immensamente desiderato gettarsi con tutto il suo pressoché inconsistente peso contro la signora Ruckford, solo per stringere le affusolate dita attorno quel grinzoso ed esile collo da struzzo moribondo.  
In fin dei conti Leo era sempre stato un ragazzo abbastanza tollerante, nei limiti del possibile. Ma se c’era una cosa che risvegliava in lui il desiderio di ghermire una chiave inglese a mo’ di clava seminando vittime a destra e a manca, quella era la stupidità. E non si riferiva al genere di idiozia che era parte intrinseca del suo carattere, la sua tendenza naturale da buffone, no, quello che lo faceva imbestialire era la capacità innata di certuni di non capire i concetti più basilari anche se spiattellati in qualsivoglia lingua.
-NO. Non possiamo installare un modello più avanzato di motore al supporto di Twinkles.-  biascicò nuovamente il ragazzo, ormai fermamente convinto che tutta quella stronzata non fosse altro che la sua punizione all’inferno. Ecco tutto:lui era morto e quello era un girone infernale tutto per lui, nel quale sarebbe stato costretto a cercare di fare capire ad una vecchietta idiota, che no, non poteva cambiare il dannato motore.
-M-ma, perché?- balbetto raucamente la donna.
-Per l’ennesima volta, PERCHE’ IL SUO GATTO ESPLODEREBBE!- Batté i pugni sul bancone, una luce folle negli occhi.
Non capiva neppure perché la signora Ruckford, non mettesse a Twinkles – il suo gatto rimasto privo delle zampe posteriori dopo un incidente- un paio di semplici rotelle che lo aiutassero a muoversi mentre si trainava con le zampe anteriori. I gatti non avevano bisogno di un motore con il turbo, erano già animali  tremendamente malvagi per loro natura.
Gli angoli grinzosi della bocca della donna cominciarono a tremare, minacciando una tempesta in arrivo. Fu –principalmente- per quello che, quando Hazel irruppe nell’officina, accompagnata dal tintinnio delle campanelline  posizionate davanti alla porta per annunciare l’ingresso di un cliente, lui strillò –TI ADORO!-
Nel constatare l’espressione di evidente imbarazzo della ragazza, si affrettò ad aggiungere, tentando in ogni modo di dissimulare il rossore che era consapevole essersi fatto strada sulle sue guance – Ti prego, non abbandonarmi mai più al bancone da solo.-
-O-okay.- borbottò Hazel, ricacciandosi una ciocca di capelli color cannella dietro ad un orecchio, focalizzando la sua attenzione interamente sulla cliente- l’ultima della giornata.
Leo si avviò  verso il retro, dove si trovava la fucina, per avvisare Frank e gli Stoll che potevano cominciare smontare baracca.
L’officina era stata tutta un’idea di Hazel. Leo era sempre stato un fenomeno con la meccanica e le riparazioni. Così, una volta compiuti sedici anni ed il ciclo di studi, si erano dovuti inventare un modo per vivere, preferendo fare leva sulle grandi capacità del piccolo Valdez.  Così avevano comprato una minuscola bottega, dove lui progettava e costruiva,  Hazel si prendeva cura dei clienti e Frank si occupava delle consegne. Quanto ai gemelli Stoll, loro erano divenuti una necessità quando la loro impresasi era fatta più grande. Inoltre, i due erano quasi sempre in grado di procurare a Leo parecchi marchingegni curiosi, tramite altamente misteriose e non esattamente legali vie.
L’ambiente sul retro era particolarmente ingombro e caldo, come sempre. Frank sedeva il più lontano possibile dal forno, nel tentativo di riprendersi da una giornata di viavai caricato come un mulo. Leo studiò con attenzione la sua espressione, tentando di capire se il ragazzo avesse udito  l’esplosiva ammirazione appena espressa nei confr­onti di Hazel. Perché era chiaro che Frank ed Hazel stessero insieme. Anche se non era certo che i due ne fossero al corrente.
Quando l’amico gli rivolse il solito sguardo da innocente d innocuo koala intrappolato in un corpo da lottatore, Leo esclamò con sollievo: -Su gente,  si smonta!-
Non fu sorpreso quando notò che i gemelli avevano già preparato le loro cose, abbandanonando l’officina nel giro di dieci secondi.
Frank si alzò a fatica:
-Aspettiamo Jason e Percy?.-
- Tu vai via con Hazel… io aspetterò Jason.-
-Oh…E Percy?-
Leo increspò le labbra, trattenendo un sospiro amaro.
- Nico.- pronunciò quel nome come esauriente risposta. Già, Nico. Come riusciva qual nome a congelare qualsiasi conversazione?
Frank si passò stancamente una mano sugli occhi, biascicando un qualcosa che doveva valere come un “allora vado”, congedandosi per raggiungere la sua non-ragazza.
 
Leo riprese tra le mani “la sfera”. Aveva trovato quel maledetto aggeggio nascosto nella vecchia casa del suo bisnonno, ed era fermamente convinto che fosse la più importante opera di meccanica degli ultimi tre secoli. Solo che non aveva ancora capito a cosa servisse.
Lasciò che le ormai callose dita scorressero sulla superficie quasi perfettamente incisa della piccola sfera, ripercorrendone i solchi che la sua memoria tattile aveva ormai assimilato in un gesto quotidiano. Delle dimensioni di un pugno, appariva quasi come un mappamondo in miniatura completamente di metallo. Ancora una volta, si ritrovò a pensare come Esperanza Valdez sarebbe riuscita a risolverne il mistero senza troppo affanno. Ancora una volta sentì il senso di colpa rodergli, anzi bruciargli dentro.
Lanciò un’occhiataccia alle poche fiamme residue che ardevano nella fornace in fase di spegnimento, quasi le stesse sfidando a rifare il giochetto crudele che era costato, anni prima,la vita di sua madre.
Povero piccolo Leo Valdez ,quasi le sentiva sussurrare, tra i crepitii. Tutto solo ad auto commiserarsi perché non riesce a capire il funzionamento di una stupida palla.
Inspirò a fondo.
Mostriciattolo di un Valdez! Le voci erano fastidiose come lo stridio di unghie su una lavagna
-Zitte.- sussurrò a fior di labbra.
Perché non ammetti di non odiare il fuoco, anche dopo quello che è successo? Dovresti detestarlo.
 Mostro che non sei altro. Ti piaccione le fiamme, ami vederci ardere, mostriciattolo di un Valdez. 
-Zitte!- strillò, lanciando in uno scatto d’ira la sfera contro una parete.
L’affare cozzò contro i mattoni, tracciando una traiettoria ad arco mentre rimbalzava verso il lato opposto.
Quando un repentino tintinnio esplose nel silenzio, Leo si voltò di scatto temendo di aver rotto qualcosa nel lancio.
Non ebbe neppure il tempo di realizzare che i trattava della porta d’ingresso, che Jason fece capolino ne retrobottega, visibilmente affannato.
Che se la fosse fatta a corsa fino a lì?
L’immagine del suo migliore amico che si faceva spazio a gomitate tra la gente gli balenò davanti agli occhi. Già  Jason era solito non passare inosservato: il bassifondi della capitale erano abitati perlopiù da popoli del sud e dell’est, dopo che gli abitanti del nord di Galasya – gli abitanti dell’ex regno di Ralamaster - avevano conquistato gran parte dei territori circostanti. Da allora, solo le famiglie discendenti dalla popolazione invaditrice abitavano i quartieri alti, separati dal resto dei cittadini. Perciò il suo amico era sempre tanto osservato, come Percy: dalle carnagioni chiare, era palese che il loro posto non era nel ghetto. E solo un tipo di Ralamastriani abitava il ghetto:  i rinnegati.
-Jason, che ti prende?-
-Dobbiamo.. dobbiamo sbrigarci. Percy ha bisogno di aiuto... Nico, di nuovo.-
 



 
   
 
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