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Autore: Darkry    05/10/2014    1 recensioni
Cacciare.
E' questo che fanno i Cacciatori d'Incubi nella Dimensione Opposta.
Cacciano i Demoni Oscuri e ne assorbono le energie vitali per salvaguardare il mondo.
Ma cosa succede se sono Loro a cacciare te?
Cosa succede se ti strappano la libertà e ti costringono ad uccidere per sopravvivere?
Saefyr è prigioniero da troppe lune ormai.
E fuggirà da Loro. A qualunque costo.
Genere: Dark, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Saefyr si appoggiò al lavandino del vecchio bagno puzzolente del motel in cui si era rifugiato. 
Ansimava e le braccia gli tremavano per la corsa.
Nonostante non fosse esattamente sulla Terra, la Dimensione Opposta aveva con essa molte cose in comune. Il ragazzo alzò lo sguardo sul piccolo specchio appeso proprio sopra al lavabo e guardò con aria impensierita il riflesso che gli rimandava. Era alto, sudato e sporco, i lunghi capelli castani che si raccoglievano in una lunga treccia che gli ricadeva scompostamente sulla spalla sinistra. Il petto nudo era cosparso di piccole cicatrici bianche e il viso era una maschera di dolore nonostante i piercing sotto il labbro inferiore e sul sopracciglio destro gli conferissero l’aspetto di un uomo inscalfibile.
Ma Saefyr non era un uomo.
Aveva le sue sembianze, le sue movenze, le sue incredibili capacità comunicative ma non era un uomo.
Non più.
E il marchio dei Cacciatori d’Incubi sul lato destro del viso lo confermava.
La sua anima era una mera essenza di personalità indistinta, qualcosa di inafferrabile come l’acqua o come l’aria. Era questo che lo rendeva invincibile nei combattimenti, che lo portava sempre a vincere, su tutto. 
La quasi completa assenza di scrupoli.
Dopo tutto, quando si entrava tra i Cacciatori, di scrupoli non dovevi averne per sopravvivere.

Polvere.
Fu la prima cosa che sentì sotto le dita quando aprirono la sua cella e lo gettarono per terra in mezzo all’arena. Un ginocchio tra le scapole lo teneva inchiodato al terreno, mentre gli strappavano via dal viso la benda che gli ostruiva la vista.
La luce esplose davanti ai suoi occhi, accecante, mentre un vociare sempre più confuso gli confondeva le idee.
Saefyr scosse la testa più volte e sbatté le palpebre sino a quando gli occhi non si abituarono alla nuova luminosità. I volti indistinti di decine di persone e creature di varie razze diventavano sempre più nitidi mentre prendeva conoscenza di ciò che aveva attorno.
Un calcio ben assestato nel fianco gli fece capire che era ora di alzarsi.
Saefyr si mise a malapena in piedi, le gambe tremanti, il petto che si muoveva velocemente in alto e in basso per mancanza di forza vitale.
Era da diverse lune che non lo facevano gareggiare e questo significava rimanere senza cibo sino ad un nuovo incontro. Ma stavano attenti.
Sapevano che la sua natura di Cacciatore gli permetteva di sopravvivere a lungo senza energie e cercavano di lasciarlo sempre senza forze, per far sì che non scappasse.
Erano diecimila lune che lo tenevano prigioniero. Ormai Saefyr ricordava a malapena cosa significasse il suo compito nella Dimensione Opposta. La caccia libera, l’inseguimento degli Oscuri che uscivano dalle teste degli umani quando loro piombavano nel sonno e l’energia che scorreva nelle sue vene ogni volta che ne uccideva uno. Essere un Cacciatore era quasi come essere un Guardiano. 
In un certo senso aiutavano la Terra a mantenere il suo equilibrio garantendo il minor caos possibile nella Dimensione Opposta. Era lì, infatti, che gli Oscuri andavano a rifugiarsi una volta usciti dagli Incubi. 
Erano caos e dolore e sulla Terra non avevano molto potere, ma lì nella Dimensione Opposta diventavano quasi concreti, potevano fare del male, uccidere, assoggettare, distruggere ogni cosa. 
E il compito dei Cacciatori era quello di trovarli e ucciderli. 
Tutto il resto era automatico.
L’energia degli Oscuri veniva prosciugata e assorbita dal loro corpo, rendendoli più forti, quasi invincibili. 
Divoratori, li chiamavano.
Gli Oscuri avevano molto potere.
Una voce si fece largo tra i pensieri di Saefyr e il ragazzo sollevò la testa. L’Oscuro che l’aveva catturato era circondato da sangue umano, un campo di forza sufficiente a far sì che il Cacciatore non riuscisse a ghermirlo, debole com’era.
Saefyr digrignò i denti, desiderando con tutto se stesso un po’ di energia in più, giusto il minimo che gli avrebbe permesso di oltrepassare la sottile striscia di sangue e succhiare via l’energia al suo Dominatore Oscuro. 
«Il Divoratore si batterà contro un ramingo del clan dei Kurdakhari, catturato trecento lune fa nel Deserto di Ossa e vincitore delle ultime seicento sfide clandestine tra i nostri Sottomessi».
La folla lanciò urla d’esultanza. Saefyr si guardò intorno e notò che tranne qualche traditore il resto della folla era composta da Oscuri minori. L’uccisione degli Oscuri o dei Demoni Maligni non era considerata un reato. La loro anima era sporca e nera e i loro intenti deplorevoli. I Cacciatori li uccidevano per ripulire la dimensione e assicurare alle anime di sopravvivere per il resto delle lune che avevano da vivere. Ma uccidere un'altra creatura, come un membro del clan Kurdakhari, era considerato un atto punibile con la peggiore delle sorti. 
Ti strappavano l’anima via dal petto e la gettavano nelle acque del sacro fiume Oshinava, attraverso il quale avrebbe raggiunto gli dei che se ne sarebbero nutriti. 
«Il Divoratore, tuttavia,» proseguì il Dominatore Oscuro mettendo a tacere la folla, «ha vinto tutti gli scontri contro i Demoni che gli abbiamo presentato».
Saefyr avvertì alcune ombre irrigidirsi, altre tremare, altre ancora bisbigliare oscure maledizioni attorno a lui. 
«Non combatte da più di duecento lune e le sue energie vitali lo stanno abbandonando». 
Saefyr vide il sorriso del Dominatore brillare nell’oscurità con i suoi denti aguzzi e gli parve di sentire il suo sguardo gelido, posarsi con malignità su di lui. Tutt’intorno avvertiva il tintinnio di denti e zanne che venivano passati di mano in mano per le scommesse sugli esiti della lotta. 
«Che la lotta abbia inizio! Solo uno sopravvive!».
Le urla esplosero tutt’intorno a lui.
Saefyr deglutì e fece un mezzo passo indietro mentre dall’ombra davanti a lui, passo dopo passo, iniziavano a prendere forma i contorni di una figura. Per prima cosa Saefyr vide le ali. Gigantesche, troneggiavano sull’arena nel loro verde e nero. Erano tenute ferme da uno spesso anello di ferro. La figura che le portava emanava la stessa solennità che solo un membro dei Kurdakhari può esprimere. Il corpo muscoloso di un ragazzo dai capelli scuri avanzava a passi decisi all’interno dell’arena, per nulla impacciato dalla mancanza di mobilità delle ali. Gli occhi di ghiaccio studiarono Saefyr, trapassandolo da parte a parte. 
Con un brivido, il Cacciatore notò che aveva il petto macchiato di sangue, sangue umano, sangue che non gli avrebbe reso facile la vittoria, ma sicuramente la sconfitta.
Era controproducente per il suo Dominatore Oscuro tenersi in casa un Cacciatore.
Saefyr doveva morire.
Il gong segnalò l’inizio del round e i pensieri scivolarono via dalla testa del Cacciatore. Il fisico debole e provato fu attraversato da un guizzo di vitalità, quel poco che gli serviva per scattare in avanti e iniziare la caccia. 
Si muoveva veloce sulla sabbia, i piedi nudi che scivolavano sulla polvere senza difficoltà, scansando la lunga coda uncinata del Kurdakhari.
Il suo avversario si muoveva altrettanto rapido, il fisico vigoroso e nel pieno delle forze che si spostava senza sforzo da una parte all’altra facendo oscillare la collana di Zanne Sacre che aveva appesa al collo, mentre evitava gli attacchi di Saefyr.
Una goccia di sudore imperlò la fronte del Cacciatore.
I suoni erano ovattati, non esisteva niente al di fuori della sua vittima. 
Saefyr percepiva l’energia vitale pulsare contro le vene del collo dell’avversario e l’impulso di saltargli addosso fu più forte di lui. 
Il Kurdakhari era decine di passi lontano da lui e agitava la coda furiosamente, creando una barriera tra lui e il cacciatore fatta di squame affilate e corni ricurvi. Saefyr prese la rincorsa, si piegò sulle ginocchia e poggiò una mano a terra, dandosi una spinta poderosa con i tre arti. In un attimo fu in aria, il corpo inarcato all’indietro, le braccia protese dietro la testa e le gambe semi piegate. La coda guizzò velocemente sopra di lui, pronta ad abbatterlo, ma il Cacciatore si capovolse a mezz’aria con un colpo di reni e fu a cavalcioni della coda. Le squame gli graffiavano la pelle nuda delle mani e delle gambe, facendola sanguinare copiosamente. Saefyr si mise in piedi e corse lungo la superficie squamosa, evitando i corni affilati e gli uncini ricurvi, mantenendo l’equilibrio nonostante il Kurdakhari dimenasse la coda velocemente, con i denti contratti per lo sforzo. 
Quando fu abbastanza vicino, il Cacciatore spiccò un balzo e si aggrappò all’estremità della gigantesca ala del suo avversario, strappandogli un ringhio di dolore. Il Kurdakhari traballò, perdendo l’equilibrio per un momento, poi prese ad agitarsi violentemente, tentando di far cadere il suo avversario. Ma Saefyr non mollava la presa. 
Sapeva di potercela fare, doveva farcela, l’energia del suo avversario era proprio lì, a portata di mano. 
Si teneva aggrappato con tutte le sue forze alle ali del nemico, che nello sforzo di farlo cadere, le stava agitando troppo, procurandosi delle profonde incisioni nella membrana alare lì dove era stato inserito l’anello per impedirgli di volare. Il sangue cominciò a gocciolare via dalle ferite e la folla intorno a loro si dimenava, esultando e imprecando. 
Saefyr scivolò agilmente lungo le ali, ghermendo il Kurdakhari con un braccio attorno al collo. Le mani dell’avversario si appigliarono disperatamente sul suo braccio, cercando di allontanarlo, ma la presa di Saefyr era salda come quella di un Cacciatore esperto e affamato. La narici si dilatarono mentre la vena sul collo del Kurdakhari pulsava sempre più velocemente.
Saefyr lo afferrò per i capelli, portandogli la testa all’indietro e scoprendo il collo macchiato di sangue umano. Le cicatrici agli angoli delle labbra dell’avversario erano il marchio del crimine che stava per commettere. 
Saefyr poggiò una mano sul collo del Kurdakhari proprio sul punto dove l’energia pulsava forte, ignorando il dolore provocato dal sangue umano incrostato sulla pelle di quest’ultimo.  Fu in quel momento che incrociò lo sguardo del nemico. 
Sorrideva, le cicatrici nere che brillavano all’opaca luce dell’arena.
«Che gli dei ti abbiano in gloria, Cacciatore» sibilò.
Saefyr si accorse dello spostamento d’aria troppo tardi.
La punta uncinata della coda gli trapassò la spalla sinistra, strappandogli un urlo di dolore. 
La presa si allentò sul corpo della preda e Saefyr scivolò verso il basso, atterrando malamente sul terreno. Il sangue nero macchiò velocemente la polvere dorata sotto di lui, mentre la sagoma ghignante del Kurdakhari copriva la luce dei fari che gli inondava gli occhi, mentre si preparava a finirlo.
Sollevò una mano e le dita si allungarono, scoprendo una serie di cinque artigli al posto delle unghie umane che erano state fino a poco tempo prima. 
Gli artigli lacerarono l’aria mentre si abbassavano inesorabilmente sulla gola di Saefyr. Il Cacciatore trattenne il respiro e rotolò su un fianco, facendo perdere l’equilibrio al suo avversario. Si arrampicò nuovamente sulla sua schiena e senza perdere tempo posò la sua mano sul petto senza staccarla nonostante la sentisse andare in fiamme a causa del sangue.
Sentì il corpo del Kurdakhari scuotersi violentemente sotto di lui, mentre la sua mano sprofondava nella cassa toracica, liberando una fresca sostanza azzurra che si avviluppò attorno al suo braccio e venne assorbita dalla sua pelle.
Saefyr sentiva nuove forze corrergli nel corpo, rendendogli la vista più acuta, il respiro più facile, l’udito più fine.
Quando staccò la mano dal corpo immobile nella sabbia del suo avversario, la punta delle dita era ancora azzurrina. Saefyr si voltò velocemente verso il Dominatore Oscuro.
Non lo sarebbe stato ancora per molto.
Quello era il momento adatto, aveva abbastanza energie per superare il sangue, ucciderlo e scappare via.
Senza aspettare oltre, Saefyr si gettò in quella direzione. Le sue gambe corsero più veloci di quanto avrebbero potuto e in un attimo fu oltre il cerchio protettivo, le mani che scavavano un buco nel petto dell’Oscuro, risucchiandone l’energia vitale. 
Era accaduto tutto in un lampo e i Demoni Maligni e gli Oscuri presenti non avevano ancora realizzato appieno quanto fosse accaduto. Saefyr si lanciò in una corsa disperata verso l’uscita luminosa, lasciando il corpo esanime dell’Oscuro all’interno del cerchio di sangue. Le mani gli bruciavano per l’energia raccolta, il corpo fremeva ad ogni passo e i muscoli guizzavano sorprendentemente veloci, passo dopo passo.


Sporco
Saefyr aprì il rubinetto e si sciacquò più volte le mani, ripensando al corpo del Kurdakhari che si accasciava sotto di lui.
Parole contrastanti si facevano largo tra i suoi pensieri.
Omicidio.
No.
Sopravvivenza.
Gettò un’ultima occhiata distratta al suo riflesso e poi voltò le spalle al bagno sporco e alle mattonelle incrostate.
Fece qualche passo e aprì la finestra. 
L’aria fredda della notte lo investì, facendolo rabbrividire di piacere e di fame.
Era quella l’ora migliore per i Cacciatori. 
Di solito a quell’ora, con la luna alta nel cielo, gli Oscuri varcavano i confini della Dimensione Opposta e loro li braccavano.
I suoi inseguitori non l’avevano raggiunto, calcolò.
Un angolo della bocca gli si sollevò in un sorriso pigro e crudele.
Posò le mani sul davanzale e si diede una spinta con gli avambracci. In un attimo scomparve, abbracciato dall’oscurità della notte.
La caccia era ricominciata.
  
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