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Autore: Alexiel Mihawk    05/10/2014    4 recensioni
Ikki odia i grattacieli luccicanti, i raggi del sole che vi si rifrangono contro e illuminano i tetti sottostanti, le finestre a specchio che riflettono un mondo vuoto e meschino; ogni tanto la domanda che si pone, durante le giornate di pioggia e le notti fredde, è fastidiosa e irritante come un tarlo che scava su una superficie già piena di fori.
Meritano davvero il nostro sacrificio? Meritano davvero, queste persone, di essere salvate?

One Shot incentrata sul personaggio di Ikki e sul suo rapporto con le persone che lo circondano.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ophiuchus Shaina, Phoenix Ikki, Saori Kido
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Autrice: Alexiel Mihawk
Titolo: Quando anche l'ultimo pezzo d'intonaco cadde, lui era già lontano
Coppia: accenni Shaina/Seiya
Rating: Verde/PG
Parole: 4420
Genere: Introspettivo, nonsense, bromance
Prompt: Saint Seiya, Ikki, "Gli alberi fiore mi ricordano posti che non ho mai visto, luoghi che non ho mai visitato"
Note: Questa storia è nata dal nulla, avevo davanti a me il prompt e ho cominciato a scrivere senza sapere bene cosa stessi scrivendo, non avevo bene delineata in testa una storia e alla fine è uscito questo. Vorrei fare una precisazione: non c'è niente di volutamente romantico in questa one shot, se volete interpretare gli accenni che vedete come romantici siete liberi di farlo, ma sappiate che non era questa la mia intenzione. Il mio obiettivo era cercare di analizzare un po' di più il personaggio di Ikki e la sua relazione con il mondo, in particolare con le donne - vive - di Saint Seiya. È ambientata più o meno cinque anni dopo la fine della saga di Ade e Ikki dovrebbe avere all'incirca vent'anni; non tiene conto degli eventi di Next Dimension, né di Saint Seiya Omega, assolutamente per me Omega non esiste. Sono stati mediamente cinque anni di pace e ci troviamo all'inizio degli anni '90.
Ultima cosa, VI PREGO, cerco una beta, rigorosamente per Saint Seiya, come ho accennato in altra sede sono anni che non scrivo più in questo fandom e non mi sento sicura, scrivere queste quattromila parole è stata un'impresa che mi sono quasi forzata a fare per riprendere la mano, ma ho davvero bisogno di qualcuno con cui scambiare idee e che mi dia un giudizio obiettivo (e che corregga, soprattutto). Se avete voglia e tempo per farlo scrivetemi con messaggio privato.




Quando anche l'ultimo pezzo d'intonaco cadde, lui era già lontano

 
Non è che sia un grande amante delle città, Tokyo in particolare riesce sempre ad infondergli una spiacevole sensazione di disagio, di angoscia: un universo in miniatura in moto perenne, composto da piccoli omuncoli presi dalle loro frenetiche attività, impegnati in una vita vuota che scivola come acqua tra le loro dita e finisce ancora prima di essere iniziata. Le loro esistenze girano attorno a una normalità fatta di banalità e sciocchezze, non sono sfiorate dalla guerra o dalla morte, continuano a scorrere ignare dei conflitti che hanno avuto luogo dall’altra parte del globo, ignare dei caduti e dei sacrifici fatti.
Ikki odia i grattacieli luccicanti, i raggi del sole che vi si rifrangono contro e illuminano i tetti sottostanti, le finestre a specchio che riflettono un mondo vuoto e meschino; ogni tanto la domanda che si pone, durante le giornate di pioggia e le notti fredde, è fastidiosa e irritante come un tarlo che scava su una superficie già piena di fori.
Meritano davvero il nostro sacrificio? Meritano davvero, queste persone, di essere salvate?
Come se il creato avesse bisogno degli esseri umani; le loro vite si esauriscono in brevi attimi mentre la terra continua a girare, mentre il mondo va avanti. Il mondo è sempre andato avanti, e loro sono rimasti indietro. Impelagati in futili lotte per la difesa e la salvezza di un’umanità a cui non importa niente.
Questi sono i pensieri che lo assalgono ogni volta che si ritrova a camminare per le strade della città, la gente lo vede e gli gira attorno, lo scansano, lo evitano, come fosse un lebbroso; qualcuno lo indica, altri cambiano marciapiede intimoriti dal suo sguardo cupo e dalla sua cicatrice vistosa. Non gli è mai importato, ma ha contribuito ad alimentare i suoi sentimenti di sfiducia nel mondo.
Saori e Shun se ne sono accorti ed entrambi gli hanno proposto, più volte, di venire ad abitare a villa Kido con loro, con tutti gli altri; ha sempre sorriso e rifiutato con gentilezza, sa che lo fanno per lui, che si preoccupano e basta, ma Ikki non è persona da riuscire a vivere nella sua stanza, condividendo una casa con altri. Conosce fin troppo bene quel luogo, volente o nolente è spesso costretto a camminare per i corridoi illuminati a fianco della dea, per proteggerla si dice; gli sono noti le urla e i rumori che provengono dal giardino, gli schiamazzi di Seiya, le risate di Shun, le prediche monotono di Shiryu, il profumo delicato del cibo che si diffonde per tutta la casa all’ora di pranzo. Sono sensazioni che scaldano il cuore, perfino un cure gelato come il suo, ma che non fanno parte della sua persona.
Il cavaliere della fenice preferisce la fredda intimità del suo appartamento di periferia, i muri giallastri con l’intonaco scrostato che cade a pezzi, la cucina a gas che ogni tanto non parte, il letto sfondato con il materasso troppo duro: non è nato per le comodità, non c’è niente in un mondo di tranquillità e pace che faccia per lui, niente che lo attiri davvero.
Ogni tanto si chiede se le cose sarebbero potute andare diversamente, si chiede che persona sarebbe diventata se Esmeralda fosse vissuta, se Pandora non fosse morta: avrebbe imparato ad amare davvero? Sarebbe stato diverso, forse più umano, forse meno burbero, ma non è accaduto nulla di tutto questo e lui rimane fermo ad osservare un mondo fatto di muri grigi e grattacieli pericolanti che si estende al di fuori della finestra del suo monolocale.
Una visione completamente diversa da quella che vede suo fratello dalla sua stanza, che si affaccia sul cortile di villa Kido. Shun vede ciliegi in fiore, campi di erba verde e alberi rigogliosi, Ikki vede edifici e asfalto, che divorano la terra a vista d’occhio, perdendosi nella notte scura. Alla fine non gli dispiace, alla fine va bene così; è giusto che quello che vede rifletta quello che c’è nel suo animo, una tempesta di fuoco e fiamme, un tormento nero senza fine che non trova pace. Gli alberi in fiore non gli appartengono, non fanno per lui, gli ricordano tutto ciò che non è e che forse avrebbe potuto diventare se la vita con lui fosse stata più gentile.
L’ha confidato solo una volta, a Milady, dopo ch’ella gli aveva proposto, di nuovo, di trasferirsi lì.
« Gli alberi in fiore mi ricordano posti che non ho mai visto, luoghi che non ho mai visitato » le aveva detto senza mai staccare gli occhi da quella della ragazza « Un’infanzia che non ho avuto. Sono un ricordo che non posseggo del ragazzo normale che sarei potuto essere e che non sarò mai ».
Saori non glielo aveva più domandato, lui sapeva che aveva capito, aveva capito perché nel profondo lei non era diversa dai suoi cavalieri. Le loro vite erano state guidate, decise in anticipo, il libero arbitrio – se per loro era mai esistito – si limitava alla scelta di come muoversi su un percorso già stabilito; potevano scegliere chi amare, come combattere, quando presentarsi sulla scena, potevano addirittura scegliere come morire, ma non potevano cambiare la loro essenza, non potevano essere qualcun altro, qualcuno di diverso dal ruolo che il destino aveva predisposto per loro. Shun sarebbe inorridito alla sola idea, Hyoga e Seiya non lo avrebbero mai accettato accusandolo di avere una visione pessimistica di ogni cosa, Shiryu avrebbe probabilmente risposto che non è così che agisce il fato e gli avrebbe rifilato qualche massima zen con draghi, cascate e flussi celesti; Saori era l’unica che non lo avrebbe guadato come se fosse pazzo, consapevole di quanto le loro vite fossero state sconvolte dalla sua presenza.
Così la vita di Ikki va avanti, ogni giorno un po’ simile all’altro, ogni tanto una guerra celeste, ogni tanto una notte più accesa, ma continua a vivere e si trascina avanti perché sa di doverlo a tutti quelli che, al contrario suo, non ce l’hanno fatta.
 
Quando arriva a casa quella sera trova qualcuno ad aspettarlo, seduto di fronte alla porta del suo appartamento: capelli verdi e mossi, fisico minuto, per un attimo la scambia per Shun poi la ragazza alza il capo e gli lancia un’occhiata di fuoco.
« Era ora, sai quanto tempo è che ti aspetto? » la voce di Shaina è tagliente, priva di qualsiasi forma di calore, priva di qualsiasi nota di affetto. Lui preferisce che sia così, d’altro canto non sono mai stati esattamente amici, loro.
« Avresti potuto telefonare » risponde scostandola malamente e inserendo la chiave nella serratura con una mano mentre con l’altra cerca di non far cadere la busta della spesa. Lei non cerca di aiutarlo, rimane ad osservarlo nascosta dietro la sua maschera – come se non sapesse come è fatto il suo viso.
La porta si apre con un cigolio e con una spallata viene mandata a sbattere con il muro dal quale si stacca un pezzo d’intonaco.
« Per la dea, tu vivi qui? » gli domanda la ragazza schifata lanciando un’occhiata di sbieco ai miseri diciotto metri quadrati di appartamento « E comunque è staccato ».
« Cosa? » il cavaliere non sporge nemmeno la testa dal frigorifero, non ha intenzione di interrompere la sua routine quotidiana per lei ed è già infastidito dal tono che ha usato quando ha visto il suo monolocale, in cui nessuno l’ha invitata ad entrare, per altro.
« Il tuo telefono. È staccato. Ho provato a chiamarti, tre volte. E ci ha provato anche Milady ».
Lui ride perché sa che il numero che ha dato per le emergenze è in realtà quello del fisso del bar all’angolo, poi le fa cenno di sedersi su uno degli sgabelli di legno che circondano l’angolo cottura in stile americano; nonostante i muri scrostati, la vista grigia e l’aspetto misero l’appartamento è pulito e Shaina accetta volentieri, sicuramente sarà più comodo che a stare accucciata per terra per ore.
« Saori non chiama mai, lei ordina » Ikki tira fuori due birre gelate dal frigorifero e ne offre una alla compagna « Si può sapere cosa ci fai qui? Perché ti ha mandato lei, lo so; tu probabilmente avevi altri programmi per la serata. Seiya sa che sei qui? »
La sacerdotessa si porta lentamente una mano al volto, si toglie la maschera e la infila in una tasca del cappotto scuro, quindi si toglie anche quello e lo appoggia con delicatezza sul tavolo, poi con un movimento secco delle dita fa saltare il tappo della bottiglia.
« Saori è preoccupata per te, Ikki » i suoi occhi incrociano quelli del cavaliere e per qualche secondo cade il silenzio « A dire la verità lei è sempre preoccupata per tutti, ma ultimamente tu sei la causa di quasi tutti i suoi silenzi. Credo dipenda da qualche cosa che le hai detto. Fatto sta che siccome sono due mesi che nessuno ha tue notizie – e tuo fratello avresti anche potuto chiamarlo, stronzo – mi ha mandato a cercarti ».
« Meraviglioso. Mi hai trovato. Sto bene. Quando hai finito la birra puoi anche andare » borbotta il ragazzo seccato per quell’intromissione non voluta; avrebbe accettato di sentirsi dire che doveva andare in missione, ma non gli erano mai piaciute le invasioni dei suoi spazi personali e questa ai suoi occhi era un’invasione bella e buona. Era un solitario e sebbene in passato avesse collaborato con il gruppo era stato solo per cause di forza maggiore; i suoi amici lo sapevano, Atena lo sapeva e col tempo anche Shun lo aveva accettato. Quello che invece non accettavano era che Ikki non volesse trascorrere del tempo con loro, mai. E non è che quel mai ai suoi occhi fosse categorico, ma racchiudeva al suo interno un periodo di tempo indiscutibilmente lungo, perché per il cavaliere della fenice non era strettamente necessario vedere gente per stare bene con sé stesso.
« Se pensi di cacciarmi di casa dopo che ho aspettato per ore al freddo e ti ho cercato per tutta la città te lo scordi, io resto a cena » la ragazza salta agilmente giù dallo sgabello e si avvicina al frigorifero, lo apre senza tanti complimenti e inizia a commentare ad alta voce il suo contenuto,
« Tu cosa? Non se ne parla, chiama il tuo fidanzato e fatti venire a riprendere ».
« Oddio, ma quanta birra c’è qui dentro, come cavolo fai a rimanere così magro bevendo tutto quest’alcool? »
« Ho capito, lo chiamo io Seiya per dirgli di venire qui » ovviamente non può farlo, perché in casa non c’è un telefono; Ikki inizia a tamburellare ritmicamente le dita sul piano da lavoro della cucina, innervosito da tutta quella confidenza improvvisa, così femminile, così italiana.
« Cavoli, hai davvero dei cavoli qui dentro? Oh e questo cosa diamine… oddio ma questa roba è marcia ».
« Shaina chiudi quel frigo e vattene » sbotta esasperato.
E lei lo chiude davvero. Chiude il battente bianco, si gira verso di lui, gli lancia un’occhiata di commiserazione, poi prende la sua giacca, lo afferra per una manica e lo trascina fuori dall’appartamento, dandogli a malapena il tempo di prendere le chiavi.
« Che pena » dice la ragazza in una lingua che di sicuro non è greco e che Ikki non capisce, ne intuisce però il tono a metà tra il seccato e il compassionevole e istintivamente si trova a roteare gli occhi verso l’alto. Dentro di sé si domanda come faccia una ragazza simile ad avere una relazione con un bonaccione imbranato come Seiya, anche se forse è proprio in virtù di quel suo carattere così irritante che il cavaliere di Pegaso riesce a sopportarla. Se non fosse la ragazza del suo più o meno fratello nonché amico l’avrebbe già strozzata.
« Dove stiamo andando? » domanda seguendola senza fare troppe storie.
« A cena, per dio, a cena. Ho visto un banco di ramen dietro l’angolo mentre stavo arrivando » risponde « E prega che sia aperto, sto morendo di fame ».
Il chiosco è, fortunatamente, aperto e Ikki si prepara a malincuore a mangiare all’aperto.
« Avrei potuto cucinare a casa » mugugna, pensando ai soldi che dovrà spendere per quella cena, non che sia un tirchio, ci mancherebbe, ma si trova quasi alla fine del mese e lo stipendio deve ancora arrivare. Ogni tanto si chiede come mai Saori continui a versarglielo anche quando non si fa vedere per dei mesi, ma preferisce non pensarci, alla fine è tutto grasso che cola.
« Fammi il piacere, cosa avevi intenzione di cucinare? Una birra al forno? Stufato di birra? Arrosto di birra senza arrosto? »
« Avevo dei piatti pronti nel freezer » risponde piano, masticando tra i denti una rispostaccia.
Shaina si gira lentamente verso di lui e gli lancia uno sguardo di fuoco, gli punta minacciosamente contro le bacchette e si lancia in una filippica che lui sapeva sarebbe arrivata, se lo sentiva.
« Vedi?! » e ovviamente lui non vede niente, non capisce nemmeno a cosa si riferisca « è esattamente per questo che si preoccupano tutti. Ti sembra sano? Mangiare ogni tanto, quando ti ricordi; vivere in un appartamento probabilmente infestato dagli scarafaggi e dal cui soffitto cola acqua – credevi che non l’avessi notata quella macchia, vero? –  girare per la città senza una meta, facendo a pugni di tanto in tanto »
« Te l’ha detto Seiya? »
« Cosa? No! Certo che no, perché Seiya lo sa? L’ho notato dalle mani, idiota, le escoriazioni sulle nocche. E comunque Shun è preoccupato per te, dice che diventi malinconico se stai troppo tempo per i fatti tuoi, che ti deprimi e che finisci col pensare a non so quali fantasmi del passato. E no, non voglio sapere se ha ragione, non siamo qui per giocare allo psicologo ».
Ikki sbuffa, non aveva minimamente intenzione di confidarsi con lei, per chi l’ha preso? Uno tutto emozioni e condivisione delle esperienze?
« Arriva al punto, Shaina ».
« Va bene, va bene. Era preoccupato e ne ha parlato con Saori che gli ha detto che è solo una fase e per qualche motivo a noi ignoto continua a insistere sul fatto che tu stia meglio per i fatti tuoi piuttosto che alla villa, tuttavia per non indisporre ulteriormente Shun gli ha promesso che avrebbe cercato di scoprire dove fossi. Due mesi senza farti sentire sono troppi anche per te ».
Finisce di parlare con calma e ricomincia a mangiare, solo in quel momento Ikki si accorge che non ha rimesso la maschera.
« Vai spesso in giro senza? » domanda per cambiare argomento, mentre col capo fa un cenno verso la tasca del cappotto.
« Hai mai provato a girare per strada con una maschera sulla faccia? Sai quante volte sono stata fermata dalla polizia? E comunque Atena mi ha dato il suo benestare, in realtà ha ammesso che è una tradizione arcaica e maschilista, ma siamo comunque tutte più a nostro agio con la maschera indosso »
Annuisce piano, in realtà non gli interessa, ma gli è stato insegnato che mantenere viva la conversazione è una forma di educazione negli ambienti sociali; inutile dire che non ha mai davvero fatto nessuna pratica di queste cose visto che le sue interazioni sociali sono limitate ai suoi fratelli, ad Atena e a qualche altro abitante del grande tempio.
Tuttavia a Shaina non importa, lei è per natura una persona discreta, non le interessano i problemi degli altri e non le interessa andare a lamentarsi dei suoi; ha pochi amici, in realtà Ikki si chiede se abbia altre amiche oltre a Marin, sempre che la rossa sacerdotessa possa essere definita tale. Le uniche persone di cui le importa davvero sono Atena, la dea a cui ha giurato fedeltà, e Seiya, l’uomo che le ha rubato il cuore. Però la ragazza, al contrario di Ikki, ha la capacità di adattarsi, di riuscire a cavarsela in ogni situazione e, se necessario, di modulare il carattere per adeguarlo a quello delle persone che ha vicino. Secondo il cavaliere di Pegaso Shaina è solare, è vivace, pungente ed espansiva, l’ha spesso definita italica: dice che ama con la stessa forza con cui odia, con tutta se stessa. Non è in grado di esprimere i sentimenti a metà. Quella che vede il mondo è la Sacerdotessa che ha imparato ad essere, quella che gli descrive Seiya la donna che in realtà è.
Si riscuote dai suoi pensieri quando sente una mano picchiettargli su una spalla e la voce mono tono di Shaina nell’orecchio.
« Paga, dobbiamo muoverci o arriveremo in ritardo ».
Andare dove? Vorrebbe girarsi e chiederglielo ma l’occhiata minacciosa del proprietario del chiosco ferma qualsiasi protesta sul nascere. Possono anche ammazzarsi a vicenda, per quanto lo riguarda, ma che prima paghino la cena.
La ragazza lo conduce fino a un parcheggio sotterraneo, dove li attende una piccola cinquecento rossa, Ikki non è nemmeno sicuro di starci, ma si adegua e sale sul sedile del passeggero sperando che le voci che ha sentito sulla guida di Shaina siano tutte false.
Lei però non entra, si morde un labbro e apre appena la portiera continuando a guardarlo da fuori.
« Senti, mi dici una cosa? » non aspetta la sua risposta, perché in fondo quella non è davvero una domanda « Seiya viene spesso da te? »
Il cavaliere della fenice fa una smorfia che potrebbe volere dire qualsiasi cosa. In effetti è capitato che l’amico si presentasse a casa sua un paio di volte, tra tutti i membri del gruppo è l’unico che sappia dove abiti. Non che Ikki gliel’abbia rivelato spontaneamente, semplicemente è capitato; è capitato che una sera lo avesse incontrato ubriaco marcio dopo una litigata con Shaina, una lite che a giudicare dai graffi aveva lasciato il segno. Spinto da nemmeno lui sapeva quale spirito compassionevole lo aveva portato a casa e lo aveva lasciato a sbollire nella vasca. Così Seiya aveva scoperto dove abitava e ogni volta che si ritrovava senza un luogo dove andare finiva a casa sua. Era quasi ridicolo pensare che fosse l’unico a conoscere quel posto. Non vi aveva mai portato nessuno, nemmeno le ragazze con cui ogni tanto passava qualche serata, preferiva che il suo rifugio rimanesse tale: un rifugio. Per quello si era sentito così offeso quando Shaina aveva oltrepassato la porta e quando aveva iniziato a criticarne l’aspetto senza lesinare rimproveri.
Alza le spalle: « Qualche volta, per sbaglio. Probabilmente se gli avessi detto chi stavi cercando non avresti perso tempo e mi avresti trovato subito ».
Dalla smorfia di irritazione che si dipinge sul viso della ragazza capisce che forse avrebbe fatto meglio a starsene zitto; si siede al posto del guidatore e sbatte rumorosamente la portiera.
« Andiamo, Saori aspetta » fa per avviare il motore, poi sembra ripensarci « Ikki, se dovesse tornare… non ti azzardare a coinvolgerlo in risse da bar, sono stata chiara? » lo vede annuire, quindi mette in moto « Ora possiamo stare zitti finché arriviamo ».
 
Mancano pochi minuti a mezzanotte quando Shaina lo lascia dentro il giardino della villa, davanti all’ingresso sul retro. Ikki la guarda andare via, ringraziando di essere uscito vivo dalla macchina. Si immagina che probabilmente stia tornando a casa, da Seiya, forse quando lo vedrà gli tirerà un pugno per avere tenuto nascosto a tutti il fatto che sapeva perfettamente dove si trovasse il cavaliere dato per disperso, poi lui si scuserà e le darà il bentornato con un bacio. Perché è questo, immagina il ragazzo, che fanno le coppie normali: condividono cose, imparano ad apprezzare le piccole azioni e a conoscersi tramite gesti che diventano come rituali quotidiani. Non riesce a capire bene il concetto, anche se si sforza di farlo, quindi lascia andare il pensiero e sposta lo sguardo verso la villa. Solo poche finestre ai piani superiori sono ancora illuminate, lo studio di Saori è una di queste.
Entra e attraversa i corridoi bui, cammina silenziosamente per non svegliare nessuno, sa che i suoi amici vivono lì e vuole evitare, a tutti i costi, di incontrarli; non è difficile, conosce quelle stanze a memoria ed è in grado di spostarsi senza urtare contro mobili o spigoli. Si ferma per qualche istante quando passa davanti a quella che sa essere la porta della stanza di suo fratello e da dentro sente arrivare un coro di voci allegre, qualcuno sta ridendo. Non capisce se Shun stia guardando la televisione o se ci sia qualcuno con lui, in fondo non importa. Continua a camminare.
Lo studio di Saori si trova al secondo piano, alla fine di un lungo corridoio; da sotto la porta emerge un bagliore tenue e, una volta avvicinatosi, il ragazzo riesce a sentire il rumore ritmico della penna che scorre sui fogli di carta e quello delle pagine che vengono girate.
Bussa piano, finché una voce gentile dall’interno non lo invita ad entrare e lui, come è solito fare davanti ad ogni ordine impartitogli da quella ragazza, esegue.
Saori Kido è seduta dietro una larga scrivania di mogano scuro, indossa abiti che difficilmente Ikki potrebbe definire adatti a una dea: una felpa troppo larga per la sua taglia, dei jeans sbiaditi e i capelli raccolti sul capo da una fascia a fiori. È lontana anni luce dalla divinità avvolta in candidi abiti principeschi che ricorda il cavaliere, ed è lontana anni luce anche dalla giovane direttrice delle industrie Kido fasciata in completi scuri che ha visto più di recente. È più umana e per qualche secondo questo gli fa abbassare la guardia, ma si tratta solo di pochi istanti, quando lei lo invita ad avvicinarsi e a prendere posto lui ha già rialzato ogni difesa.
« Ti aspettavo » gli dice con voce gentile, il cavaliere rimane a fissarla « Siediti, vuoi? »
E di nuovo il suo tono nasconde un ordine e lui lo sa, sa riconoscere le richieste dalle domande, sa quando le importa davvero e quando è solo una facciata; non è più un ragazzino di 15 anni arrabbiato col mondo, oramai è quasi un uomo, ha imparato a leggere le persone e ha imparato a rivolgere la sua rabbia solo verso coloro che la meritano.
Si siede, ma non dice niente, non saprebbe nemmeno cosa dire. A dire la verità non sa nemmeno perché è lì, davvero.
« Ho bisogno di te » la voce di Saori è così suadente che Ikki quasi ci crede anche se sa bene che non è vero, lei non ha bisogno di nessuno, Atena non dipende dagli altri se mai sono gli altri a dipendere da lei « Vorrei che tu andassi al santuario, Ikki, è tempo di prendere le redini, non credi? Sono passati cinque anni oramai e credo sia venuto il momento di iniziare a rimettere insieme i pezzi ».
La smorfia sul suo viso deve essere più che eloquente perché le strappa una risata e Ikki dentro di sé pensa che è bello che almeno uno dei due trovi la situazione divertente, perché tutto quello che vorrebbe lui in quel momento è dare le dimissioni. Ovviamente non può, come si può dare le dimissioni da cavaliere di Atena? Tutto quello che gli riesce di dire alla fine – e ringrazia che lei lo abbia obbligato a sedersi – è: « Perché io? »
Saori è tornata a scrivere e qualche ciocca di capelli ribelle le cade davanti al viso, sarebbe anche bella se non fosse così algida, così distante da tutto ciò che la circonda.
« Immagino che risponderti Perché l’ho deciso io non sia abbastanza » inizia senza nemmeno alzare gli occhi dal foglio « Ho scelto te, Ikki, per due motivi. Il primo, e anche il più evidente, è che tu sei il più maturo tra tutti i cavalieri ».
Quelli ancora vivi, pensa il giovane, senza però osare interromperla.
« Sei assennato, hai giudizio, e hai imparato col tempo ha controllare i tuoi impulsi. La tua forza non trova posto solo nel tuo pugno, ma anche nel tuo animo e, a differenza di Seiya, tu non hai legami che ti trattengono e sei capace di vedere ogni situazione con chiarezza anche quando vi sei coinvolto ».
« La seconda ragione? » domanda allora, sperando che si tratti di qualcosa alla quale può opporsi e ribattere con forza, qualsiasi cosa pur di rifiutare quel compito, quella responsabilità. Saori ferma la mano e alza lo sguardo fino a inchiodare i suoi occhi in quelli celesti del cavaliere e lui capisce di essere perduto: « La seconda ragione è legata a qualcosa che mi dicesti tu tempo fa, ricordi? » e sì, Ikki ricorda fin troppo bene e in questo momento vorrebbe dimenticare « So cosa provi, davvero lo so, ma so anche che non puoi continuare ad andare avanti così, quindi ti mando via. Ti mando via a ricostruire il nostro mondo da capo e lo faccio perché mi fido di te, non perché voglia scacciarti. La Grecia è molto diversa dal Giappone, non ci sono petali rosa di ciliegi in fiore, ne grandi edifici dalle vetrate enormi; la terra è brulla e calda, la vegetazione è bassa e spesso secca. La risacca del mare e l’odore del sale salgono dalla scogliera e le uniche persone che possono arrivare ad importunarti sono ben consapevoli di chi tu sia. » si interrompe per un momento « Credo sia il posto migliore, Ikki ». 
Il cavaliere della fenice reprime una bestemmia, non riesce a darle completamente torto e sa bene che quella è un impresa nella quale prima o poi dovranno cimentarsi, sperava solo che non sarebbe mai dovuto toccare a lui, lui per queste cose non è portato; maledice mentalmente Shaina e tutte le sue manfrine sul fatto che sentissero tutti la sua mancanza, sì, come no, si è fatto infinocchiare come un pivello. Ora si trova davanti a una montagna di responsabilità, responsabilità che non può rifiutare e che lo rendono automaticamente una di quelle persone che entrano in un mondo dal quale non c’è ritorno: quello degli adulti, quello delle bevute controllate, quello in cui le risse all’angolo della strada sono un ricordo e in cui non è concesso darsi alla macchia. Non è sicuro di volerci entrare in quel mondo.
« Migliore per cosa? » riesce a domandare alla fine stringendo la mano a pugno sul tavolo.
Saori gli sorride e con fare materno gli prende la mano e scioglie il pugno.
« Ma per andare avanti, mi sembra ovvio ».






   
 
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