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Autore: Alchbel    05/10/2014    0 recensioni
«Dovresti essere entusiasta di queste nozze, figlio mio».
«Lo sono, madre. Dico davvero», si affrettò a rispondere.
«Ma…?».
Nick odiava il modo strabiliante con cui la regina lo conosceva: sapeva che con lei non avrebbero mai potuto esserci segreti – era impossibile ingannarla.
«Ma non dovrei prima conoscerla? Insomma, passare giornate con lei ed innamorarmene lentamente fino a non poter più stare lontano da lei?».
L’elfo lo guardò, lesse in quegli occhi nocciola un’aspettativa ed un desiderio di sogni che lei conosceva da sempre e che non aveva il coraggio di infrangere. Come dirgli che quello che chiedeva era concesso a tutti fuorché al principe degli Elfi di Fonte? Come spiegargli che quest’unione era troppo importante per basarsi su desideri e sentimenti? Gli sorrise, leggera, forse un po’ triste, con quel bel sorriso che hanno le figure millenarie.
«Certo, figlio mio, ma questo potrebbe accadere nella settimana che la principessa Lyan sarà qui».
«Ho idea che ci voglia più di una settimana, madre», sussurrò Nick.
«O potrebbero volerci solo pochi istanti…», gli promise.
AU fantasy | Angst | Molto angst.
Genere: Angst, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeff Sterling, Nick Duval, Sebastian Smythe, Thad Harwood | Coppie: Nick/Jeff, Sebastian/Thad
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Ad Arianna, per il suo compleanno e perché mi aveva chiesto di scriverla.

E a Valentina, che apprezza anche quando è tutto abbastanza pessimo.

 

 

Tomorrow’s bleeding

 

“Queste gioie violente…”

 

Corre e mai come in quel momento odia il Sole che nasce oltre la collina, ad Est, debole e pallido come la sua pelle, a scrutare il mondo sottostante sporco di sangue come fanno ora i suoi occhi mentre si muove lasciando perdere l’agilità che l’ha sempre contraddistinto, facendo semplicemente attenzione a non toccare i cadaveri qua e là sul terreno, per rispetto e dolore.

Deve raggiungere l’accampamento, deve muoversi, essere ancora più veloce di così, fare in fretta. Il respiro comincia a far male nei polmoni – ora in lui c’è ben poco di quella grazia eterea con cui vengono descritti solitamente gli Elfi.

Degli Elfi ora non è rimasto più nulla.

 

«Dovresti essere entusiasta di queste nozze, figlio mio».

Il giovane principe attraversava la Sala del Trono con incidere lento, pensoso, accanto alla madre. Tutto tra quelle pareti sottili era inondato di luce che impreziosiva ogni angolo e ne risaltava la raffinatezza e l’industriosità.

Dire che era bella sarebbe stato davvero poco e in verità, per quanto vi fosse ormai abituato, neanche il giovane Nick era stato ancora capace di trovare un aggettivo che potesse racchiudere in sé le emozioni che quel gioco di splendenti topazi e rubini creavano in cascate di zaffiro e smeraldi. Tutto risuonava di musica che poteva essere ascoltata con gli occhi, di un armonia che toglieva il fiato. Il principe aveva eletto a suo scopo nella vita trovare un’espressione che potesse significare tutto ciò che c’era lì.

«Lo sono, madre. Dico davvero», si affrettò a rispondere.

«Ma…?».

Nick odiava il modo strabiliante con cui la regina lo conosceva: sapeva che con lei non avrebbero mai potuto esserci segreti – era impossibile ingannarla.

«Ma non dovrei prima conoscerla? Insomma, passare giornate con lei ed innamorarmene lentamente fino a non poter più stare lontano da lei?».

L’elfo lo guardò, lesse in quegli occhi nocciola un’aspettativa ed un desiderio di sogni che lei conosceva da sempre e che non aveva il coraggio di infrangere. Come dirgli che quello che chiedeva era concesso a tutti fuorché al principe degli Elfi di Fonte? Come spiegargli che quest’unione era troppo importante per basarsi su desideri e sentimenti? Gli sorrise, leggera, forse un po’ triste, con quel bel sorriso che hanno le figure millenarie.

«Certo, figlio mio, ma questo potrebbe accadere nella settimana che la principessa Lyan sarà qui».

«Ho idea che ci voglia più di una settimana, madre», sussurrò Nick.

«O potrebbero volerci solo pochi istanti…», gli promise.

Lei conosceva bene la giovane principessa e nonostante la sua discendenza vi aveva trovato, nel corso del tempo, un calore ed una sensibilità che si sarebbero potuti dire appartenenti più alla loro di razza. Gli Elfi Silvani erano conosciuti bene per l’austero alone di freddo carisma che li circondava, così invischiati nel mondo, così spaventati da esso da temere nemici su ogni fronte, anche provenienti dalla loro stessa specie. Loro, invece, Elfi di Fonte, ai remoti confini della Terra, così separati dal resto del mondo attraverso le Acque, conoscevano una pace che paradossalmente li aveva resi molto più sensibili e caldi: era raro vederne qualcuno aggirarsi oltre i loro confini, là su, a Nord, ed ogni apparizione era considerata una specie di miracolo, un buon presagio.

Ma stavano sparendo. Il tempo li consumava e nonostante la Natura avesse predisposto per loro davvero pochi modi per lasciare la vita, sentivano i secoli pesare con grigia caligine sulle loro spalle, fino a schiacciarli. Quel matrimonio avrebbe dato nuova speranza, avrebbe permesso l’unione di due razze che mai prima d’allora si erano tanto avvicinate e con tale discendenza parte degli Elfi di Fonte avrebbero di nuovo abitato la Terra che da secoli e secoli avevano lasciato.

«Mia Signora!», la chiamò una delle guardie reali, una giovane elfo dai lunghi capelli neri che quasi coprivano l’arco posto a tracolla. «Il corteo degli Elfi Silvani è apparso all’orizzonte», la informò.

«Avvisa il Re del loro imminente arrivo, poi unisciti al corpo di guardia che li accoglierà sulle rive del lago», ordinò la regina e in un istante la vide sparire oltre le porte della sala.

Quando spostò di nuovo l’attenzione su suo figlio, l’elfo non seppe capire se quello apparisse più nervoso o esaltato dall’arrivo dei loro ospiti. I suoi occhi scuri erano lucidi mentre si incamminava verso la finestra della stanza, dalla quale si poteva scorgere il lago, eppure le sue mani tremavano appena e i denti giocavano col labbro come quando era indeciso o insicuro di sé.

Gli si avvicinò e gli poggiò un breve bacio tra i capelli. Poi guardò anche lei il lago, la nave che lentamente si avvicinava alla riva, gli stendardi già visibili da lì, con le due fila di rami intrecciati che contornavano un sole, così diversi, quasi complementari al Sole che si tuffava rossiccio nel azzurro del lago sui loro stemmi. Il Re, suo marito, l’affiancò proprio mentre il corteo cominciava a scortare la famiglia reale silvana attraverso il sentiero che li avrebbe portati alla reggia.

Si staccarono dalla finestra solo pochi istanti prima che le porte della sala si aprissero e lievi flauti suonassero gioiosi per l’arrivo. Dopo alcune file di guardie di Fonte, apparvero ai loro occhi gli Elfi Silvani, così belli nel loro sublime portamento e diversi per i colori tanto chiari della pelle e dei capelli. Per Nick era la prima volta e ne rimase abbagliato: non aveva mai lasciato quel palazzo, non per andare oltre le loro terre e sentiva come se quegli elfi portassero con sé il sapore del mondo oltre il lago, una bellezza selvaggia e violenta a tratti – nella temibile sfumatura bionda dei capelli che rasentava il bianco o nei azzurro ghiaccio dei loro occhi – che lo ammaliava senza via di scampo.

Vi furono inchini da entrambi le parti e sorrisi più o meno grandi, più o meno veloci. Nick incrociò subito il bel volto della principessa Lyan, incantevole nel vestito azzurro che le avvolgeva con grazia il petto e scendeva lento sul resto del corpo: sembrava un pezzo di cielo primaverile ed il suo viso ne era il sole. I preziosi ornamenti più chiari sul tessuto potevano essere letti come nuvole dalla cangiante forma e il principe poteva scorgere la coda del vestito, più chiara, che sul pavimento di marmo la seguiva ancora per qualche piede.

Era sole ed era cielo. Era tutto quello che non conosceva, arrivato da tanto lontano per lui.

Eppure, l’ammirazione estasiata per lei non durò che qualche altro breve istante. Perché quella fu la prima volta che Nick posò lo guardo su qualcosa che sarebbe dovuto diventare più del cielo e più del sole, più di qualsiasi altra nuvola o delle stelle in cielo nelle belle notti limpide d’estate.

Posò gli occhi sul respiro della sua vita, su qualcosa di straordinariamente bello, da offuscare le meraviglie di quella sala. Da quel giorno avrebbe speso ogni singolo istante di eternità per cercare una parola che racchiudesse lui. Vide per la prima volta il principe Jeff.

“O potrebbero volerci solo pochi istanti…”.

 

Gli sembra di correre da secoli e che la piana davanti a lui abbia deciso di non finire più. In realtà, non lo disturberebbe neanche troppo se non fosse per i corpi. Corpi senza vita, corpi pieni di ferite, esposti in quel modo, abbandonati a se stessi. Senza più valore. Corpi  ovunque. Improvvisamente il loro peso lo schiaccia a tal punto da diventare maldestro.

Inciampa, cade su uno di essi e vi si ritrae spaventato, come se temesse di prendersela anche lui, la morte, solo per contatto. E lo vorrebbe, gli dei sanno quanto una parte di lui lo vorrebbe.

Come una reazione a catena, per evitarne uno ne tocca un altro, e cadavere dopo cadavere si muove a tentoni e paura, mentre le lacrime scivolano copiose sul suo viso e il fiato comincia a mancargli sempre di più.

Poi si blocca, il viso di un giovane elfo con gli occhi scuri spalancati verso il nulla cattura il suo sguardo. I morbidi capelli color mogano gli contornano sgraziatamente il viso bianco e senza ferite: potrebbe sembrare addormentato se non fosse per quegli occhi troppo fissi, troppo spenti, per quel pallore che non lascia dubbio.

«Oh dèi del Cielo… che cosa abbiamo fatto?».

 

«Tenete l’arco leggermente inclinato, se la cosa vi fa avere una migliore prospettiva. Non disturberà il tiro in alcun modo». Le mani gentili della principessa Lyan lasciarono andare l’arco di Nick mentre gli scivolava con grazia alle spalle per dargli una visuale completa dei vari bersagli che aveva davanti.

Non che il principe non sapesse mirare o tirare, ma era risaputo come l’esperienza diretta in battaglie e guerre avesse affinato l’arte del combattimento negli Elfi Silvani, migliori fra tutte le razze e di certo i più letali in combattimento. Nick lasciò andare la corda e la freccia volò dritta verso il centro dell’obiettivo, con più velocità di quella che solitamente aveva.

La principessa applaudì, ridendo e Nick si beò di quel suono tanto cristallino. Erano passati solo due giorni da quando lei e la sua famiglia erano arrivati, eppure una parte di lui sentiva di conoscerla da sempre, come se non fossero mai stati separati da altro se non le mura delle rispettive stanze, a corte. La adorava, in tutte le sue più piccole sfaccettature: era giudiziosa e matura, seria all’occorrenza e dolce quando voleva. Ma soprattutto era spensierata come davvero non si aspettava potessero essere gli Elfi Silvani.

La prima volta che aveva riso di gusto, la sera del loro arrivo, era rimasto senza fiato. Poi si era chiesto se anche suo fratello Jeff ridesse in quel modo meraviglioso. Aveva idea che se fosse stato così, avrebbe sentito il più bel suono al mondo.

«Sorella, non credi di peccare di presunzione nel voler insegnare ad un principe di elfi come tirare d’arco?», la voce composta e leggera del principe degli Elfi Silvani colse Nick impreparato. Succedeva più o meno sempre, che si accorgesse o meno della sua presenza, che fossero da soli o in compagnia di altri: davanti a lui, era sempre, completamente, disarmato.

Jeff era il primogenito, colui che avrebbe ereditato il trono del suo regno ed aveva una certa nobiltà nelle maniere e nei movimenti, qualcosa di rigido e lontano che a loro, Elfi di Fonte, mancava. Come se dietro ogni gesto ci fosse un accurato calcolo di armonia e numeri che se non rendeva il movimento artificiale lo faceva sentire un po’ distante.

«Il principe Nick sa bene che non oserei mai tanto», rispose la giovane, gentile, di nuovo un po’ troppo fredda, come se l’ingerenza della famiglia frenasse la naturale vita che l’elfo aveva visto scorrere in lei in quei giorni.

«Vogliate in ogni caso perdonare la sua esuberanza, principe Nicholas», si sentì in dovere di scusarsi Jeff con un breve inchino che capo. Nonostante la parità di rango, l’elfo biondo non dimenticava di essere ospite in una corte estranea. E c’era qualcosa nel modo in cui lo chiamava, nel fatto che avesse deciso arbitrariamente di usare il suo nome completo, quando solo il re, sempre più di rado ormai, lo faceva, che metteva sempre l’altro sull’attenti. Sembrava un monito a non avvicinarsi troppo.

Quando invece tutto quello che avrebbe voluto fare lui era avvicinarsi così tanto da sentire che profumo avesse la sua pelle.

Deglutì, lasciando che quel pensiero inopportuno si perdesse nella sua testa dissolvendosi veloce. Aveva un problema, un problema con cui avrebbe dovuto fare i conti ma che cercava di ignorare: adorava tutto della principessa Lyan, forse perché era fin troppo simile a lui, perché in lei scorgeva quella bellezza di vivere che nella sua testa aveva sempre negato agli Elfi Silvani. Ma più le si avvicinava, più capiva che non l’avrebbe mai amata; non come un elfo amerebbe la sua compagna di vita: aveva conquistato il suo cuore, ma come la sorella che non aveva mai avuto, come un’intima confidente. Aveva il suo amore, tutto quello che avrebbe potuto dargli, ma non l’avrebbe mai guardata con quel misto di riverenza e interesse, col cuore che perdeva un battito se era troppo vicina, con la sensazione di poter dormire bene la notte, solo perché l’aveva vista.

Non l’avrebbe mai guardata come guardava Jeff. Né si sarebbe mai innamorato di lei come stava invece facendo con suo fratello.

«Vostra sorella, in effetti, mi ha insegnato molte cose stamane», si ricordò di rispondere quando ancora la pausa fra le sue parole e quelle dell’altro non era troppa.

Jeff sorrise appena, gentile, continuamente controllato, rivolgendo poi lo sguardo a Lyan. A vederli, si somigliavano così tanto da poter sembrare gemelli – se fossero rimasti fermi come un bel dipinto nessuno si sarebbe accorto che a tanta compostezza in lui corrispondeva altrettanta vitalità in lei (quand’era libera di mostrarla). E paradossalmente, o forse nella più banale delle situazioni, era tanta diversità ad attirare Nick.

Il trotto di due cavalli interruppe la scena e pose come nuove figure due guardie reali degli Elfi di Fonte. Due giovani protetti da sottile e possente armatura scesero con destrezza e si inchinarono davanti a tutti i sovrani. Poi uno di loro pose lo sguardo verso il proprio principe.

«Vostro padre vi cerca, mio Signore. Richiede la vostra presenza ed invita a mostrare alle maestà dei Boschi le Fonti Vecchie e la Catena di Cascate a Nord».

«Credevo avremmo fatto questo viaggio nel pomeriggio», intervenne Lyan sorpresa – Jeff le lanciò uno sguardo severo che non sfuggì a nessuno dei presenti.

«Ti ringrazio, Sebastian. Verremo a corte e vedremo cosa ha indotto questo cambiamento di programma», sorrise rivolto alla principessa, che ricambiò il gesto – fece uno strano effetto, invece, vedere come il principe mantenesse una posa quasi troppo rigida per la sua figura leggiadra.

La guardia reale montò nuovamente a cavallo, affiancata dall’altra silenziosa. Attesero che i reali salissero sui propri destrieri, poco lontani, e li precedettero nel cammino verso il palazzo.

«Sono le vostre guardie personali?», chiese Lyan che non ricordava di aver visto i due elfi nel palazzo.

«Sono i miei più cari amici», rispose allora Nick, guardando le due figure davanti a sé «Sebastian e Thad, primi tra le guardie reali. Ho capito da tempo che non c’è nulla che non farebbero per me, per quanto la cosa mi provochi rimorsi alle volte…».

Sul viso di entrambi i principi silvani era comparsa una sorta di strana sorpresa, qualcosa che l’elfo interpretò come “strane usanze qui oltre le acque”. Di cosa si stupivano? Era vero, i due elfi che li precedevano erano ciò che più aveva a cuore se si escludeva la sua famiglia. Possibile che non avessero mai avuto qualcuno del genere?

 

*

 

«Dubito di aver mai visto qualcosa di tanto bello».

La principessa Lyan era estasiata di fronte allo spettacolo di cascate che le si apriva davanti. Avevano attraversato per lungo tratto il bosco che si estendeva dietro la Reggia, in salita, finché non avevano cominciato a sentire lo scrosciare delle acque che da lontano si era avvicinato sempre più. Poi quello.

Balzi di diverse altezze su cui si rovesciavano fiumi di varia portata, saltando e zampillando ovunque con armonioso disordine, qualcosa di troppo naturale per poter essere contenuto in uno schema logico. Dal ripiano su cui si erano fermati, poteva vedere le cascate estendersi fino all'orizzonte e lei aveva capito perché il padre di Nick avesse insistito perché facessero quell'escursione mentre il sole era ancora alto: la luce creava riverberi scintillanti ovunque con giochi di colori che non aveva mai visto e piccoli arcobaleni sparsi tra sassi e gocce.

La natura sembrava partecipare a tanta allegria dal momento che diverse razze di uccelli volavano su quello spettacolo, aggiungendo colore a colore e deliziando le orecchie con gentile canto.

Lyan era davvero certa di non aver mai visto qualcosa di tanto bello in tutti i suoi anni di vita: le vecchie foreste del suo regno avevano raramente qualcosa di tanto dolce ed armonioso; rari erano stati i momenti in cui aveva potuto goderne la semplice esistenza, così minacciose quando il sole vi si nascondeva tra i rami o le tempeste di vento le sbattevano violente. No, non esisteva nulla di tanto placido nella sua razza e la cosa gli provocava una fitta allo stomaco.

«Io invece sono certo che i vostri boschi facciano sembrare queste cascate pezzi di vetro messi a confronto con diamanti e perle».

«Oh no, credetemi, non mento: è uno spettacolo unico», sostenne ancora lei, senza riuscire a guardare Nick negli occhi per il semplice fatto che lo scenario le continuava a rapire lo sguardo.

«Di notte è come se anche le acque dormissero», raccontò ancora il principe «Si placano, scorrono più tranquille e silenziose, invogliano al sonno. Mi è capitato spesso di addormentarmi qui – adoro la nenia che rimbalza fra i sassi e crea eco bellissime».

La principessa ora aveva preso a guardarlo perché vedeva quella bellezza che tanto elogiava riflessa negli occhi scuri dell'elfo. Se gli Elfi Silvani erano lo specchio della natura a volte fredda e pericolosa in cui vivevano, lo stesso si poteva dire di quelli di Fonte, così pacati e brillanti circondati da tutti quei colori. Chi avrebbe potuto dire di non potersene innamorare dopo averli conosciuti? Lei non aveva avuto speranze dal primo momento in cui aveva messo piede su quelle terre lontane.

«Vi sto nuovamente annoiando con aneddoti passati, mi spiace», si scusò Nick, sedendosi sull'erba e porgendole una mano affinché lei facesse lo stesso. Avevano lasciato i rispettivi genitori ed il primogenito dei Silvani su uno dei balzi più vicini alle cascate tempo prima e si erano allontanati con la scusa – vera in parte – della ricerca di una migliore prospettiva. Erano su una delle punte più alte, da lì si poteva vedere, dietro le cascate, seguendo il corso di quei millenari fiumi, le pendici delle Alte Montagne che facevano da confine alle terre degli Elfi, oltre le quali in pochi si erano avventurati. C'era magia in quel posto perché c'era mistero e la storia si confondeva al mito: le migliori leggende erano partite sotto quelle pendici.

«Affatto, principe Nick. Amo ascoltarvi parlare della vostra terra e della vostra infanzia», lo corresse gentile l'elfa, prendendo la mano e sedendosi sul manto morbido. A Nick non sfuggì il fatto che fosse più controllata nei movimenti e più trattenuta nelle parole di quella mattina ed era quasi certo che fosse stato l'intervento del fratello ad avere avuto un simile risultato.

Non si accorse di aver preso a fissarla, mentre pensava quelle cose, finché un sorriso imbarazzato di lei non fu sentore di quel gesto inopportuno.

«Non volevo, vi chiedo scusa», distolse allora lo sguardo, arrossendo appena anche lui.

«A cosa pensavate?». Nick sorrise: eccola, quell'indole curiosa e viva che tornava ad affacciarsi, troppo forte per poter essere soffocata.

«Mi chiedevo come fosse stata la vostra di infanzia, tra i boschi».

Lyan perse parte del suo sorriso. Non che la sua infanzia non fosse stata bella o particolareggiata, ma più tempo passava nel reame degli Elfi di Fonte, più si rendeva conto della fissa rigidità della propria vita fino ad allora.

«Monotona e piatta, temo. La odiereste, se ve ne parlassi», disse con sincerità.

«Ha caratterizzato una bellissima creatura come voi, non potrei mai odiarla», volle addolcirla Nick – perché istintivamente odiava la voce di Lyan incrinata dalla tristezza.

«Il Regno fra i boschi è davvero freddo come dicono», spiegò lei, sorridendo alla dolcezza del principe «Sin da piccoli ci insegnano che la vita, per quanto lunghissima, è un dono raro, che noi silvani dobbiamo custodire e che potremmo perdere facilmente. Nel passato tante guerre ci hanno decimato e tutt'ora facciamo attenzione a ciò che agita i cuori di Umani e Nani, ai confini con le nostre terre».

«So che questi sono anni di pace, però», volle alleggerire quel racconto Nick.

«Sì: da tempo non si sente parlare di guerre, ma la memoria degli elfi è lunga e il timore porta ad una rigidità sempre maggiore. Con questo non voglio che la mia storia sembri solo triste e fredda», rise poi, rendendosi conto di quando poco fosse appropriato compatire se stessa e dimenticare i tanto momenti felici che pure aveva vissuto. «Le Foreste sono bellissime, il cuore stesso della Natura. Nei giorni di quiete gli alberi parlano, sussurrano segreti che in pochi comprendono del tutto. Nel cuore della Foresta Reale c'è un grosso masso su cui mi piace sedermi per ascoltare quei fruscii – mio fratello mi ha insegnato a capirli e di tanto in tanto colgo pezzi di storie passate, amori felici e grandi imprese».

Nick si accorse che amava immaginarla seduta e circondata dalla natura, con il giovane Jeff a farle da insegnante di miti e leggende: era un'immagine di profonda bellezza in un ambiente di cui forse si sbagliava a ricordare solo l'aura di esteriore e letale freddezza.

«Non è molto diverso da qui, allora», le sorrise.

«No, non molto. Ma qui mi sembra ci sia solo questo. Capite che cosa intendo? Io vi parlo di giorni e momenti particolari, mentre qui la quiete e la bellezza della vita in sé sembrano non incontrare cambiamenti».

«Merito di un'antica codardia, forse... Noi Elfi di Fonte siamo andati via dal centro delle terre abitate tanto tempo fa: abbiamo guadagnato la pace e una vita tranquilla, ma cosa direbbe il nostro onore se fosse chiamato a rispondere di tale fuga?».

Lyan prese la mano del giovane principe e con una certa libertà la strinse fra le proprie.

«E chi mai vi accuserebbe di questo? Vorreste davvero tormentarvi con simili dilemmi? Siete lontani ma di certo non perduti e se mai avessimo bisogno, sono certo che non neghereste aiuto ai vostri fratelli, anche se tutte queste acque ci separano».

Nick la guardò negli occhi e si chiese quanta dolcezza ancora potesse celare quel corpo tanto esile, quell'elfo così diverso da come l'aveva immaginato, così bella da non poterla non avere a cuore. Eppure, anche in quel momento, volle chiedere di lui.

«Vostro fratello non vi somiglia affatto», sussurrò, dando per scontato che fosse chiaro che si riferisse all'indole tanto aperta della principessa.

«Mio fratello è il primogenito, è stato educato ad essere un perfetto sovrano dei Silvani. In lui vedete le migliori qualità dei nostri, non si sporcherebbe mai con atteggiamenti così coloriti come i miei – per quanto, credetemi, ne possegga ugualmente. Deve controllare ogni cosa e cerca di far capire anche a me quanto alle volte io sia sconveniente nella mia esuberanza».

«Non la chiamerei esuberanza. Direi che è lui ad essere troppo controllato».

«Punti di vista, mio principe: per la mia famiglia, Jeff rasenta la perfezione, mentre io ho ancora da farmi passare un'indole tanto indomita», rise.

«Provare affatto ed interesse per altre razze non mi pare sia qualcosa di sbagliato».

«Non come lo faccio io: mia madre dice che potrei affezionarmi ad un passerotto come al mio più caro amici e soffrire ugualmente per entrambi. è una pericolosa fragilità amare tanto».

«Sarebbe peggio non amare affatto».

«Non che mio fratello non ami!», lo difese lei – perché era ovvio che portassero avanti ancora quel paragone «Ma presta attenzione a ciò che ama e al modo in cui qualcosa lo coinvolge».

Nick aveva una certa disapprovazione nello sguardo – la cosa lo feriva come non si aspettava potesse fare, perché invece lui avrebbe amato Jeff incondizionatamente, perché aveva sentito qualcosa dalla prima volta che lo aveva visto ma non si erano scambiati che poche parole da allora e poche altre ne sarebbero trascorse, temeva.

«Non è questo, amare. Non c’è controllo o schema. Non si può amare prudentemente, mettere paletti o freni, dirsi di fare attenzione. L’amore è istinto e passione, nasce dal nulla, nel momento meno opportuno e non puoi fare a meno di sentirlo. Sta lì, dilania e divora: la sola salvezza è consumarlo tutto».

Lyan non avrebbe voluto avere le lacrime agli occhi, ma quelle parole erano tutto ciò che aveva sempre pensato e sentirle dire da Nick le aveva tolto il fiato. Si sporse con calma eppure senza alcuna esitazione e fece qualcosa che probabilmente sarebbe andato contro ogni principio silvano: baciò il principe, senza permesso, senza preavviso, perché non ne avevano bisogno. E Nick rispose al bacio perché non c’era altro da fare, ma si sentì in colpa perché qualcosa, anche allora, pensava a Jeff.

Distante dalla coppia, nascosto ai loro occhi, il primogenito dei Silvani aveva osservato sua sorella e quel principe tanto diverso da lui. Aveva ascoltato le sue parole ed una sensazione strana lo aveva preso all’altezza del cuore. Qualcosa che non riusciva ad ignorare per quanto ci provasse. Chiuse gli occhi e sospirò lento, cercando di prendere nuovamente il controllo di sé; eliminò quelle parole dalla sua mente ed evitò di pensare che alcune si erano già impresse sul suo cuore.

 

Si rialza barcollando, tremulo, più pallido della bella luna piena. Si sentiva malissimo, così male che la morte gli sarebbe sembrata una grazia. Muove passi incerti, senza ricordare più che cosa deve fare o semplicemente dove sia; qualcosa poi lo colpisce, acquistando pesantezza ogni istante che passa. Conosce quel viso. Conosce il viso sporco di sangue e ancora coperto dall'elmo che i suoi occhi hanno catturato, pochi cadaveri distanti da lui.

«No. No, Dèi, vi prego no...», sussurra quasi involontariamente, come un mantra partito da sé.

Si avvicina senza più badare ai corpi e alle armi, pregando solo di non avere ragione su quello che ha visto. Quando è abbastanza vicino da poterglisi accovacciare accanto, ha paura di controllare il respiro per scoprirne la definitiva mancanza.

«Sebastian, vi prego...».

Gli hanno detto che i sentimenti sono sopravvalutati, non essenziali, eliminabili; che non avrebbe mai dovuto farsi guidare da essi, in qualità di erede al trono, attaccarsi alle cose. Ma ha fallito. In tutto. Ed ora è lì a piangere sul cadavere di un nemico.

«Principe... Jeffrey...».

Il sollievo che sente invadergli il petto non dovrebbe farlo stare tanto bene, ma non riesce a frenarlo mentre vede le palpebre dell'elfo di Fonte sollevarsi pesanti e quegli occhi smeraldo toccarlo e leggergli dentro. Dove si sarebbe aspettato giudizio o rabbia, trova solo dolore e una strana risoluzione che non riesce a spiegare.

«Thad...?». La voce flebile pone la domanda essenziale e risolutiva. Il dolore è fin troppo giustificabile e la forza d'animo è tutta per lui.

«Non l'ho visto...», scosse la testa il principe.

«Non avrei dovuto, ma non potevo aspettare, mi sono mosso per andare da lui… Deve essere ancora col mio principe...», suppone allora Sebastian, cercando di mettersi seduto e mantenendosi un braccio gravemente ferito.

«Nicholas». All'improvviso Jeff comprende la forza della guardia reale, la sente sua. Deve raggiungere Nick.

 

Il principe dei Silvani camminava con passo deciso lungo l'alto porticato della reggia che dava direttamente sul Lago. Osservava in modo distratto e superbo la vista che il tramonto gli presentava e in cuor suo ignorava ciò che lo agitava dal giorno precedente - forzava le parole dell'elfo di Fonte ad essere solo un blando ricordo, un'eco indistinta e lontana come lo scrosciare delle Cascate.

Si permetteva solo di sperare che quel viaggio finisse presto: a differenza di sua sorella a lui mancavano le fredde mura variopinte di cristallo scuro della propria reggia, dove sapeva sempre che cosa fare e come comportarsi, dove se qualcosa non andava sarebbe potuto correre col proprio cavallo lungo alberi noti ed ascoltarne i sussurri. La luce, la pace che trovava in ogni angolo di quella corte era qualcosa di più opprimente delle buie dimore dei Nani, si sentiva come se fosse costretto ad essere sempre allegro e disponibile, col sorriso stampato sulle labbra chiare e una parola gentile per chi passava. Gli sembrava che nessuno potesse accorgersi che quelle sensazioni piacevoli potevano togliere il fiato quanto le loro complementari.

«Principe Jeff! Eccovi, finalmente».

La voce del giovane principe di Fonte lo riscosse dai suoi pensieri e fece appena in tempo a montare nuovamente quella maschera di impassibile compostezza, prima che l’altro fosse accanto a lui, accompagnato da una delle due guardie reali che aveva conosciuto la mattina precedente.

«Credevo aveste detto che non era una delle vostre guardie del corpo», gli venne da dire, con una nota di insolenza nella voce, qualcosa di sgarbato e che non gli apparteneva davvero.

«È una guardia reale, infatti. Thad mi accompagna più per comune diletto che per dovere e solo quanto ne ha voglia», spiegò Nick gentile e Jeff vide l’elfo in questione sorridergli aggraziato. Si chiese quale diletto potesse esserci nel passeggiare col proprio re – esclusi gli onori e i guadagni di un simile gesto – ma stavolta tenne per sé i propri pensieri. Si drizzò ancora un po’ con la schiena – a Nick pareva più un soldato che un principe spesso.

«Mi scuso per la mia mancanza di rispetto. Non era mia intenzione contestare nulla», disse serio.

Nick rise alle sue scuse, ma quel suono era tanto bello e dolce che nessuno avrebbe mai potuto leggervi dentro un’offesa. Jeff se ne sorprese e represse l’istinto di ridere con lui: in parte ne aveva voglia, in parte se vi rifletteva, quella situazione non aveva davvero nulla di comico.

«Siete sempre tanto formale anche nel vostro regno?», volle sapere il principe con ancora traccia di divertimento negli occhi.

«Solo se lo richiede l’occasione».

«Allora fate finta che questa sia una di quelle che non lo richiedono. Vi va se camminiamo un po’?».

Thad capì subito che avrebbe dovuto lasciarli soli e si fermò appoggiandosi al muretto in pietra che sosteneva le arcate, mentre i due principi si allontanavano lentamente. Aveva compreso i pensieri del suo signore dalla prima sera che lo aveva visto nella stessa stanza dell’erede del reame Silvano – Nick era una persona fin troppo sempre da capire – ma ora che lo vedeva passeggiare con Jeff qualcosa in lui si scuoteva, il presentimento che le cose non sarebbero state per nulla facili.

«Forse stavolta dovremmo consigliargli prudenza», disse senza staccare gli occhi dai due ma consapevole della nuova presenza alle sue spalle, Sebastian.

«E che cosa vorresti dirgli? Di non innamorarsi del principe Jeffrey dal momento che sta per sposare sua sorella?», chiese con tono un po’ scettico l’elfo, arrivandogli alle spalle.

«Qualcosa del genere, sì».

«Temo sia tardi per queste parole. In fondo, lo è dal momento in cui ti rendi conto di amare». Sebastian intrecciò le dita delle propria mano fra quelle del compagno, guardando anche lui il suo principe che si allontanava.

«Odiate questo posto, non è vero?», stava intanto dicendo il principe degli Elfi di Fonte, poco avanti.

Il principe Jeff si fermò di scatto, guardandolo sorpreso. Cosa ne poteva sapere lui di quello che provava? Era sempre stato tanto bravo a dissimulare e nascondere i suoi sentimenti, perché ora era stato smascherato con tanta ovvietà?

«Si vede. Da quello che Lyan mi ha detto di voi, si vede che non vi trovare a vostro agio in questo posto».

«Mi infastidisce tutto qui, avete ragione». Jeff fu sincero senza essere sicuro del perché. «Ovunque mi volti ci sono elfi sorridenti e ben disposti, ovunque guardi la gioia e la calma sono talmente presenti da darmi la nausea. Penserete che sia senza cuore, ma la verità è che tutto nel vostro regno mi irrita: non ha senso essere tanto felici se non si conoscono la sofferenza e il dolore».

Nick restò qualche istante in silenzio, mentre il Silvano sembrava invece riprendere il discorso, come se non avesse finito di parlare. E l’elfo temeva che quello che stava per dire lo avrebbe ferito ancora più di quanto non avesse già fatto.

«Dunque parlate di me con mia sorella? Strano argomento di discussione, il vostro», constatò evitando di guardarlo negli occhi, improvvisamente incerto ed esposto.

«Vostra sorella mi ha raccontato molte cose di voi, sì. E della vostra vita e del vostro regno». Anche Nick ora evitava di guardarlo, fissando il tramonto davanti a sé, con le braccia poggiate alla pietra calda di sole. Ricordava i racconti di Lyan, li custodiva gelosamente nel petto e non voleva che Jeff ne scalfisse la dolce superficie o li sporcasse: erano ciò che gli aveva permesso di innamorarsi di lui. Suo malgrado sentì la breve risata del principe dei Silvani.

«E quindi ora voi credete di conoscermi, solo grazie ai fantasiosi racconti di mia sorella?». Il tono era sprezzante, aveva una certa irritazione ed irrequietezza: fu impossibile per Nick non tornare a voltarsi verso l’elfo.

«Sì, vi conosco abbastanza a dire il vero», ribatté piccato, accettando una sfida che non era effettivamente certo Jeff gli avesse lanciato «Vi conosco quale ligio e posato erede della dinastia degli Elfi Silvani, educato fino alla culla come si confà a tale rango, letale nei combattimenti e saggio quanto suo padre. Ma odiate tutto quello che non conoscete e questo perché in realtà temete l’estraneo, avete paura di ciò che il mondo oltre i vostri boschi cela: avete affrontato battaglie e conosciuto orrori, nonostante la vostra giovane età, ma, fosse per voi, dovrebbero solo sparire da questa nostra bella terra. Credetemi, però, quando vi dico che tutto quel disprezzo non farà altro che corrompere il vostro cuore e logorare la vostra anima.  La vitalità che ho trovato in vostra sorella e per la quale siete solito ammonirla credo esista anche in voi, per quanto proviate a soffocarla».

Nick non sapeva perché si fosse animato tanto, perché volesse a tutti i costi dire quello che pensava di Jeff senza mezzi termini. Sentiva agitarsi nel petto uno strano malessere, qualcosa che non riusciva a sopportare e gli faceva male: se avesse potuto il principe dei Silvani avrebbe annullato tutte le buone qualità che avevano fatto sì che Nick si innamorasse di lui e la delusione, il dolore per questa convinzione erano tremendi, ferivano più di una freccia in pieno petto.

«Cosa vi dà la convinzione di credere alle vostre stesse parole?», alzò la voce Jeff, ormai dimentico di qualsiasi tipo di etichetta gli fosse mai stata insegnata. Quell’elfo lo aveva guardato negli occhi ed aveva decifrato la sua anima quasi fosse una pergamena in elfico antico, con una semplicità disarmante e spaventosa; gli aveva parlato come nessuno aveva mai osato fare, dicendogli cose che lui non aveva mai avuto il coraggio di confessare a se stesso.

«La stessa cosa che dà a voi la presunzione di credere che nel nostro regno vi sia solo pace e bene, che non si soffra mai. Conosciamo la sofferenza e la capiamo, non siamo felici in eterno, non abbiamo solo gioia nel cuore. Leggo il disgusto sul vostro viso ogni volta che un elfo di Fonte vi sorride, ma commettete l’errore di confondere gentilezza con superficialità e questo non posso accettarlo. C’è tristezza qui quanto gioia nei vostri boschi e per quanto voi possiate conoscere il mondo, credetemi, non avete idea di come lo si capisca. Alla vostra preziosa educazione manca il rispetto, mio principe».

Jeff restò attonito, il suo pallore in contrasto col viso arrossato dell’altro elfo. In fondo, lui aveva dato per scontato che gli Elfi di Fonte non conoscessero il dolore, così lontani dal mondo, perché gli dèi sembravano aver concesso a loro una vita piena e felice. Nick, invece, avrebbe davvero voluto che quello sfogo servisse a farlo stare meglio, ma il peso che sentiva sul petto non faceva che peggiorare, mentre un groppo alla gola non voleva saperne di scendere giù. Dèi, avrebbe fatto meglio a provare ad innamorarsi di Lyan e accettare tutto quello che lei aveva da offrirgli, invece di cercarlo disperatamente nel fratello, idealizzando una figura crudele e presuntuosa, tanto elegante all’apparenza quanto vuoto dentro.

«Nicholas», sussurrò il silvano, quasi quel nome potesse significare profonde scuse. Sentiva il cuore battergli troppo forte, nonostante non stesse facendo alcuno sforzo. Sentiva. Sentiva come non aveva mai fatto prima. Non sapeva come ma quelle parole, quell’elfo, avevano appena distrutto qualcosa in lui.

«Ma immagino che dopotutto la cosa non v’importi poi tanto. Tra qualche giorno sarete di nuovo nelle vostre terre e le mie parole non saranno che un ricordo lontano. Potrete lasciarle lì, sulla riva del Lago, quando partirete», sussurrò intanto Nick, pentito delle proprie parole, improvvisamente triste e stanco.

Poi si mosse: voleva andare via, aveva bisogno di stare da solo, riflettere su tutto quello che provava. Fino a quel momento non si era mai lasciato andare tanto al pensiero di Jeff, del modo in cui teneva a lui – o meglio, all’immagine che di lui si era creato nella testa; ma ora si era messo troppo in gioco, ora aveva esagerato e desiderava non aver mai sentito nulla per lui. Per un lui che non esisteva.

Quando si sentì stringere il polso, quasi sussultò, fermandosi. La stretta era salda, non avrebbe potuto muoversi neanche volendo.

«Mi dispiace», sentì sussurrarsi alle spalle, ma non ebbe la forza di voltarsi «Per quello che ho detto, per quello che ho pensato. Avete ragione, avete ragione su tutto…».

Jeff non sapeva bene che cosa dire, aveva idea che nessuna parola sarebbe stata sufficiente, e che comunque non sarebbe riuscito a farne uscire altre dalle proprie labbra per il nodo che sentiva alla gola. Non aveva mai provato nulla del genere, neanche nella peggiore delle battaglie affrontate: quello che sentiva, come se quella situazione fosse essenziale, gli annebbiava la vista e gli dava i brividi. Aveva bisogno che Nick lo perdonasse.

«Va bene così», rispose invece quello, con accondiscendenza, perché non gli andava di dire più nulla.

«No. No, invece. Perché avete ragione ed io ho perso la mia calma e me ne dispiaccio».

«Ma non capite che non si tratta di calma?». Nick non seppe mai da dove trasse la forza per continuare quella conversazione e voltarsi verso il silvano «Potrete avere tutta la calma e la grazia che gli dei vorranno concedervi, ma se non cambierete dentro, se non comincerete a sentire il mondo qui dentro», e gli pose una mano sul petto, sfiorandolo appena «allora non cambierete mai. Ero timoroso, quando i miei genitori mi hanno detto che sareste arrivati, che avrei sposato vostra sorella: credevo foste freddi e terribili, che non avessimo nulla in comune. Ma poi Lyan mi ha fatto sperare, mi ha dato fiducia in tutto ciò che è in lei che in voi si nasconde dietro tanta austerità. So che potete cambiare e so anche che un simile cambiamento non vi farà perdere nulla. Potete essere un grande sovrano e provare ad amare ciò che vi circonda».

E magari, anche solo un po’, amare anche me.

Quello che successe dopo fu inaspettato. E rapido. E completamente sbagliato. Ma bellissimo. Jeff non seppe spiegare il perché, ma tirò Nick a sé e semplicemente lo baciò. Perché quello che l’elfo stava dicendo non gli era mai sembrato tanto vero e giusto, perché nessuno in tutti gli anni della sua vita gli aveva mai aperto tanto gli occhi come aveva fatto Nick in quei pochi momenti. Sentì che era la cosa giusta da fare e quella sensazione durò per tutto il tempo che l’elfo di fonte rispose al suo bacio.

Poi arrivò prepotente il pensiero di sua sorella Lyan e del matrimonio imminente e crollò ogni cosa.

Si staccarono in fretta, quasi con violenza: Jeff si ritrasse più spaventato che alla vista di un branco di orchetti delle montagne e guardò Nick con occhi sgranati e sguardo offuscato. Anche l’elfo di Fonte aveva gli occhi lucidi e la sensazione che tutto fosse bruciato con troppa fretta, lasciando solo ferite.

Il silvano riuscì a balbettare solo una nuova parola di scuse, prima di correre via e lasciare l’altro principe finalmente solo con se stesso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

__________________________

 

E sono tornata! Ho cominciato a scrivere questa cosa a marzo. È stata un’impresa titanica, ma sono riuscita a portarla a termine e non avete idea di quanto ne sia felice.

Sarà divisa in due parti, come potete ben capire, perché è venuta la bellezza di 32 pagine di word e non potevo postarla così, sarebbe stato da suicidio.

Il fantasy mi attira sempre troppo e i Niff fantasy trovo siano stupendi, quindi ecco che salta fuori questa robina.

Aspettatevi feels ed aspettatevi angst. A palate. Credo sia la cosa più angst che abbia mai scritto e dovrò seriamente fare ammenda per ciò.

Pubblicherò la seconda parte tra qualche giorno – massimo una settimana, so stay tuned!

Ancora un grazie ad Arianna e Valentina (loro sanno il perché).

 

A prestissimo!

 

Alch~

   
 
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