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Autore: midnight89    06/10/2014    2 recensioni
"Questa è la prima estate che Castiel trascorre nel bunker dei fratelli Winchester. Normalmente ci passa davvero poco tempo, sempre in giro per tutti gli Stati d’America alla ricerca di creature soprannaturali da rispedire in Purgatorio, ma recentemente, si allontana mal volentieri da quella casa sotterranea, dispiaciuto all’idea di dover rinunciare alla sua preziosa abitudine quotidiana."
In un futuro non troppo lontano i fratelli Winchester cacciano ancora creature soprannaturali e Castiel, vive con loro al bunker dei Uomini di Lettere. Castiel è diventato un cacciatore. Castiel ha perso le ali.
Pre Destiel
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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Questa è la prima estate che Castiel trascorre nel bunker dei fratelli Winchester. Normalmente ci passa davvero poco tempo, sempre in giro per tutti gli Stati d’America alla ricerca di creature soprannaturali da rispedire in Purgatorio, ma recentemente, si allontana mal volentieri da quella casa sotterranea, dispiaciuto all’idea di dover rinunciare alla sua preziosa abitudine quotidiana.

Prima di allora, Castiel non conosceva i concetti calore o di freddo. Certo, aveva patito la fame a causa del maleficio di Carestia o quando era divenuto un senzatetto, in fuga dai suoi stessi fratelli, ma non aveva mai provato la sensazione di essere scossi da un tremore gelido, quando un diluvio autunnale si scatena in tutta la sua potenza, prima che tu possa ripararti nell’Impala, o di riscaldarti le mani, indorando mashmellow davanti ad un falò in un bosco, dopo una caccia ai mannari.

Poi un giorno, mentre Dean faceva rifornimento in una stazione di servizio e Sam rispondeva alla chiamata di un cacciatore loro amico, si era seduto su un prato brullo, con le ginocchia al petto, fissando il sole che risplendeva nel cielo limpido. Poi lo sguardo era sceso sul paesaggio davanti a sé, una strada trafficata, qualche auto nel parcheggio, alcuni clienti che entravano nella tavola calda.
Il tempo passava, e lentamente, il calore dei raggi solari si adagiò sulle sue spalle. Fu allora che Castiel tremò, voltandosi bruscamente, con il fiato corto. Ma lo sconforto che ne seguì lo calmò, che stupido che era stato…

Scambiare il calore del sole per le sue ali.

Il bunker era circondato da un’impervia vegetazione, utile a mimetizzare la centrale operativa dei Letterati, ma Castiel, nei suoi solitari pellegrinaggi, aveva seguito la direzione verso cui tendevano i rami più verdeggianti, e alla fine di quelle lunghe passeggiate infruttuose, un giorno arrivò a un prato.
Nulla di eccezionale, il panorama era anonimo, ma l’erba era verdeggiante, a tratti dorata, per i raggi diretti che la irradiavano giornalmente. Castiel, ancora una volta, si sedette per terra, passando pigramente le dita tra i virgulti, in attesa.

Lentamente, senza fretta, i raggi iniziarono a risaldare la stoffa chiara della sua camicia. E Castiel sorrise.

La prima volta aveva perso il senso del tempo e furono le grida furiose di Dean a ridestarlo. Il cacciatore gli saltò letteralmente addosso, chiedendogli che diavolo gli fosse preso ad andarsene sin lì senza avvertire nessuno, che poteva esserci stata un’emergenza e che lui non c’era, che non poteva fare come gli pareva ora che vivevano tutti insieme ed erano una fottuta famiglia.

“Dean…Dean mi spiace…” mormorò sorridendo, cercando di mostrarsi dispiaciuto, tentando di calmare il cacciatore.

“Un cazzo mi dispiace, mi hai fatto prendere un infarto!” ammise tutto d’un fiato fissandolo, sospirando poi, aggiungendo anche questo comportamento alle tante stranezze del compagno.

“Che diavolo ci facevi qui...? E perché tu sei tutto intero ed io, invece, sembra abbia attraversato una giungla senza machete?”.
Castiel abbozzò un sorriso fissando il paesaggio, alla ricerca di una risposta da dare, una motivazione che non rammaricasse nessuno, soprattutto Dean.

“E non dirmi che sei qui, per questo schifo di paesaggio…è una merda” ammise fissandolo, facendogli ben intendere che qualsiasi cazzata gli avesse propinato, lui non se la sarebbe bevuta.
Castiel fece per parlare, quando Sam imprecò inviperito tra dei rami vicini, maledicendo sé stesso, la sua altezza e quei maledetti alberi nodosi.
Dean scoppiò in una fragorosa risata “Sammy che diavolo combini? Già dimenticati tutti i campi estivi con papà?”.
Sam imprecò nuovamente, senza nascondere un insulto gratuito al fratello maggiore, che si faceva beffe di lui. Dean scosse il capo, dando una leggere pacca sulla spalla di Castiel, accorrendo poi, con tutta calma, in aiuto del fratello minore, che ora rifiutava ogni sua assistenza.
Castiel sorrise, rivolgendo un ultimo sguardo alla sfera perfetta, raggiungendo poi i due fratelli.
 
 
Ormai era divenuta una vera e propria abitudine per Castiel, assentarsi per un numero di ore variabili dopo la pausa pranzo, dopo aver aiutato Sam a lavare i piatti e ascoltato le proteste di Dean riguardo alla suddivisione delle mansioni di casa: fare la lavatrice era un lavoro da donne!
Lui sorrideva, annuendo a Sam, che si lamentava della nullafacenza e del costante disordine che Dean lasciava in giro, supportando poi il maggiore, nella decisione che lavare insieme tutti i colori rendesse il bucato più economico e creativo.
Poi però, Castiel lentamente cedeva al silenzio, e con discrezione, lasciava il bunker, per raggiungere il suo prato.
Si incamminava senza fretta, su quel sentiero sempre più delineato, scostando sui lati i sassi più scomodi, piegando qualche ramo troppo molesto. Dean trovava sempre nuovi motivi per lamentarsi di quel percorso, minacciando di spargere diserbante su tutta la collinetta, vanificando gli intenti di intere generazioni passate di Letterati.
Raggiunto il prato, vi si accomodava, fissando il paesaggio, in religioso silenzio, sino a quando quel piacevole tepore non gli accarezzava le spalle. Solo allora chiudeva gli occhi.

A Castiel ogni tanto, sembrava di avere ancora le ali.

Percepire le piume incresparsi per la leggera brezza, distendere completamente le ali, lasciando che risplendessero di luce riflessa, godere del calore rassicurante che emanavano costantemente, proteggendo la parte più vulnerabile di un angelo.
Era così, che Castiel trascorreva i pomeriggi, beandosi di quella melanconica sensazione di calore e sicurezza, di cui che ancora adesso sentiva il disperato bisogno.
Capitava poi, che qualche banco di nuvole, particolarmente intenso, bloccasse il flusso dei raggi sul prato, lasciando improvvisamente Castiel, privo di ogni calore. Gli occhi blu si aprivano di scatto, divorati da un’ansia primordiale, ma bastava poco perché la realtà lo riportasse prepotentemente in sè.

A Castiel ogni tanto, piaceva dimenticare di aver perso le ali.

Dopo una settimana di caccia, oggi finalmente Castiel tornava nel suo prato, sorprendendosi ancora, di quanti cambiamenti fossero avvenuti in soli sette giorni di assenza. L’opera di suo Padre era sempre una meravigliosa scoperta.
Si sedette, chiuse gli occhi e attese.
Le nuvole coloravano il cielo di bianco, scorrendo lente sopra Castiel, che in silenzio, pregava il ritorno del sole. Strinse le ginocchia al petto, affondando il viso tra queste, supplicando la sfera celesta di rivendicare i suoi diritti, di scardinare quella coltre lanosa.
Ma le nuvole si infittivano sempre più, segno che quel giorno probabilmente sarebbe piovuto. Castiel si stava quasi rassegnando, non era certo al prima volta che era costretto a mancare a quell’appuntamento per cause di forza maggiore, quando il calore tornò nuovamente sulle sue spalle, ridandogli speranza.
Castiel sollevò subito il volto, ricercando la sfera perfetta, ma non vide che nuvole grigie, sempre più dense e compatte, pronte a beatificare la terra.
Poi Castiel comprese, ma non si voltò.

“Come l’hai capito?”.
Ci fu un breve silenzio, ma il calore non abbandonò le sue spalle.

“Sarò anche una capra che schifa i sentimentalismi inutili, insomma per quello c’è Samantha, ma non sono stupido” fece una breve pausa “Io lo so che ti mancano…”.

Sospirò. “Dean non…senti mi dispiace…”.
Il calore mancò immediatamente, lasciando la spiacevole sensazione di freddo improvviso sulla schiena di Castiel, costringendolo a voltarsi verso il cacciatore.

“Non provarci! Non provare a fare lo stronzo con me. Non provarci nemmeno, Cas!” sbottò arrabbiato, fissandolo.  “Sono degno di così poca fiducia…?”.
Ma la domanda era fittizia, e Castiel sospirò. Era stato beccato alla fine.
“Cas senti…Io non so che cazzo significhi. Non so che vuol dire passare dal club delle “Scope in culo” al club “Se ti va bene oggi non crepi, quindi sii felice” …però ora ci sei dentro…”.

“Dean lo so...me l’hai già fatto questo discorso…”.

“Lo so, ma so che sei una testa dura peggio di me, tu. E che nonostante continui a sorridere dicendo a Sam che sei felice di aver imparato a tagliare le carote alla Juenesse, so che non è vero. Cazzo, non lo sarebbe nessuno!”.

“...si chiamano alla Julienne…”.

“Quel cazzo che è! Ehi, lo so benissimo che non era previsto, lo so che ti manca comparirmi a due centimetri di distanza, fissarmi di notte o stalkerarmi nei momenti meno opportuni ma ehi, non sei solo bello! Fai parte della famiglia Winchester, e scusami se è poco!”.

Castiel lo fissò, sorridendo poi, alzandosi e pulendosi le mani sui pantaloni.
“Insomma…sono stato uno stronzo…”.

Dean sorrise “Ma no…solo un’po’ cazzone…” esclamò suscitando sulle labbra di entrambi una piccola risata.

Castiel annuì, tornando poi a fissare il cielo sopra di loro.
“Sai credo che…stia per piovere. Il sole non sembra proprio voler ritornare oggi...sarà meglio rincasare…” mormorò facendo per avviarsi verso il sentiero.

“Cas...”
Castiel si fermò, volgendosi verso di lui.

Dean si avvicinò, superando per una volta, il famoso spazio personale, che tra loro poi, non era mai esistito. E poi lo abbracciò.
Castiel rimase stranito, immobile, ricambiando incerto la stretta, ma restando in silenzio.

“Lo so, lo so che non è come avere le ali, ma questo…questo è tutto quello che posso darti di più simile che conosca. Non sarà eccezionale, né appariscente, ma beh…è…è tutto quello che ho”.

Castiel sorrise, chiudendo gli occhi, beandosi del calore, che dalle spalle, irradiava tutto il suo corpo.

“Io penso…che andrà bene”.
  
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