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Autore: Layla    06/10/2014    1 recensioni
Haleine ha i capelli azzurri e ama fotografare i suoi amati boschi.
Calum è il bassista di una band emergente e famosa.
Due universi all'apparenza inconciliabili che troveranno un punto d'incontro una sera d'estate e non riusciranno più a separarsi.
“Ho perso i miei amici e mi chiedevo se ti desse fastidio condividere con me.”
Io l’avevo guardato come se fosse un alieno.
“Sei sicuro?
Avere a che fare con me ti farà il vuoto attorno a scuola.”
“E chi se ne frega, ho mollato.
Adesso faccio altro.”
“Va bene. Io sono Haleine, comunque.”
Mi ero presentata senza alzare gli occhi dalla canna che stavo rollando.
“Calum.”
Genere: Generale, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Calum Hood, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A sky full of stars.

È iniziato tutto nel modo più bizzarro, tipicamente adolescente e assolutamente tossico.
Certi incontri nascono per l’amore condiviso per qualcosa: un libro, uno sport, un genere letterario, un telefilm, la musica.
A me è successo con una canna.
Era il primo giorno delle vacanze di Natale dell’anno scorso – me lo ricordo benissimo – e quella sera faceva un caldo infernale sulla spiaggia di Sidney.
Ad ogni metro si incappava in un falò diverso con dei ragazzi che suonavano la chitarra o ascoltavano la loro merda house dai cellulari.
Io non facevo parte di nessuno di quei gruppi.
Io sono sempre stata strana fin da piccola, con pochi amici e diversa dai miei compagni, i miei genitori avevano scelto un nome insolito per me: Haleine.
Mi avevano chiamata così in onore di un’opera di Duchamp: un profumo chiamato "La belle Haleine-eau de voilette".
Stando a quello che dice mia madre Haleine ricorda sia Elena di Troia – la bella per eccellenza – e la parola veleno in francese.
Crescendo poi ero persino peggiorata, avevo iniziato ad appassionarmi alla fotografia, dopo aver fatto i compiti e studiato spendevo lunghi pomeriggi nei boschi attorno alla città.
Fin qui posso sembrare la solita hipster del cazzo che carica foto con effetti vari su Facebook, Tumblr e Instagram per avere “Mi piace”.
Errore.
Haleine non mette il mondo a conoscenza di quello che l’ha colpita, Haleine sviluppa da sola le sue foto e poi attacca le migliori a un pannello di sughero in camera sua, accumulando albums anno dopo anno.
Questa abitudine, insieme ai miei capelli azzurri e al mio vestire sempre di nero mi rendevano una reietta. Quella sera, infatti, ero lontana dai suoi fuochi intenta a rollarmi una canna.
Non mi aspettavo compagnia, rimasi sorpresa quando qualcuno si sedette accanto a me: era un ragazzo abbronzato dai capelli scuri e dall’aria asiatica.
“Ciao.”
Aveva esordito.
“Ciao.”
“Ho perso i miei amici e mi chiedevo se ti desse fastidio condividere con me.”
Io l’avevo guardato come se fosse un alieno.
“Sei sicuro?
Avere a che fare con me ti farà il vuoto attorno a scuola.”
“E chi se ne frega, ho mollato.
Adesso faccio altro.”
“Va bene. Io sono Haleine, comunque.”
Mi ero presentata senza alzare gli occhi dalla canna che stavo rollando.
“Calum.”
“Sei asiatico?”
“Kiwi.”
“Capisco, scusa per la domanda idiota. Immagino che te l’abbia fatta la metà di mille persone.”
Lui aveva scrollato le spalle.
Kiwi è un modo carino per definire i neozelandesi, tra le varie etnie della Nuova Zelanda ci sono anche i polinesiani, quindi probabilmente i suoi tratti asiatici venivano di lì.
“Sai che non ho mai sentito il tuo nome?”
“Deriva da un’opera di Duchamp, è una specie di incrocio tra Elena, la bella per eccellenza,  e il termine francese che indica il veleno.”
“Wow.”
“Come sono i tuoi amici?”
“Uhm, Michael ha i capelli azzurri e un colorito cadaverico. Luke ha i capelli biondi e gli occhi azzurri, ha un piercing al labbro. Ashton ha i capelli biondo dorato e gli occhi tra il verde e il castano, porta sempre una bandana.”
“Uhm, la descrizione di Luke mi è familiare, per caso fa Hemmings di cognome?”
“Sì.”
“Tutte le ragazze della mia scuola gli corrono dietro.”
“Tu no?”
“Non posso negare che sia carino, ma mi piacciono di più i ragazzi con i capelli castani.”
Gli faccio l’occhiolino, lui mi sorride.
“Allora hai trovato quello giusto.”
Finisco di rollare la canna e la accendo, inalo il primo tiro.
“Ai ragazzi castani carini che ti capitano intorno per caso.”
“Alle ragazze misteriose dai capelli azzurri.”
Aveva risposto lui inalando.
Alla fine ce l’eravamo fumata insieme e poi ci eravamo sdraiati a guardare le stelle insieme, io mezza su di lui.
Ridevamo per niente, stupidamente felici come possono esserlo solo due adolescenti dopo una canna.
Tutto sembrava strano, fuori posto, divertente.
Il bacio era arrivato come la conclusione naturale di quella serata, i nostri respiri si erano scambiati ancora un po’ di erba.
“Adesso devo andare a casa, Calum.”
“Alla prossima.”
Io avevo sorriso in modo inesplicabile, ero sicura che non ci saremmo rivisti mai più, ma mi sbagliavo, eccome se mi sbagliavo.

 
La vera sorpresa la ricevetti il giorno dopo.
I miei erano fuori per prendere le ultime cose per il pranzo di Natale e io cercavo disperatamente di farmi passare un post serata devastante. Avevo bevuto troppo prima di quella canna, fatta con della roba troppo pesante, sebbene buona.
Il campanello aveva suonato e io avevo pregato che non fossero:
a)testimoni di Geova.
b)bambini scout che dovevano raccogliere i fondi per qualcosa.
c)gente che ti canta le carole per soldi.
Non era nessuno dei tre, sulla porta di casa mia c’era Calum che guardava me, conciata in uno stato pietoso.
Avevo una faccia persino più pallida del solito, avevo i capelli raccolti in una coda molle e indossavo un vecchissimo pigiama di Winnie The Pooh.
“Ca-calum!”
“Ciao, Haleine. Vedo che il post sbornia è problematico.”
Io l’avevo fatto entrare e lui si era diretto in cucina, sotto il mio sguardo stupefatto aveva preparato qualcosa e poi mi aveva porto un bicchiere pieno di una sostanza verdina semisolida.
Solo l’istintiva fiducia che mi ispirava quel ragazzo mi aveva indotto a berla, già un quarto d’ora dopo mi sentivo di nuovo un essere umano e non un relitto impietosamente buttato a riva dalla marea.
“Come hai fatto a sapere dove abito?”
Gli chiesi curiosa.
“Ho chiesto a Luke e – visto che fate lo stesso corso di mate – stamattina è andato a dare una sbirciatina ai registri inventandosi la balla che si era dimenticato un libro a scuola.”
Io chiusi gli occhi.
“Lì lascerebbero entrare anche un terrorista.”
Gli avevo offerto da bere, lui mi aveva offerto una serata da passare con lui. Non era proprio uno scambio equo, ma mi andava bene.
Nessuno mi si era mai avvicinato così tanto in modo consenziente, di solito mi prestavano attenzione per i compiti o per chiedermi gli appunti o se finivamo in qualche gruppo insieme.
La cosa mi aveva fatto piacere.
Calum mi aveva fatto piacere, anzi mi aveva proprio colpita.
Era un ragazzo bello per i miei standard e sapere che si interessava a me mi rendeva felice e orgogliosa.
Avevamo chiacchierato per una mezz’ora sui nostri artisti preferiti, poi lui se ne era andato lasciandomi in uno stato di grazia che non era sfuggito a mia madre.
“Cosa è successo di bello, Haleine?”
“Un ragazzo che ho conosciuto ai falò ieri sera mi ha invitato a uscire!”
Lei aveva sorriso.
“È meraviglioso, tesoro! Vai e cerca di divertirti!”
Solo mia madre avrebbe potuto rispondermi così, a lei non importava molto sapere chi era il ragazzo in questione, solo che uscissi. Ammirava il mio hobby perché anche papà l’aveva, ma diceva che non potevo sposarmi con gli alberi, i fiumi o gli scoiattoli.
Non aveva tutti i torti, ma sapendo com’è finita forse avrebbe dovuto fermarmi, il problema era che allora nessuno sapeva che Calum sarebbe stato solo una meteora nel mio mondo.
Uno di quei fenomeni che sanno essere meravigliosi e distruttivi allo stesso tempo, che illuminano tutto e allo stesso tempo appiccano un fuoco che consuma tutto quello che c’era prima.
Ma forse rifarei tutto, anche se sono ancora piena di ustioni sono anche piena di luce, della sua luce.
Quel pomeriggio l’ho passato a cercare un abito carino nell’armadio per decidere di mettere uno dei miei soliti abiti neri con le spalline.
Questa era ancora la fase di luce.

 
Quella serata fu perfetta.
Aveva scelto un Mac Donald vicino alla spiaggia, dalle vetrate si vedeva il mare e le luci della città riflesse sull’acqua.
Mi aveva parlato dei suoi genitori, di sua sorella, del suo basso, della sua band e dei suoi amici; io lo ascoltavo sorridendo.
"E tu?”
“Io? Io amo girare per i boschi e fotografare e davanti a questo spettacolo mi sono pentita di non avere portato la macchina fotografica, i riflessi della luce sull’acqua sono una cosa fantastica.”
“E io che pensavo volessi fotografare me!”
Io ero arrossita.
“Ti ho già fotografato, a dire la verità.
Hai presente quando stamattina giocherellavo con quella vecchia macchina fotografica?
Beh, ne ho approfittato per farti un paio di foto. Sono uscite bene.”
“Un giorno me le farai vedere.”
Quel giorno non è ancora arrivato e forse non arriverà mai, lui a quest’ora è a migliaia di kilometri dall’Australia a realizzare il suo sogno.  Io sono qui che lo aspetto nello stesso giorno e nello stesso punto in cui ci siamo incontrati un anno fa. Patetico, vero?
Ma io so essere patetica se voglio e amo perdermi nei miei – nostri – ricordi, sono la luce. L’unica cosa che mi rimane in questo inferno di fuoco, dove vivo da quando ho bruciato tutti i ponti che mi legavano alla mia vecchia vita per lui.
Dopo il Mac mi aveva portata a fare un giro sul lungomare, avevamo comprato dei braccialetti uguali e lui mi aveva comprato una collana che mi piaceva (inutile dire che è diventata la mia preferita) e ci eravamo fatti foto da scemi/innamorati a una di quelle macchinette che fanno foto in formato fototessera.
Ovviamente le conservo ancora, sono attaccate sotto le foto che le ho fatto quella mattina e non è passato giorno che non le guardassi.
Giorno dopo giorno le nostre espressioni innocenti si sono impresse nella mia mente, l’unico modo che abbia trovato per eliminare l’amaro di quando la nostra storia è stata stroncata.
Per me Calum era semplicemente Calum, il ragazzo che aveva trovato simpatica, bella, baciabile una stramboide come me. Ignoravo che c’era anche un altro Calum, quello famoso, quello emergente, quello dei 5 Seconds of Summer.
Dopo quella volta ci eravamo visti ancora un paio di volte, erano state due serate perfette – schegge di luce – l’avrebbe mai detto qualcuno che l’eccessiva luce fa male quanto la tenebra più oscura?
Mi aveva portato al luna park e a un parco a tema horror, lì avevo percepito qualcosa che non andava. Non in Calum, lui era sempre il ragazzo gentile e un po’ironico, ma nell’atteggiamento della gente attorno a noi: ci guardavano con un misto di invidia e incredulità.
“Cal, perché ci guardano così?”
“Perché sono abbagliati dalla tua cerulea bellezza, ninfa dei boschi!”
Io gli avevo dato una leggera gomitata nelle costole.
“Dai, Cal! Mi conoscono e non mi hanno mai voluta vedere, perché mi guardano solo ora che sono con te?”
Un’ombra era passata nei suoi occhi scuri, poi lui mi aveva baciato a tradimento.
“Allora sarà perché non hanno mai visto un kiwi sexy come me.”
Aveva tagliato corto lui, ma non ci avevo creduto molto, avevo come l’impressione che mi nascondesse qualcosa. Ben presto avrei scoperto cosa.
È successo tutto in un modo abbastanza casuale, una mia compagna di classe indossava una maglia di un gruppo chiamato 5 Seconds of Summer, le ho chiesto chi fossero.
“Oh, sono una band di Sidney. Aprono i concerti degli One Direction, ma sono davvero forti, dovresti ascoltare almeno una loro canzone.”
“Sì, perché no?”
Le avevo detto e quando sono arrivata a casa ho acceso il computer e sono andata su You Tube, tra i vari video ho scelto “Try hard” e ho subito riconosciuto Hemmings e poi con grandissimo stupore Calum.
Ma d’altronde qualcosa doveva pur fare dopo aver mollato la scuola, non credevo fosse in una band e soprattutto che non me l’avesse mai detto.
Quel giorno l’ho chiamato e la luce ha iniziato a trasformarsi in una leggera fiammella.
Arrivò a casa mia di corsa, aveva capito dal mio tono che era successo qualcosa di grave.
“Haleine, cosa è successo?”
“Perché non mi hai detto di essere  in una band?
Perché non mi hai mai detto di essere famoso?
Io pensavo di interessarti e mi piaceva pensare a te come mio ragazzo.”
Avevo abbassato gli occhi e lui mi aveva rialzato il volto.
“Ehi, sei ancora la mia ragazza. Non ti ho detto nulla perché eri la prima persona che mi trattava da persona normale dopo secoli.”
“Sono la tua ragazza?”
“Solo se vuoi.”
Io l’avevo baciato, non desideravo altro che stare con quel kiwi dolce e un po’ strampalato, non ho mai pensato che stavo dando inizio all’incendio che avrebbe distrutto la mia vita, lasciandosi dietro solo cenere bianca. Ora mi piace camminare sulla cenere, è come neve, basta solo ignorare che è quello che rimane della tua vita.
Dopo quel pomeriggio mi ha presentato a Luke, Ashton e Mike, siamo andati subito d’accordo. Mike soprattutto ha apprezzato le mie foto, mi ha chiesto un po’ di consigli e di trucchi e siamo diventati istantaneamente amici. A Calum andava bene, preferiva che la sua ragazza andasse d’accordo con i suoi amici a un rapporto di ostilità.
Mike mi ha accompagnato un paio di volte durante i miei pellegrinaggi per i boschi, incantato dalla natura e dalle foto che facevo.  Non sempre usavo una macchina per cui fosse necessario sviluppare, avevo anche una reflex digitale.
Un giorno, seduti su un sasso, mentre guardavamo le foto che avevo appena scattato gli chiesi una cosa che mi pesava sul cuore da un po’.
“Michael, secondo te Calum mi ama?”
Lui si era grattato i capelli verdi.
“Credo proprio di sì, ma non so quanto durerà.”
Qualcosa si era gelato dentro di me, iniziavo a vedere la piccola fiammella.
“Cosa vuoi dire?”
“Che Calum il ragazzo normale ti ama, ma non è detto che Calum dei 5 Seconds of Summer possa farlo. Ci sono sempre i manager di mezzo e magari a loro farebbe piacere vederci sempre single, sai, per dare speranza alle fan.”
Il fuoco aveva iniziato a bruciare un pochino di più, la mia paura invece di diminuire per le parole di Michael era aumentata.
Mi ero alzata da quella scomoda roccia con un brutto presentimento addosso, di quelli che ti gelano le ossa e ti fanno rimbombare il battito cardiaco in tutto il corpo, di quelli che ti fanno sentire come staccata dal tuo corpo.
Le gambe che si stavano muovendo vicino a quelle di Mike, attente a non scivolare, non erano di Haleine, ma di un’estranea che le somigliava molto.
In ogni caso la mia storia con Calum durò per altre due settimane, ci divertivamo da matti insieme, ci baciavamo un sacco. Lui mi insegnava a giocare a FIFA, io gli insegnavo i miei segreti da fotografa.
Se le guardo adesso le vedo come l’unica raduna salva da un grande incendio, sono i miei ricordi migliori, la ragione per cui ogni mattina mi alzo dal letto. Spero sempre di poter tornare lì e di sentire le sue labbra carnose sulle mie, la sua mano grande e calda nella mia piccola e fredda, le nostre risate, le chiacchiere infinite su quello che ci sarebbe piaciuto fare: sogni, chimere, incubi.
Sospiro.
Come un anno fa la spiaggia pullula di falò e io sono ancora da sola, come sempre. L’unico che sento ancora con una certa frequenza è Michael e lui mi dà informazioni su Calum e dice che non è felice.
Beh, nemmeno io sono felice, mi dico, scavando una piccola fossa con un piede coperto solo dalle mie vans.
Mi manca da morire, darei la mia vita per ritornare a quando eravamo così ingenuamente felici e fiduciosi che potessimo stare insieme per sempre.
Quel periodo è stato come un sogno e tutti i sogni muoiono all’alba.

 
Le  prime avvisaglie serie dell’incendio sono arrivate in modo innocuo: Calum mi aveva invitata fuori a cena. Era una cosa normale, da quando stavamo insieme uscivamo spesso  per mangiarci una pizza o altro.
Che quella non sarebbe stata una serata normale l’ho capito dalla faccia che aveva quando mi è venuto a prendere: era scura come non l’avevo mai vista.
“Va tutto bene, Calum?”
Gli avevo stupidamente chiesto, lui non mi aveva risposto, aveva solo messo in moto la macchina e poi mi aveva portata al Mac dove eravamo andati a mangiare la prima volta che eravamo usciti insieme.
Ritirammo i nostri menù e poi si decise ad aprire bocca, sembrava non avesse non avesse minimamente voglia di farlo, che preferisse essere muto.
“Haleine, devo dirti una cosa.”
“Dimmi.”
“Noi non possiamo più vederci.”
Fiamme, fiamme ovunque.
“Perché?”
Avevo boccheggiato.
“Cosa ho fatto di sbagliato?”
Lui aveva tentato di stringere le mie mani tra le sue, ma io le avevo tirate indietro. In quel momento per me Calum non era più la luce che avevo imparato ad amare, era solo fiamma distruttrice, un pericolo.
“No, non hai fatto nulla di sbagliato, solo che il manager non vuole che ci frequentiamo. Pensa che sarebbe nocivo per la mia immagine.”
“E a me non hai pensato?”
Lui abbassa gli occhi.
“Avevi promesso che ci saresti sempre stato, che ogni volta avessi avuto bisogno avrei potuto contare su di te e che mi… mi … amavi.
Adesso scopro che mi hai raccontato un mucchio di bugie!”
“Non ti ho raccontato nessuna bugia, io…”
“Tu cosa? Invece di provare a combattere per noi hai piegato la testa e hai acconsentito a farmi uscire dalla tua vita. Mi hai mentito, Calum.
Hai detto e fatto delle promesse che sapevi di non poter mantenere, avresti fatto meglio a stare zitto!”
Mi alzai dalla sedia, trattenendo le lacrime e girai i tacchi. La mia cena era ancora lì, intatta.
Congelata nel tempo come tutte le belle parole che mi aveva detto il tizio con cui avevo diviso il tavolo.
Adesso stavo bruciando e nessuno poteva aiutarmi. Piansi sulle spalle di mia madre, parlai con Michael e mi feci consolare dai suoi messaggi, ma non era abbastanza. Niente era mai abbastanza, non avevo voglia di uscire, avevo persino smesso di andare nei miei amati boschi. Dedicavo tutto il mio tempo alla scuola.
Mia madre – dopo un primo momento in cui si era mostrata comprensiva – aveva iniziato a essere insofferente. Senza chiedere il mio permesso aveva iniziato a invitare a cena tutti i figli delle sue amiche. Io avevo partecipato a due cene e poi mi ero rifugiata nei miei amati boschi e avevo iniziato a fare una serie di foto spettrali e inquietanti dei posti a me più noti alla luce della luna.
Mamma non aveva gradito, avevamo litigato e ci eravamo dette di tutto; dal fatto che lei non avesse il diritto di intromettersi così tanto nella mia vita, al fatto che io ero una stupida a credere che un ragazzo famoso potesse davvero stare con me.
Le fiabe non esistono, Haleine. Mi  aveva detto aggiungendo benzina al fuoco. Adesso è tutto spento, io e lei ci parliamo a malapena.
Ormai siamo solo cenere.
Parlo con mio padre perché ha saggiamente deciso di tenersi fuori dalla questione, a mia madre invece non fa piacere che io continui a seguire il gruppo di Cal e la sua vita come una fan qualunque.
Il giorno in cui si è fidanzato con Demi Lovato ho pianto tutte le lacrime che mi erano rimaste, mi sono sentita sconfitta e dimenticata.
Adesso sono qui, ho in mano questa canna e tra poco la accenderò come un anno fa.
Per tutti quelli che sono partiti e hanno spezzato un cuore.
Per chi ha sofferto per una partenza come se gli strappassero un pezzo di cuore.
Per i pazzi.
Per gli strani.
Per chi vive all’inferno.
Per chi vive in un mondo fatto di cenere.
Perché chi vive senza una meta.
Per tutti quelli che non riescono a trovare il loro posto nel mondo.
Per chi è a disagio con i fighetti, ma non si trova nemmeno nelle idee e nei modi di fare dei cosiddetti alternativi.
Per chi dice di essere vivo, ma se lo guardi negli occhi vedi due orbite vuote che mostrano con una sorta di perverso piacere il cranio.
Per me.
Per te.
Per noi.
Per quello che avrebbe potuto essere e non è stato.
Click.
Una fiammella accende la punta e sento qualcuno che si siede vicino a me.
“Posso sedermi qui?”
“Quel posto è tuo e lo sarà sempre. Cosa ci fai qui, comunque?
Non dovresti essere da Demi?”
Lui storce il naso.
“Non ci amiamo, è solo una montatura pubblicitaria e io l’ho accettata perché lei mi ricorda te.
Abbiamo appena rotto.”
“E adesso cosa vuoi? Che ti consoli?”
“No, voglio tornare a quei quindici giorni in cui siamo stati insieme.”
“Per poi andartene di nuovo?”
“Sono tornato per restare e combattere per noi.”
Lo guardo negli occhi, riflettono le stelle e sono sinceri; io sorrido appena.
“Ne sei davvero sicuro, Calum?”
“Sì, ho anche litigato con il manager.”
Dovrei allontanarlo, lui per me è fuoco, ma sin da piccola ho sempre amato giocare con il fuoco.
“E va bene.”
Ci baciamo sotto le stelle come la prima volta che ci siamo visti. Dopo mesi sento di aver ritrovato il mio posto.
Sopra di noi un cielo pieno di stelle che – spero – ci proteggerà e che ci porterà solo luce, senza dolore.

 

   
 
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