Dedicata a Valentina, Ilaria e Serena.
Credit: Lana Del Rey – Summertime Sadness
Summertime Sadness – Late
is better than never
Kiss me hard before you go
Summertime sadness
I just wanted you to know
That baby you're the best
La battaglia di Hogwarts era terminata con la
vittoria dei buoni, ma nessuno in
realtà poteva definirsi un vincitore. Una guerra è una guerra a prescindere
dalla fazione scelta.
Sì, Lord Voldemort era stato battuto, ma a che
prezzo? Dopo quanto tempo? Non si contava il numero delle vittime e non solo
quelle degli ultimi scontri, ma dell’ultimo mezzo secolo. Il cattivo era morto, ma si era portato
molta gente all’aldilà, inferno o paradiso che fosse.
Harry Potter si era mostrato al pubblico per
annunciare la fine del terrore dei Mangiamorte, poi si era ritirato in un luogo
sicuro – sarebbe mai stato al sicuro? – che quasi nessuno conosceva. Si
vociferava che in realtà si trovasse a Godric’s Hollow, nella casa dove era nato, ma nessuno era mai
entrato né uscito da lì e la villa era ancora un cumulo di vecchie macerie.
Ronald Weasley aveva dato di matto quando le
richieste di interviste si erano fatte troppe e troppo pressanti. Voleva essere
lasciato in pace ed elaborare il lutto di suo fratello con la famiglia. Lui non
era un fenomeno da baraccone, non era fatto per quella vita e ora come ora era
l’ultimo dei suoi pensieri.
Hermione Granger, invece, dopo un breve periodo
trascorso in ospedale a causa di alcune ferite gravi, si era trasferita in un
centro estivo per gli studenti di Hogwarts. Il nuovo Ministro della Magia, Shaklebolt, aveva proposto di riunire i ragazzi e dar loro
un aiuto fisico, morale, psicologico e didattico in attesa che i lavori di
ristrutturazione del castello venissero terminati.
La ragazza, instancabile e sempre pronta ad aiutare
il prossimo, si era offerta di dirigere l’organizzazione del centro estivo e le
era stata data carta bianca senza alcun problema. Fu così che, in pochi giorni,
era stato allestito il campo in un vecchio villaggio turistico babbano abbandonato da anni. Si trovava “in mezzo al nulla”
– così l’avrebbe definito qualche ospite – immerso nel verde di monti
sconosciuti.
Inutile dire che il posto era stato rimesso a nuovo
con pochi, abili tocchi di bacchetta e il piano studi e consulto psicologico
erano impeccabili. Nessuno si sarebbe stupito nel vedere una tale eccellenza da
parte di Hermione Granger… se solo qualcuno avesse saputo che era opera sua.
«Non sono diversa da nessuno qui dentro» aveva
detto la ragazza davanti alla curiosità del Ministro, in visita al villaggio a
lavori ultimati.
Ma Draco Malfoy, questo,
non poteva saperlo.
Non sapeva che la mente e il braccio di quello
strano corso estivo appartenessero alla studentessa più brillante della scuola.
Non sapeva che era stata lei a disporre gli spazi in modo che stessero sempre
tutti insieme. Non sapeva che si era preoccupata di avere due psicologi
all’interno del campo per seguire i ragazzi e aiutarli a superare i traumi per
reintegrarsi al meglio nella società.
Non sapeva.
Così, quel giorno, quando aveva messo piede oltre
il cancello del villaggio, l’aveva fatto con un umore piuttosto cupo. Era
praticamente stato costretto a partecipare: Lucius
era stato condannato ad Azkaban – in attesa di poter fare appello – mentre Narcissa era agli arresti domiciliari nell’unica proprietà
che non era stata confiscata – Malfoy Manor era ancora sotto sequestro – e lui non aveva nessuno
a parte la zia materna che praticamente non aveva mai visto.
Alla fine il campo estivo era il meno peggio, si
era detto quando aveva ricevuto l’invito.
Non era pronto. L’avrebbe scoperto molto presto.
Non era affatto pronto.
I've got that summertime,
summertime sadness
Got that summertime, summertime sadness
«Potter, ecco dove ti eri rintanato.» Le vecchie
abitudini non muoiono mai. Draco non avrebbe mai ammesso di sentirsi solo e
disorientato, per questo, appena intravisto Harry Potter, l’aveva subito
raggiunto. Era un punto fermo per lui. Qualcosa di conosciuto.
«Malfoy.»
«Ti davano tutti per disperso dopo gli annunci
ufficiali» disse, senza alcuna acredine nella voce. I tempi delle schermaglie
verbali gli sembravano così lontani ora…
Harry alzò le spalle. «Non avevo motivo di darmi
ancora in pasto ai giornalisti.»
«Già» calciò via un sassolino colpendolo piano con
la punta della scarpa e si infilò le mani in tasca. «L’hai fatto tu questo?»
mosse il capo per indicare l’intero campo.
Uno strano sorriso comparve sulle labbra del
ragazzo. «Io non so fare queste cose.»
Oh, my God, I feel it in
the air
«Harry! Draco!»
Entrambi si voltarono nel sentire i loro nomi. Il
primo felice, il secondo perplesso. Draco?
Da quando?
«Hermione» c’era una dolcezza intima in quelle
poche sillabe.
Hermione Granger li raggiunse con un gran sorriso
in volto, nonostante il passo stanco. Draco sapeva che era stata al San Mungo a
causa di gravi ferite, ma se c’erano delle cicatrici, non erano in vista. La
gonna lunga nascondeva le gambe, ma le braccia erano libere e prive di
qualsiasi segno.
«Vi stavo cercando. Fra poco ci sarà una riunione
esplicativa.»
Draco non ascoltò il resto dei deliri da saccente
della Granger. Si diresse al punto d’incontr, in
mezzo al grande piazzale, intorno al quale erano stati disposti tanti piccoli
bungalow incantati internamente per quadruplicare lo spazio. Rimase in piedi tra
tanti volti conosciuti e tanti altri cambiati troppo nel corso dell’ultimo
anno.
Quando furono tutti presenti, si sentì più solo che
mai.
Kiss me hard before you go
Summertime sadness
I just wanted you to know
That baby you're the best
Fu la McGranitt a
spiegare la situazione: si trovavano lì perché molti di loro non avevano dove
andare. Hogwarts era in ristrutturazione e la professoressa garantì che sarebbe
stato tutto pronto ad accoglierli il 1 settembre.
Lì, al villaggio estivo, i ragazzi si sarebbero
messi in pari con lo studio, ma senza alcuna pressione: i libri di testo erano
a libero uso di ognuno di loro, non c’erano vere lezioni da seguire, ma
sarebbero stati organizzati gruppi per ogni materia.
Ci fu un brusio generale e un irrigidimento della
maggior parte degli ospiti quando furono presentati un uomo e una donna,
psicologi inviati dal Ministro in persona per accertarsi dello stato mentale ed
emotivo degli studenti. La guerra non era un gioco e le ferite non erano solo
fisiche. Tutti loro avevano perso qualcuno, visto cose che degli adolescenti
non dovrebbero neanche immaginare, partecipato attivamente alla guerra.
Draco pensò alla mano che aveva perso e che era
finita inghiottita dalle fiamme nella Stanza Delle Necessità. Pensò anche a
Neville Paciock, ancora ricoverato al San Mungo. Con
uno sbuffo quasi divertito riconobbe a quel disastro il merito di essere cresciuto
in quegli anni. Poi si rabbuiò, confrontandolo con se stesso.
Lui non valeva niente rispetto a Neville Paciock.
Hermione Granger era sempre presente. Draco lo notò
dopo una sola settimana: lei era ovunque, con chiunque, a fare qualunque cosa.
Aiutava a preparare i pasti, teneva lezioni di
tutte le materie, dava consigli extra a chi glieli chiedesse… ovunque lui si
girasse, lei era lì. Dopo tre settimane divenne quasi confortante quel
pensiero.
«Draco.»
Draco alzò la testa dal calderone sul quale stava
lavorando. «Granger.»
«Hermione» lo corresse lei. Sorrideva. Sorrideva
sempre.
«Hai bisogno di qualcosa?»
«No, volevo solo vederti» disse candidamente. «Cosa
stai preparando?»
Volevo
solo vederti. «Una nuova pozione per fermare le emorragie»
spiegò. «Al gruppo di pozioni l’altroieri hanno detto
che vogliono imparare nuove cure.»
Lei osservò gli ingredienti sul tavolo di legno e
annusò l’odore dolciastro che proveniva dal calderone. «Sei bravo. Sono
contenta che tu lo stia facendo.»
Oh, my God, I feel it in the air
«Non avevo altro da fare» fu la risposta borbottata
che le rifilò, senza osare guardarla direttamente in volto. Era sicuro di
essere arrossito e non sapeva spiegarsi il perché.
Aveva la strana sensazione, pensò osservandola
raggiungere un gruppo di studenti dei primi anni, che lei c’entrasse qualcosa
con quel campo estivo. Si comportava come sempre a scuola e non sembrava dare
ordini o dirigere alcunché, eppure… eppure quella sensazione non voleva andare
via.
In quel momento, osservando la disordinata chioma
bruna della ragazza che si allontanava sempre più da lui, Draco fu contento
della sua presenza lì.
Era così abituato a vederla sempre correre da una
parte all’altra, parlare, spiegare e leggere libri, che notò immediatamente la
sua mancanza. Avvertì chiaramente che lei non era al villaggio quel giorno. Era
come se potesse sentire la mancanza della sua aura.
Draco aveva parlato poco e con poche persone. Non
che lui rifiutasse i contatti umani, ma molti ragazzi non si fidavano e gli
stavano alla larga, oppure interagivano con lui il minimo indispensabile.
Andava bene così, pensò lui, cercando Potter con lo sguardo. Un passo alla volta. L’aveva detto la
Granger due giorni prima durante la riunione collettiva con gli psicologi.
Harry si girò sentendo qualcuno arrivare e non si
stupì di vedere che era Malfoy: si era accorto delle
sue scarse interazioni con gli altri, non gli sembrava poi così strano che
cercasse la compagnia di qualcuno con cui aveva sempre avuto un rapporto, seppur
strano, durante tutti gli anni trascorsi a Hogwarts.
«Hai bisogno di qualcosa?» chiese.
«Dov’è la Granger?»
«Non lo so» rispose in fretta Harry.
Troppo in fretta per i gusti di Draco, che
assottigliò lo sguardo. Per la prima volta da quando erano arrivati lì, quasi
un mese prima, non si fidava di lui. Sentiva che Potter gli stava mentendo e la
cosa non gli piacque.
«Va bene» si limitò a dire, per poi voltare subito
le spalle e allontanarsi da lui.
Quella notte non dormì bene. Anzi, non dormì
affatto. La Granger non si era fatta vedere per tutto il giorno e lui si
sentiva solo. Com’era possibile? Per
qualche strano motivo si sentiva legato a lei. Forse perché era stata la prima
persona incontrata al villaggio? Forse perché era sempre stata gentile con lui?
Draco si addormentò solo al sorgere del sole e si
svegliò dopo pranzo. La sensazione opprimente provata fino a poche ore prima
era sparita. Si vestì con calma e raggiunse un gruppo di studio di Difesa
Contro Le Arti Oscure. Hermione era lì, in piedi accanto a una ragazza del
quinto anno, a mostrarle come potenziare il suo Protegus.
Respirò una boccata d’aria e gli sembrò di non aver
respirato per mesi.
Kiss me hard before you go
Summertime sadness
I just wanted you to know
That baby you're the best
«Mi dispiace che il campo estivo duri solo due
mesi.»
Assorto nella sua cena da un’ora, Draco si
risvegliò a quelle parole. Davanti a lui c’erano due ragazze del sesto anno – o
era il quinto? Nessuno portava stemmi o divise lì – che parlavano tra loro.
«Anche a me» sospirò una delle due, bionda e con un
neo sul dorso della mano destra. «È quasi meglio qui che a Hogwarts.»
«A me piace non portare la divisa» commentò la
prima, una mora tutta ricci e lentiggini. «Non c’è nessuna differenza di classe
o Casa. In questo modo si eliminano i pretesti per litigare.»
L’altra annuì vigorosamente mentre si versava del
succo nel bicchiere. «Si potrebbe proporre di abolire le Case e le divise e
dividerci solo in classi. Come i babbani.»
A quelle parole la mora alzò gli occhi su Draco.
Lui avvertì subito il suo disagio. Non la biasimava, lui era sempre stato
razzista e suo padre – tutta la famiglia a dire il vero – era implicato con i
Mangiamorte da quasi tutta la vita.
«Immagino che i babbani
siano più saggi dei maghi sotto questo punto di vista.»
Quella risposta così non da Malfoy spiazzò totalmente non solo
le due ragazze, ma l’intero tavolo. Draco parlava poco, con tutti ora, ma poco,
e non esternava mai pareri ed opinioni personali di determinate questioni.
Sentirgli dire una cosa simile… praticamente un miracolo.
Hermione sorrise al tavolo accanto.
Il falò. Draco l’avrebbe amato e odiato al tempo
stesso per il resto della sua vita. L’avrebbe rimpianto e commemorato per
sempre.
La sera del falò, ovvero l’ultima del campo estivo,
era arrivata troppo presto per i gusti di tutti. All’inizio le esitazioni erano
state molte e riguardo molte cose. Tanti avevano sognato la fine di quei due
mesi, ora invece non volevano andarsene.
Giorno dopo giorno avevano apprezzato la semplicità
del villaggio e la tranquillità del luogo. Immersi nella natura, lontano dai babbani e dai maghi, al riparo da pettegolezzi e brutte
notizie… in quei due mesi i ragazzi avevano tirato un lungo sospiro di
sollievo. Avevano, per dirlo alla babbana, staccato la spina. Qualche mago dal
sangue puro ancora ignorava cosa significasse quella frase, ma sembrava calzare
perfettamente alla situazione.
Si erano rilassati, fidati, aperti gli uni con gli
altri. Non tutti avevano avuto colloqui privati con gli psicologi – Draco era
tra questi – gli le riunioni comuni erano state interessanti: quasi tutti
avevano partecipato, sicuri di poter solo ascoltare e non dover per forza
condividere sogni e timori intimi o ricordi dolorosi.
Draco, che ormai la cercava come l’aria che
respirava, attendeva solo l’arrivo di Hermione. Per lui la giornata non
iniziava se non la vedeva a colazione e non terminava se non la vedeva a cena.
Era diventata il suo punto fermo, la sua ancora, qualunque cosa fosse, la
sensazione che provava era positiva e non voleva lasciarla andare. Perché era
da tanto tempo che lui non si sentiva bene, da troppi mesi, troppi anni aveva
avuto la testa piena di pensieri non suoi e ora, finalmente, era libero di
essere se stesso.
E sentiva di doverlo a lei.
I got my red dress on
tonight
Dancing in the dark in the pale moonlight
Got my hair up real big beauty queen style
High heels off, I'm feeling alive
La sentì
arrivare ancor prima di vederla. Si voltò e per un istante il mondo non
esisteva più. Hermione indossava un abito rosso come le fiamme che illuminavano
la sera. Era semplice, ma sembrava l’abito più bello che Draco avesse visto
addosso a una donna. La gonna toccava le ginocchia ed era così ampia da
fluttuare in mille pieghe anche se lei stava ferma e non tirava un filo di
vento. I capelli erano semi raccolti, sempre in disordine, eppure dava l’aria
di essere la pettinatura di una principessa.
Nelle ultime tre settimane lei era mancata per cinque giorni complessivi. Ignorava cosa avesse
fatto, dove o con chi. Ogni volta, al ritorno, aveva l’aria stanca.
Probabilmente andava ad aiutare in altri mille posti, lei era fatta così. Non
se ne sarebbe affatto stupito.
«Draco.»
Quel sorriso.
«Ti sei agghindata per l’ultima sera?»
Fece una giravolta. «Ti piace?»
Annuì piano. «È un bel vestito.»
Sorrise di più. «Vieni, andiamo a fare due passi.»
Lo afferrò per la manica della camicia e lo
trascinò nella penombra, in un angolo isolato al riparo dagli alberi. Per un
attimo, Draco pensò che gli sarebbe saltata addosso.
«Come stai? Meglio di quando sei arrivato?» gli
chiese invece, appoggiandosi a un tronco con la schiena.
«Dimmelo tu» rispose, ancora divertito dal suo
pensiero precedente. La Granger non si sarebbe mai saltata addosso. Piuttosto
gli avrebbe puntato la bacchetta in mezzo agli occhi.
«Stai bene» affermò con decisione. «Decisamente
bene.»
Le sorrise, anche se velatamente. Si avvicinò di
due passi e stava per chiederle cosa avesse fatto nei giorni in cui non si
trovava al campo, ma qualcosa lo bloccò. I suoi occhi. Erano diversi. C’era
qualcosa di diverso nel suo sguardo, poteva dirlo senza esitazione.
Erano tristi. C’era una velatura cupa sul volto
della Granger nonostante lei sorridesse costantemente. Non seppe dirsi a cosa
fosse dovuta, ma la tristezza in quello sguardo lo colpì in pieno petto come un
fendente ben assestato. Faceva male.
Perché lui si era affidato a quella ragazza fin dal
giorno in cui era arrivato e neanche sapeva spiegarsi il motivo. Sapeva solo
che era così e non era sbagliato.
I think I'll miss you
forever
Like the stars miss the sun in the morning skies
Late is better than never
«Mi mancherai, Draco» disse a un certo punto lei. «Mi
mancherai sempre.»
Lui si sentì confuso per qualche istante. «Intendi
dire che non tornerai a Hogwarts?»
Hermione scosse la testa e un paio di ciocche si
liberarono dall’acconciatura approssimativa. «Parlo di questi due mesi. Sono
stati… belli, vero?»
«Sì» disse ancor prima di averlo pensato. «Sì, sono
stati belli. Ha fatto bene a tutti stare qui. È stato di aiuto.»
Lei si illuminò. «Sono contenta.»
La vide staccarsi dall’albero, togliere una foglia
che le era appena caduta sul capo e fissare gli occhi nei suoi come non aveva
mai fatto prima d’ora. «Sono contenta, Draco.»
Non aggiunse altro, gli rivolse quel suo sorriso
speciale e lo lasciò solo.
«Hermione…» sussurrò, ma lei era già lontana.
La vide due ore dopo. Era con Potter e si stavano
staccando dal gruppo. Gli parve strano, perché si stavano dirigendo in mezzo
agli alberi e loro due non avevano bisogno di nascondersi per stare insieme a
complottare come avevano sempre fatto. Qualcosa lo spinse a seguirli qualche
minuto più tardi. Non capì cosa e non volle chiederselo.
Si mosse cautamente, attento a non farsi sentire né
vedere. Non capì molto della conversazione, sentì poche cose che al momento non
riuscì a collegare tra loro.
«Te l’avevo detto» rimproverò Potter, ma non era un
vero rimprovero, non sembrava arrabbiato.
«Anch’io te l’avevo detto» rispose lei, quasi in
tono di sfida. «E avevo ragione.»
Draco cercò di avvicinarsi ancora, ma udì solo
Hermione dire una cosa strana.
«Mi sento bruciare» un sospiro. «Sto andando a
fuoco, Harry.»
Lo disse con una voce che non le aveva mai sentito,
poi vide Potter stringerla a sé in un abbraccio che aveva poco di amicizia e
molto di intimo. Si sentì un intruso. Uno stupido intruso. Cosa sto facendo?,
si chiese, prima di andare via, imbarazzato per una tale dimostrazione di
immaturità.
Hermione non si vide per il resto della serata.
I've got that summertime,
summertime sadness
Got that summertime, summertime sadness
Il mattino seguente c’erano delle carrozze fuori
dal campo. Tutti avevano la borsa in spalla e l’aria al contempo triste ed
eccitata. Quei due mesi avevano segnato profondamente l’intero gruppo, ma ora
erano pronti a tornare a scuola.
Hogwarts. Casa.
Hermione non era da nessuna parte, ma c’era Potter,
col volto che era una maschera di stanchezza e profonde occhiaie mal celate
dagli enormi occhiali rotondi. Draco lo guardò male, vedendolo sotto una luce
diversa, poi si diede dello stupido e salì sulla carrozza libera davanti a lui.
Il viaggio verso il castello fu breve e silenzioso.
Draco era totalmente immerso in pensieri e ragionamenti contorti e a malapena
si accorte del tempo trascorso a volare tra le nuvole.
Hogwarts era bella. Draco era sempre stato segretamente
innamorato del castello; scoprì di essere felice come il primo giorno e questo
gli diede la forza di cacciare in fondo alla mente i ricordi delle cose
terribili che aveva vissuto tra quelle mura.
Un
nuovo inizio. Doveva esserlo per lui così come per tutti gli
altri, professori compresi.
Mentre attraversava i corridoi, diretto ai
dormitori dopo aver avuto le classiche raccomandazioni da parte della McGranitt, Draco scoprì di sentirsi davvero diverso. Non
avrebbe scommesso nulla su un centro estivo per adolescenti traumatizzati. Due
mesi non avrebbero cancellato cinquant’anni di terrore. Eppure… un passo avanti
era stato fatto.
Sentì il bisogno di parlare con Hermione, o anche
solo vederla. Deciso a non comportarsi di nuovo come un bambino indispettito da
nulla, attese la sera. L’avrebbe vista a cena e avrebbero parlato dopo i
discorsi dei professori e le raccomandazioni su regole e lezioni.
Ma la cena non fu come l’aveva immaginata.
La Sala Grande era spoglia, completamente vuota. Un
fantasma disse che i tavoli sarebbero apparsi dopo il commiato a studenti e
professori caduti. In quel momento Draco alzò lo sguardo e vide lunghi drappi
neri coprire interamente le pareti della Sala Grande, a cui erano state appese
le foto di chi non era più tornato.
Non ascoltò davvero le parole della McGranitt, preferì pensare da solo alle vittime di quella
guerra che ora gli sembrava così assurda e inutile.
Quando la commemorazione fu terminata e gli
studenti invitati ad attendere qualche minuto in corridoio, Draco si soffermò
sulle fotografie. Non conosceva tutti gli studenti – o ex studenti – e alcuni
li ricordava solo di vista. Altri li conosceva bene. Uno di loro era stato suo
compagno da sempre e ancora aveva gli incubi in cui lo vedeva morire tra le
fiamme.
Stava per andarsene, quando notò una fotografia che
mai avrebbe pensato di vedere.
Cosa ci faceva lì?
Si avvicinò per osservarla meglio e gli si fermò il
cuore. Il viso. I capelli. Lo sguardo. Lei
cosa ci faceva lì?
Assalito dal panico, si voltò per cercarla
freneticamente tra la folla, ma senza successo. Non era in Sala Grande.
Weasley… non c’era. Neanche la sorella. Mancava anche Potter. Cosa diavolo
stava succedendo?
Corse in mezzo agli altri, chiamò a gran voce e
quando stava per raggiungere il dormitorio Grifondoro,
eccolo che apparve da dietro il ritratto della Signora Grassa.
«Potter!» lo attaccò letteralmente al muro. «Cosa
significa?»
Harry, per la prima volta, non fece nulla. Si
limitò a guardarlo con gli occhi rossi e lucidi e la disperazione dipinta in
volto.
Un altro strattone.
«Perché diavolo la Granger è su quel muro?!» gli
urlò in faccia e un paio di minuti dopo lo lasciò andare.
«Direi che è evidente» fu la piatta risposta che
ricevette. «Hermione è… lei… non è più tra noi.»
«Era tra noi fino a ieri sera!» gridò di nuovo.
«Cos’è successo?!»
A quel punto Harry piantò lo sguardo nel suo e si
fece serio. «Hermione è stata colpita da una maledizione. I sintomi non si sono
manifestati subito, quindi nessuno se ne era accorto, neanche lei.»
«Una… maledizione?» era confuso.
«Una volta avvertiti i sintomi era troppo tardi per
intervenire. Aveva i giorni contati.» Harry non sapeva con quale forza stesse
parlando, ma doveva farlo. Gliel’aveva chiesto lei e non aveva potuto rifiutare.
«Al San Mungo le hanno dato una scelta: aspettare ricoverata o vivere quel che
le restava come più voleva.»
A Draco mancò l’aria. Quando respirò di nuovo,
l’aria gli arse la gola.
«È stata lei a mettere in piedi il campo estivo. Ha
organizzato ogni cosa. Le lezioni, i gruppi, gli aiuti psicologici. Si è
assicurata che i genitori stessero bene e ha dedicato il resto dell’estate ad
aiutare il prossimo.»
Tipico di lei, pensarono entrambi.
«E quando spariva? Dove andava?»
Harry era quasi restio a parlarne. Da una parte era
come se stesse violando l’intimità della sua migliore amica, dall’altra era
legato da una promessa fatta tre mesi prima e doveva onorarla. Lo doveva a
Hermione, che era una sorella per lui.
«C’erano dei giorni in cui non stava bene» si
limitò a dire come spiegazione.
La rabbia iniziò a impadronirsi di Draco, mista
alla sensazione di stupidità che lo investì in pieno. Non aveva capito niente.
Di lei, di Potter, di quei due mesi… si sentì così stupido, così tanto stupido…
«Chi è stato?»
Harry deviò lo sguardo altrove.
«Potter» adesso era minaccioso. «Chi le ha fatto
questo?»
Niente avrebbe fatto dimenticare a Draco ciò che
lesse negli occhi di Harry Potter in quel momento.
«È stata tua madre.»
Oh, my God, I feel it in
the air
Telephone wires above all sizzlin' like your stare
Honey I'm on fire I feel it everywhere
Nothing scares me anymore
Niente avrebbe potuto colpire Draco più di quelle
parole. Mai, in tutta la sua vita. Sarebbero rimaste impresse nella sua mente
fino alla fine dei suoi giorni.
«Mia… cosa….» fece un
passo indietro. Colpa. Vergogna. Dolore.
«La morte di Bellatrix
l’ha fatta andare fuori di testa. Hermione era lì… non ha fatto in tempo a
proteggersi.»
Draco scosse la testa. Non poteva essere, non era
possibile… non sapeva neanche che sua madre potesse usare incantesimi simili,
su un’adolescente poi. La perdita di una persona cara può giustificare
un’azione simile?
«Ma lei, con me… questi due mesi…»
Harry provò pena per lui. Per qualche strano motivo
non riusciva ad arrabbiarsi con lui.
«Ha insistito tanto per farti venire al campo
estivo e non ha voluto che lo sapessi per non farti sentire in colpa» spiegò. «Voleva
assicurarsi che stessi bene.»
«No, io…»
Balbettò altro di incomprensibile per entrambi. Era
troppo, troppo in una volta sola. La guerra l’aveva lasciato solo.
Probabilmente sarebbe stato affidato alla zia filo babbana,
che era l’unica parente a cui far tenere d’occhio un diciassettenne senza genitori
e senza nulla in tasca.
Non aveva più una famiglia, aveva stroncato ogni
buona relazione sociale e ora che aveva appena tirato il fiato… sua madre aveva
ucciso l’unica persona che gli aveva dato aria nuova da respirare. La speranza
di un futuro che ormai non sognava più di avere.
Hermione
Granger gli aveva ridato la vita e sua madre gliel’aveva tolta di nuovo.
Senza vergogna, crollò in ginocchio, con gli occhi
sgranati e senza lacrime. Non riusciva neanche a piangere, non riusciva a fare
niente. Come poteva esprimere ciò che stava provando in quel momento?
«C’è una cosa che devo dirti» la voce di Harry
sembrava distorta dal dolore. «Hermione voleva che tu andassi avanti. Che non
ti fermassi. Che non ti facessi bloccare o condizionare da questa cosa.»
Non ricordò i passi di Potter che si allontanavano.
Non ricordò di essere tornato al dormitorio, così come non ricordò di aver
passato tre giorni e tre notti a fissare il tetto del baldacchino.
«Mi mancherai, Draco»
Come ipnoizzato, il
quarto giorno Draco si alzò, si rese di nuovo presentabile e si diresse verso
la saletta che qualcuno aveva detto – qualcuno che condivideva la stanza con
lui, non ricordava neanche chi – fosse stata riservata ai caduti di guerra.
Lei era lì. Radiosa come sempre, con lo sguardo
saccente e l’espressione furba.
«Hermione.»
Lei gli sorrise. E lui, finalmente, pianse.
Infine, si rialzò e rispose al sorriso.
«Grazie.»
I got my red dress on
tonight
Dancing in the dark in the pale moonlight
Got my hair up real big beauty queen style
High heels off, I'm feeling alive
Oh, my God, I feel it in the air
Telephone wires above all sizzlin' like your stare
Honey I'm on fire I feel it everywhere
Nothing scares me anymore
Kiss me hard before you go
Summertime sadness
I just wanted you to know
That baby you're the best