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Autore: Elissa_Bane    07/10/2014    1 recensioni
John ha trovato una compagna, Giulia. Se ne andrà dal 221 B solo quando sarà certo di aver lasciato Sherlock in buone mani. Ed è così che conosce Cecilia, troppo giovane per il dolore che ha già sopportato. Cecilia, che è in grado di competere con Sherlock. Cecilia, che ha cicatrici ricamate addosso.
Attenzione: Mary nella storia non è presente, non è mai nemmeno esistita. Tutti i fatti si svolgono dopo la 2x03
Genere: Angst, Drammatico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Watson, Mycroft Holmes, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Deduction Is Easy, Life Is Not.'
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Cercatevi una stanza

Capitolo 3

Angeli, demoni e pizza

Cecilia

Entrando in casa, il silenzio regna sovrano incontrastato.

-Sherlock è uscito stamattina- mi avvisa John, che mi sta aiutando a portare le mie cose nella stanza al piano di sopra.

-E?- non capisco. Io non dipendo da Sherlock e lui non dipende da me. Non abbiamo legami di alcun tipo, quindi non ci sono problemi sul fatto che lui sia fuori casa.

-Nulla, pensavo volessi saperlo- ancora non capisco. Ma ci sono cose che non capirò mai, ormai mi sono rassegnata.

Saliamo le scale e appoggiamo gli scatoloni sul letto, sul mio letto. John sbuffa e si siede sulla sedia posta dinnanzi alla scrivania.

-Sai perché mi sto trasferendo solo ora?- mi chiede e lo fisso attendendo una risposta che già conosco –Perché non volevo che Sherlock stesse da solo. Quando non ha casi per un po’ diventa irritabile e spara ai muri, si droga, fuma..-

-Lo so già, John- lo interrompo

-Volevo qualcuno che si prendesse cura di lui- finisce sospirando

-E quel qualcuno sarei io?-

-Tienilo solo fuori dai guai più grandi, per favore- Si vogliono bene quei due. Mi viene da sorridere a pensare a me e Giulia, a come siamo diventate amiche in poco tempo, fregandocene del classico rapporto medico-paziente. Ma lo stesso il ragionamento di John mi pare senza senso. Se desidero che qualcosa sia fatta, il modo migliore è farla da sola. Quindi perché lasciare a me l’incarico?

-Non prometto mai.- inizio a dire, e il suo sguardo si rattrista – Ma, prometto di provarci- Ora il buon dottore sorride.

-Grazie, allora se non hai bisogno di altro io vado: Giulia mi sta aspettando- reprimo un sogghigno vedendo i suoi occhi accendersi di gioia solo al pensare a lei. Se ne va ed io rimango sola.

Poi guardando la parete bianca di fronte a me, mi prende una strana ansia. Al piano di sotto ho lasciato pennelli e colore e corro a prenderli. Inizio a dipingere sulla parete l’angelo e il demone che si affrontano, nella loro eterna lotta per la supremazia di una parete bianca e senza che io vi faccia troppo caso la mattinata scorre via come acqua di una cascata.

E al rientro di Sherlock io sono ancora lì a dipingere, ma quando lui entra in camera sto dando solo gli ultimi tocchi di nero al quadro.

-Proporzionato- che commento sagace, io non l’avrei mai detto! Gli sorrido come si farebbe a un bambino e gli dico che sì, è proporzionato come tutti i miei quadri.

Ignora il mio tono di voce.

-Vestiti, stiamo uscendo.

Non mi muovo, sono stanca e mi lascio cadere sul pavimento incrociando le gambe, ignorando la sua affermazione.

-Alzati da terra.

-No.

-Non fare la bambina. Alzati.

-Non voglio uscire.

Esce dalla stanza e penso di aver vinto questa piccola schermaglia.

Errore: rientra e mi butta addosso il giubbotto.

-Detesto essere contraddetto- Le parole sono secche ma lui non è arrabbiato, sembra quasi divertito. Usciamo da casa e mi porta in una piccola pizzeria.

-Ti piace la pizza?- Strano, pensavo fosse più il tipo da cibi raffinati

-La adoro.

Mangiando parliamo, anche se lui non dice nulla di se stesso ed io non rivelo alcunché sul mio passato. Gli chiedo solo dei suoi casi, mantenendo la conversazione su un piano neutrale, e mi risponde con quella che già riconosco per la sua solita distaccatezza e semplicità. Raccontandomi alcuni episodi sorride e vedendolo capisco che non lo fa spesso. Tornando a casa parliamo, invece, di quello che piace fare a me e a lui, anche se molte cose le sapevamo già dal nostro primo incontro, anzi dal primo sguardo.

M’inizio ad abituare alla sua presenza, è stranamente rassicurante non dover sempre parlare. So che gli basta guardarmi per capire e vale lo stesso per me. È fin troppo rassicurante: non mi devo fidare di lui. Due anni fa ho promesso a me stessa che se fossi riuscita a scappare avrei fatto affidamento solo su di me.

Ho bisogno di spegnere la mente per un po’, quindi arrivati a casa salgo al piano di sopra preparando il borsone da nuoto. Scendendo le scale noto Sherlock seduto sulla sua poltrona in una posa statica, ma guardandolo negli occhi vedo la sua mente lavorare freneticamente.

-E’ il fratello- afferma, sicuro di sé come al solito

-Vado in piscina- per me la sua intuizione non è rilevante

-Lo vedo. Stasera non mi aspettare.

-Non lo farò- prometto. In fondo ho promesso a John che mi sarei presa cura di lui, non che sarei stata la sua balia: perché dovrei aspettarlo la sera?

Esco da casa e vado nella mia solita piscina. L’allenamento è estenuante ma almeno nell’acqua i miei sensi sono vagamente ovattati e riesco a liberare la mente, nonostante m’infastidiscano molto le continue vanterie del mio allenatore circa la sua nuova conquista. Prima di andarmene a casa, gli dico che non è lei che gli farà passare i suoi complessi d’inferiorità, ma lui non mi da retta e continua a pavoneggiarsi.

Sherlock non è ancora rientrato a casa, e decido di preparare la cena. Apro il frigo e una testa mozzata mi guarda dal ripiano. Spostandola vedo un piccolo foro di siringa sotto l’orecchio destro e dietro il formaggio.

Richiudo il frigo e mi appresto a infornare quando Sherlock rientra a casa fradicio di pioggia. Ferita di 4 cm superiore al sopracciglio, da arma a lama liscia. Claudicante per ematomi vari, ma niente ossa rotte.

-Il fratello non si è arreso, vedo- piano, non troppo vicina

-Logicamente; solo che non avevo pensato che potesse avere un coltello- John, credo che la tua promessa sia notevolmente più impegnativa di quanto pensassi.

-Veloce, in bagno. Inforno e arrivo.

-Hai aperto il frigo?

-Certamente. Il tuo pallido amico non è morto per il trauma cranico ma per un’iniezione di aria, comunque.

-Lo so benissimo- gli scintillano gli occhi –volevo solo vedere la tua reazione- afferma entrando in bagno.

Vivo con un uomo o con un ragazzino dispettoso?

 

  
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