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Autore: Nadie    07/10/2014    3 recensioni
Un giorno ha chiesto cosa fosse quell’amore ripetuto dai dischi in vinile di papà.
«Una cosa che aggiusta tutto.» gli hanno risposto.
«Come una super colla?»
«Proprio come una super colla.»
Adesso che il bambino che è stato lo ha abbandonato, capisce che gli hanno mentito.

[Ben e Prudence]
[La Legge del Resto - sentivo il bisogno di cambiar titolo]
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Temporale '
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5. Parole armate

 




Non sa nemmeno bene perché, come e quando di preciso, ma ora lui e la ragazza con gli occhi verdi sono seduti ad un tavolo di un piccolo bar vicino alla biblioteca, e la luce scura del mattino illumina il viso di entrambi.
Lei si mangia le unghie e lui tamburella con le dita sulla superficie del tavolo.
Manca qualcosa, manca qualcosa a quel momento.
Le parole!
Mancano le parole!
Ma dove sono? Dove diavolo sono andate a finire?
Occhi Bui cerca, cerca a fondo dentro di sé ma quelle dannate, dannatissime parole devo essergli rimaste incastrate in gola e recuperarle sembra quasi impossibile.
Ed Occhi Verdi? Le parole di Occhi Verdi che fine avranno fatto? Sparite anche loro?
Ma da quando le parole possono sparire? E di cosa sono fatte, poi?
Occhi Bui ci pensa su… di cosa sono fatte le parole?
Non ho la più pallida idea di cosa siano fatte le parole, non so chi è stato a creare tutti quei suoni e queste lettere e a metterle insieme e a far nascere montagne di parole, mari di parole, continenti, città, case, un mondo intero pieno di parole, non lo so e credo mai lo scoprirò, ma so che ci sono.
So che le parole ci sono, sono qui, tra me e te, dentro me e te, in questo bar e fuori da questo bar.
Ci sono.
Dappertutto.
Ed io ora le mie non le trovo, non le trovo, ma lasciami cercare, dammi un po’ di tempo e ti riempirò di parole, delle mie parole, te le regalo se le vuoi e con le parole, grazie alle parole, sistemeremo tutto ciò che è successo.
Parola mia.
Occhi Verdi è nervosa e tesa, tesa come una corda di un violino, si guarda intorno agitata e sta attenta a non far incrociare i suoi grandi occhi verdi con gli occhi bui del ragazzo che le siede di fronte.
Dell’uomo che le siede di fronte.            
Perché è ciò che è diventato, perché non c’è più un ragazzo in cerca delle sua pace interiore davanti a lei, non c’è più un ragazzino con i jeans sgualciti e sogni troppo grandi in testa davanti a lei: c’è un uomo.
E non c’è ancora nessuna traccia delle parole.
Almeno non delle loro.
Perché in quel bar, di parole, nonostante sia solo prima mattina, ne scorrono a fiumi.
Caffè macchiato come al solito, signore?
Sì, grazie.
Hai sentito cosa dice il giornale di oggi?
Puah, il solito schifo, che vuoi che dica?!
Buongiorno, signorina, le offro la colazione?
Grazie, molto gentile!
Questa città sembra un labirinto e se non conosci le strade a memoria ti perdi dopo due minuti!
Sei tu che non sai cosa sia il senso dell’orientamento, Dublino non ha colpe!
Oggi che turno fai al lavoro?
Fino a stasera, non so se reggerò!
Parole, parole, parole, quante parole che gli scivolano in testa e vorrebbe cacciarle via, via che non mi servite a niente!
«Sei sicuro di non sapere perché sei qui?» Occhi Verdi deve averle trovate prima di lui.
«No.»
«No?»
«No. Cioè sì.»
«E perché?»
«Dovevo darti questo.»
Occhi Bui infila la mano nella tasca della felpa e tira fuori una bustina trasparente con dentro qualcosa di verde.
Allunga la bustina verso Occhi Verdi e Lei la prende in mano.
«Ma è… è un quadrifoglio!»
«Sì, è un quadrifoglio. L’ho raccolto quando sono andato ad Amsterdam.»
Lei lo guarda dritto negli occhi per la prima volta e gli sorride.
Gli sorride.
Ha sorriso e lo ha fatto solo per me, quel sorriso è solo per me e allora continua a sorridere, non smettere mai, e se non smetterai mai ti prometto che abbandonerò tra le tue mani tutti i quadrifogli del mondo.
«Tu… tu mi hai regalato un quadrifoglio di Amsterdam?»
«No. Cioè sì. Insomma… io sono andato ad Amsterdam e c’era questo prato assurdamente verde, più verde di quelli che ci sono qui, e pieno di fiori e mi ci sono sdraiato sopra e ti stavo pensando… Cioè, no, io non ti stavo pensando, sei tu che mi sei venuta in mente, e proprio in quell’istante ho visto questo quadrifoglio e allora io…»
Lei gli stringe la mano e gli sorride di nuovo.
«Grazie.»
«Di niente.»
La stretta sulla mano di Occhi Bui si allenta a poco a poco fino a che Occhi Verdi non allontana la mano dalla sua.
«Sei venuto fin qui solo per darmi un quadrifoglio?»
«No, veramente ci sarebbe anche questo…»
Occhi Bui si infila di nuovo la mano in tasca e porge un biglietto stropicciato ad Occhi Verdi.
Lei lo prende e lo avvicina agli occhi, perché le scritte sono un po’ sbiadite e fa fatica a capire cosa ci sia scritto sopra.
«Ma è un biglietto della metro di Dublino. Aspetta… ‘timbrato in data 16 Dicembre 2006’ ma è…»
«Il giorno in cui ci siamo conosciuti. Anzi, la notte in cui ci siamo conosciuti.»
Lei posa lo sguardo su di lui e quegli occhi, quei grandissimi occhi verdi lo fanno sentire piccolo e fragile e debole e non riesce a sopportarlo.
Non può.
Non vuole.
Non deve.
«Benjamin…»
«No, no, aspetta, fammi parlare… lo so che sembro patetico, probabilmente lo sono, ma la verità è che dovevo partire, mi stavo per trasferire a Los Angeles, per il mio lavoro, per… per me, anche per me. Mia madre mi ha praticamente urlato dietro dicendomi che dovevo sistemare casa, camera mia, il mio armadio, dare una ripulita insomma e stavo frugando nelle tasche dei vestiti vecchi e l’ho trovato. L’ho trovato. Sedici Dicembre Duemilasei. L’ho trovato! E ho fissato la data per… per ore! Era lì, quel biglietto bastardo era lì, e mi sono messo a ridere come un matto! Ho ripensato a quella sera, a come mi sentivo vuoto, inutile ed incapace e a te che facevi finta di leggere un libro e ad un tratto ti sei messa a parlarmi di attese, di ottimismo e di metropolitane guaste e… ma ci pensi? Un biglietto, un biglietto vecchio di otto anni!»
Non sa cosa sta dicendo né cosa vuole dire, non sa cosa sta succedendo, gli manca il fiato, niente più aria nei suoi polmoni e davanti ai suoi occhi bui solo una ragazza con uno sguardo indecifrabile ed un biglietto sbiadito tra le dita.
«Benjamin, ascoltami…»
«No, lo so già quello che vuoi dirmi, ma non è così! Prudence, non è così! Io ci ho provato, ci ho provato con tutto me stesso a non pensarti, non pensarci più, e a volte ci riuscivo o mi illudevo di riuscirci ma non va, così non va. Non funziona, non… non ci riesco, ci ho provato e non ci riesco e ti ho odiata, non sai quanto ti ho odiata per tutto quello che mi hai fatto, che mi hai detto, che mi hai scritto… non ci riesco!»
«Mi dispiace.»
«Ti dispiace? Dopo tutto questo, dopo ciò che ti ho detto, hai da offrirmi solo il tuo dispiacere appiccicoso? Non ne ho bisogno, Prudence, puoi tenertelo il tuo dispiacere, non sono qui per questo.»
«No, infatti, tu sei qui solo per ottenere qualcosa che non avrai mai!»
Le parole non si possono mangiare.
Non si possono respirare.
Non si possono abbracciare.
Non ci si può fare l’amore.
Ma le parole possono essere facilmente usate come armi, a volte sono anche più devastanti e sbattono dritto in faccia come uno schiaffo forte dato da mani che mai avresti immaginato.
Se qui solo per ottenere qualcosa che non avrai mai.
Mani invisibili si sollevano davanti a lui.
Qualcosa che non avrai mai.
Palmi inconsistenti si accostano alla sua guancia inconsapevole.
Mai.
Uno schiaffo preciso, veloce, efficace.
Parole armate.
«Benjamin, non puoi, non puoi tornare qui con un biglietto vecchio di otto anni e sperare che torni tutto magicamente come prima: non funziona così!»
«Oh, hai ragione, a te non piace il contatto fisico! Forse era meglio se ti lasciavo una lettera.»
Occhi Verdi si alza veloce in piedi e gli si avvicina, e sembra così ferita dal sarcasmo affilato di Occhi Bui che le taglia la pelle e le taglia le parole.
«Lo vedi! Dopo otto anni tu continui a rinfacciarmi quella stupida lettera! Se hai bisogno di questa soddisfazione per andartene allora te lo dirò: non volevo, sono stata una stupida e non vado fiera di ciò che ti ho fatto, non avrei dovuto nascondermi dietro un foglio di carta. Ma non pensare di non aver commesso anche tu degli sbagli!»
Anche Occhi Bui si alza in piedi e sono così vicini, così vicini e invece di sputarci addosso parole amare perché non mi baci subito, qui, ora?
«Infatti sono qui per rimediare a ciò che non ho fatto prima!»
«Tu ci hai già provato, tre anni fa, e pensavo che dopo quello che ti avevo detto, dopo aver saputo che aspettavo un bambino… pensavo non saresti più tornato.»
«Hai pensato male, allora.»
«Non vuoi proprio arrenderti?»
«No. Assolutamente no.»
Occhi Verdi china il capo e sospira, poi rimette il quadrifoglio e il biglietto tra le mani di Occhi Bui.
«Stai perdendo tempo.»
Lui avvicina le labbra all’orecchio di Occhi Verdi.
«Per te posso perdere tutto il tempo della mia vita.» le sussurra, prima di rimetterle in tasca sia biglietto che quadrifoglio e uscire dal bar.
Ha cominciato a piovere sopra Dublino.






Hola, chicas!
Lo so che avevo promesso un notevole abbassamento di acidità e cattiveria, ma abbiate fede, abbiate fede che gli sfigati verrano fuori da questa crisi e da questo circolo vizioso di sfortuna(sò sfigati mica a caso!)!
Daje!
Per il resto non posso anticipà nulla!
Grazie come sempre a tutti i lettori, silenziosi e non, ricordate che i send all my loving to you!(sì, sto ascoltando i Beatles a palla e mi sono già beccata le urla dei vicini ingrati!)
Buona serata,
C.







 
  
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