.: La Mia Famiglia :.

 

Mi chiamo Hotaru Yugito ed ho otto anni.
Sono figlia di Nii Yugito e Hachi Yotsuji, ed ho i capelli biondi lunghi, gli occhi neri e la pelle scura.
Come tanti altri ragazzini della mia età sono orfana - cosa alquanto normale con due shinobi per genitori.
Mia madre, Nii Yugito, è stata uccisa da un'organizzazione criminale chiamata Akatsuki e mio padre, un membro del clan Yotsuji, ha fatto la sua stessa fine da quel che è trapelato in questi ultimi giorni.
Ho pianto per mia madre, l'unica che amassi in questo mondo, ma per Hachi no.
Lui non meriterà mai le mie lacrime.
Hachi era quello che ogni tanto si spacciava per mio padre - non lo mai chiamato Tousan e mai lo farò: non è mai stata una figura paterna per me.
Dico 'spacciava' perché l'ho visto pochissime volte in otto anni di vita e tutto ciò che so su di lui era frutto delle parole di mia madre e di sporadiche visite.
Posso affermare con tranquillità che i miei genitori - per quanto adorassi mia madre - erano strani.
Simili in quanto erano entrambi dei Jinchuuriki e degli ottimi ninja - fortunatamente ho preso da loro in questo, data la mia maturità e le mie doti - ma diversi per carattere e aspetto.
Il bianco e il nero erano loro.
Mia madre era una donna stupenda e intelligente, dalla pelle lattea e i capelli biondi, mentre Hachi era un casinista forse un po' infantile - nonostante la stazza da gorilla -, con la pelle scura.
Formavano una squadra sin da quando erano genin e non si erano mai separati - così diceva Kaasan, anche se data la scarsa presenza del 'Killer Bee' in casa la separazione c'era eccome - fino ai tragici eventi che hanno più che altro rovinato la mia vita.
Per il resto, non so che cosa provasse Hachi per Kaasan, ma era lei molto affezionata lui - anche se non capisco come si faccia ad amare un individuo del genere, era più normale odiarlo come spesso mi diceva.
Il loro rapporto, secondo le parole di mia madre, era il classico gioco d'amore e odio, ma il mio non era un gioco ed era odio e basta.
Non provavo alcun tipo d'affetto per lui.
Detestavo sua voce e il suo rap - in una parola: scadente.
Detestavo il suo aspetto - che sfortunatamente in parte avevo preso data la mia altezza strana per una bambina e la carnagione scura.
Non potevo stare in sua compagnia anche perché lui abbandonava sempre Kaasan.
Preferiva allenarsi per diventare forte e combattere con il Raikagesama - che mai chiamerò zio in quanto fratello di Hachi - o addirittura passare il tempo con quegli sfaticati, dementi, dei suoi allievi.
Mi ha cresciuta completamente mia madre ed è solo lei che amo ed anche se è morta non smetterò di farlo.
Così come per Hachi. Lui è morto e non smetterò di odiarlo.
Perché Hotaru Yugito è testarda.

* Sentì il campanello suonare e, sbuffando, si alzò abbandonando i suoi compiti.
" Arrivo!", dichiarò a voce alta di fronte all'insistente suonare.
Sentiva già di odiare chi stava dietro quella porta e, aprendola, scoprì di non sbagliarsi.
" Hachi!", esclamò, stupita e un po' seccata.
Perché era lì?
Non era morto?
Che fosse lo spirito venuto a perseguitarla?
L'uomo inarcò un sopracciglio.
" Chiamarmi Tousan per te non esiste?"
" Mai. E non iniziare con le tue rime.", ribatté Hotaru, anticipandolo.
" Che caratterino. E dire che avresti un bel visino."
La bionda fu tentata di sbattergli la porta in faccia a quella rima, ma c'erano delle cose che voleva sapere.
" Mi avevano detto che eri morto. Che ci fai qui?"
" Me la sono scampata per un pelo. E sono venuto a prenderti."
" Prendermi?", ripeté stupita. " Scherzi vero?"
Hachi scosse la testa e sorrise.
" Me ne vado da qui. Voglio la libertà e non ti lascio sola.", a quelle parole Hotaru gli sbatté definitivamente la porta in faccia.
Ma come si permetteva? Come?!
" Solo ora ti viene in mente che dei un padre?"
" Non dico bugie, ma è vero. Non ero pronto per fare il padre e forse non lo sono neanche ora. Ma sei tutto ciò che mi resta di Nii."
Non aveva parlato con quelle sue rime e sembrava ancor più serio del solito, tanto che la bambina esitò un attimo.
" Io ti odio.", esclamò, come se quello potesse farlo andare via.
Si era sempre dimostrata matura ma in quel momento si sentiva come una nullità.
" Non ti chiedo di volermi bene, ma di venire con me."
" No."
" Sono tuo padre, Hotaru!", con decisione l'uomo aprì la porta facendola cadere. " Cazzo. Scusa!"
La bambina sbuffò cercando di rialzarsi un po' dolorante, ma furono le gigantesche mani del padre a prenderla e sollevarla.
" Ti sei fatta male?"
" Sì, grazie a te Hachi.", ribatté acida.
" Io mi sto impegnando almeno. Tu non fai niente... ma guarda tu. Sto litigando con una mocciosa."
" Non sono una mocciosa!"
" Da come ti comporti sì."
" Ma senti chi parla."
Hachi restò un attimo in silenzio.
" Ci somigliamo più di quanto tu creda, Hotaru.", accennò un sorriso. " Sicura di non voler vedere il mondo?"
Viaggiare era sempre stato un sogno di sua madre, ma per via del villaggio non poteva allontanarsi...
Lei poteva realizzare il suo sogno?
" Sì.", rispose. " Ma non starmi appiccicato!"
L'uomo rise.
" D'accordo. Tanto sarò occupato a fare l'enka."
" HACHI! Smettila di dire stupidaggini!"
Di sicuro quel viaggio non sarebbe stato semplice, ma forse avrebbe aiutato padre e figlia a comprendersi meglio. *

.: Spazio di Miki! :.
Hotaru è ovviamente di mia proprietà e chiunque lo voglia usare dovrà chiedermi il permesso.
Avrei molte altre cose da dire, come il perche del nome di KillerBee o della figlia ma ora non ne ho voglia ù.ù
Se avete domande risponderò nelle risposte delle recensioni ù.ù
Bye!!