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Autore: thyandra    08/10/2014    5 recensioni
Spinoff della mia raccolta "Sotto lo stesso tetto - Convivenze moleste".
Un anno accademico dopo, Hashirama e Madara sono ancora (più o meno) vivi. Ma tra una sessione estiva che non perdona e un Uchiha che neanche conosce quella parola con la p, per quanto ancora lo si può dire, prima della bufera imminente?
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"[...]Così si ostinava a tentare di studiare al dormitorio, persino a luglio. Nonostante in quel periodo dell'anno rimanesse lì solo la crème de la crème del popolo studentesco. Beh, questo dipendeva dai propri gusti in fatto di crema, ovviamente.
Kinkaku e Ginkaku, per esempio, erano crème brûlée. Di quella scarsa, che ti servono nei ristoranti di serie c-- di Parigi. Erano crème brûlée, perché erano bruciati dentro. I loro neuroni, s'intende.
Poi c'era la crema diplomatica, come Madara. No, no, nessun sarcasmo di sorta. Quanto a diplomazia, avrebbe vinto il premio nobel per la pace, lui. Avrebbero dovuto farlo santo per non aver ancora spaccato i denti a nessuno dei suoi vicini, deh. Visto? Maledettamente diplomatico."
Genere: Comico, Demenziale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hashirama Senju, Madara Uchiha
Note: AU, OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Di coinquilini, morti che camminano e sessioni d'esame'
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A thera,
che mi aveva chiesto di continuare a scrivere di questi due e che è stata testimone di quel "nelle guance"
Quali guance? Beh, leggete.
L'umanità è spesso molto più stupida di quanto non si pensi.






 

Crème de la crème

 

Thump, thump, thump, thump, thump, thump, ahi cazzo, thump.

 

La stretta di Madara intorno alla sua matita gli fece sbiancare le nocche. Qualche intero secondo di silenzio, poi un urlo attraverso le sottili mura del dormitorio.

"Kinkakuuuuuu, dov'è il cazzo di disinfettante?"

Uno spasmo al sopracciglio destro, mentre Madara rileggeva per l'ottava volta il paragrafo. Piedi nudi che correvano rapidi da una parte all'altra della stanza, imprecazioni mezze soffocate.

"Kinkakuuuuuuuu! Il disinfettante!"

Madara considerò l'idea di cedergli il suo, direttamente negli occhi. Magari con un accendino in omaggio, acceso.

Focalizzò nuovamente l'attenzione sulle fitte righe scritte in piccolo, mentre Hashirama rincasava, richiudendosi la porta alle spalle, il sacchetto della spesa tra le mani.

Aveva quasi finito il paragrafo, quando si concesse il lusso di credere che per quel giorno la sua dose di inquinamento acustico fosse finalmente terminata. Aveva appena alzato gli occhi dal libro e aperto la bocca per borbottare qualcosa verso Hashirama, che la parete divisoria tra le due camere - la loro e quella dei due idioti siamesi - quasi non venne giù. Poi un urlo di dolore inumano, subito seguito da qualche altra imprecazione. La matita volò via dalla stretta soffocante di Madara, mentre Hashirama si limitò ad alzare entrambe le sopracciglia ad un livello che sarebbe stato comico, se il coinquilino fosse stato dell'umore giusto. Il Senju si voltò lentamente verso l'amico, un'espressione incredula spiaccicata sul viso.

"Forse dovrei andare ad assicurarmi che stia bene" offrì Hashirama, già alzandosi in piedi ed ignorando il cipiglio di Madara. "Qualunque cosa fosse, sembrava abbastanza grave."

"Spero abbastanza grave da rendere ovvio il suo danno celebrale", pensò Madara, avendo comunque il tempo di commentare un piccato e perfettamente udibile anche dall'altra parte "La chiamano selezione naturale", prima che Hashirama sparisse di nuovo dietro la porta d'ingresso.

C'era una legge che governava la vita universitaria, una sola, e Madara fingeva testardamente che non lo riguardasse, affrontando la questione nel classico modo Uchiha: se t'infastidisce e non puoi ucciderlo, fingi che non esista.

Così si ostinava a tentare di studiare al dormitorio, persino a luglio. Nonostante in quel periodo dell'anno rimanesse lì solo la crème de la crème del popolo studentesco. Beh, questo dipendeva dai propri gusti in fatto di crema, ovviamente.

Kinkaku e Ginkaku, per esempio, erano crème brûlée. Di quella scarsa, che ti servono nei ristoranti di serie c-- di Parigi. Erano crème brûlée, perché erano bruciati dentro. I loro neuroni, s'intende.

Poi c'era la crema diplomatica, come Madara. No, no, nessun sarcasmo di sorta. Quanto a diplomazia, avrebbe vinto il premio nobel per la pace, lui. Avrebbero dovuto farlo santo per non aver ancora spaccato i denti a nessuno dei suoi vicini, deh. Visto? Maledettamente diplomatico.

Beh, per farla breve: era metà luglio e a Konoha faceva un caldo tale che pareva che qualcuno avesse acceso un termosifone direttamente al centro dell'inferno, ergo il dormitorio era rimasto quasi deserto, in favore delle spiagge di Konoha. Chi era rimasto lì era egualmente spacciato: chi perché era un idiota senza speranza che continuava a farsi pagare la retta e l'affitto pur di guadagnare quella debole indipendenza (consistente per lo più nell'attaccare quadri vintage di volpi con nove code e tre zampe alle pareti, riuscendo in qualche modo a demolire il dormitorio nel processo), chi, come Madara, perché nel pieno della sessione estiva.

L'Uchiha si versò un'altra tazza del suo annacquato caffè economico da discount, borbottando un "hanno anche il coraggio di chiamarlo caffè", prima di tornare alla scrivania per reimmergersi nello studio.

Hashirama tornò in quel momento e Madara lo vide di qualche sfumatura più pallido del solito. Non che fosse il classico universitario color mozzarella, in ogni caso -come Madara-, quindi l'insolito contrasto fece alzare un sopracciglio al moro. L'altro lo considerò come il lasciapassare per blaterare dell'autostrada di perdizione dalla quale aveva appena ricevuto un veloce viaggio on the road.

"Non ci crederai mai" attaccò.

Chissà perché, Madara aveva la sensazione che ci avrebbe creduto, eccome. Si parlava di crème brulée, dopotutto.

"Kinkaku si è martellato un unghio mentre cercava di appendere i suoi quadri e, Gesù!, doveva fare davvero male perché non ho mai visto tanto sangue uscire fuori da una sola persona in tutta la mia vita e non la smetteva, cavolo, era solo un dito, che sarebbe successo se si fosse martellato in faccia e--" Hashirama interruppe il suo macabro soliloquio per inorridire temporaneamente di fronte alla crudezza della propria immaginazione. Madara avrebbe voluto commentare che per farlo, Ginkaku avrebbe dovuto piantare il chiodo con la testa -ed era abbastanza stupido da provarci - ma poi quel sadico pensiero lo intrattenne e se ne dimenticò. Hashirama riprese a parlare e l'altro si perse le prime parole, ancora distratto da quella deliziosa immagine -diamine, quell'idiota gli aveva reso impossibile concentrarsi per almeno un'ora e mezza- e non poté vietarsi di mettere su un ghigno, mentre rifletteva "Almeno gli darebbe un'aria più vissuta di quegli stupidi rasta da pseudo alternativo."

Si mise comodo, incrociando le braccia per sentire il resto di quello Scary movie dei poveri.

"...Si stava fasciando il dito, lamentandosi che quei chiodi fossero da buttare, quindi Kinkaku gli fa 'questo succede perché hai deciso di staccare i miei poster dei Green day.' e Ginkaku allora 'fanno schifo, quei poster' e Kinkaku 'sempre meglio dei tuoi quadri merdosi. Guarda, ti hanno pure quasi ucciso' e poi si sono messi a litigare, e in qualche modo alla fine Kinkaku ha deciso di appendere lui i quadri e--"

Hashirama si fermò per asciugarsi la fronte, ancora sotto shock.

"E c'erano ancora i poster plastificati per terra, ed era così arrabbiato che non li ha visti e c'è scivolato sopra, atterrando preciso sopra la faccia di quella volpe transgenica." Concluse, voltandosi a guardare Madara.

"Era ancora tutto intero?" chiese questi, neutro.

"Credo si sia lussato una spalla."

"Dicevo il quadro" chiarì l'Uchiha. Hashirama lo guardò come se stesse decidendo se fosse serio o meno, prima di arrendersi di fronte all'evidente faccia da poker del coinquilino. Sospirò pesantemente, gettandosi di peso sul letto e rimbalzando appena come uno yo-yo.

Madara decise che non gliene importava un accidenti in ogni caso e, prendendosi un secondo per stiracchiare i suoi arti atrofizzati nella lunga sessione di studio -o almeno, quella che nelle sue intenzioni doveva essere una lunga sessione di studio- per poi volgere l'attenzione alle sue dispense.

Sperò in un salvifico ed estremamente gradito coma indotto dal dolore -e se quest'ultima condizione medica non esisteva, gliela augurava comunque- stropicciandosi gli occhi cerchiati dall'eccessivo consumo di pseudo caffeina.

C'era una sola regola che governava l'universo universitario e Madara si rifiutava di chiamarla Karma. Non avrebbe ammesso mai che un suo qualsiasi atteggiamento potesse far congiurare l'universo contro di sé. Era bravo ad incazzarsi, ma non permetteva a nessuno d'incazzarsi con lui. Perché non esisteva legge al mondo che potesse vincere contro Madara Uchiha.

Con un ghigno soddisfatto a quel pensiero, cominciò a sottolineare a matita le parti da tenere a memoria, i suoi occhi che saettavano a destra e a sinistra sulla pagina stampata, imprimendo nella memoria le informazioni essenziali. Nessuno poteva più disturbarlo, dopo i due idioti siamesi.

Nessuno, tranne l'universo.

Hashirama scelse quell'esatto momento per ascoltare la musica dalla psp, ignorando volutamente gli auricolari ancora poggiati sulla vicina scrivania. Madara pensò di ricordargli della loro esistenza, tirandoglieli in faccia. Il Senju ebbe pure la presenza d'animo d'offendersi.

"E questo per cos'era?" disse, massaggiandosi il viso.

"Sport" rispose Madara. "Mi alleno per il lancio del coinquilino dalla finestra. Olimpico."

Hashirama non fece una piega. "Quelle cuffie sono rotte, Maddy."

"Olimpico." ripeté l'altro, scandendo bene, imperterrito, e sfidandolo ad un glaring-contest. Il Senju s'arrese subito, sospirando.

"Ma l'ho messa piano!"

"La sento fin dalla mia camera"

"Maddy, c'è una camera sola, lo sai..."

Madara gli lanciò uno sguardo tagliente, uno di quelli che aveva perfezionato in anni di baby-sitting al fratello Izuna durante il suo periodo di ribellione punk preadolescenziale.

"Non ascolterai quella roba senza delle cuffie, in mia presenza."

"Ma è quel gruppo che mi ha consigliato Mito e..."

Madara si finse sordo da un orecchio. "Non. L'ascolterai."

Ci sono giorni in cui ci si sveglia di buonumore, con in testa l'obiettivo d'essere produttivi e di rendere proficua la giornata. Non che Madara non ne avesse sperimentate di simili, ad accezione della parte relativa al buonumore. Hashirama, a suo dire, ne aveva vissute invece parecchie, con la sola differenza che "essere produttivo" per lui significava passare la giornata a migliorare i suoi punteggi ai videogiochi e scoprire quanto tempo un uomo potesse trascorrere su un letto prima di digievolversi in un'ameba. Stava ancora migliorando il suo record, diceva, anche se Madara riteneva che avesse raggiunto il rank ameba da molto tempo; dalla nascita, probabilmente.

Mattinate come quella erano rare e leggendarie, per uno studente universitario, ergo per Madara valevano di più di uno shiny nella buggatissima versione pirata di pokemon che Hashirama s'ostinava a giocare con il nintendo fregato di soppiatto al fratello.

Erano mattine rare e preziose, quindi Madara poteva dire con sicurezza che sarebbero andate perdute, perché la legge di Murphy mista al Karma era un duo pericolossissimo.

Ma stava divagando anche col pensiero, quindi si costrinse a concentrarsi.

"Tu. Uscire. Sole. Spiaggia. Fuori dai piedi." Disse, molto eloquentemente.

Hashirama colse l'argomento al balzo.

"Non posso" replicò, sconsolato. S'era ritratto un po' in se stesso, stile vongola, crogiolandosi nella propria autocommiserazione.

Madara si massaggiò gli occhi, attendendo che proseguisse con la sua inevitabile stupidaggine.

"Non sono in forma. Devo dimagrire nelle guance. Per questo ho comprato tutte quelle verdure."

Madara sbatté la fronte sulla scrivania, teatralmente, senza elaborare.

Nelle guance.

La prima volta che il coinquilino non faceva storie alla sua lista della spesa, tutto perché voleva eliminare il fantomatico grasso facciale. Gli veniva voglia di strapparsi i capelli. O stapparli a lui, per risparmiargli i soldi del barbiere. Si chiese se del grasso fosse finito anche nel cervello del Senju, avrebbe spiegato molte cose.

Quando riemerse dall'abisso della propria disperazione, disse, sarcastico: "Devi aver mangiato troppa crème brûlée."

Hashirama concordò, sconsolato e inconsapevole, tornando ad ascoltare tristemente la sua musica.

Madara non avrebbe mai ammesso ad alta voce che l'universo sapeva essere più stronzo di lui, se ci si metteva.

 











Angolo di thyandra:
Se vi state chiedendo se ero drogata mentre scrivevo questa cosa, la risposta probabilmente è sì. Ero in sessione estiva, che quindi è praticamente la stessa cosa. E perché la sto postando adesso, direte voi. Beh, perché l'avevo lasciata incompleta e adesso che è finito il mio primo, estenuante anno accademico mi sentivo in vena di festeggiare. Quindi mi sono calata di nuovo nei panni di questo cinico Maddy, perché in fondo a dargli voce sono io u.u E sì, cose del genere sono successe davvero. Senza quadri di volpi a nove code, ma con vicini di casa che giocano a calcio usando il balcone come porta. La mia intera vita è una convivenza molesta XD
Ah, sto postando questa "cosa" come oneshot, ma probabilmente la amplierò in una raccolta, se l'ispirazione (e lo stress) dovessero farsi sentire e se -soprattutto- interesserà a qualcuno. 
Se siete arrivati fin qui, quindi, fatemi sapere cosa ne avete pensato, nel bene e nel male! ;)

  
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