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Autore: hinakura_25    09/10/2014    1 recensioni
L'estate è ormai finita e la parte migliore dell'autunno, con i suoi cieli tersi e le foglie variopinte, non sembra voler indugiare a lungo. Sakura cammina guardando davanti a sè fra parenti e amici, attraversa silenziosa una città vociante che non sembra vederla, o ricordarla. Perché Sakura, a volte crede proprio che sia vero, è come Azoto: mediocre, incolore, strana. Troppo e allo stesso tempo non abbastanza complessa. Ma forse c'è qualcuno che la osserva da lontano, che vede in lei una primavera soleggiata dimenticata da tutti gli altri; qualcuno che vorrebbe prenderle la mano e accompagnarla fuori dal suo fortino di libri. E l'Azoto? Se non fosse un simbolo di imperfezione, bensì un compagno speciale pronto a seguirlo in una memorabile avventura?
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sakura Haruno
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Come Azoto
Salutando Settembre
Una tortora canta in giardino. Ascolto il ripetersi del suo verso per me familiare e gradevole, ma le prime foglie gialle sono già per terra, gli alberi iniziano ad essere spogli; so che fra poco la tortora non canterà più.
Vorrei che la sua voce sembrasse gioiosa, come una di quelle che ti sorprendono fra i rami fioriti di un giardino primaverile, o che ti accompagnano all’ombra di un pino marittimo nei pomeriggi di Luglio; invece giunge flebile, stanca, come il lamento disperato di una creatura cosciente della propria sventura, che geme per non essere soffocata definitivamente.
E intorno: non il cinguettio di altri uccelli, non il ruggito ritmato della risacca o lo stormire del vento, non le grida allegre dei bambini che giocano e neanche il ronzio delle api che mi fanno paura; solo il rombo di decine di motori e gli altri suoni tipici della città. Sono convinta che non siano tutti sgradevoli, ma come si può sentir cadere una foglia in mezzo ai rumori sgraziati del traffico delle sei di sera?
Con queste riflessioni l’autunno mi circonda nell’ultimo giorno di settembre e mi avvolge nella sua malinconia. Secondo me però bisognerebbe dividere l’autunno in due parti, e assegnare a una delle due un altro nome; autunno infatti vuol dire troppe cose: vuol dire cieli limpidi a ottobre e nebbia fitta a novembre, pomeriggi dorati pioggia ininterrotta per settimane, foglie dai mille colori e poltiglia marrone sull’asfalto bagnato.
L’autunno è malinconia. A dire il vero non mi dispiacciono le situazioni malinconiche, come un tramonto o il viaggio di ritorno di una bella vacanza, ma mi manca l’estate. Il vento, il sole, la libertà di braccia e gambe che verranno rese ancora più goffe da numerosi strati di vestiti. Ed io procederò a testa bassa, vivendo per raggiungere l’obiettivo che ho di fronte e stringendo sul cuore la manciata di ricordi che mi fanno rivedere ciò che amo tanto.
Sì, non solo so che cosa significhi “amare” (consiglio Lo Zingarelli, vocabolario della lingua italiana, Zanichelli Editore), ma so anche amare. Lo dico perché tutti gli altri non la pensano così. Mi vedono come una ragazza giudiziosa, per bene, forse un po’ simpatica e un po’ intelligente, brutta, ovviamente, e priva di tutti i sentimenti tipicamente femminili, quali il senso del bello e l’interesse per i ragazzi. Strana, con la testa piena di interessi assurdi come la chimica e la musica, ma non quella che va di moda adesso.
Su quasi tutti questi punti sono d’accordo e penso persino di poter integrare: maniacalmente giudiziosa (sto sempre dalla parte degli insegnanti per pura convinzione personale e detesto arrivare in ritardo), per bene… sì, credo di sì. Più che brutta! Io direi uno scorfano, con questi spaghetti rosa che ho per capelli e circa due metri di fronte, per non parlare del resto. Mediocre (questo non lo dicono di solito): sempre e comunque, forse l’unico aspetto in cui non sono mediocre è la mediocrità stessa; quando faccio qualcosa non sono né incapace né brava. Strana, ma di uno strano che gli altri non hanno voglia di scoprire, così passo in mezzo a gente che non mi vede. In poche parole sono come l’Azoto, l’elemento numero 7 è l’emblema della mia imperfezione.
Però non è vero che sono priva di sentimenti “da ragazza”.  Non lo faccio vedere perché mi renderebbe solo ulteriormente ridicola, ma dentro ho un uragano fatto di senso del bello, di poesia, di amore. Un uragano sempre più violento circondato da un muro, che lo tiene rinchiuso. È difficile dire quello che ho dentro, so solo che se non succederà qualcosa un giorno scoppierò; ma è come quando spero di incontrare per caso un caro amico in una città di centinaia di migliaia di abitanti, non succederà nulla.
Eppure ho un nome così bello: mi chiamo Sakura Haruno.
  
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