Cities Cream.
District 1.
La
campagna scorreva oltre il finestrino, aperto per metà, senza
rumori oltre quello dello sfrecciare dell’aria lungo i fianchi del
treno. Le foglie dorate degli arbusti rilucevano lontano, oltre i
ripidi pendii di ghiaia al cui centro correvano le rotaie e oltre una
piccola striscia di terra e rada erba che separava la campagna dalla
ghiaia artificiale, sotto uno degli ultimi soli estivi che
accompagnava il viaggio di ritorno; la campagna brulla, priva di
vegetazione alta e rada, lasciò spazio a file di pioppi quando il
treno entrò nella circoscrizione cittadina. Verdi e altissimi,
coprivano la strada con una ombra leggera attraverso la quale pochi
raggi filtravano.
Mancava ancora molto all’arrivo.
Sasuke
non aveva fatto altro che fissare fuori dal finestrino tutto il
tempo, ignorando Naruto e l’imbarazzo.
Non avevano deciso
nulla, nemmeno ne avevano parlato, per cui ogni futuro era immerso
nella incertezza totale e Sasuke non voleva proporre subito le
questioni.
Gli dava fastidio che Naruto fosse saltato su con lui
senza spiegargli nulla, come se tutto fosse semplice e non ci fosse
nessun problema da risolvere; Sasuke invece era pieno di paure su
come sarebbe stato da li a breve. Come diamine avrebbe fatto a vivere
Naruto! Domande che il biond-scemo sembrava non porsi.
In realtà
a Sasuke turbava il biondino stesso; lo turbava la svolta di coppia
che aveva preso la sua vita e aveva paura di cosa potesse
significare.
Aveva terrore di una relazione stabile, aveva paura
di avere vicino come mai aveva avuto una persona, non voleva
rischiare di perdere la indipendenza. Ecco, era proprio quello il
problema.
Sasuke non voleva smarrire l’indipendenza,
l’unica cosa che gli rimaneva in quella città schifosa, e una
relazione gli pareva potesse essere deleteria perchè non ne aveva
mai provata una; il biondo davanti a lui con le cuffie e gli occhi
chiusi si coloravano di catene se lasciava strada al
pessimismo che lo permeava.
In quei momenti non ricordava cosa
cosa aveva pensato, il piacere che aveva provato nell’aver vicino
una persona mentre viveva nei suoi pensieri, l’affetto che fissare
Naruto perso nelle sue faccende mentre scriveva o mentre pensava o
ascoltava musica o... Aveva scatenato in lui rendendolo felice di
esser immerso in sè ma con la certezza di aver qualcuno vicino per
quando avesse bisogno; non lo ricordava perchè sennò non avrebbe
avuto i timori di perdere la solitudine, che credeva esser la sola a
renderlo vivo.
Forse avrebbe imparato a convivere, pensava per
rassicurarsi.
Decise che era meglio interrogare Naruto per
provare a tranquillizzare la sua testa.
- Quindi che farai ora?
Naruto aprì gli occhi e si levò una cuffia. - In che
senso?
Sasuke dovette reprimere la voglia di tirargli contro la
valigia.
- A vivere, dobe, cosa vuoi che intenda?
Naruto
sollevò il mento in gesto di assenso e scoppiò in una calda
risata felice: - Non so, cercherò un lavoro subito dopo l’arrivo...
In poco dovrei essere a posto, qualcosa troverò! E se non ti
dispiace troppo, approfitterò di casa tua per dormire fino a quel
momento - gli fece l’occhiolino - mentre sopravvivo con i risparmi
che ho da parte!
Naruto distese la testa sul poggiolo del sedile e
sospirò mentre Sasuke tamburellava con le dita, infastidito dalla
nonchalance con cui Naruto si era catapultato in casa sua, ignaro di
cosa potesse significare per Sasuke doverlo ospitare e dover spiegare
a Itachi chi fosse quel pompato...
Digrignò i denti e sbuffò,
tornando a rivolgere lo sguardo fuori, non aveva ottenuto risposta.
Si intravedevano i primi segni del buio cementificato della città
nelle ampie strade a doppia corsia che correvano parallele al treno e
inquinavano la terra semplice della campagna; i raggi del sole che
cascavano sul cemento ne erano assorbiti mentre si diradava la selva
di mezzo che resisteva in pochi punti, solo dove gli alberi erano
più fortunati nell’individuare qualche nutrimento tramite lunghe
radici. Gli altri alberi erano meno fortunati: ne restavano solo rami
e basi dei tronchi tagliati per lasciar spazio all’uomo
-
Perchè hai deciso di venire, nonostante tutto?
Sasuke era
riuscito a chiederglielo. Naruto giocherellava con i cavetti delle
cuffie, torcendoli tra pollice e l'indice e facendoli scorrere tra le
dita tozze, respirava e non rispondeva mentre Sasuke osservava il
peso del progresso tornare a pesargli sulle spalle.
- Non ti
volevo abbandonare! - battè una mano sulla coscia - Mi giudicherai
un idiota però volevo tornare con te e starti vicino perchè io ti
- Un colpo repentino di tosse di Sasuke coprì la voce di Naruto - e
non intendo lasciarti più! Mi giudcierai una rottura, un peso ma
non mi frega perchè finchè non mi scaccerai ti seguirò con
discrezione non facendo nulla che possa dispiacerti... Vorrei darti
l’appoggio che ho capito ti è mancato, cancellare il brutto di
quello che ti grava.
Sasuke sorrise e Naruto pensò che fosse
felice di aver sentito quella risposta; in realtà Sasuke sorrideva
per l’ingenuità del biondo amante. Privarlo di cosa lo
attanagliava era una parola, i fatti che la realizzavano di certo non
erano alla sua portata nonostante non lo comprendesse mentre
pronunciava quella frase.
Sasuke sorrideva paterno come di un
figlio che sogna troppo in grande, ancora altezzoso verso Naruto pur
col tempo passato assieme.
Sasuke ripensava a Orochimaru, a
Itachi, alla difficoltà di realizzare sè, alla vuotezza di
un’esistenza al limite dell’umanità che in lui si rifletteva in
vacuità e acidità apatica, ripensava alla bonaria faccia di
Naruto e sorrideva. La malinconia traspariva dagli occhi socchiusi e
sognanti, non fissati su alcuna cosa, e lo faceva sorridere.
Naruto
era un burlone e gli piaceva per quello, anche se non capiva davvero
quanto profondi erano i mali... gli piaceva; era la sua anima
giocherellona e superficiale che lo faceva stare bene anche senza che
riuscisse a farsi comprendere. Accettava quel dazio per star bene e
non chiedeva più di ciò che poteva uscire delle capacità di
Naruto, non si approfondiva e nascondeva quanto più poteva di
fronte a quegli occhi cristallini.
Naruto sorrise in cambio e
rimise la cuffietta, Sasuke abbandonò la malinconia ed estrasse il
libretto dal borsello. Scrisse per il resto del viaggio, lo chiuse
solo nel momento in cui dal finestrino entrò la luce fioca dei
primi lampioni e il mondo tornò a essere completamente schiavo
dell’uomo. Non vi era più erba, solo cemento; la luce azzurrina
della notte si espandeva in ogni dove ombreggiando marciapiedi e case
e nascondendo alla vista il peggio della città.
Quando
entrarono in stazione, dal finestrino videro i primi edifici a dieci
piani ergersi in una serie di file progressive, lungo la linea della
collina su cui era nata la città, che gettavano ombra sulla
precedente e culminava in due grattacieli le cui punte erano toccate
in prospettiva dalla falce di luna prospiciente la città. Erano gli
ambienti ospedalieri della città, dove vi era solo la crema
dell’ambiente sociale e dove il verde dei parchi, curati con acqua
rugiola mescolata a banconote, introduceva a un piccolo pezzo di
purgatorio.
Sasuke non andava mai nel girone alto, dove
soggiornavano gli angeli decaduti ignari di esserlo e convinti di
essere sempre in Paradiso, perchè quando usciva preferiva
mischiarsi al momdo della stazione, dei piccoli pub, dei parchi con
siringhe e cemento come monumenti.
Il treno fischiò obsoleto e
si fermò con i freni che stridevano, la gente si trasse indietro
sulla banchina per non essere toccata dalle scintille rosse che dalle
rotaie schizzarono; Naruto scese, valigie in mano, e respirò l’aria
di città, guardò verso la cima del paese assaporando il fresco.
Sasuke non si fermò, valigia in spalla, e camminò rapido
fuori dalla stazione, inseguito da Naruto che gli corse dietro per
recuperare il terreno perso.
Sasuke era tornato.
Trasse
fuori dalla tasca il cellulare e chiamò un taxi per tornare a casa.
La città era uguale a come la ricordava, elettrica e spenta. Gli
edifici grigi, che di notte erano ricoperti di una patina bluastra
come il profondo mare al largo da qualunque terraferma, avevano i
mattoni a vista, l’intonaco caduto agli angoli imbiancava la base,
ed erano coperti di piccole crepe e fratture, i tetti mancavano di
tegole; i marciapiedi luridi di vecchie immonidizie erano pieni di
macchie nere acide e si alzavano quando le radici di un salice,
piantati come recupero urbano senza conoscere le caratteristiche
degli alberi che erano, irrompevano sotto il cemento crepandolo e
alzandolo.
Nei vicoli bui, i palazzi erano cresciuti troppo
ravvicinati nascondendo intere porzioni di città e obbligandole a
non vedere mai la luce, la gente scorreva evitando le luci dei
marciapiedi e a ttendendo che qualche estraneo vi passasse per
vendergli droga a poco; in questi vicoli le grate tenevano fuori dai
palazzi gli indesiderati mentre dentro dormivano in piccoli
appartamenti tutti uguali, tutti con le stesse carte da parati
strappate in alto e la moquette gialla piena di cenere, gli uomini
inferiori che popolavano la città e la facevano vivere delle
pulsioni vere e invisibili a chi credeva la città fosse tutta nella
parte alta. Erano loro che la mantenevano in vita, camminando piegati
a compiere il lavoro che permetteva a qualcun’altro di vivere
felici, sprecando il tempo per lavori inutili e drenanti l’anima;
tutti dormivano ogni notte perchè esausti per riuscire a sentire il
rumore degli scarafaggi che scorrevano come un fiume la notte.
Se
non eri di lì non notavi queste cose che la notte copriva di blu;
Naruto non le vedeva sicuramente ma Sasuke era troppo abituato per
non sapere bene la realtà.
Non voleva tornare in quella città
per così tanti motivi. Da subito, appena messo piede, aveva sentito
l’oppressione di un ambiente umano nervoso, coi denti scavati nelle
gengive dallo scorbuto e le dita perennemente in bocca a masticare le
pellicine, che nutriva parassiti e distruggeva i corpi di chi era
obbligato a circolare sotto l’asfalto recando come Atlante sulla
schiena il peso ripartito con gli altri poveri condannati della
città.
Suo fratello lo aspettava da qualche parte in alto,
diabolico nella cura dei soldi che le mani gli permettevano avere.
Sasuke spinse Naruto sul taxi e chiuse la portiera, diede
l’indirizzo di casa al tassista e appoggiò la testa al sedile
mentre Naruto, appoggiando i palmi al finestrino, osservava lo
scorrere frenetico delle luci di insegne della Grande Via Bassa; era
piena di negozietti pulciosi, dove ogni cosa era trattata, piena di
locali, il corrispettivo al negativo della Grande Via Alta che dal
secondo distretto superiore conduceva alla coma della collina.
La
GVB invece partiva da fuori la città e portava ai quartieri neutri,
quelli al livello zero sul mare; scorreva prima per i quartieri
peggiori, passava la stazione e saliva fino a piazza della Libertà,
snodo centrale della collina. Dall’altro lato la città era
speculare; Sasuke non la conosceva molto ma sapeva che era uguale a
cosa aveva visto di persona.
Il tassista fermò l’auto e il
tassimetro. Sasuke pagò e scese di fronte al cancello di una casa
colorata di verde, a pochi passi dalla Piazza, con due finestre al
piano superiore e nient’altro che i ricordi sulle facciate.
Itachi non si era mai trasferito perchè gli piaceva fare ogni
giorno la GVA e ripercorrere i passi della ricchezza, della opulenza
che penetrava in lui andando a lavoro; Sasuke odiava quella casa.
Naruto e Sasuke si fermarono sul cancello qualche minuto,
fissando uno la casa e l’altro la luna radiosa sopra i grattacieli
ospedalieri.
N/A.
Ben
ritrovati signori, signore, utenti di EFP!
La primissima long da
me pubblicata ha finalmente un compagno fresco fresco, che non
sarà probabilmente allo stesso livello perchè la trama si è
fatta più ostica da sviluppare e il sottoscritto con la capa non
combina a seguirla però spero che possa comunque piacere. XD
È
cambiato completamente il contesto: da spiagge e serate si torna a
lidi più consoni a penso molti di noi, tra città vita quotidiana
esami... Non so qanto possa piacere però si segue ciò che la
trama richiede per essere svelata! Quindi non prendetevela con me.
XD
Una nota: non sarà segnata da rosso perchè, per onestà,
ammetto che non ci saranno - il meno possibile, si intende idealmente
nessuna - scene sessualmente esplicite. È una precisa scelta per
due ragioni: mi sono stufato di scrivere scene erotiche avendo
raggiunto la saturazione e, siccome scriverle mi provoca tedio
e mi rallenta notevolmente, ho preferito eliminarle dove non
necessarie ma anche in quei casi sarà più il fatto capire che non
il detto; secondo, vorrei che a seguire questa fic fossero solo
coloro che cercano una trama, banale e brutta ma pur sempre trama, e
non uno sfogo. Capisco chi lo fa per questo certo solo che... Vorrei
che a leggere si cercasse prima di apprezzare l’impegno
nell’offrirvi qualcosa di più oltre il sesso... (?)
Le enormi
note son finite, andate in pac... Ah, se vi va passate a lasciarmi
qualche recensioneeeeee se vi aggrada o se volete criticare o dar
consigli qualunque cosa sarà graditissima :3
Bye
bye,
Bidirezione.