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Autore: MartiM_04    09/10/2014    0 recensioni
"Parole rubate a grandi maestri del passato, discorsi carichi di un valore ideologico che farebbe invidia al più brillante dei professori , frutto di giorni passati ad imparare concetti filosofici scritti su pagine ingiallite di vecchi tomi. Dai l'impressione di essere qualcuno che non ha dedicato la propria esistenza a nient'altro se non al sapere, un tipo interessante. Ma ricorda, Arianna: c'è gente che ti conosce anche nella vita reale."
C'è la possibilità che la vita che si conduce non sia altro che una copertura di quella realtà nascosta che davvero ci spaventa e da cui non facciamo altro che fuggire, e che solo un viaggio nel proprio passato può rivelare?
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Martedì  15 aprile. Ore 8:09.
Il marciapiede là fuori cominciava ad essere vissuto anche oggi . Passi stanchi e svogliati, quasi meccanici ,cominciavano a marcarlo per poi fermarsi davanti alla scalinata principale. Quel giorno, come sempre d’altronde,  i tanti ragazzi fermi difronte all'entrata, non permettevano la visione dell'enorme portone a tratti corroso dalla ruggine, quasi come se fosse loro intenzione farlo scomparire. Per la forte voglia di non voler entrare, ovviamente.  Sapeva però, che entrare lì dentro era sua priorità quella mattina; quella mattina, come per tutti gli altri giorni, la scuola era l’unica ragione per cui si buttava giù tanto in fretta dal letto, ad un orario che pochi definirebbero umano tra l’altro. Come è solito, si fece strada con maestria fra quella calca di giovani speranze ancora vive senza che essi si muovessero di un millimetro, facendo in modo, anzi, che si voltassero distrattamente  chiedendosi per un momento il motivo di quei suoi movimenti fluidi e repentini. Pensieri e commenti sentiti e risentiti, che avevano poco conto. Raggiunse L’ingresso salutando qualcuno distrattamente  lasciando che il suo saluto si perdesse in quella massa di parole e fumo da sigaretta, lamentele, chiacchiere varie. Poi, il silenzio. La differenza tra dentro e fuori era epocale ,il caos contro calma e ordine: come poi spesso accade per le persone ,pensava. In realtà però, ciò che si celava dietro quella calma contenuta da ogni individuo, angolo e muro nella scuola era una inspiegabile senso di inutilità, cosa che portava alla classica svogliatezza tipica di tutti coloro che ne fanno parte. La campanella per l’ingresso era suonata da qualche minuto, ma come al solito lì dentro non c’erano che lei, i bide .. collaboratori, si correggeva sempre, qualche studente troppo desideroso di studio o forse troppo entusiasta di fuggire a quella folla mangiauomini,  e gli altri professori tranquillamente intenti nel firmare per l’entrata o sorseggiare un caffè tra una chiacchiera e l’altra, tanto presi da ciò che facevano da sembrare quasi superiori a tutto il resto. Come sempre, per lei era diverso invece. Dato il buongiorno e  firmato il registro delle presenze si trascinò verso il banco professori molto più velocemente del solito, esclusivamente per lanciare uno dei suoi saluti sfuggenti  a Marcello, che era così caro da salutarla sempre: voleva ricambiare e basta, non poteva tardare alla lezione della prima ora, un ritardo che forse però i suoi alunni avrebbero molto gradito. Dopotutto, era solo un secondo lunedì.
Dopo aver colto con la coda dell'occhio il saluto del collega e averlo ricambiato con un mezzo sorriso, si diresse verso l’aula due con più calma, ma non troppa; vedendo che nessuno dei suoi alunni era ancora entrato. Come aveva immaginato nella classe regnava il buio, ed era suo compito il martedì mattina alla prima ora, far ritornare la luce spalancando per prima le finestre oscurate: certo, solo dopo aver salutato Enea, che era sempre il primo srudente ad arrivare e a farle compagnia. E così si diresse verso la cattedra, fingendo di aprire il registro per appuntare qualche nota benché non ci fosse nessuno, giusto per non farsi trovare con le mani in mano quando sarebbero entrati ad uno ad uno i suoi alunni da un secondo all'altro: in realtà, come sempre, aspettava solo di mettere in moto la mente con le lezioni , come Enea aspettava paziente la sua insegnante di supporto, disponendo ordinatamente la cancelleria sul banco. Era sul punto, infatti, di parlargli quando due ragazze si staccarono dalla calca che aveva preso ad invadere i corridoi molto contro voglia ma allo stesso tempo in maniera frenetica, ed entrarono in aula, seguite poi da altri cinque ragazzi, e ne sarebbero arrivati ancora. Alcuni esordivano con un semplice “Buongiorno” venendo ricambiati, altri con un “ ‘giorno Prof..”, al quale un sorriso bastava come risposta, ed altri ancora semplicemente con un lieve gemito di disperazione ed odio per quei banchi giallastri lì difronte a lei, ed anche in questo caso, un buongiorno bastava come risposta. Piano piano la classe cominciava a riempirsi di voci diverse l’una dall’altra, le quali a prima mattina portavano avanti discorsi incentrati sulla difficoltà della giornata e sul frequente tema “ cosa avevo bevuto quando ho scelto questa scuola”, accompagnato solitamente da una o due imprecazioni, alle quali rispondeva semplicemente con un’occhiata sfuggente, provocando lievi risatine qua e là. C’erano quasi tutti, e li scrutava leggermente ad uno ad uno per controllare che  tutto fosse apposto come al solito, sempre intenta nel fare qualcosa, per non dover fermarsi e riflettere troppo alle prime ore di una lunga mattinata: ora beveva con calma qualche sorso d’acqua con lo sguardo chino, come se dovesse rigenerare le corde vocali dopo aver parlato tanto. La posò, accorgendosi che non erano state parole, ma tutti solo pensieri.
Il mormorio si faceva più intenso, alcuni erano già seduti, alcuni la guardavano , forse intenti a rivolgerle la parola. Inoltre, erano quasi le 8:20: era decisamente ora di cominciare anche oggi. Dosò la voce in maniera tale da far diminuire il mormorio, ma non troppo:<< Siete tutti ragazzi?>> esordì, tirando sù le maniche del maglione rosa slavato lentamente. Nessuno rispose, se non con qualche altro gridolino di disperazione poco acuto. Riprese << Terza G? Cominciamo velocemente forza>>. Ancora, nessuno sembrò ascoltarla, nonostante ora avesse cominciato ad alzare le braccia molto pacatamente facendo cenno di smettere di parlare, accompagnato da una smorfia di fastidio, ma senza scomporsi o agitarsi: non lo faceva mai. Qualcuno però, finalmente rispose<< No prof! Aspettiamo gli altri e poi cominciamo!>> disse Walter indicando gli otto banchi vuoti alla sua destra. Come sempre, Walter aveva qualcosa in contrario. In risposta, annuì distrattamente per poi tornare dietro la cattedra ed osservare la scena da li: Walter, che aveva appena parlato, con un sorriso a trentadue denti si avventò sull’amica accanto, abbracciandola e pizzicandole la guancia, mormorandole che ormai era giunto il momento in cui avrebbe preso il suo primo 3. Capiva che oggi era una giornata particolarmente pesante. Dall’altro lato invece, dietro gli otto banchi ancora vuoti, Monica cercava invano di raggiungere il suo banco spostando la sedia del compagno, che se ne stava pesantemente accasciato sulla sua sedia, con sicuramente nessuna voglia di compiere il minimo movimento, mentre Andrea , dall’altro lato, rideva. Era sicuramente una situazione comica, ma non poteva permettere si facessero male:<< Mirko.>> disse alzando lievemente la voce per farsi sentire lì all’ultimo banco ed accompagnando quel nome con un’occhiata di disapprovazione. E il ragazzone si spostò facendo passare la ragazza, che raggiunse l’amica ancora presa dalle ultime risatine. Gli otto banchi lì davanti ora cominciavano a riempirsi a poco a poco e intanto aumentava la sua speranza di poter cominciare al più presto: Quella lunga attesa diventava piano un’agonia, che le invadeva ogni angolo del corpo lentamente ora, dando origine al movimento vero e proprio: Iniziava a camminare nervosamente avanti ed indietro. Ed è proprio vero quindi che tutto è mosso sempre da qualcos’altro, pensava. C’erano finalmente tutti ora; non curandosi di rispondere se non con un cenno del capo a tutti quei “ scusi il ritardo” riprese l’agognata parola: << Siamo tutti? Si, ora siamo tutti.>> il mormorio continuava<< Ragazzi, please>> ora si erano aggiunte delle risatine. Si fermò allora, portando il dito indice sulla bocca serrata, sapendo che era l’unica maniera per far tornare il silenzio. E infatti a quel gesto seguì lo spegnimento di quel fervore mattutino, che continuò comunque a ribollire lievemente; ma era sopportabile. << Bene>> riprese << Possiamo andare avanti con la politica di Aristotele? Certo>> disse voltandosi verso la lavagna non curandosi dei tanti versi e gemiti di assenso e polemica ricevuti: la filosofia dopotutto, non aveva mai destato troppo interesse tra i liceali. Come sempre però, per lei era stato diverso. Era quasi sul punto di cominciare a scrivere, quando una voce si distinse nel mormorio che era ritornato << Prof, lei è davvero instancabile: ha spiegato ieri!>> ringhiò Walter con una voce al limite dell’esasperazione, e lei sapeva che qualunque altro insegnante non avrebbe esitato a spedire il ragazzino a far compagnia ai ragazzi della seconda ora ed ai bidelli, ma si limitò soltanto a lanciargli un’occhiata grigia, alla quale seguirono parole sussurrate : “La filosofia è vita, ragazzi”. E con il lieve sorriso ancora sulle labbra e gli occhi azzurri ancora lucidi per l’entusiasmo, che non dava a vedere, cominciò a scarabocchiare qualche bianca parola sullo sfondo nero, non curandosi dell’improvviso cessare del mormorio alle sue spalle, che stranamente non aveva interrotto lei, né del fastidio che il gesso le provocava alle dita; tanto era presa da ciò che stava facendo, ma forse più da ciò che aveva appena detto, come d’altronde lo erano anche gli altri. Era straordinaria la capicità con cui riusciva a zittire chiunque, anche il più sfacciato degli individui, con una sola frase, ma ancor più straordiario era il modo in cui riusciva a risvegliare pensieri che si riprometteva di tralasciare ogni giorno, appena sveglia. E dunque ecco qua: un'aula dai colori spenti e l'intonaco rovinato in cui riecheggiava il suono di una forte ed acuta voce che con entusiasmo e fluidi movimenti (nessuno si spiegava perchè non riuscisse a star ferma, in nessun momento) raccontava il pensiero di un maestro del passato, accompagnata ora da un fastidioso mormorio, ora da qualche risatina, ora da qualche lamento dovuto alla noia della situazione. Si, eccolo qua: solo un normale secondo lunedì.


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Spazio Autrice
Salve a tutti! Innanzitutto volevo ringraziarvi per aver scelto di leggere questa storia e di dedicarle del tempo, per me è molto importante, come lo è la vostra opinione (positiva o negativa che sia), quindi non fate complimenti nel lasciare una recensione.
Questa storia è molto importante per me, non solo perchè è la prima che pubblico, ma anche perchè il suo contenuto ha un grande significato.
Okay, devo ammettere che come  prologo non è esattemente il massimo a livello di intrattenimento, ma il mio intento era quello di descrivere in un primo momento il carattere di questo personaggio tramite la descrizione di una sua giornata tipo. E si, è una professoressa di filosofia. So perfettamente che questo forse potrà far sembrare il tutto troppo serio, perfino noioso, ma vi assicuro che non parlerò solo di scuola o di vita liceale ( non ne ho la minima intenzione. Sono ancora alle prese con libri e ore interminabili di studio. Parlare di scuola è il mio ultimo scopo) e che in questo piccolo noioso personaggio è nascosto un mondo intero. Solo, abbiate pazienza e capirete di cosa sto parlando. In conclusione volevo ringraziarvi ancora e spero che questo primo capitolo (come i seguenti) sia di vostro gradimento. Un bacio :)
  
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