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Autore: Akiko chan    22/01/2005    13 recensioni
Un lancinante, acuto, crudele dolore, che l’aveva toccata nel profondo. Un dolore che sarebbe rimasto in lei come una traccia indelebile e che l’avrebbe accompagnata per il resto della sua vita. Un dolore totale che non avrebbe mai più dimenticato.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Taro Misaki/Tom
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO XXVI.

 

A tutte coloro che hanno seguito, sostenuto,

criticato, apprezzato e (spero) amato

la storia di Tom e Andree.

Per voi.

 

Andree fissò a bocca aperta i lineamenti eleganti dell’uomo seduto di fronte a lei su una delle poltrone di damasco blu notte del suo ricercato salotto. Attese qualche istante prima di parlare, nella speranza di scorgere un sorriso ironico sul volto del suo interlocutore o un qualsiasi altro segno che le rivelasse che si trattava di uno stupido scherzo, che quell’assurda richiesta era solo una burla ideata per qualche recondita ragione che non le era dato sapere.

 

Ma non vi era traccia di incertezza o di scherno sul volto deciso di Julian Ross.

 

Il calciatore divaricò lentamente le gambe, facendo frusciare i pantaloni scuri di fustagno contro il tessuto pregiato del divano –Vorrei una risposta- insistette laconico protendendosi leggermente verso di lei e fissandola dritta negli occhi in modo da sollecitarne una risposta sincera e definitiva.

 

Andree deglutì a vuoto per l’ennesima volta, rifiutandosi di accettare il fatto che lui fosse tremendamente serio. Prese tempo afferrando il bicchiere di digestivo e portandolo alle labbra, fingendosi intenta a decifrarne il gusto. Ne bevve un lungo sorso poi, decidendosi a saggiare concretamente le intenzioni del difensore nipponico, disse - Ti rendi conto di quanto sia folle la tua richiesta?- la sua voce risuonò stonata  ed innaturalmente controllata alle sue stesse orecchie, ma la donna si impose di non farci caso e di continuare ad ostentare una tranquillità che era ben lungi dal provare.

 

 -Scusa lo so che ti sto chiedendo molto ma…-

 

-Non ti scusare- lo interruppe dura, appoggiando bruscamente il bicchiere sul basso tavolino - Spiegami i tuoi motivi, solo così potrò convincermi che tu non sia impazzito del tutto- lo attaccò squadrandolo con freddezza –Julian, sinceramente non credo tu ti renda conto …-

 

-Mi rendo conto benissimo invece- replicò il calciatore senza la minima sfumatura d’indecisione nella voce -Amy ti ha sparato, ha tentato di ucciderti ed è giusto che paghi per quello che ha fatto … tentato di fare … per fortuna …- esitò un istante giocherellando nervosamente con la cinghietta dell’orologio –Ma ti chiedo egualmente di ritirare la denuncia a suo carico- proseguì infine lanciandole l’ennesima, penetrante occhiata.

 

Andree fece una smorfia disgustata -E sentiamo, che dovrei fare seconde te? Dire che mi sono inventata tutto?- sibilò tra i denti incapace di eliminare il pungente sarcasmo che ormai trapelava eloquentemente da ogni sua affermazione - Che non è stata lei a spararmi, quando invece sappiamo tutti che lo é stata? Accidenti lo ha anche confessato!-

 

-Dì che ti sei sbagliata, chiedi al comandante Navarra di sistemare le cose, so che siete molto amici…-

 

-Perché?- chiese sempre più disorientata dalla cocciutaggine dell’uomo – Perché mi chiedi questo? Quella donna non ha solo tentato di sbarazzarsi di me- proseguì accalorandosi e, incapace di sostenere oltre la tensione, saltò in piedi -Ma ha anche confessato di essere stata lei ad alterare le analisi dei tuoi quattro compagni! Ha fatto passare dei momenti terribili a quattro persone innocenti! Innocenti, maledizione! – imprecò volgarmente nonostante la rigida educazione che le era stata impartita, incapace di trattenere la furia che sentiva montarle dentro ad ondate sempre più violente. -E io che li ho accusati di essere dei drogati! –

 

Andree tacque stringendo forte i pugni contro le cosce, poi, scrollando amareggiata le spalle, iniziò a camminare su e giù per la stanza, nella speranza di riacquistare un po’ di controllo  - Se non fosse stato per Noam, che ha creduto in loro fin da principio, si sarebbero presi una bella sospensione- affermò arrestandosi e fissandolo con furia – E tu sai questo cosa significhi per uno sportivo, vero? Quando comincia a gravarti addosso lo spettro del doping? Sei finito, out, caput!- urlò quasi, incredula di fronte all’espressione impassibile del difensore  che sembrava fermo più che mai nella sua insensata pretesa -No Julian,- affermò scuotendo il capo risoluta - é una pazza scatenata…la mia moralità di cittadina non mi permette di fare ciò che tu mi chiedi … se non bastasse il fatto che la voglio vedere marcire dietro sbarre-

 

Julian scrutò l’espressione dura della donna e abbassò il capo rassegnato, lasciando che alcuni ciuffi di capelli ribelli gli coprissero parzialmente il volto deluso -Capisco la tua rabbia ma tu non sai perché Amy ha fatto tutto ciò-

 

-Eccome lo so: è pazza- le parole le sfuggirono di bocca aspre e pungenti. Schiumava letteralmente di rabbia e ogni parola di lui non faceva che crescere a dismisura la sua ira.

 

-No, non è così. Siediti per favore, calmati e ascoltami-

 

-No, no e poi no. No farò ciò che mi chiedi!- ribatté ostinata incrociando con forza le braccia al petto in un istintivo gesto di protezione.

 

-Siediti Andree e lascialo parlare-

 

La donna si voltò di scatto al suono di quella voce profonda e il molle chignon in cui aveva raccolto i suoi lunghi capelli cedette, liberando una cascata di soffici onde costane che le incorniciarono il volto contrito.

 

Lo sguardo pacato di Tom, che catturò il suo in un muto dialogo, funzionò come un balsamo lenitivo e lei, nonostante la tensione accumulata, sentì una lingua di fuoco puro serpeggiarle dentro.

 

–Il piccolo dorme…- disse il calciatore a bassa voce avanzando e prendendo posto sul divano come se niente fosse, invitando con gli occhi Andree a fare altrettanto.

 

Andree scosse la testa con una smorfia di disapprovazione ma infine cedette, sistemandosi accanto a Tom – Va bene parla- disse rivolta a Julian che stava constatando con piacere come la sola presenza di Tom sembrava averla quietata.

 

Prima di iniziare il difensore giapponese lanciò uno sguardo colmo di gratitudine al compagno che ricambiò con un veloce sorriso -Ti ho già raccontato della mia malattia, dei lunghi anni trascorsi senza sapere se per me ci sarebbe stato un domani- disse versandosi dell’altro scotch e facendo lentamente oscillare il liquido nel bicchiere - Quello che non ti ho detto è che in quegli anni non sono mai stato solo ad affrontare la mia malattia. Accanto a me, fedele e devota, c’è sempre stata Amy- bevve un lungo sorso di liquore e fece scivolare lo sguardo sul volto attento di Andree cercando di carpirne i pensieri -Eravamo poco più che bambini quando cominciai a capire che la sua devozione non era semplice altruismo o pietà, ma che vi era qualcosa di più profondo che la spingeva a starmi sempre accanto, anche quando ero insopportabile e mi rifiutavo di accettare un destino così ingiusto. Amy ha sempre sopportato i miei sfoghi, le mie sfuriate che rasentavano la violenza, i miei repentini ed incoerenti sbalzi d’umore. Ero talmente abituato ad averla accanto che quando mi ha dichiarato il suo amore ho accolto il tutto come una cosa scontata, un dato di fatto di nessuna importanza- attese qualche istante lasciando ad Andree il tempo di comprendere le delicate circostanze di quegli anni per lui terribili - Sono stato un verme, solo ora, con il senno di poi, mi rendo conto di quanto facessi schifo. Senza pudore né vergogna ho preso tutto quello che lei aveva da offrirmi. Non mi piaceva fare sesso con lei, non la amavo e non provavo alcun tipo di attrazione nei suoi confronti, eppure questo non mi ha impedito di usarla…- Julian si finse intento a studiare uno dei preziosi quadri appesi alla parete, per nascondere ad Andree e a Tom il suo sguardo pieno di vergogna e sensi di colpa. Non aveva mai rivelato a nessuno quel lato oscuro della sua personalità, un lato che avrebbe preferito dimenticare di possedere  -Stare con Amy mi faceva sentire meno solo e mi piaceva il modo che aveva di guardarmi, come se per lei io fossi un dio onnipotente quando invece mi sentivo fragile ed inutile come un sopramobile di cristallo. È una magra scusante me ne rendo conto benissimo, ma è la sola che ho … Le cose tra di noi proseguirono per un paio d’anni sino a che è apparsa la prospettiva dell’operazione. Rischiosa, ma se fosse riuscita sarei stato definitivamente libero dall’incubo della malattia. Amy tentò di persuadermi in tutti i modi, temeva che restassi sotto i ferri o forse, più egoisticamente, aveva intuito che se io fossi guarito non avrei più avuto bisogno di lei. Comunque nulla e nessuno poté impedirmi di giocarmi quella carta e per fortuna tutto andò bene. Per me ovviamente - gli sfuggì un sospiro mentre portava un’altra volta il bicchiere di liquore alle labbra - Da allora credo che per Amy sia iniziato l’inferno. Recuperai le forze in fretta e dagli esami risultò che il mio fisico aveva reagito nel miglior modo possibile, la malformazione era stata definitivamente corretta da un intervento di microchirurgia plastica e potei tornare giocare senza più lo spettro dell’arresto cardiaco sospeso sopra la testa. Nei primi tempi feci fatica a rendermi conto di essere finalmente libero dall’incubo, ma alle belle novità ci si abitua in fretta e presto cominciai ad apprezzare la vita come mai avevo fatto prima. Ora potevo vivere appieno con la consapevolezza che per me vi era un futuro, ma anche sapendo quanto fosse importante godere il più possibile ogni singolo istante. Tu stessa Andree, mi hai accusato di essere egoista e di volere tutto e subito senza preoccuparmi della volontà degli altri, senza badare al fatto che le persone possono avere dei ritmi diversi dai miei. Ma per uno che ha condiviso con la morte lunghi anni della propria vita, ti assicuro che questo è naturale. Non è che questo sminuisca le mie colpe, bada bene, non sto cercando giustificazioni, se avessi avuto una maturità maggiore forse sarei stato più attento a non ferire chi mi voleva bene sul serio. Amy è stata la prima a pagare per la mia insensibilità. Ho cominciato  tradirla senza fare niente per nasconderle le  mie scappatelle, anzi sbattendogliele in faccia e umiliandola, nella speranza che si stancasse di me e mi lasciasse, perché io non avevo neppure il fegato di scaricarla dopo tutti quegli anni. Lei piangeva, mi supplicava di non farle del male, di non lasciarla, io la accontentavo ma alla lunga la sua presenza mi era diventata persino fastidiosa, trovavo puerili i suoi tentativi di conquistarmi, di sedurmi, troppo coinvolto da ragazze più belle ed esperte di lei. Per farla breve ho trovato il coraggio di lasciarla, prendendo come scusa una borsa di studio che lei aveva vinto per uno stage in un importante centro ospedaliero cinese, lei all’epoca studiava per diventare infermiera …- tacque qualche istante ripensando con dolore e incredulità alla sua leggerezza -Prima di lasciarmi all’aeroporto mi chiese tra le lacrime “Chi si prenderà cura di te?” le risposi ridendo, impaziente di liberarmi di quel peso “I miei amici …”Loro non saranno sempre al tuo fianco…” “Sino a che continueremo a giocare  a calcio loro ci saranno sempre”… Che idiota sono stato a non capire-

 

-Non ti colpevolizzare, allora non potevi neanche lontanamente immaginare le conseguenze che le tue parole avrebbero avuto … - lo rassicurò Tom cercando e trovando lo sguardo smarrito dell’amico.

 

Julian annuì sorridendogli grato – Da allora non ci siamo più rivisti né sentiti. Sono trascorsi quattro anni e io ero convinto che lei si fosse rifatta una vita, magari sposata …e invece la polizia mi ha detto che nel suo appartamento hanno trovato centinaia di mie foto tratte da riviste sportive. Sembra che in questi anni Amy abbia sviluppato una sorta di fissazione e durante la nostra trasferta in Giappone deve esserle tornato alla mente il nostro dialogo all’aeroporto. Probabilmente ha pensato che allontanando Benji, Tom, Holly e Mark dal calcio io sarei rimasto solo e sarei tornato a cercarla…-

 

-E il fatto che io mi sia messa in mezzo, impedendo che loro venissero allontanati dalla squadra, deve esserle bruciato parecchio- commentò Andree comprendendo finalmente che non era stato il movente passionale ad armare la mano di quella donna, come invece la polizia aveva dedotto.

 

-Già. Ma se quella ragazza ha fatto quello che ha fatto è solo colpa della mia superficialità. Cerca di capirmi Andree, non sopporto l’idea che finisca in carcere rovinandosi definitivamente la vita per causa mia. Perderà il lavoro che è l’unica cosa che le rimane e io non posso portarmi anche questo peso sulla coscienza-

 

-Se io …se io ritiro la denuncia come ti comporterai con lei?-

 

Julian le scoccò un’intensa occhiata come se stesse cercando di leggerle nella mente -La farò seguire da uno specialista, anche da più di uno, i migliori del Giappone. Ti assicuro che non farà mai più una sciocchezza del genere. E una volta guarita da questa sua ossessione, spero riesca a vivere una vita finalmente serena-

 

-Potrebbe non funzionare, potrebbe fare del male anche a te…-

 

-Non credo e comunque sono disposto a correre questo rischio. La vostra storia mi ha insegnato che nella vita un gesto compiuto con superficialità può avere delle conseguenze enormi che sconvolgono per sempre la nostra vita. Ma queste conseguenze, se non si è potuto far niente per prevederle, vanno accettate e soprattutto affrontate con responsabilità. Tu Andree hai accettato e cresciuto un figlio nato da un gesto insensato, Tom ha pagato la sua leggerezza, ignorando per sei anni di avere un figlio. Ma nonostante i vostri sbagli voi vi siete ritrovati, il destino vi ha dato una seconda possibilità e voi l’avete colta. Ti prego concedi anche ad Amy una seconda possibilità.

 

Andree tacque a lungo fissando le due mani ghiacciate per la tensione strette tra loro in grembo. Chi era lei per negare a una persona sofferente la possibilità di essere felice?

 

Cercò aiuto negli occhi di Tom che ricambiò il suo sguardo sorridendole dolcemente e facendole un lievissimo cenno d’assenso con il capo.

 

Andree trasse un profondo respiro, le costava molto la decisione che si apprestava a prendere ma, nel medesimo istante in cui capitolò, sentì un profondo senso di pace pervaderla e comprese di aver fatto la scelta giusta -Va bene, farò quello che mi chiedi-

 

Julian balzò in piedi esultando –Lo sapevo che avresti capito- disse felice – Ti sarò debitore per sempre, sei una persona fantastica…-

 

-Bada bene però – lo interrupe brusca non essendo certa di meritare tanti lusinghieri apprezzamenti, in fondo era stata lì lì per rifiutare -Non la voglio più vedere intorno a me o a mio figlio o a Tom. Tienila lontana da Tokyo e se puoi addirittura fuori dal Giappone. Se solo me la ritrovo tra i piedi, la farò arrestare immediatamente, sono stata sufficientemente chiara?-

 

Dopo che Julian se ne fu andato, Andree crollò esausta sul divano, gettò il capo all’indietro portandosi una mano davanti agli occhi e rimase immobile in quella posizione per lunghi istanti.

 

-Andree…hai fatto la cosa giusta- la rincuorò Tom osservandola con tenerezza e prendendo posto accanto a lei. Era pienamente consapevole di quanto le fosse costato concedere a Julian l’immunità per Amy. Le ferite sul suo corpo erano ormai guarite, ma quelle alla sua anima erano ben  lungi dall’essere riassorbite. L’attentato aveva minato la sicurezza di Andree, rendendola vulnerabile e indifesa, una condizione che lei non riusciva a collimare con il suo carattere indipendente e volitivo. Riusciva a percepire il bisogno di vendetta della sua donna e, in parte, lo condivideva. Se Andree fosse rimasta seriamente mutilata o, peggio ancora, fosse morta, lui stesso gliel’avrebbe fatta pagare cara ad Amy.

 

Andree boccheggiò indecisa, incapace di trovare il modo giusto per dare corpo alla tempesta di emozioni che la tormentava –Uhm … forse sì, ma non è stato facile. Sono molto arrabbiata per quello che Amy mi ha fatto. Arrabbiata spaventata e assetata di vendetta, per dirla tutta. Non è stato facile mettere da parte tutto questo. E poi ho paura che possa tornare e sparare a te o a Josh… tremo alla sola idea che ci riprovi-

 

-Non accadrà vedrai- le assicurò Tom attirandola a sé e cullandola con infinita dolcezza come se fosse una bambina spaurita – Mi fido di Julian, credo che questa esperienza lo abbia responsabilizzato moltissimo. Inoltre conosco Amy e per quanto ora sia depressa e poco consapevole delle sue azioni, so che fondamentalmente non è una cattiva ragazza-

 

Andree si lasciò cullare a lungo, rilassandosi contro il petto ampio e rassicurante del suo uomo, godendo soddisfatta dei delicati baci che lui le posava tra i capelli, pian piano i suoi pensieri persero coerenza e si fecero sempre più radi sino a che il sonno cancellò ogni altra consapevolezza.

 

Tom rimase a lungo in quella posizione, godendosi il profumo e il dolce tepore della donna che amava, continuando ad accarezzarla delicatamente su una spalla.

 

Andree si mosse nel sonno voltandosi supina e il calciatore, involontariamente, si ritrovò con la mano appoggiata sopra il seno palpitante di lei. Quel contato lo infiammò da capo a piedi, facendolo irrigidire e cancellando in un baleno l’atmosfera rilassata che avvolgeva la stanza. Andree si mosse ancora e, per un istante, temette di averla svegliata, ma la donna continuò a dormire placidamente.

 

Era inutile. Poteva fingere che non aveva nessuna urgenza, che le blande coccole ed i casti baci che si scambiavano fossero sufficienti, che la consapevolezza che lei lo amava fosse sufficiente ad appagarlo. Balle. Almeno a se stesso lo poteva dire. Era stufo di salutarla ogni sera sulla soglia della camera d letto e di andarsene a dormire tutto solo nella camera degli ospiti. Non ne poteva più di soddisfare le sue voglie chiuso in bagno alla stregua di un adolescente senza nessun’altra alternativa.

 

Per fortuna l’indomani mattina Andree aveva il primo appuntamento con lo psicologo che Noam le aveva consigliato. Sperava ardentemente che il blocco di lei si risolvesse in fretta. E in quel momento nulla contava di più per lui.

 

Cercò di ignorare il piacevole calore che quella parte morbida del corpo di lei gli trasmetteva, con un enorme sforzo di volontà ritrasse la mano imponendosi, per quanto possibile, di rilassarsi. Ma, purtroppo, il meccanismo era ormai stato azionato e lui non riusciva a ricacciare indietro il bisogno fisico che premeva impellente. Doveva assolutamente svegliarla o non ce l’avrebbe fatta a controllarsi anche se, dopo tutto quello che aveva passato, era un peccato interrompere un sonno così sereno.

 

Strinse i denti rassegnato, conscio di amare quella donna al punto tale da anteporre le necessità di lei alle sue. Passò il braccio sotto le spalle di Andree, attirandola cautamente sopra il suo petto, poi le infilò una mano sotto le ginocchia e con movimento fluido e lento si alzò, sollevandola.

 

La trasportò in camera, tenendola delicatamente tra le braccia. Una volta deposta sul grande letto matrimoniale, trascorse alcuni istanti immobile, con le mani infilate nelle tasche della tuta, osservando il volto bellissimo, reso angelico dal sonno rilassato in cui era sprofondata.

 

Sospirando e respingendo la tentazione di riempirla di baci, la coprì con la calda trapunta posta ai piedi del letto, spense la luce e si volse per uscire dalla stanza. La sentì mugugnare nel sonno e si arrestò in ascolto.

 

-Resta…-

 

Fu solo un sussurro e Tom non era neppure certo di aver compreso bene, ma l’illusione che lo volesse accanto, era troppo invitante per non prenderla in considerazione. Aggirò il letto sistemandosi accanto a lei compiendo dei movimenti lenti per non svegliarla. L’eccitazione di poco prima era in parte scemata, sostituita da una languida tenerezza e quindi si sentì abbastanza sicuro di poterle dormire accanto senza ulteriori tensioni. Dopo poco tempo anche il suo respiro si fece regolare, lentamente perse conoscenza e scivolò in un sonno profondo.

 

Andree sbatté le palpebre smarrita. Era nel suo letto, ma come ci era finita? Mosse il braccio e si accorse della presenza di qualcuno al suo fianco. Sollevò il capo ed osservò sbalordita l’uomo placidamente addormentato. Tom. Era una sensazione strana averlo accanto, sarebbe stato comprensibile sentirla come un’invasione, invece le sembrava tutto estremamente naturale e … familiare, come se lei e Tom non avessero fatto altro che condividere lo stesso letto da tempo immemorabile.

 

Si girò lentamente su un fianco per studiare meglio il profilo addormentato del suo compagno. Registrò con minuziosa cura ogni particolare di quel volto tanto caro che nel sonno assomigliava in maniera impressionante a quello di Josh. Eppure, per quanto fosse stupefacente la somiglianza, erano molto diverse le sensazioni suscitate in lei da quelle palpebre abbassate, dalle lunghe ciglia che accarezzavano lievi la pelle delicata del volto, da quella bocca appena socchiusa da cui usciva un filo leggero di aria tiepida.

 

La tumida pienezza di quelle labbra attirarono la sua attenzione sconvolgendole i sensi e, ancora prima di capire che stava facendo, si ritrovò a sfiorandogliele piano con il polpastrello, ascoltando rapita l’effetto dell’alito caldo di lui contro la sua mano. Era una carezza dolce e delicata. Innocua.

 

Lo amava e si fidava di lui. Non le avrebbe fatto del male. Questa sola consapevolezza le diede la forza di continuare ciò che la sua parte istintiva stava già pregustando. Con la mano, resa malferma dal tumulto di emozioni che la sconvolgevano, slacciò i primi bottoni della felpa scoprendo un triangolo di pelle calda alla base del collo. Vi fece scorrere le dita e poco dopo anche le labbra. Tom gemette nel sonno e questo la galvanizzò come se una scarica di duecento volt l’avesse attraversata dalla testa ai piedi. Con una leggera pressione lo face mettere supino e cominciò a baciargli il collo con estrema lentezza. Ci mise tutta la dolcezza che aveva in quella scia di baci, e quando lui si scostò un poco, mugugnando qualcosa d’incomprensibile nel sonno, sorrise soddisfatta, facendosi sempre più audace. Poteva sentire il suo profumo... lo stesso profumo che la faceva tanto impazzire e fare quei sogni così azzardati ...

 

Presto quei baci cominciarono a non bastarle più e travolta da un’onda impetuosa di sensazioni sconosciute, infilò le mani sotto la felpa dell’uomo alla frenetica ricerca di un contatto con quella pelle calda e vellutata. Lo sentì mugugnare una seconda volta e si fermò ad osservarlo certa che si stesse finalmente svegliando.

 

Tom aprì gli occhi –Uhm…che sogno splendido…- borbottò richiudendo le palpebre

 

Con un gesto un po' impacciato Andree si sporse in avanti strofinandogli i seni eccitati contro il petto in un’involontaria quanto audace carezza. Gli catturò le labbra con le proprie ed esultò trionfante quando lo sentì irrigidirsi sotto la pressione della sua lingua lanciata che gli tracciava lenta il contorno delle labbra appena socchiuse.

 

Tom sbarrò gli occhi non capacitandosi che quanto stava accadendo fosse vero e non il risultato di un sogno erotico, come aveva dapprincipio supposto. Ma ora era completamente sveglio e si rendeva conto che quella era la meravigliosa realtà.

 

Andree continuò nel suo sensuale approccio, stuzzicandolo con la bocca e con la lingua, lui la lasciò fare assecondando i movimenti incerti ma straordinariamente sensuali di lei.

 

Quella carezza audace lo stava facendo impazzire al punto che si vide costretto ad attorcigliarsi il lenzuolo attorno alle mani, stringendolo forte per impedirsi di fare qualche movimento avventato. Moriva dalla voglia di stringerla tra le braccia, di esplorare ogni centimetro di quel corpo meraviglioso, di domarla e possederla, di ricambiare quella dolce tortura, ma temeva di rovinare tutto, di spaventarla ancora una volta e così si limitò a subire passivamente, aspettando pazientemente che Andree gli dicesse chiaramente che cosa si aspettava da lui.

 

Se solo non fosse stato tormentato dal timore che lei si fermasse da un momento all’altro, non osava chiedersi sino a che punto era disposta a spingersi. Aveva veramente superato il trauma che lui stesso gli aveva procurato? Era pronta ad andare sino in fondo?

 

Gli sfuggì un gemito di sofferenza quando sentì svanire il contatto di quelle labbra calde e morbide. Andree si era infatti staccata e ora lo osservava silenziosa da qualche centimetro di distanza. I suoi occhi grigi rilucevano anche al buio, simili a schegge d’acciaio scintillante ma la luce che in essi brillava era di puro fuoco, niente a che fare con la freddezza agghiacciante con cui troppo spesso in passato si era trovato a fare i conti. Ora vi era passione, amore, arrendevolezza in quelle iridi chiare e il suo ego di maschio ruggì felice nel constatare che era lui l’artefice di quel cambiamento.

 

Tom ricambiò lo sguardo ma non proferì parola. Attese pazientemente per qualche tempo. E ora? Sarebbero rimasti lì a guardarsi sino alle prime luci dell’alba?

 

-Non vuoi?- la voce di Andree era insolitamente incerta e velata di imbarazzo ma era anche roca e indicibilmente sexi.

 

Non voleva? Ma se stava persino male dalla voglia che aveva di lei, se tutto il suo essere vibrava come la corda di un violino impazzito ad ogni respiro di lei.

 

-Non so che fare…ho paura di…spaventarti- ammise sinceramente.

 

-Oh …- esclamò lei annegando nella dolcezza infinita che le iridi ambrate di lui le trasmettevano

-Sono terrorizzata ma voglio …- lo sentì trattenere il fiato – Fare l’amore con te…di nuovo- aggiunse sentendo l’amore smisurato che provava per lui montarle selvaggio nell’animo.

 

Tom si sollevò a sedere prendendole il volto tra le mani – No, ti giuro che questa sarà la nostra prima volta, ti dimostrerò che l’amore non è dolore, ma infinito piacere- mormorò rauco prima di sfiorarle le labbra in una delicata carezza che entrambi assaporarono come preludio di una passione ben più grande.

 

Andree annuì sorridendo, gli occhi scuri di lui nell’ombra, la fissavano con comprensione  e amore e lei si commosse di fronte a tanta purezza.

 

Lo lasciò fare mentre prendeva in mano le redini di quel gioco amoroso che lei aveva iniziato, seguì fiduciosa le direttive di Tom che la fece sdraiare, adagiandosi su di lei, petto contro petto, cuore contro cuore. I loro battiti accelerati si sintonizzarono e Andree seguì rapita quel ritmo tumultuoso che lavò via le ultime tracce della antiche paure e degli antichi rancori.

 

Tom appoggiò la bocca bollente sulla tenera curva del collo della sua donna, respirando a pieni polmoni l’odore dolce e speziato della sua pelle, gli ricordava la primavera e la pioggia, quella pioggia incalzante che aveva battezzato il loro primo incontro.

 

Ma questa volta non pioveva e niente sarebbe stato come allora.

 

Le catturò la bocca, rapido, ardente, sicuro. Continuò a baciarla sempre più avidamente, sempre più appassionatamente sino a che, con un piccolo grido, Andree gli strinse le braccia attorno al collo e arcuò il corpo contro il suo.

 

Qualche tempo dopo, quando anche l’ultima barriera che li separava, crollò al suolo soffocata dai loro gemiti soddisfatti, Tom sentì echeggiare in lui, mille volte più violenta dell’orgasmo che lo stava sopraffacendo, una promessa sconosciuta … “per sempre…per sempre” e continuò a seguirne l’eco rapito,  finché la sua anima non fluì nell’anima di lei sino all’ultima goccia.

 

EPILOGO.

 

La donna camminava lentamente lungo la linea bianca di fondocampo studiando con attenzione l’effetto dell’erba tenera e sottile sotto i piedi. Il profumo era delizioso e anche il tenue sfrigolio che si formava ad ogni passo. Su un campo identico a quello suo marito passava la maggior parte del suo tempo e, a giudicare dai presupposti, anche per suo figlio quel rettangolo verde avrebbe rappresentato molto. Almeno per uno dei suoi figli. Sorrise felice accarezzandosi il ventre prominente. Ancora pochi mesi e anche la piccola Genévieve avrebbe fatto udire al mondo il suo dolcissimo pianto…

 

-Andree sei proprio tu?!?!- una bassa e fonda voce maschile la fece voltare di scatto, non si era accorta di non essere più sola – Ti sto osservando da un pezzo e … non credo ai miei occhi sei proprio tu!- esclamò l’uomo dai lunghi capelli biondi affondando stupito nelle iridi grigie della donna.

 

-Ciao Pierre- disse semplicemente sorprendendosi della sua reazione, anzi della sua mancanza di reazione. Lì di fronte a lei, in tutta la sua innegabile bellezza, vi era colui che aveva inconsapevolmente tracciato il suo destino. Che avrebbe dovuto provare? Tristezza? Rancore? Imbarazzo? Rabbia? Gratitudine? Forse tutto quello assieme e molto di più. Invece non provò assolutamente niente e continuò a massaggiarsi delicatamente la pancia come se di fronte  a lei vi fosse un perfetto estraneo.

 

Pierre abbassò lo sguardo e fissò il cerchietto dorato attorno all’anulare sinistro della donna che scivolava lento sul ventre gravido –Ti sei sposata- constatò atono.

 

-Sì, sei mesi fa-

 

L’uomo la scrutò attento –Mi sembri felice…-

 

-Lo sono infatti-

 

Una follata di calda brezza estiva giocò birichina con i riccioli biondi del capitano francese -Mi sono sempre chiesto perché sei sparita così all’improvviso … ti ho cercata  al collage dove soggiornavi ma mi dissero che eri tornata in America e lì non sapevo davvero dove trovarti…-

 

-Perché mi hai cercata?- chiese inarcando curiosa le belle sopracciglia castane.

 

-Come perché?!?! Sei sparita nel nulla senza motivo…-

 

-Senza motivo dici?- lo apostrofò beffarda –Il tuo domestico non ti riferì della mia visita?-

 

Pierre arrossì ma non abbassò lo sguardo – Ci hai visti-

 

Lei annuì.

 

-Mi dispiace…-

 

-Non dovresti, senza saperlo mi hai fatto un favore-

 

-Non capisco…- mormorò l’attaccante francese, guardandola palesemente confuso.

 

-Oh non importa- replicò in fretta lei sorridendo a qualcuno che stava sopraggiungendo alle spalle del calciatore.

 

Pierre seguì istintivamente lo sguardo della donna e vide un bambino di circa sette anni correre nella loro direzione seguito da uno dei migliori giocatori della nazionale nipponica che quel pomeriggio avevano inferto alla favoritissima Francia una cocente sconfitta.

 

-Mamma, mamma- strillò il bambino non appena la scorse correndole incontro.

 

Andree abbracciò il figlio che le si era delicatamente appoggiato sulla pancia per non far male alla sua sorellina.

 

Pierre osservò sempre più perplesso il bambino mentre con la mente faceva dei rapidi calcoli, decisamente c’era qualcosa che sfuggiva alla sua comprensione.

 

-Tutto bene?- chiese Tom con una velata nota di minaccia nella voce, come osava quel verme avvicinarsi a sua moglie? Dopo tutto quello che le aveva fatto passare? Ma si sorprese nell’incrociare lo sguardo sereno e felice di Andree.

 

-Benissimo amore- replicò lei facendo un passo verso il numero undici del Giappone – Mi ha fatto piacere rivederti Pierre- disse voltandosi un attimo verso il francese - Ah … per quella storia non ti crucciare più: mi hai fatto davvero un grandissimo favore- 


E mentre si allontanava abbracciata all’uomo che amava e tenendo suo figlio per mano, le venne in mente il verso di un poeta di cui non ricordava il nome, ma che si adattava così bene alla sua storia:

 

Era predetto che ti avrei ritrovato,

era destino tra di noi fin da principio.

Non potevo sbagliare, ho seguito le tracce del fato,

quelle tracce che la pioggia non ha potuto cancellare

né il vento spazzare via.

Semplicemente perché sono …

 Tracce Indelebili.

 

THE END

 

  
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