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Autore: Alpha Hydrae    09/10/2014    1 recensioni
Il flagello della Creazione aveva sterminato la vita sui tre pianeti oltre l’anello di Manckih, i cui asteroidi si dispersero disorientati fino a spaccare in due la luna più piccola di Naope, la lattea Napsor. Nulla aveva potuto il giovane Evawer, figlio di Alphyd.
[Earth-616][Infinity]
Genere: Avventura, Fantasy, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Steve Rogers/Captain America, Un po' tutti
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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≈Note

Questa storia è ispirata a Infinity #5, specialmente al capitolo Soli e tempeste. Non ho finito di leggere serie & tie-in, quindi non ho una visione d’insieme del contesto in cui si colloca, ma ho voluto comunque dare sfogo alla vena di epicità che mi ha infettato nel leggerla. Have fun.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il flagello della Creazione aveva sterminato la vita sui tre pianeti oltre l’anello di Manckih, i cui asteroidi si dispersero disorientati fino a spaccare in due la luna più piccola di Naope, la lattea Napsor. Nulla aveva potuto il giovane Evawer, figlio di Alphyd, che due stagioni prima a mani nude aveva spezzato gli artigli del Conquistatore Scarlatto, che aveva attraversato il Polo Caldo per disseminare paura e raccogliere potere nelle nostre terre beate. Credevamo di aver dato un chiaro segno all’Universo della nostra posizione: siamo una civiltà fortunata e capace, e non lasceremo che qualcuno ci porti via la nostra sudata stabilità con la violenza.

Ci stimavamo padroni del nostro destino, un popolo rispettato.

 

 

 

 

 

Ho visto il brivido flebile della vita desistere negli occhi d’ambra dei miei compagni: amici, nemici, fratelli, schiavi, compatrioti. In quella parola si erano riunite tutte le fasce della nostra gerarchia; in quell’ultimo richiamo ci siamo alleati per la vita, per la terra. Non era la mia rabbia, non era la rabbia di Mykrok: era la rabbia di tutte le forme viventi.

 

 

 

Avevo sentito parlare di un vessillo agitato al di là della nebbia di detriti, sui pianeti sopravvissuti del braccio di Koine, ai margini della galassia. Giungevano voci frementi di una speranza, di una ribellione definitiva alle potenze impazzite, ai Costruttori accecati.

Su Kymer, su Behemoth, su Hala, su Dockrum VII, su Centauri Primo, su Sirius III, su Stulman e su Alantir, nell’ammasso di Eracle e sulle lune rocciose di Pluto IV.

Si diceva che ci fosse una schiera di dèi, immortali ed eterei, che poteva salvare un mondo mentre ne salvava un altro, che poteva infondere se stessa nella matrice dell’Universo per ristabilire l’equilibrio perduto.

Tutti fissavamo il cielo scuro e quello chiaro, ci strofinavamo le mani e fremevamo nell’attesa pura ed estenuante di un segno.

 

 

 

Imprimemmo lo stemma col sangue dei caduti freschi sul mantello strappato al collo del nostro re.

Uno scricciolo d’inimmaginabile potenza richiamò dal cielo il potere delle stelle. Un arciere di piccola statura trafisse tre teste con il colpo accurato di uno dei suoi dardi sottili. Un robusto principe di pelle bianca dimezzò una squadra volante dell’esercito nemico con il suo martello infrangibile.

Un umano

adornato di un’uniforme sgargiante

guidò tutti verso la libertà.

 

 

 

Erano potenti. Erano arrabbiati. Erano decisi.

Non erano fantasmi di oscure potenze. Non erano manifestazioni di divinità arcane. Non erano incarnazione delle leggi dell’Universo. Erano umani e quel giorno ci hanno aperto gli occhi e ci hanno mostrato che noi siamo l’incarnazione delle leggi dell’Universo.

 

Noi

siamo

l’Universo.

 

 

 

Il Capitano esercitava un potere invisibile che guidava quello di ogni altro combattente; poteva gestire le forze dei suoi metaumani con poche parole.

Dopo la battaglia, sfilò l’elmo scheggiato dal capo pallido e bevve silenzioso col nostro comandante.

 

 

Non erano dei. Non erano entità. Erano deboli umani.

 

Avevano coraggio. Avevano volontà.

Erano valorosi.

Erano eroi.

 

 

Erano salvatori.

 

 

 

 

 

 

Erano Vendicatori.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

≈Note 2.0

Il pianeta su cui è ambientata la storia l’ho inventato di sana pianta. Alcuni nomi sono ripresi dal fumetto, altri sono anagrammi degli autori della serie, altri ancora sono inventati.

Rating giallo, perché non comprendo il sistema di rating e la cosa mi getta nel panico, quindi scelgo secondo preferenza cromatica.

Non riletta.

Bye. 

  
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