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Autore: CoconutJuice    10/10/2014    0 recensioni
"Ed è in quelle notti buie, illuminate dalla tua presenza, che osservandoti mi sento sopraggiungere ed avvolgere da una sensazione che non provavo da tempo, un calore attenuatosi negli anni ma che ora tu, solo tu, sei riuscito a far riemergere. Un calore che mi dà vita".
Per tutte coloro che sono rimaste ammaliate da quel grandissimo attore che in pochi anni ha rivoluzionato il mondo del cinema, altrimenti noto come Heathcliff Andrew Ledger.
Questa è per te, Heath.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Salve! E' da tanto che non pubblico niente, ma non ho mai davvero smesso di scrivere. Ultimamente, la mancanza di Heath si è fatta sentire parecchio (rifugiarsi nei suoi film dopo un momentaccio per quanto riguarda la sfera emozionale non è una grandissima idea, specialmente se lo adorate tanto quanto me), perciò ho deciso di tentare e pubblicare questa cosuccia che ho scritto dopo aver guardato "Il destino di un cavaliere" in madrelingua per l'ennesima volta e di cui, purtroppo, non ho trovato la sezione qui su EFP. Poco importa, tanto è stato Heath ad ispirarmi.
L'ho scritta in inglese, ma passarla in italiano è stato molto emozionante. E' incredibile come due lingue, pur trattando gli stessi argomenti, riescano a fornire emozioni diverse. Non vi annoio oltre e vi lascio alla lettura, se volete ;) Prima, però, vorrei (ovviamente) dedicare questa "storia" ad Heath che, da anima profonda qual E', reputa qualsiasi forma di espressione un pezzo d'arte dal valore inestimabile, e fargli una dedica che sicuramente sarà condivisa da tutti i suoi fan e non. Il mondo sente la mancanza di un uomo come lui.
xo

Heath, "manchi come al sole manca il fiore, come al sole manca il fiore nel profondo dell'inverno. In mancanza di bellezza cui dirigere i suoi raggi, il cuore si indurisce come la gelida landa in cui la tua assenza mi ha bandito".




I dub thee, my own

William.

I cavalieri più nobili hanno portato questo nome con orgoglio. E’ un nome comune, forse troppo, ma su di te sembra risuonare di un’unicità speciale. Perché tu sei speciale, William.

Sir William Thatcher. Mio Lord. Mio Will.

L’ho capito dal primo sguardo che ti ho dato che non eri un altro di quei cavalieri che per anni sono andati e venuti, a volte vincitori, a volte con la coda tra le gambe e qualche vistoso acciacco. No, tu eri particolare. Speciale, senza ombra di dubbio. Con quel tuo fare spavaldo, la tua andatura rustica, ma fiera e onesta. I tuoi occhi dolci, ma al contempo duri e sicuri di sé. I tuoi ricci ribelli, selvaggi, come il tuo animo desideroso di riscatto. Ricci selvaggi e agguerriti, ma splendenti, come il Sole, come quell’unica stella destinata a brillare sulle altre, a riscaldare, a dare vita.

Ed è proprio ciò che ti rende speciale: tu dai vita, William. E non lo dico perché con le tue innumerevoli vittorie ci dai un pasto caldo, un luogo asciutto in cui dormire, un bagno almeno una volta a settimana, senza crucciarti delle chiacchiere degli altri cavalieri: Sir William Thatcher, vincitore del campionato mondiale, combatte per sostenere due scudieri, uno “scribacchino” e una ferraia da quattro soldi. “Sono stato cresciuto a forza di black pudding e ealu. Non cambierò di certo ora le mie abitudini!”, rispondi sempre con orgoglio. A te non importa adeguarti ai costumi di un lord, cenare con un boccone di pigeon pie o sturgeon, perché tu sei semplicemente Will, quello di sempre, solo con un titolo in più.

Sei Will, il cavaliere dal cuore nobile.

No, lo dico perché durante la notte, quando viaggiamo o semplicemente mentre facciamo una sosta in un villaggio sperduto, quando non c’è ragione di montare ogni tenda e condividiamo la stessa… a volte io rimango sveglia a guardarti. Osservo i tuoi zigomi, alti e definiti, messi in risalto da quelle flebili e adorabili lentiggini che sporadiche si fanno intravedere sulla tua pelle dorata; osservo la tua mascella scolpita, che contrai e digrigni ogni qualvolta l’ira ti assale, a causa di un litigio con Roland o Wat, o magari quando sei pensieroso e al contempo aggrotti la fronte, fissando i tuoi meravigliosi occhi nocciola lontano, come se intravedessi il tuo pensiero all’orizzonte, che man mano prende forma, o la soluzione ad un tuo probabile dilemma. Oh, quanto amo quei momenti. Il tuo sguardo diventa così denso, così profondo e ancor più interessante di quanto non lo sia già. Mi sembra quasi di poter giungere a sfiorarlo. Osservo il tuo naso morbido, che arricci quando sei preoccupato o confuso; osservo le tue ciglia, che si muovono con dolce sfrigolio contro le tue guance, come battiti leggeri di farfalle, ogni volta che un sogno rapisce il tuo sonno; osservo la morbidezza dei tuo capelli, quella massa intricata di fili d’oro che tanto vorrei sentire scorrere tra le mie dita annerite dal fuoco. Magari potrebbero addirittura farle tornare come prima, morbide e setose, e non rigide e screpolate come son ora.

Ed è in quelle notti buie, illuminate dalla tua presenza, che osservandoti mi sento sopraggiungere ed avvolgere da una sensazione che non provavo da tempo, un calore attenuatosi negli anni ma che ora tu, solo tu, sei riuscito a far riemergere. Un calore che mi dà vita. Sento me stessa piena di forza vitale al solo posare gli occhi sulla tua figura.
Sei lì, steso a terra, con la testa ai piedi di Wat, di lato, mentre dall’altro c’è Roland, che continua a borbottare nel sonno. Così siete partiti, così continuate a viaggiare: uniti, fedeli l’uno all’altro, nonostante i titoli ora vi rendano diversi. E’ in questi momenti in cui sono libera di rapirti con il pensiero che mi sento vita.

Oh, Will. Tu sei vita. Quanta più vita una donna potrebbe mai sol desiderare in un’intera eternità.

Non formulerò mai in parole questo mio folle pensiero nel quale io mi ritrovo innamorata di te. Come potrei mai fare tal cosa? Risulterebbe estremamente buffo se rotolasse fuori dalla mia bocca. Le persone si innamorano conoscendosi, divenendo dapprima confidenti e poi teneri amanti. Come te e Lady Jocelyn. Oh, quant’è cieca. O forse no, è solo estremamente ingenua: non si accorge di come ogni fanciulla ti guarda? Di come tutti, uomini o donne che siano, rimangono ammaliati dal tuo sguardo, caldo e setoso? Di come tutte vorrebbero essere al suo posto, inclusa me?
Non è una bugia, è la verità. Vorrei vivere in un mondo alternativo, dove sono io quella felice, bella ed educata al tuo fianco; colei che guardi con occhi luccicanti e fiero di poter ritenerti suo. Vorrei indossare io quegli splendidi abiti e appoggiare la mia mano delicata alta sulla tua, accompagnandoti ai banchetti, ai tornei e alle udienze al palazzo reale; come tua donna, tua damigella, e non come semplice e fedele fabbro.

Ma la realtà è questa, William: io non sono altro che ciò per te. Quando mi guardi, non vedi una donna, ma un membro dei tuoi fidi, fondamentale si, ma pur sempre solo un elemento. Non sono una donna ai tuoi occhi, ma un fabbro intrappolato in stracci femminili; né tantomeno sono un’amica, una confidente. Non confidi a me i tuoi segreti, per quello c’è Roland, amico di sempre e praticamente fratello maggiore da una vita; io sono solo quella con cui trascorri qualche ora nella forgia per modellare, aggiustare e migliorare la tua armatura, quella con cui scambi opinioni sulle tattiche della giostra, per evitare ulteriori ammaccature. Né più, né meno. Perché oltre che quelle ore, noi non condividiamo niente, William, se non occasionalmente la tenda. Faccio parte del gruppo, della tua “famiglia”, ma non della tua vita. Perché per esserne parte dovrei far parte delle tue emozioni. E io non ne faccio parte. Non ne farò mai parte. Ma mi sta bene così.

Perché nessuno potrà mai togliermi la vita che mi dai in quegli attimi notturni in cui mi soffermo a guardarti.

Già, perché in quei momenti, quando assumi le sembianze di un angelo biondo addormentato -  o meglio, un cherubino testardo -, quando il tuo respiro fuoriesce tremolante, flebile, delicato, dolce come un sussurro al sapore di talvolta assenzio e talvolta hippocras (quando ritorni da una notte alla taverna con Wat, “down among the dead men”, come direbbe Geoff) in un ritmo silenzioso accarezzando la tenera carne delle tue labbra, in quei momenti so che nessuno potrebbe mai rapirti dal mio sguardo. Nemmeno Jocelyn.

Perché in quei momenti, Will, ho la consapevolezza di poter fare ciò che lei fa con tanta gioia ogni giorno e ogni notte in cui le tue braccia forti la circondano e le tue mani ruvide la accarezzano: imprimendo nella mia memoria la tua immagine stesa lì, le forme rudi e nobili del tuo corpo, posso definirti mio; in quei momenti, tu sei il mio pensiero più prezioso, che il giorno tengo lontano, ma che la notte mi pervade completamente.

In quegli istanti per me sei più di quanto potrai mai essere per Jocelyn.

In quegli istanti non sei altro che mio.
  
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