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Autore: Anne Elliot    10/10/2014    8 recensioni
"John aprì loro la porta del salotto ma si bloccò non appena vide che la persona intenta a suonare il violino, non era Sherlock Holmes."
Nell'ultima puntata della terza stagione, Mycroft fa riferimento ad un terzo Holmes.
Questa è la mia interpretazione della faccenda
Spero vogliate farmi sapere cosa ne pensate. Mi raccomando, voglio le critiche! ^^
Genere: Commedia, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Watson, Mary Morstan, Molly Hooper, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The third brother'
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Baker

Nota autore: Per prima cosa, salve a tutte/i! ^^
Sono tornata e con un progetto più “serio” dei precedenti.
E’ da un po’ che questa storia mi frulla nella testa, l’ho iniziata e modificata moltissime volte prima di esserne per lo meno non schifata e non sono ancora certa dell’evoluzione che avrà. Forse, qualora dovesse essere di vostro piacimento, ne potrei fare anche un seguito (alcune idee le ho già ^^). Premetto che non so se qualcuno ha già affrontato lo stesso argomento e nella stessa maniera per cui, qualora dovesse essere così, vi prego di farmelo sapere e mi scuso in anticipo per l’involontario plagio.
Come sempre, spero che i personaggi risultino fedeli agli originali.
Detto ciò, vi lascio alla storia ma sappiate che, qualora voleste leggere le note (perché, come sempre, siete liberissimi di ignorarmi ^^), ci rivedremo alla fine del capitolo con qualche spiegazione in più.
Come sempre, a voi l’ardua sentenza sul mio lavoro e mi raccomando criticate! ^^
Anne









The third brother


 

John Watson chiuse le sportello e si precipitò dall’altra parte dell’auto.
«Aspetta Mary, ti aiuto»
«Prendi la borsa con i pannolini e il biberon»
Dopo un po’ di trambusto, i coniugi Watson si incamminarono verso il 221b di Baker Street; Mary, con in braccio la bimba, le calzava maggiormente il cappellino di lana sulla testa, e John camminava spedito con la borsa contenente il necessario della bambina messa a tracolla e una busta ingombrante.
Greg Lestrade stava per bussare quando li vide avvicinarsi. Si fermò salutandoli con un gesto della mano a cui John rispose alzando leggermente il mento.
«Pensavamo di essere gli ultimi»
L’ispettore gli sorrise.
«Anche io. Sono riuscito a liberarmi solo ora.» poi diede un leggero buffetto alla bimba «ciao piccola!». La bambina emise un suono come a tentare di rispondergli.
Un affannoso “ehi!” li fece voltare verso un’infagottata Molly Hooper che procedeva a passo spedito verso di loro.
«Sapevo che sarei stata l’ultima» disse sorridendo non appena gli fu vicino.
L’ispettore bussò sul batacchio del 221b mentre rispondeva alla patologa.
«In realtà siamo arrivati quasi simultaneamente!»
Il portone si aprì e ne uscì una raggiante Mrs Hudson.
«Oh, siete arrivati miei cari. Buon Natale!»
«Anche a lei signora Hudson». Un coro quasi simultaneo.

 
 

Non appena entrati nell’ingresso iniziarono a parlare fra loro augurandosi buone feste e salutando la piccola Watson che sorrideva di cuore di fronte a tante attenzioni.
Il suonare di un violino dal piano di sopra lì fece bloccare, attirando la loro attenzione verso le scale.
John alzò le sopracciglia con aria ironica.
«E’ il suo modo per dirci che non gli piace aspettare» una risata leggera pervase i presenti «andiamo»
Il gruppetto si incamminò sulla rampa e John aprì loro la porta del salotto ma si bloccò non appena vide che la persona intenta a suonare il violino, non era Sherlock Holmes.
Gli altri, saliti dopo di lui, ebbero la stessa reazione.
Una donna, con un abito da sera verde scuro lungo sino ai piedi, dava loro le spalle suonando il violino ed osservando fuori dalla finestra. Si fermò improvvisamente non appena percepì la presenza di qualcuno dietro di lei.
Si voltò lentamente ed osservò quel gruppo che la guardava con sorpresa.
I capelli neri, elegantemente raccolti e fermati da una spilla laterale, facevano risaltare gli occhi verdi, quasi trasparenti, che stavano scrutando ognuno dei presenti. Quella donna li stava studiando. Poi, come riscossa dai suoi pensieri, sorrise leggermente.
«Perdonatemi » posò lo strumento e l’archetto sulla poltrona nera del detective «non sono particolarmente capace con il violino. Sherlock è sempre stato più bravo di me.»
I volti dei presenti non abbandonarono l’espressione stupita che li caratterizzava da qualche istante.
Molly, con il cappotto pesante ancora indosso, la sciarpa colorata che le copriva parte del volto, le mani guantate che tenevano le buste con i regali, osservava sbigottita quell’essere quasi irreale che aveva di fronte.
Quella donna, quella donna era bellissima! La figura slanciata, le forme sinuose, le mani elegantemente incrociate di fronte a sé, gli occhi a dir poco meravigliosi…si sentì mancare, si sentì soccombere sotto i suoi abiti goffi ed ingombranti, sotto i suoi capelli legati malamente, sotto il suo maglione natalizio, sotto l’essere Molly Hooper.
Una camminata rapida e pesante nel corridoio, annunciò l’imminente arrivo del detective. Vestito con un elegante abito scuro ed intento a sistemarsi il farfallino, Sherlock Holmes fece il suo ingresso nel salotto non degnando della minima attenzione nessuno dei presenti salvo la donna in verde.
«Siamo in ritardo, muoviamoci.»
Lei si mosse e prese la mantella pesante che lui gli stava porgendo. Poi, prima di passare in mezzo all’allibito gruppetto per incamminarsi lungo le scale, si bloccò ed incatenò il suo sguardo a quello di Lestrade.
«Scusatemi»
L’ispettore aprì e chiuse la bocca un paio di volte e poi si fece da parte con un impacciato “si, prego prego”, per permettere alla donna di passare.
John Watson la osservò scendere le scale prima di rivolgersi al detective che era intento ad infilarsi il cappotto.
«Sherlock ma, ma chi è?...E dove stai andando? Non puoi andartene, siamo venuti qui per festeggiare il Natale, non puoi prendere e sparire»
L’uomo si legò la sciarpa intorno al collo e diede una rapida occhiata all’amico.
«Perdonami John, non ora.»
Oltrepassò la porta e scese rapidamente le scale.
Il dottore si precipitò alla finestra.
Davanti al portone era parcheggiata un auto nera. Vide uscirne Mycorft Holmes che, dopo aver incredibilmente ed inspiegabilmente abbracciato quella donna, rientrò nell’auto seguito da lei e da Sherlock.
La macchina partì subito dopo.
Nel salotto di Baker Street regnava un silenzio innaturale.

 

Molly Hooper, seduta nella poltrona attribuita da tutti a John e con in mano una tazza di punch, fissava imbambolata il camino. La mano delicata di Mary posata sul suo avambraccio la fece sussultare.
«Molly, va tutto bene?»
La patologa sorrise e bevve un sorso della bevanda.
«Si, scusami….ero distratta»
I suoni di Baker Street ritornarono ad essere percepiti dalle sue orecchie e dal suo cervello. Si voltò ad osservare John che, camminando avanti e indietro per la stanza, stava ancora inveendo contro Sherlock.
«Prende e se ne va! Ma certo, si fa così, ovvio»
Mary lo redarguì con un leggero “sh” , lanciando uno sguardo preoccupato verso la camera di Sherlock momentaneamente occupata da sua figlia.
«Avanti John, starà lavorando ad un caso. Non c’è alcun motivo per cui tu debba preoccuparti in questo modo»
L’uomo si fermò improvvisamente, il respiro pesante e gli occhi scuri.
«Non c’è da preoccuparsi? Sherlock con una donna in casa, Sherlock che va via con quella donna, Sherlock che va via con una donna che Mycroft saluta amorevolmente…c’è molto di cui preoccuparsi!»
La signora Hudson, seduta sulla poltrona di Sherlock, guardava con preoccupazione la faccia irata del dottore.
«Oh caro, vedrai non sarà nulla di serio. Gliene abbiamo viste fare di tutti i colori, non preoccuparti, se la caverà»
Il sorriso accennato dell’anziana signora non produsse l’effetto rincuorante che sperava.
«Appunto Mrs Hudson, ne abbiamo viste di tutti i colori, è esattamente questo che mi preoccupa»
Il volto della donna tradiva il suo tentativo di cercare altre spiegazioni a quello a cui avevano assistito.
«Beh mio caro, magari è la sua ragazza. Credo che sarebbe anche ora che si sistemi, non trovi?»
Il silenzio imbarazzato che seguì quella distratta dichiarazione di Mrs Hudson, Molly, lo percepì chiaramente dovuto a lei. L’anziana proprietaria di casa mise una mano davanti alla bocca sussurrando un “Perdonami tesoro” in direzione della ragazza.
La patologa scosse leggermente la testa e le sorrise.
«Non c’è nulla di cui scusarsi Mrs Hudson» si schiarì la voce «anzi, ha perfettamente ragione. Potrebbe anche essere così».
La risata nervosa con cui concluse quella frase la tradì. Tuttavia, il rumore del motore di un auto che si accostava sotto le finestre dell’appartamento attirò l’attenzione dei presenti.
Il dottore si precipitò alla finestra.
«John!» il sussurro di Mary non produsse alcuna risposta.
«John!!»
«Cosa?» la voce era nervosa.
«Che sta succedendo? Sono loro?»
L’uomo si voltò per una frazione di secondo verso la moglie e tornò a guardar fuori.
«Credo di si. Non succede nulla però…No! Aspetta!...Sono usciti»
«Chi?» la voce curiosa di Mary era più alta di prima. Istintivamente portò una mano alla bocca pensando alla bambina nell’altra stanza.
«Quella donna, Sherlock e Mycroft. Stanno parlando…E’ uscita anche Anthea»
Mary Watson si irrigidì.
«Chi?»
Il marito gesticolò vagamente con una mano senza però voltarsi a guardarla.
«E’ l’assistente di Mycroft.»
«E TU come fai a sapere il suo nome?!». Gli occhi erano ridotti a due fessure.
Il dottore percepì l’ira della moglie e fece per girarsi quando del movimento fra le persone che stava spiando attirò la sua attenzione.
«Anthea sta abbracciando quella donna! Ma com’è possibile?!...Ecco, ora sta risalendo in macchina»
John si allontanò di scatto dalla finestra.
Lestrade lo guardò come se fosse impazzito.
«Che succede?»
«Mi ha visto»
«Chi?»
«Quella donna, chi se no?!» John era a disagio «Comunque credo stiano salendo!»
Molly, senza sapere esattamente il perché, si alzò nervosamente dalla poltrona.
«Chi sta salendo?»
«Sherlock, Mycroft e quella donna»
Mrs Hudson portò una mano alla collanina.
«Ma non c’è abbastanza punch per tutti!»
Il dottore si voltò verso di lei con aria dubbiosa.
«Non credo stiano salendo per il punch, Mrs Hudson.»

 

Il portone di Baker Street si aprì e la risata cristallina della donna si fece largo sino al salotto. Tutti presenti si voltarono in direzione della porta mentre dalle scale proveniva una voce femminile.
«Oh Mycroft, non cambierai mai!»
Un offeso ed impettito Mycroft Holmes entrò nella stanza seguito da quella donna, ancora sorridente, e da un ghignante Sherlock. Non appena si accorsero di essere osservati, i tre si ricomposero.
Il detective tolse sciarpa, cappotto e guanti e li appese dietro la porta.
«Siete ancora qui»
John Watson lo fulminò con lo sguardo e stava per iniziare la sua sequela di insulti quando la voce della donna in verde lo precedette.
«Sherlock, non essere maleducato!». Si sfilò gli orecchini.
Il detective assunse un’espressione in cui era palese il suo orgoglio ferito e per tutta risposta vide suo fratello sogghignare. La donna intervenne di nuovo.
«Mycroft, vedi di smetterla…Possibile che vi comportiate ancora come due bambini?!». Si massaggiò delicatamente i lobi.
La voce di lei era tutt’altro che perentoria, li stava riprendendo ma con una dolcezza infinita ed un sorriso leggero. Si tolse la mantella per poi passarla al detective che l’appese sopra il suo soprabito.
La tosse nervosa del dottor Watson risuonò nella stanza.
Mycroft posò la punta del suo ombrello sul pavimento ed alzò un sopracciglio in direzione del fratello.
«Suppongo tu non abbia fatto gli onori di casa, Sherlock»
L’uomo infilò le mani nelle tasche dei pantaloni.
«Perdonami, non sono una brava donnina di casa.»
«Si chiama educazione, fratellino. Dovresti saperlo.»
La donna in mezzo a loro alzò gli occhi al cielo.
«Per favore»
I due si fermarono. Il detective si schiarì leggermente la voce, guardando altrove. Mycroft lo guardò con biasimo.
Lei sbuffò leggermente.
«Devo suppore, dal vostro comportamento, che tutte queste persone ignorino la mia esistenza! Veramente molto gentili»
I due uomini iniziarono a parlare uno sopra l’altro, il primo sostenendo che “non era necessario, per la tua sicurezza, sai la nazione?!” il secondo discolpandosi “non è come credi, è che non è capitato e poi lui me lo ha impedito”.
Iniziarono a battibeccare prima che lei alzasse le mani per farli fermare.
John la vide superare i due litiganti ed andare nella sua direzione, un sorriso in volto e la mano protesa in avanti.
«Sherrinford Holmes.  E’ un piacere Dottor Watson»
L’uomo gliela strinse con aria assente, il cervello troppo impegnato a cercare di capire.
«Holmes?» la voce strozzata in gola.
La donna alzò scherzosamente gli occhi al cielo.
«Si, Holmes. Sono la sorella di questi due maleducati, purtroppo»

 

Nota autore: Credo che qualche spiegazione sia dovuta.

Come chi sa avendo visto l’ultima puntata della terza stagione, Mycroft, parlando con un non specificato collega, fa riferimento ad un terzo fratello Holmes ed al fatto che quando toccò a lui non ebbe alcuna remora al riguardo. Nello specifico, rifacendosi al testo in lingua originale: “If this is some expression of familial sentiment…” “Don’t be absurd. I am not given to outbursts of brotherly compassion. You know what happen to the other one.” Ora, grazie alla magia della lingua inglese e alla sua talvolta genericità, non è dato sapere se “l’altro” sia un uomo oppure una donna.
Basandosi sul lavoro di Conan Doyle, in realtà, non ci sono richiami ad un probabile fratello/sorella ma spesso si suppone ci dovesse essere un fratello maggiore che, come da tradizione per il periodo storico, fosse rimasto nella casa di famiglia permettendo così ai due fratelli Holmes di andare a Londra. I lavori che si ispirano a Doyle, tuttavia, parlano di un fantomatico fratello maggiore di nome Sherrinford (anche se è più probabile che questo fosse il primo nome attribuito al personaggio di Sherlock) e di una sorella più piccola di nome Enola, su cui sono stati fatti dei romanzi.
Tutta questa premessa per dire cosa? Ho spesso pensato spesso che il comportamento dello Sherlock BBC derivasse da un malessere non solo sociale (essere un genio equivale all’esclusione sociale, esattamente come essere un pazzo) ma anche familiare, tuttavia, perché avere così tanti problemi se si è cresciuti con dei genitori come gli Holmes? Quando Mycorft fece riferimento al terzo fratello, il mio cervellino iniziò a farsi miliardi di film, trovando spiegazioni, forse assurde, ai comportamenti sia di Sherlock che di Mycroft. Non dico di più altrimenti vi racconterei il seguito della mia storia ma è da lì che è partito il mio ragionamento…
Un’ultima cosa: perché una sorella? In primis perché adoro mettere in crisi Sherlock usando le donne ed il loro cervello, così differente dal suo, e poi….poi lo scoprirete ^^
Ultimissima cosa: non potevo chiamarla Enola perché mi sembra stoni con gli altri due nomi degli Holmes e poi perché ho voluto cercare, come sempre, di mantenermi in qualche maniera legata il più possibile a Doyle (se così si può dire!) e Sherrinford come nome, a mio parere, è molto bello. Fra l’altro, credo che Sherry come diminutivo funzioni, non credete?
Bene, ora vi lascio andare veramente e vi ringrazio se vorrete farmi sapere il vostro parere sia sulla storia che su queste mie derive mentali.
A presto,
Anne




  
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