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Autore: Matih Bobek    10/10/2014    2 recensioni
Brevi racconti tratti da esperienze quotidiane che vertono sulla vita nella Capitale, con un occhio di riguardo per le zone periferiche al nord, l'ignoranza e la cafonaggine del romano medio, le lotte con i mezzi pubblici, l'ansia di prendere la macchina per via del traffico. Divertenti, ironiche e irriverenti le storie presentano una grande varietà di temi, trattati con ferma lucidità analitica e un certo distacco. Dalla raccolta emerge il dipinto di una Roma in caduta libera, macera e spenta, specchio della situazione in cui versa l'Italia. La crisi economica e sociale vengono descritte con amara ironia.
Genere: Comico, Commedia, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
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Sono le 7:30 del mattino, e i vagoni del treno sono pieni come lo stomaco di un tacchino il giorno prima del ringraziamento; praticamente c’è mezza Roma. “Valle Aurelia dista una manciata di fermate” continuo a ripetermi in testa, quasi un rito apotropaico, sarà, eppure per ragioni ignote questa ferraglia ambulante ogni tanto decide di fermarsi. Così. Tanto per farmi perdere una buona ventina di minuti; massì, che ce frega, un piccolo ritardo di un paio di lustri che saranno mai. Non mi perdo mica una lezione. No infatti. Ne perdo tre. Senza considerare il danno morale e psicologico. Che non ha prezzo.

Oh, ecco Valle Aurelia. Sono Arrivato. Devo solo farmi strada tra la marea immane di gentaglia. Sì, se questo si spostasse. Guardalo, mica si toglie; mi avrà visto? Manco fossi trasparente. Interveniamo: “Scusi, potrei passare?” sguardo annebbiato e neurone figlio unico vagante nella scatola cranica. Mi fissa; forse non ha capito. Glielo ripeto: “Scusi, potrei passare?” … pausa millenaria… : “Devo scendere anche io!” Calmino eh, potevi rispondermi prima invece di dormire in piedi; certo che una passata di dentifricio sulle zanne potevi darla. Mamma santa, sembrano i miasmi della cloaca maxima.
Le porte si aprono, la marea si diffonde come il verbo di Cristo per la banchina; a piccoli passi, mi avvicino all’uscita: passo, aspetto. Passo, aspetto. Prima le signore. passo. Il solito idiota che entra sul treno prima che siano tutti scesi: tre passi indietro. Oddio, ma cos’è il gioco dell’oca? Strattonata a destra, spintone a sinistra, ed eccomi fuori dall’inferno. E in ritardo apocalittico, ma ce la posso fare. Sì, ce la posso fare, prendo le scale mobili… veloce Matteo, dai, veloce… ma perchè prendono tutti le scale oggi? Ci stanno quelle mobili a due passss… ferme. Ovviamente ferme. Ma perchè ci casco sempre, perchè? Valle aurelia, la Gardaland delle scale mobili, ma ne funzionasse una! Uff, e allora: gradino, gradino, gradino, gradino, veloce dai, veloce… Uuuh, ok veloce, ma non cadere, tieniti ai corrimano, dai, ci siamo, ecco le porte della metro, prepariamo la tessera. La fila dai, fate veloci su, quanto ci vuole a infilare un pezzo di carta?? Il mio turno: prendo l’abbonamento, lo infilo nella fessura… suspence… ERRORE. Come errore? Mah, riproviamo… suspence con imprecazione… ERRORE. Ok calma, calma. Oddio che nervoso! Ma tutte oggi? Dio, che ho fatto di male? Eh? Ok, ok, reagiamo: vado dalla guardia nel gabbiotto, mi faccio aprire da lui. Che problema c’è? Già… che problema c’è… a parte il fatto che il gabbiotto è vuoto. Dannazione! Dove sei, guardia fedifraga? Se ti becco ti scuoio! Dove ti nascondi? Ispezioniamo il luogo: due tizie si avvicinano ai tornelli, uno si sta facendo derubare di un euro e cinquanta dall’Atac, un altro, boh, girovaga per la stazione, vestito in blu, mentre mangia uno sfilatino. Sarà lui la guardia? Non ha segni di riconoscimento… spille, spillette e cavoli vari; proviamo:” scusi, lei è dell’ATAC?”
“Vedi ‘n po’ te, che ce sto a fa qua sennò?” Un emerito nulla, dato che stai allegramente mangiucchiando un paninazzo con la porchetta di Ariccia. Per di più non sei dove dovresti essere, ovvero nel gabbiotto, e non sei riconoscibile. Ringrazia che vado di fretta, altrimenti… : “Purtroppo non mi funziona l’abbonamento” che ho pagato quaranta euro.
“E quinni che voi?” Un pezzo del panino; ma secondo te che voglio? “Potrebbe aprirmi le porte?” “Ma accollate all’artri no?” Credo di non aver capito bene. “Scusi?” “Che stai a dormì? Aspetta che passa uno e t’accolli dietro!” Cioè. Un responsabile dell’Atac mi sta spingendo a infrangere la legge. E tutto ciò, quando gli basterebbe piggiare un bottone. Uno stupido bottone. “Lei sa che quello che mi sta ‘consigliando’ di fare è un tantinello… illegale?” “Ma lo fanno tutti!” Non mi stupirebbe troppo scorpire che ‘sto tizio è un pluriricercato. “E non sarebbe più facile per entrambi aprirmi le porte?” Come farebbe una qualsiasi altra guardia, dopo aver verificato che io sia veramente in possesso di un abbonamento. “Ahò, me sto a magna’ er panino!” Dai, sono su candid camera, per forza! Dove sono le telecamere? Mi guardo intorno. No, nessuno scherzo. Amara realtà.
“Chiedo scusa per il disturbo. Buona giornata. E buon panino.”

   
 
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