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Autore: Viandante88    10/10/2014    0 recensioni
Alle volte l'amore arriva quando meno ce lo aspettiamo, in luoghi imprevisti, ma soprattutto, verso persone improbabili.
Come può funzionare una storia tra una ventenne e un quindicenne?
Si possono superare le innumerevoli differenze che l'età di ognuno comporta?
Improbabile, ma non impossibile.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 1.
 

Ottobre 2007
 

Lei .
 

Fuori pioveva, un vento freddo accompagnava le foglie ormai autunnali al suolo, mentre un cielo grigio indicava la fine dell'estate, la fine vera, quella che dice: “ok gente, la pacchia è finita, ora tornate ad alzarvi presto nella depressione di una giornata nebbiosa e mettete via quelle risa da persone felicemente illuse”.
Questo era il pensiero di Elisa mentre guardava fuori dalla sua finestra e attendeva l'orario giusto per uscire di casa e andare al lavoro in biblioteca. Non che potesse lamentarsi di ciò che faceva, da sempre aveva amato i libri e quando la migliore, stravagante amica di sua madre le aveva chiesto se poteva interessarle il posto, ne era stata entusiasta. Certo, l'idea di fare la bibliotecaria in una scuola superiore non la rendeva pazza di gioia, forse avrebbe preferito una di quelle antiche librerie dall'aria enigmatica, ma sicuramente non poteva lamentarsi, proprio no. “Tesoro, ho bisogno di chiederti un favore!”
Elisa si girò con circospezione; conosceva quel tono, quando sua mamma usava la vocina stridula e falsamente dolce, doveva chiederle un ENORME favore.
“Ti ascolto, ma fai presto, due minuti e devo uscire; non posso arrivare tardi.” Iniziò intanto a mettersi la valigetta nera a tracolla, quella coi centurini posti come apertura; elegante ma casual al contempo; le piaceva molto.
“Ricordi che ti parlavo della cena di lavoro con la mia datrice, quella che avrà come scopo il procurarci fondi per la nuova sede... ricordi, no?”
“Ah-ah” si limitò a dire Elisa, già pronta sulla soglia della porta.
“Sai, tuo padre per quella sera ha avuto un impegno imprevisto e, beh, non potrà accompagnarmi, quindi ho pensato potessi farlo tu! Non è una splendida idea? Insomma sarà una serata del tutto informale, a casa della signora Scovena, vedrai che ti divertirai moltissimo!”
“Mamma io non...”
“Hai ragione, hai ragione, devi andare! Scusa tesoro se ti ho trattenuta e buona giornata!” detto ciò spiaccicò sulla guancia della ragazza un bacio con lo schiocco e scappò a rifugiarsi in bagno, senza lasciarle diritto di replica.
Elisa non poteva assolutamente aspettare ancora, ma in serata sicuramente gliene avrebbe dette quattro. Come aveva potuto incastrarla in quel modo? Sapeva quanto disprezzasse la signora Scovena -la capa di sua madre - e le sue finte maniere cortesi; odiava come le labbra di quella donna si piegavano in un sorriso scaltro ad ogni occasione, un sorriso ipocrita capace di esprimere un intero discorso senza proferire parola. Inoltre Elisa era perfettamente consapevole di quanto il suo disprezzo fosse condiviso da suo padre e di come agevolmente doveva essersi liberato da quella pessima situazione destinandola a lei. Era arrabbiata, si sentiva tradita, ma la cosa peggiore è che probabilmente non sarebbe riuscita a dire no a sua mamma, lasciandola sola ad affrontare una serata così importante.
In fondo la sua insicurezza costante le faceva tenerezza, erano più le volte in cui la figlia consolava il genitore anzi che il contrario e se sarebbe bastata la sua presenza al suo fianco ad una cena, alla fine poteva ben sacrificarsi.
Ecco, come al solito la sua rabbia si smaltiva presto, fin troppo forse.
Vedendola però dal lato positivo aveva dalla sua il fatto di poterle “ricordare” questo grosso favore quando ne avrebbe avuto bisogno. Perché sprecare tale opportunità?

“Buongiorno a tutti”. La biblioteca scolastica non era un ambiente molto frequentata, se non per quei pochi studenti davvero interessati allo studio o per quelli invece il cui unico interesse erano i computer ad uso indebito. Elisa nemmeno voleva sapere che cosa potesse regalarli tante risatine maliziose, ma spesso le capitava di dover intervenire sul loro tono di voce minacciando di disconnetterli da internet.
Lavorava li solo da un mese, ma si era subito adattata a quell'ambiente così tranquillo; le sue mansioni erano semplici e poteva eseguirle con calma, ma il su compito favorito era quello di sistemare ordinatamente i libri sugli scaffali, per autore o genere, e controllare fossero tutti ancora in condizione di essere letti, altrimenti avrebbe dovuto inserirli al pc con la scritta “da sostituire”, mentre quelli vecchi venivano o buttati o regalati a chi mostrasse interesse.
Beh, lei ovviamente non si tirava quasi mai indietro. Da un mese a questa parte ne aveva adottati almeno una decina e presto avrebbe dovuto procurarsi una nuova libreria di questo passo.
“ 'Giorno!” la risposta di Sebastiano non si faceva mai attendere, era sempre gioioso e ben disposto verso tutti, la metteva di buon umore quel suo sorriso contagioso. Sebastiano aveva ventiquattro anni e non era un ragazzo dalla bellezza particolare, però aveva un modo di fare che sapeva conquistare; i suoi occhi azzurri, quasi grigi, erano incredibilmente belli e il contorno di boccoli castani non tardava a fartelo apprezzare maggiormente.
Peccato avesse un naso non proprio aquilino e che l'attenzione venisse attirata subito dalla sua forma poco esile. Nel complesso però non era male, una volta conosciuto lo apprezzavi per tanti lati e in poco tempo si faceva volere davvero bene.
“Come va quest'oggi Elisa?” chiese mentre puliva l'enorme tavolo da lavoro dove erano posti i computer.
“Nonostante sia lunedì, non va poi così male, dai. E tu, Seba? Andato bene il week end?” Prese posto al tavolo e iniziò a suddividere le schede dei libri che avrebbero dovuti essere riconsegnati quel giorno.
“Ma sì dai! Sabato ho fatto una bella gita in bicicletta con amici e domenica ero morto nel letto coi muscoli doloranti... però è stato divertente!” sedette al suo fianco, mostrando quel suo gran sorriso abbagliante.
“Beh, sei da stimare, io nemmeno so più se riesco ad andare in bicicletta. Probabilmente cadrei prima di salirci.” Sebastiano scoppiò a ridere divertito.
“Ma figurati! Sai che non si dimentica mai e se vuoi te lo dimostro invitandoti sabato prossimo a farti una gita con me”. Elisa rimase per un momento impietrita. Quello non era mica un invito per un appuntamento, vero?
Si sforzò di rispondere alla risata: “no, credo passerò, grazie. Non ho molta voglia di fare figuracce.” si voltò verso di lui e lo vide per un attimo come deluso, ma in un secondo ricomparve l'espressione di gioia.
“Vorrà dire che dovrò inventarmi qualcosa di diverso.” disse quindi facendole l'occhiolino, per poi alzarsi fischiettando con lo strofinaccio in mano e dirigendosi verso gli scaffali.
Le storie d'amore di Elisa non erano mai state un gran che, lei aveva da sempre difficoltà nel fidarsi delle persone, quindi quando intratteneva un qualsiasi tipo di relazione finiva sempre per chiudersi a riccio e non riuscire a esprimere quel che davvero sentiva; ciò rovinava ogni cosa, provocando litigate e l'interruzione di tutto.
Era assolutamente un incapace sociale, di solito si definiva così e mai avrebbe immaginato che un suo collega, di quattro anni più grande e conosciuto appena un mese prima, potesse avere un interesse nei suoi confronti.
Forse però si stava costruendo un castello mentale senza poi fondamenta, in fin dei conti le aveva solo fatto un invito a fare una biciclettata con lui, non le aveva mica domandato di uscire a cena, o al cinema, o a casa sua a vedere un film... La sua mente viaggiava in assurde direzioni, provocandole un'improvvisa ansia e un forte batticuore, decise quindi di uscire un attimo dal salone. Si sentiva osservata e in imbarazzo, anche se probabilmente nessuno le stava prestando davvero attenzione. Ma aveva bisogno di rinfrescarsi la faccia e andare fuori da li. I servizi igienici della biblioteca erano momentaneamente fuori servizio e dovette recarsi a quelli delle ragazze nel corridoio della scuola.
Un intero atrio con tanto di porte a vetri la divideva dall'istituto e nel tempo che ci mise a percorrerlo si sentiva già meglio e decisamente stupida. Una reazione più esagerata di quella non poteva averla, ma cosa le era preso?
Elisa trovò il bagno e ci s'infilò dentro mirando dritto al primo lavandino sulla sinistra della porta, si sciacquò ripetutamente il viso e si guardò alla specchio. Le gocce le ricadevano dalle guance rosee e dalla punta del piccolo naso, e i capelli erano leggermente spettinati. Non che le importasse, li aveva tagliati così corti che un po' sbarazzini stavano decisamente meglio, però ora si ritrovava a pensare che forse avrebbe dovuto curarsi di più, apparire più carina e femminile, magari truccarsi e vestirsi con pantaloni più aderenti e qualche centimetro di tacco...
ma che assurdità andava pensando, stava lavorando mica andando a ballare. Prese qualche foglio di carta per asciugarsi -almeno per quanto possibile- le mani e in quell'istante altre ragazze, più o meno sui quindici anni, entrarono nel bagno.
Erano in tre e sembravano essersi vestite imitando ogni dettaglio l'una dell'altra: maglia rosa, molto aderente con la scritta sexy posta sul petto, pantaloni che definirli a vita bassa era un eufemismo e capelli di un biondo platino, tenuti legati in un'alta coda di cavallo. Solo le All Star che avevano ai piedi si differenziavano almeno per i colori.
“La professoressa di educazione fisica è imbarazzante...” diceva una mentre estraeva un pacchetto di sigarette dalla tasca anteriore dei jeans.
“Accidenti se lo è! Una scappatina dall'estetista per quelle sopracciglia non le farebbe affatto male.” rispose un'altra mentre si rimetteva un lucidalabbra rimirandosi allo specchio.
“Un'estetista? Vorrai dire un giardiniere! Per quei cespugli ci vorrebbe un tosaerba!” esclamò la terza, per poi scoppiare ridere divertita della sua stessa battuta seguita immediatamente dalle altre.
Elisa si guardò attorno in cerca di un cestino e si rese conto che, in effetti, l'ultima ragazza aveva qualcosa di diverso dalle altre: un fermacapelli rosa, intonato alla maglia, a forma di labbra. In pratica un modo di dire: “certamente, potete imitarmi, ma io sarò sempre più di voi mie care.”
Ai tempi delle superiori ne aveva conosciute tante così e ne era sempre stata alla larga.
“Scusami” la chiamò la tizia col fermacapelli fermandola sulla soglia mentre stava per uscire.
Lei girò appena la testa, giusto per farle capire che ascoltava.
“Non hai mica da accendere?” continuò quella mostrandogli la sigaretta.
“Mi spiace, non fumo” e senza aggiungere altro lasciò il bagno, lasciandosi alle spalle risatine e ennesimi pettegolezzi che sarebbero ricominciati da li a poco, ne era certa.
Era strano come in realtà le cose non cambiassero mai. In ogni scuola, per ogni generazione, ci sarebbe sempre stata “la tizia col fermacapelli”, e il gregge di pecore che le sarebbe stato dietro, senza tralasciare il belloccio di turno e l'amore “tira e molla” tra lei e lui. Cambiavano le mode certo, ma mai coloro che le seguivano.
Vivere per la moda o essere alla moda per vivere?
Per quanto al riguardava essere libera era sempre stata la sua scelta. Libera di vestirsi come le pareva, di fare amicizia con chi più desiderava e non chi più conveniva. E soprattutto, libera di farsi influenzare da ciò che poteva scegliere, non da ciò che le era imposto.
Per questo forse non aveva mai avuto una valanga di amici. Del liceo le erano rimaste solamente due amiche:
Bianca, che viveva a Londra, si era trasferita con la sua famiglia appena dopo il diploma e si sentivano regolarmente tramite mail e social network; le mancava molto la sua saggezza e il suo essere sempre razionale e obbiettiva su ogni problema, e non vedeva l'ora di poter andare a trovarla.
Poi c'era Arianna, con la quale invece si vedeva quasi tutti i giorni. Una ragazza espansiva e logorroica, appassionata di manga e cosplay, ma umile e molto sensibile. Non sapeva come avrebbe fatto senza di lei.
Sovrappensiero arrivò nell'atrio della scuola e quando alzò gli occhi era già troppo tardi... sbatté con la faccia contro la porta a vetri e il rumore risuonò nelle vicinanze creando un'eco spaventoso. “Ahio!” si coprì subito il naso con le mani, ma non si preoccupò di vedere se ci fosse stato qualche spettatore.
“Mamma, che botta sonora...” esclamò infatti d'improvviso una voce maschile, facendola sussultare. Sentì dei passi provenire dalle sue spalle e avvicinarsi rapidamente a lei, quindi tirò su col naso e cercò di forzare un sorriso, pronta a dire di star benone e di non preoccuparsi. Non si aspettava però di rimanere senza parole di fronte a quel ragazzo. Era così carino e... beh, così carino!
“Tutto a posto? Vuoi che dia un'occhiata?” Senza attendere risposta protese le mani verso il suo viso, ma Elisa si ritrasse prontamente. Si sentiva cosi imbarazzata! “
Sto... sto bene, gra... grazie per l'interesse. Il mio naso è come quello di Goku, puoi dargli tante botte, ma non si rompe mai!” Ma che cavolo stava dicendo? Aveva davvero messo in mezzo Dragon Ball? Aveva davvero citato uno stupido cartone animato? Avrebbe voluto si aprisse una grande, grandissima voragine ai suoi piedi, essere inghiottita e anche digerita da quella.
Contro ogni sua previsione il ragazzo rise divertito. “In effetti non avevo mai pensato al naso di Goku, anche se mi sono sempre domandato come diamine facessero a sopravvivere con dei buchi enormi in mezzo alla pancia!”
Entrambi sorrisero e l'imbarazzo cessò per un'istante, vedendo il suo sorriso. Aveva qualcosa quel sorriso, un non sapeva che di più rispetto a tanti altri. Alcuni erano finti, altri erano spenti, altri ancora non sinceri.
Ma questo... beh, questo era Il sorriso.
“Andavi in biblioteca? Vuoi che t'accompagni?” riprese lui con tono molto dolce.
Elisa scosse il capo. “ce la faccio, tranquillo. Anzi, è meglio che torni, i miei colleghi mi avranno dato per dispersa ormai.”
“Oh, lavori qui?” la sua voce parve un po' delusa.
Lei annuì, ma non disse nulla, anche volendo non avrebbe saputo cosa dire.
“Capito. Allora ci si vede signora bibliotecaria e stia attenta al suo naso d'ora in poi è così carino che è un peccato rovinarlo.” sorrise di nuovo, fece un cenno di saluto con la mano e si allontanò stiracchiandosi rumorosamente, stendendo le braccia verso l'alto.
Lo guardò allontanarsi come incantata e solo dopo si rese conto che le aveva appena dato della signora! Insomma, Signora? Va bene che era più grande di lui, ma mica sembrava così vecchia, no?
Oppure vestita con quella tuta e quella felpa larga, pareva di sì? No, no, no. Era senz'altro un'esagerazione di quel ragazzino immaturo.

Il resto della giornata passò tranquillamente. Il naso fortunatamente non era rotto e il ghiaccio che le aveva procurato Sebastiano, le era servito a non farlo gonfiare. L'unica fregatura era stata che le era girata un po' la testa per qualche momento, ma le era passato tutto nel giro di poco e aveva finito anche per dimenticarsi del ragazzino immaturo e della parola “Signora”.
Una volta tornata a casa però, guardandosi allo specchio dopo essersi tolta quel poco di matita e mascara che aveva agli occhi, non poté fare a meno di osservare il suo naso e sorridere al pensiero delle sue parole. Si accorse immediatamente di star arrossendo, con la sua pelle così bianca era impossibile non notarlo, ma ne rimase infastidita e si domandava cosa la facesse arrossire tanto. Improbabile fosse il ricordo di quel sorriso, di quei capelli neri corti ma mossi e di quello sguardo nero, profondo, in cui ci si poteva perdere e desiderare non uscirne mai più.
Aveva provato una strana sensazione, come se stesse galleggiando in aria eppure non riuscisse a muoversi al contempo. La pelle d'oca, la voglia di dire tanto e niente, il cuore in balia di un silenzioso ballo sfrenato perché timoroso di farsi sentire.
Santo cielo, non poteva crederci, si sentiva una quindicenne alla sua prima cotta. Era infatuata di un probabile quindicenne incontrato per caso e col quale aveva pure fatto la figura della nerd incapace di camminare senza sbattere. Non ci credeva. Aveva vent'anni, vent'anni per la miseria!
Era sicuramente una sensazione errata, o momentanea, od errata e momentanea insieme.
Improbabile, improbabile, improbabile... ma non impossibile.


** Grazie a chi ha avuto la pazienza e la voglia di leggere questo primo capitolo della mia storia, spero continuerete a seguirla e di ricevere una vostra sincera opinione al riguardo ^^

A rileggerci a presto!
Viandante **

  
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