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Autore: Ilune Willowleaf    22/01/2005    5 recensioni
cos'è successo, dalla Kouma Sensou a qualche centinaio di anni prima delle avventure di Lina? Uno spaccato sulla cronistoria della razza demoniaca, che si inserisce nel filone della mia saga...
Genere: Avventura, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’eterna lotta tra Bene e Male imperversava da quando quel mondo era stato creato, da quando LORO erano stati creati, e dalla

CRONACHE DELLA KOUMA SENSOU

di Ilune Willowleaf

 

nota iniziale:

questo lungo racconto mi serve per fissare in modo chiaro alcuni dettagli sia della storyline ufficiale, sia quelli delle sottotrame e dei personaggi da me creati che si inseriscono nel filone che è nato con Gods War.

Dico subito che la maggior parte (per non dire TUTTI) i personaggi che compaiono in questa fanfic non sono miei, e che non scrivo a scopo di lucro bensì solo per diverire mé e gli altri (ok,e  anche la postilla copyright è fatta [Ilune cancella “copyright” dalla lista di cose da scrivere]). Inoltre, non prendete per vere tutte tutte le notizie da me scritte: a me fanno “comodo” così, ma dopo che ero arrivata a 4/5 della stesura della trama della saga di cui fanno parte le Cronache, ho scoperto che avevo preso dei grachi mostruosi (per la lista completa delle mie cappelle da non imitare, vi rimando alla fine del’ultimo capitolo).

Ringraziando per la cortese attenzione ^__^ e scusandomi per i pasticci che ho commesso, vi auguro una piacevole lettura!!!

                                                                                              Ilune Willowleaf

 

CAPITOLO I

 

L’eterna lotta tra Bene e Male imperversava da quando quel mondo era stato creato, da quando LORO erano stati creati, e dalla madre avevano avuto l’ordine di combattersi, per l’eternità, per il Suo diletto.

Le terre sconvolte dalle battaglie ospitavano già molte forme di vita, alcune semplici e primitive, altre che erano da poco all’apice della loro gloria, quando loro quattro furono creati.

Shabranigdo, il Demone dagli Occhi di Fuoco, detto Ruby Eye, voleva qualcuno che lo aiutasse. Qualcuno che potesse fargli notare altri punti di vista, altre menti capaci di vedere le falle dei suoi piani, che gli obbedissero, che lo aiutassero a battere il suo eterno nemico, Cephied, il drago di Oceano.

Così creò i quattro Dark Lords.

Phibrizio, che più gli assomigliava. Crudele e sottile, perfido e astuto, ingannatore, intelligente.

Dynast, il gelido. Distaccato, glaciale, privo di emozioni; la collera, l’ira, la rabbia, gli erano estranee, come il calore è estraneo ai freddi ghiacciai eterni.

Zelas, l’animalesca. Bellissima e selvaggia, feroce eppure sconcertantemente sensuale. In lei c’era tutta l’impulsività, tutta la ferocia che si palesa nella natura.

E poi, Dolphin. Strana, mutevole come il mare. A volte esuberante, a volte apatica, talvolta attiva, perfida, spietata; a volte, nulla pareva interessarle, e trasognata si lasciava trasportare dalle correnti calme o impetuose degli abissi, suo dominio.

La guerra del Bene contro il Male continuava.

E finì in un pareggio.

Ruby Eye diviso in sette parti, sigillato, nascosto, celato ai suoi figli in fragili, mutevoli corpi umani.

Cephied stremato, sprofondato nel mare del Chaos; lasciando dietro di sé quattro alter ego chiamati Re dei Draghi, e dei piccoli frammenti di sé, i suoi Cavalieri.

E tregua fu, per quattromila anni. Leccarsi le ferite, organizzarsi, spiarsi, intralciarsi a vicenda, piccole scaramucce e piani segreti.

E mentre il Bene e il Male si beccavano a vicenda in futili litigi, una razza giovane, appartenente sia al male che al bene, crebbe e si moltiplicò, invadendo come formiche le terre che il tempo aveva lenito dagli scontri ancestrali. Gli umani, strani esseri, che si moltiplicavano in quelle sue strisce di terra, rimasuglio dell’immenso continente in cui l’ultimo scontro del Maou e del Ryuukami aveva scavato un immenso oceano circolare, distruggendo quasi ogni vestigia delle prospere civiltà di elfi e draghi…

 

 

-Allora, sei proprio certo, Phibrizio?- Zelas batté con impazienza il prezioso bocchino di onice, con una sigaretta accesa infilata, sul bracciolo dell’alta, elegante sedia, attorno al tavolo rotondo.

Phibrizio, unico in piedi in quella stanza, troppo eccitato per stare seduto, dette un calcetto alla pesante tenda di velluto nero che tagliava fuori il sole e il suo calore da ogni stanza del suo castello, l’Hellmaster Manor.

-Certo che si, Zelas. L’ho fatto seguire e controllare a lungo, e alla fine me ne sono accertato io stesso. In Lei Magnus c’è sigillato uno dei sette pezzi di Shabranigdo-sama.- confermò il Dark Lord con un sorriso smagliante sui lineamenti di bambino che tanto amava.

Zelas sbuffò una nuvoletta di fumo aromatico.

Dynast prese la parola. La sua voce era priva di qualsiasi inflessione, di qualsivoglia sfumatura di sentimento.

-Sarà allora necessario desigillarlo al più presto. Occorrerà però evitare che i Re Draghi se ne accorgano. -

-La mia isola andrà benissimo. E’ la zona più adatta, sufficientemente lontana da quei lucertoloni. - si offrì Zelas. Dynast parve ponderare l’idea; poi, lentamente, annuì, una volta sola.

-Dolphin?- chiese Zelas. In quel periodo Dolphin era piuttosto estroversa; i periodi in cui si rinchiudeva in un mutismo quasi assoluto, parlando per sibilline, brevi frasi, parevano essersi ridotti di molto da quando aveva creato i suoi due subordinati, Poseidon e Nerea.

Zelas pensò con un moto d’orgoglio al suo unico subordinato Xelloss; in lui aveva riunito i poteri dei general e dei priest, creando un essere estremamente interessante, potente, e con un innato talento per la cucina (ancora doveva capire come fosse venuta fuori questa caratteristica… ).

-Per me va bene. A tenere alla larga dalla zona i draghi d’acqua ci penso io. Manderò un paio di divisioni a tenerli impegnati molto più a sud, va bene?-

Phibrizio annuì.

-Molto bene. Andrò a prendere Lei Magnus, lo porterò alla Wolf Pack Island, e lì desigilleremo Ruby-Eye sama. Dynast, dovresti tenere occupati i draghi della parte nord del continente. Manda un po’ dei tuoi subordinati a fare casino. Mi sembra che la tua general non si faccia pregare per fare qualche bel massacro…-

Il fatto che Shella ogni tanto amasse fare veri e propri bagni di sangue non era un segreto, e Phibrizio si chiese come diamine aveva fatto un Dark Lord tanto privo, all’apparenza, di emozioni, a creare una schizofrenica come Shella. Mah, misteri. Coi subordinati non sai mai esattamente cosa viene fuori. Puoi decidere che poteri conferire, che caratteristiche, e che forma beast; ma il carattere si forma in modo indipendente.

Come quel mollaccione di Dessran, il secondo Priest che aveva creato. Forse c’entrava il fatto di averlo creato da un essere umano, ma quel priest era difficile da controllare, anche se indubbiamente molto dotato.

Mentre Phibrizio lasciava la sua mente andare a queste digressioni sui subordinati, gli altri tre Dark Lords se n’erano andati, ognuno alla sua residenza.

Con un sospiro, pensando a quello che riteneva un suo mezzo fallimento, Phibrizio lasciò l’Hellmaster Manor, teletrasportandosi nel grande studio di Lei Magnus, nella scuola di Magia e Stregoneria in cui viveva.

 

-Poseidon! Nerea!- Dolphin aveva appena posato i piedi sul pavimento di conchiglie e madreperla intarsiati della sua sala del trono, che immediatamente chiamò i suoi due subordinati.

I due comparvero subito, inginocchiandosi al cospetto della loro master.

-Nerea, prendi uno squadrone di brass di livello medio alto, e vai a infastidire un po’ gli shinzoku. Tienili il più lontano possibile dalla Wolf Pack Island. Se riesci a trascinarli sotto l’equatore anche meglio.

Poseidon, tu invece vai a controllare i Draghi Ancestrali. Quel popolo si tiene separato dagli altri, ma se avessero odore di cosa stiamo preparando e scendessero in campo, sarebbero cavoli amari per tutti. Non avvicinarti troppo, guarda solo se fanno i beati villeggianti come al solito o se noti attività insolite.

Andate.-

Chinando la testa in segno di assenso, i due scomparvero nel piano astrale, diretto l’uno al pianoro dei Draghi Ancestrali, l’altra, dopo aver chiamato i capi di alcuni piccoli squadroni, a provocare i draghi di mare e a portarli lontano.

Dolphin si sedette sul suo trono, accarezzando distratta le spire di madreperla intarsiati di perle e coralli, di gemme e pietre dure.

Il mento fine appoggiato alla mano minuta, sperò che i Draghi Ancestrali non avessero subodorato qualcosa.

Lei era a conoscenza di cose che gli altri Dark Lords nemmeno immaginavano.

Per esempio, che quei draghi si muovevano solo in favore delle forze del Bene, ma solo se il loro oracolo glie lo ordinava. E l’Oracolo riceveva ordini e visioni solo ed esclusivamente da LoN.

Razza potente, molto più delle altre. Pigramente, Dolphin si chiese cosa poteva venir fuori se avesse provato a creare un lesser demon con il corpo di un Drago Ancestrale.

Decise che, quando avesse avuto il tempo, avrebbe fatto qualche esperimento. Ma non adesso.

Si lasciò scivolare giù dal trono, teletrasportandosi poi allo Zelas’ Castle, sulla tropicale isola chiamata Wolf Pack Island.

 

Su, su, nel nord, dove il sole è pallido e timido e dove l’aria è sempre gelida, nel castello di ghiaccio e cristallo purissimo ove Dynast aveva la sua dimora, Shella accolse con gioia immensa la prospettiva di fare un bel massacro.

-Non scatenarti troppo. Non devono nemmeno intuire i nostri piani. Devono crederla una normale scaramuccia. - il tono distaccato e freddo di Dynast era, per l’abituata general, venato di una severità che solo lei, creata da quell’apparente assenza assoluta di sentimenti, riusciva a percepire.

Chinò la testa, obbediente.

-Ai vostri ordini, Master. - sussurrò, prima di sparire, con un ghigno perfido sulle sottili labbra, e uno scintillio omicida negli occhi blu e freddi come le crepe più profonde dei ghiacciai

 

Qualche giorno prima, in una zona della attuale Penisola dei Demoni…

“Qui si prepara qualcosa di grosso. Temo che Lei Magnus sama non abbia preso sul serio i miei avvertimenti… spero solo che Phibrizio non scopra che ho cercato di nascondergli informazioni… per fortuna non spia troppo spesso nella mia testa. Dice che tutti i miei buonismi gli causano l’emicrania…” Dessran sogghignò “come se avesse davvero un cervello organico che possa fargli male…”. Era inginocchiato per terra, anche se apparentemente non c’era nulla di fronte a sé. Studiava con cura la barriera che imprigionava il suo villaggio e le terre circostanti da diversi anni. Se Phibrizio si distraeva e usava tutte le sue forze e concentrazione per qualcos’altro, avrebbe potuto forzarla, e far scappare gli abitanti. Ma come nascondere il villaggio vuoto, le strade deserte?

Lo sguardo del priest di posò sulla montagna scura non troppo distante. Era un antico vulcano, inattivo da diversi secoli. Ma lui, con le sue capacità demoniache, avvertiva che non era del tutto morto. Bene, quando avesse evacuato la popolazione, avrebbe scatenato un bel terremoto, e con un pizzico di fortuna il vulcano si sarebbe risvegliato… o ci avrebbe pensato lui stesso, appena la popolazione fosse stata a distanza di sicurezza.

Attraversò la barriera, l’essere un mazoku gli dava questa prerogativa, e si teletrasportò nella casa della sua infanzia.

Una donna anziana lo accolse. Era sua madre. Gli abitanti del villaggio sapevano del crudele giogo che il giovane dall’animo gentile era costretto a subire dal suo demoniaco padrone, come prezzo per la loro sopravvivenza. Anche se era un demone, gli volevano ancora bene.

-Mamma, ascolta. Spargi la voce all’interno del villaggio, ma discretamente. Preparate dei bagagli, e teneteli sempre pronti. Preparatevi in modo che se arrivo e dico “muovetevi, si parte”, nel giro di un quarto d’ora tutti possano muoversi. Appena il mio padrone si distrarrà abbastanza, creerò un varco nella barriera, vi farò fuggire, e simulerò un terremoto. -

-Ma tu non correrai pericoli, figlio mio?- Le mani ossute e nodose della anziana madre si strinsero attorno a quelle lunghe e sottili di Dessran.

-Forse. Ma voi sarete salvi. La dannazione della mia anima è un piccolo prezzo da pagare per le vostre vite, e in ogni caso, io sono già perduto. E poi, mamma, io sono furbo! Non temere, so schermarmi. Sai una cosa? Il mio padrone non riesce a spiare nei miei pensieri come in quelli dei miei colleghi: sono ancora troppo buono!-

-Tu sei sempre stato buono, bambino mio…- la donna baciò sulle guance quel figlio mai cresciuto, quell’essere dalle corna di demone e dagli occhi di un angelo strappato al cielo. Chissà per quanto, si chiese, Dessran sarebbe riuscito a mantenere il suo cuore candido e puro come quando era un bambino? Non sapeva se qualcuno l’avrebbe ascoltata, ma pregò gli dei perché proteggessero quel suo figlio tanto oscuro fuori, e tanto candido dentro.

 

 

Le previsioni di Dessran si erano rivelate esatte. Nemmeno due giorni dopo, Phibrizio spedì i due general e il primo priest, Karont, in azione diversiva contro i draghi, mentre lasciò Dessran a “custodia” dell’Hellmaster Manor, nel timore (a giudizio di Dessran infondato) che qualche drago o elfo tentasse una sortita.

Dagli accenni dei due general e dell’altro priest, Dess aveva capito cosa si preparava: il risveglio di Shabranigdo in Lei Magnus.

“Shabranigdo riuscirà ad impadronirsi delle memorie di Lei-sama, prima o poi. E saprà che ho tentato di ostacolarne la rinascita. A quel punto, io sarò spacciato. E se non libero il mio villaggio, anche loro. Ora o mai più.”

Così, appena il suo padrone e i tre subordinati, che lo trattavano in genere come un fratellino minorato rompiscatole col quoziente intellettivo di un uovo sodo, se ne furono andati l’uno a risvegliare il suo Sire, e gli altri a intrattenere i Draghi di Terra a sud, Dessran lasciò una parte della sua aura all’Hellmaster Manor, per far credere di essere lì a fare la guardia come il cane nel canile, e si precipitò al villaggio.

Si teletrasportò direttamente sul campanile, iniziando a tirare la corda della campana in modo frenetico. Era ormai l’imbrunire e tutti erano a tavola per la cena. In pochi minuti, tutti erano sulla soglia.

-Presto! Prendete i bagagli, vi faccio uscire! Muovetevi!!!- urlò. Sua madre aveva fatto un buon lavoro: non ci furono né pianti, né strida. In pochi minuti. Erano stati attaccati i carretti ai muli e ai cavalli, raccolti i bagagli e preso il cibo e l’acqua trasportabili, presi i preziosi già impacchettati. Nelle case era rimasto molto, mobili antichi tramandati con cura nelle generazioni, le ultime provviste in attesa del raccolto, corredi; ma a nessuno importava, se abbandonarli dietro di sé poteva significare uscire dalla magica cappa di energia che da quasi quaranta anni li teneva prigionieri.

Dessran si mise in testa alla piccola processione che, illuminandosi la strada con le fiaccole, si spinse rapida per il sentiero, un tempo strada ampia e trafficata, che portava fuori. Normalmente, chi osava arrivare fin lì andava a sbattere contro un muro invisibile.

Videro Dessran posare le mani su quel muro d’aria, e alla tremula luce delle torce lo scintillio maligno del muro si dileguò in una zona, poco più grande di una porta, sufficiente però a farli passare.

-Svelti! Fuori tutti! Non so per quanto riuscirò a tenerlo aperto, né per quanto il mio padrone sarà impegnato in altre cose!!!- disse, la fronte imperlata di sudore.

Donne e bambini, vecchi e uomini, si precipitarono tutti fuori, allontanandosi per permettere agli altri di uscire. In pochi minuti, erano tutti fuori. Dessran lasciò che il varco richiudesse, “ascoltando” poi le auree maligne che identificavano i Dark Lords. Stavano usando tanto del loro potere, in quel momento, che erano “udibili” fin da lì, dalla Wolf Pack Island. Dannazione, non aveva molto tempo.

Con uno sforzo non indifferente, non è cosa semplice teletrasportare un centinaio di persone schermando totalmente nel piano astrale questa operazione, li condusse a diverse centinaia di chilometri di distanza, nei pressi di una grande città.

-Direte che siete profughi, il vostro villaggio è stato distrutto da una colata lavica. La gente di qui è buona e generosa, vi aiuterà. In ogni caso, prendete queste, vi aiuteranno a costruirvi nuove case. - Dessran prese dal piano astrale, nella zona corrispondente alla sua stanza all’Hellmaster Manor, una grossa bisaccia da sella. Era piena di monete d’oro. La consegnò al capo villaggio.

-Grazie Dessran. Sarai sempre il benvenuto…-

-Grazie, capovillaggio, ma non credo che potrò più vedervi. Se mi scoprissero e riuscissi a sopravvivere, il mio padrone mi sorveglierebbe molto più attentamente. Se non mi scoprisse, dovrò evitare che scopra voi fuori della sua barriera. E infine, se ci riuscirò, penso proprio che taglierò la corda e scapperò, molto distante da qui. - Poi si diresse da sua madre e sua sorella, tutto ciò che di caro aveva al mondo. Le strinse in un abbraccio.

-Addio. Abbiate cura di voi. - sussurrò. Dagli occhi della sorella, una robusta donna sulla cinquantina (come pareva strano a Dess che la piccola sorellina minore dei suoi anni mortali fosse ora una donna adulta, con dei figli grandi! Il mazoku si chiese di sfuggita come sarebbe stato lui ora se Phibrizio non gli avesse strappato la sua umanità…) sgorgarono calde lacrime.

-Addio, fratellone. Ti vorrò sempre bene…-

 

 

Lasciamo ora Dessran che, detto addio ai suoi parenti e amici mortali, torna al villaggio, squarcia la terra provocando un terremoto, e risveglia il vulcano, perché sommerga tutto di lava, cancellando ogni prova del suo tradimento al padrone Phibrizio.

Andiamo in un posto più caldo, un’isola tropicale dai palmizi rigogliosi e fitti, dalla spiaggia candida sotto una luna tonda e gialla che si leva da est. La Wolf Pack Island.

Il profumo delle orchidee era forte, ma stranamente non si sentivano gli strilli acuti delle scimmie, nella jungla tropicale che circonda il castello di Zelas, né si udivano i concerti notturni di grilli, assordanti. Sulla spiaggia non si muovevano i granchi mangiatori di noci di cocco, e non si vedeva neanche il guizzo nervoso degli alligatori nei due fiumi limacciosi. Negli altri fiumi, più piccoli e limpidi, non c’era guizzare di pesci, né gracidare di rane. Tutto era silente.

L’aria stessa taceva, non c’era vento, l’atmosfera greve di malvagità.

Le creature dell’isola, rese più astute e maligne dei loro consimili di altre zone dalla continua malvagità emessa dal centro dell’isola, sapevano istintivamente che quella notte era meglio non uscire dalla tana. Potresti non tornare come sei uscito, e non tornare affatto è una prospettiva piacevole a confronto. In notti come questa, se quegli animali avessero potuto formulare questo pensiero, l’altra parte del mondo non sembra un posto abbastanza lontano per rifugiarsi.

Lei Magnus giaceva, profondamente addormentato, al centro di un complesso tracciato di simboli, sul pavimento marmoreo della sala del trono dello Zelas’Castle.

Zelas di fronte a Dolphin, alla sua sinistra Phibrizio e alla destra Dynast. E’ lei la padrona di casa, ma è Phibrizio a condurre il tutto. Non mette in dubbio le nozioni superiori di occulto del fratello.

-Siete pronti? Al mio tre, farete fluire la vostra energia demoniaca nei sigilli ai vostri piedi, tutta quella di cui potete privarvi senza collassare. Non importa se ci indeboliremo: quando Shabranigdo-sama si risveglierà, ci riprenderemo subito. - disse Phibrizio. Camminò attorno agli altri fratelli, controllando gli ultimi particolari. Spostò appena un piede di Zelas, che non era tutta dentro al sigillo, ghignò appena a Dynast, rigido e impettito, e sorrise a Dolphin, nei cui occhi c’era lo stesso scintillio di curiosa aspettativa che illuminavano quelli verdi e felini del più potente dei Dark Lords.

Infine, si sistemò sul sigillo con suo stemma, controllando attentamente la posizione.

Prese un bel respiro profondo - non che gli servisse realmente, dato che non respirava, però faceva più scena - e poi scandì -Uno… due…TRE!-

Al tre, quattro possenti correnti di energia maligna si incanalarono nel tracciato di simboli. L’energia si contorceva, generava scintille glaciali e incandescenti sul tracciato, ma scorreva attraverso quei simboli e quelle linee raccogliendosi attorno al corpo privo di sensi al centro del cerchio.

Nella foresta attorno al castello, gli animali gemettero.

E lo raggiunse.

Quattro energie maligne, differenti, eppure con qualcosa di intimamente identico, si fusero in una sola, inserendosi come migliaia di fili sottopelle all’uomo che giaceva al centro di quella tempesta di energia.

Lei Magnus aprì lentamente gli occhi.

Occhi di un rosso acceso, come sangue, come rubini davanti a una luce.

Shabranigdo era rinato.

Lentamente, si alzò in piedi.

I quattro Dark Lords si inginocchiarono ai suoi piedi, deferenti.

Ruby-Eye passò lentamente lo sguardo sui suoi quattro subordinati. Gli ormoni maschili di Lei Magnus che ancora gli circolavano in corpo gli fecero soffermare un pochino di più lo sguardo sulla scollatura da urlo della veste di Zelas… ma non divaghiamo ^_^

-Sono abbastanza orgoglioso di voi. - disse. Quell’abbastanza non presagiva nulla di buono…

La voce aveva una sfumatura più cupa e maligna di quella di Lei Magnus, ma non era cavernosa come i quattro ricordavano. Evidentemente il Signore dei demoni aveva deciso che quella forma umana, almeno per il momento, aveva dei lati positivi.

-Siete riusciti a trovarmi e a liberarmi dal sigillo. - si voltò uscendo dal tracciato. Il bastone tintinnava leggermente, ma il rumore lieve che faceva nel battere a terra era coperto dal fruscio della lunga veste blu sul pavimento di marmo e sugli spallacci intarsiati. -Solo, di grazia, spiegatemi questo…- si voltò, un lampeggiare degli occhi rossi -PERCHE’ CI AVETE MESSO PIU’ DI MILLE ANNI A INDIVIDUARE UN SINGOLO FRAMMENTO DI ME, EH?- l’ira del Maou era avvertibile come una cappa. La sua energia maligna spinse a terra i suoi subordinati, mentre frammenti di marmo e pietre pregiate si staccavano dagli intarsi che decoravano le pareti. Le vetrate scricchiolarono pericolosamente, ma ressero.

Fu Phibrizio a rispondere.

-Perdonateci, Shabranigdo-sama, ma le incarnazioni mortali sono difficili da individuare, cambiano in fretta…-

-E non avete neanche trovato il tempo di cancellare quegli insulsi draghi, non è vero?-

I Dark Lords si fecero piccoli. In effetti, negli ultimi secoli se l’erano presa un po’ troppo comoda.

-Beh, adesso le cose cambieranno! Daremo inizio a una guerra in grande stile. Cancelleremo prima gli Shinzoku, con i loro insulsi ricalchi da quattro soldi di Cephied, e poi annienteremo la Terra!-

Si voltò, e con aria impettita salì i gradini del trono di Zelas. Ci si sedette, brontolando un po’ perché il sedile era troppo stretto (eccecredo! Zelas non usa mica 50 strati di stoffa drappeggiati intorno!), mentre i quattro attendevano, genuflessi ai piedi del trono, le menti aperte, in modo che il loro padrone potesse sapere ciò che voleva senza chiedere.

Shabranigdo, nelle eleganti sembianze di Lei Magnus, scrutò attentamente e altrettanto attentamente prese nota di molte cose.

Dopo diverse decine di minuti, sogghignò.

Aveva già in mente molti piani per altrettante battaglie…

 

 

Finalmente i quattro Dark Lords furono congedati. Shabranigdo prese momentaneamente residenza da Zelas, mentre gli altri tre Dark Lords poterono tornare alle loro dimore.

Dolphin si stava già segretamente dolendo per il risveglio del suo Master: addio giorni di tranquillità…

Al suo arrivo al Deep Marin Castle, la dark lady trovò i due subordinati fratelli ad attenderla, in piedi ai lati del trono.

Fece loro cenno di sedersi, e i due si sedettero sui gradini, lei a destra e lui a sinistra del trono. Dolphin, anziché sul trono, si sedette tra i due, anche lei sui gradini, come una bambina.

-Sapete una cosa, ragazzi? Addio tranquillità. Qui ci stiamo per imbarcare in una guerra così grossa che da mille anni non se ne vedono di minimamente simili. - sospirò la dark lady -Sarà il vostro vero battesimo del fuoco. - si appoggiò al trono, una mano alla testa. Se fosse stata una mortale, avrebbe avuto un mal di testa da spaccarle il cranio in due. Ma siccome era una mazoku, aveva solo un diffuso senso di malessere.

Poseidon sapeva cosa doveva fare in casi come quelli: iniziò a massaggiarle le tempie, mentre la dark lady rilassava i nervi che non aveva…

-Allora, Nerea, come hanno reagito i draghi d’acqua?-

-Li ho trascinati fin sotto l’equatore, dall’altra parte del continente, e gli ho fatto fare un bel giretto per l’Oceano Esterno. - rispose la general. L’Oceano Interno era quello in cui si trovava l’isola di Zelas, creato mille anni prima dall’ultima battaglia tra Shabrianigdo e Cephied, pressappoco circolare (quello al centro del quale c’è la colonna di luce in Slayers TRY n.d.Ilune); l’Oceano Esterno era tutto l’altro mare che circondava i due continenti.

-Ben fatto. Quanti erano?-

-A occhio e croce, il 90% delle loro forze armate. Speriamo solo che i loro mistici non abbiano percepito le forze in atto presso l’isola di Lady Zelas. -

-In ogni caso, Ruby Eye-sama è già risorto.

Poseidon?-

-I Draghi Ancestrali erano nervosi, ho visto parecchio viavai; forse sanno cosa è successo, ma il loro oracolo ha comandato di non interferire. -

- Speriamo solo che la Madre giudichi inutile il loro intervento… Uffa… sono così stanca di questo gioco… noi non possiamo vincere, e  neanche loro. Eppure, Phibrizio vuole tentare lo stesso. E’ sciocco. -

-Mylady, Lord Phibrizio non volle ascoltare le vostre conclusioni sull’Equilibrio, ricordate? Secondo lui, la Madre vuole che una delle due fazioni vinca, una volta o l’altra. - intervenne Nerea.

-Si. E io purtroppo non posso oppormi a Phibrizio da sola. Zelas e Dynast sono troppo succubi del carisma del fratellino. Beh, cercheremo di non esporci troppo. -

 

Dynast camminava lentamente nel suo castello di ghiaccio e cristallo. Osservava ogni minimo dettaglio, imprimendoselo nella millenaria memoria.

Sapeva che, sia che avessero vinto, sia che avessero perso, sarebbero tornati nell’abbraccio del Chaos della Madre. Se perdevano, perché sarebbero stati distrutti. E se vincevano… perché dopo aver distrutto il mondo, anche loro sarebbero tornati nel Chaos primigenio. Era il loro destino. Il loro karma, come avrebbe Dolphin.

 

Phibrizio era arrabbiato. Incacchiato. Una eruzione vulcanica aveva sterminato il villaggio di Dessran, e adesso il Signore degli Inferi non aveva niente con cui ricattare il difficile priest.

Pazienza. C’erano sempre le punizioni corporali…

 

Zelas era nervosa. Anzi, nervosa è un termine inadeguato per definire il suo stato.

Essere “gentilmente prescelta” per ospitare il proprio Master, Shabranigdo, in casa propria, era snervante. E’ un po’ come se il capoufficio avesse gli imbianchini in casa e si installasse a casa di uno degli impiegati, spadroneggiando e facendola da padrone. E il poveretto non può osare protestare perché sennò viene licenziato in tronco…

La Dark Lady era seduta a gambe incrociate sull’enorme letto a baldacchino, coperto da un sontuoso copriletto di damasco di seta rosso sangue. Xelloss le massaggiava le spalle, mentre lei fumava una sigaretta dietro l’altra, allungando spesso la mano verso il bicchiere, solertemente riempito di vino rosso dal priest.

-Xel, basta vino. Voglio del cognac. E forte. - disse la bionda. Al posto del bicchiere a tulipano di cristallo, dalla bocca ampia, comparve un bicchiere di cristallo intagliato, spesso, retto da un sottile gambo di cristallo celeste. Era pieno di ottimo cognac, che Zelas trangugiò in un sorso.

Avrebbe voluto ubriacarsi… ma era dura. L’ultima volta, per riuscirci aveva vuotato diverse botti di superalcolici.

Per un attimo rimpianse di non essere astemia. Quando si è ubriachi, le cose sembrano sempre migliori…

 

 

E la guerra si scatenò.

Eserciti demoniaci contro eserciti draconici.

Schiere di elfi e spiriti elementali accanto ai draghi, talvolta a cavallo di essi; maghi e stregoni, guerrieri ed eserciti delle città indipendenti, degli stati, degli imperi.

Ogni risorsa fu usata dai draghi per contrastare i mazoku.

I quattro re dei draghi stavano dando davvero del filo da torcere a quel settimo di Shabranigdo. Non riuscivano a sconfiggerlo, però, e per un motivo: Lei Magnus era furbo. Era stato una delle menti migliori degli ultimi secoli, e Shabranigdo sapeva come usare questa astuzia. E poi, la parte sigillata nel saggio era il settimo più astuto e maligno.

Così, se da una parte le forze del bene erano in schiacciante superiorità numerica, gli attacchi astuti dei mazoku colmavano il divario, mentre i mesi si allungavano, nel secondo anno di guerra.

Ma non bastava…

 

Hellmaster Manor. C’era Lei-Shabranigdo, in quelle magnifiche sembianze umane che Zelas aveva imparato ad apprezzare nel suo master (ai maliziosi la semplice risposta sul perché… ^_^); c’erano i quattro Dark Lords, seduti attorno all’ampio tavolo rotondo, su scranni più bassi del trono su cui Lei Magnus era accomodato. In piedi, dietro ai rispettivi master, i general e i priest.

C’era anche Dessran. Che pregava in cuor suo LoN che Shabranigdo non accedesse a certe memorie di Lei Magnus che lo riguardavano…

Tutti i general e i priest erano nelle loro divise ufficiali, come si confaceva all’occasione.

I due priest di Phibrizio, Karont e Dessran, avevano ampie tuniche nere, con le falci malignamente brillanti, e maschere raffiguranti il primo un volto sfigurato dalla peste, e il secondo un teschio ghignate, da cui spuntavano le doppie corna appuntite e ritorte. I general indossavano armature nere con decorazioni di figure straziate e volti piangenti. Rappresentando la guerra e la carestia, portavano il primo una spada nera, e il secondo una lunga picca. Anche loro indossavano maschere che raffiguravano la guerra e la carestia, rispettivamente un volto crudele coperto di sangue, e un emaciato viso ghignate e giallognolo. Tutti e quattro sull’attenti, impettiti e rigidi.

Dai fori della maschera, Dessran faceva guizzare lo sguardo sui presenti.

Accanto a Phibrizio c’era Dolphin, e dietro a lei, i suoi due subordinati, Poseidon e Nerea. Il suo migliore amico… e la donna che amava. Avevano litigato di brutto, alcuni mesi prima dello scoppio della guerra; quella non era la prima volta che la rivedeva, ma era sempre in occasioni ufficiarli e formali come quella. Non potevano parlarle, neanche telepaticamente. E lei si rifiutava di parlare con lui, di risponderle. Dessran, punto sul vivo, aveva cessato ogni tentativo di fare pace. Ma non poteva smettere di guardarla…

Com’era bella, i capelli color azzurro pallido che scivolavano via dal sottile diadema, l’armatura che le modellava il corpo snello e sottile; quelle dita sottili che reggevano l’arpione di orialco le conosceva bene, così come quelle labbra da bambina serrate in una espressione seria. Teneva lo sguardo fisso dinnanzi a sé, sullo schienale della sedia di Dolphin. Poteva quasi sentirne il profumo salmastro.

Accanto a lei, Poseidon, con l’armatura di maglia di mithril e orialco, una sua creazione piuttosto ardita ma molto ben riuscita, lo guardò come a dire “io ho provato a parlarle, ma sai com’è fatta…”. Il bastone con la sfera e il delfino stretto nella sinistra, anche lui era sull’attenti, e anche lui aveva gli occhi azzurri guizzanti sui presenti.

Dietro Dynast, Shella, impeccabile nella divisa bianca e blu, lo sguardo eccitato di chi pregusta un bagno di sangue; Gro, l’altro general, capelli e barba neri e divisa blu. L’arco candido era assicurato alla spalla del mazoku, che pareva glacialmente immobile quasi quanto il suo padrone. Accanto a lui, i due priest gemelli, Gro e Nost, con l’aspetto di bambini, l’uno con capelli bianchi e l’altro nero-blu, vestiti con identiche tuniche. Nerea li aveva definiti, una volta “di aspetto carinissimo… se solo non fossero glaciali come Lord Dynast!”.

Infine, dietro a Zelas, solo un subordinato, Xelloss. Era giovane, uno degli ultimi ad essere stato creato. Dynast non era ancora riuscito a capire se fosse un genio o un idiota. Zelas ne andava orgogliosa. Indossava abiti semplici, e gli occhi perennemente chiusi e il sorriso gli davano un’aria deficiente… che però poteva diventare terrificante. Era già stato soprannominato Dragon Slayers, per le stragi di draghi che riusciva a compiere col semplice gesto di un dito. Il suo sorriso di scherno era l’incubo di tutti i draghi dorati.

A Dessran non piaceva, E neanche a Nerea e a Poseidon, se vogliamo essere sinceri. Shella invece aveva cercato di portarselo a letto diverse volte. Lo trovava interessante.

Anche i Dark Lords avevano un assetto “da guerra”. Le due lady sfoggiavano armature ingannevolmente esili e leggere. Dolphin indossava inoltre l’ultima creazione di Poseidon, una tunica di mithril e orialco tessuti, con ricamate rune e simboli magici. Zelas l’aveva molto ammirata. L’altra Dark Lady indossava un’armatura stile vedo-non-vedo, cioè quel tipo di armatura che fa sconfiggere i nemici perché questi perdono troppo sangue dal naso e svengono al vedere la guerriera…

Phibrizio aveva abbandonato per il momento le sembianze di bambino che tanto amava, e  appariva come un ventenne, con una armatura nera simile a quella dei due general, ma molto più elaborata e intarsiata di mithril e di rune magiche.

Dell’armatura di Dynast si può dire solo che era un capolavoro. Bianca come la neve, con un elmo imponente, era interamente coperta di fregi e linee che si intrecciavano in sigilli magici. L’Ha-ou risultava ancora più glaciale e imponente in quel costrutto, nonché particolarmente sicuro di se… si sentiva come se si portasse ovunque un pezzetto del suo regno. Un pezzetto della sua casa.

Finita questa carrellata di descrizioni, torniamo ai discorsi che questi pezzi da novanta stanno facendo attorno al tavolo…

-…sono forti perché possono lavorare in squadra. Se continua così, ci batteranno. Se solo potessimo prenderli uno per uno, sarebbe più fattibile abbatterli, grazie a strategie attente. - stava spiegando Phibrizio. L’argomento in questione erano i re draghi, e le forze del bene in generale, che erano molto più forti di loro. Ultimamente i mazoku le avevano prese di brutto, e a Shabranigdo non era piaciuto.

-E come pensi di poterli dividere? Non credo sia facile seminar zizzania tra loro… ci abbiamo già provato con una comunità, due secoli fa, ricordi? Fu un fallimento…- obiettò Dolphin, mollemente seduta sulla poltroncina. Giocherellava con una delle treccine che ornavano la folta coda di cavallo; era ornata di conchiglie rosa e perline di corallo. Altre trecce simili scendevano sul diadema che le cingeva il capo.

-Una barriera. - disse semplicemente Dynast.

-Una barriera? Master, voi cosa ne pensate?- chiese rispettosa Zelas a Lei-Shabranigdo.

-Esponi la tua idea, Dynast. - disse questi. Il suo glaciale subordinato era un ottimo stratega, quando voleva.

-Per separare i re draghi, basterà chiuderli uno alla volta in una barriera. In questo modo, noi potremmo concentrare le nostre forze su di uno per volta. Se dovessimo subire perdite troppo grandi per affrontare subito il successivo, ci basterebbe trincerarci nella barriera accumulando potere, e quindi cogliere di sorpresa l’obiettivo successivo. Potrà funzionare per due dragon lord, in tempi brevi. Per gli altri due, è mio avviso che dovremo aspettare qualche secolo, in modo che credano che ci siamo accontentati di dimezzarne il numero, e poi, rinforzate le nostre armate, potremmo ripete lo stratagemma. -

Se questo piano sarebbe potuto essere esposto con foga ed entusiasmo da qualsiasi altro, nella bocca dell’algido dark lord pareva la proposta di prendere un the. Ma ciò non  toglieva nulla alla sua genialità.

Shabranigdo lo ponderò attentamente. Non gli pareva ci fossero falle.

Alla fine parlò.

-La seduta è aggiornata a dopodomani. Che ognuno esamini con cura il piano di Dynast. Sia voi quattro, sia voi generals e priests. Se qualcuno trova falle o punti deboli, lo dovrà dire. Andate. -

I Dark Lords si alzarono, mentre i generals e i priests si inchinavano.

 

Non parevano esserci falle nel piano. Decisero di iniziare subito. Ogni dark lord avrebbe mandato un terzo delle proprie forze a tenere impegnati i draghi e le forze del bene all’interno della zona che sarebbe stata coperta dalla barriera, e gli altri due terzi a far si che i draghi e le forze del bene all’esterno della suddetta zona non potessero avvicinarcisi

Dolphin pareva molto seccata. Odiava mandare fuori i suoi subordinati. Preparò però diversi piccoli squadroni ben equilibrati, mettendovi in testa degli ottimi mazoku. La priest e il general ricevettero l’ordine di coordinare gli attacchi dalle retrovie. Ogni ora dovevano mandarle un segnale per farle capire che erano ancora vivi. Se fossero stati feriti, avrebbero dovuto immediatamente tornare al Deep Marin Castle e avvisare o lei, o, rispettivamente, il fratello o la sorella.

-Ricordate: di brass e lesser demons posso farne quanti ne voglio. Loro sono rimpiazzabili, sono perdite accettabili. Voi no. Voi due mi siete indispensabili e insostituibili. Quindi, vedete di tornare tutti interi. - aveva detto severa Dolphin. Anche se non l’avrebbe mai detto, specie di fronte agli altri Dark Lord, amava il suo priest, e la general era diventata una sorta di sorellina minore. Non poteva immaginare la sua millenaria vita senza di loro.

Intimamente lusingato per quella morbosa preoccupazione, Poseidon decise di usare le ultime ore prima dello scatenarsi delle battaglie per inserire nuove protezioni magiche nelle armature della sorella, della master, e sua.

 

La barriera fu creata. I dark lords crearono la barriera, e per mantenerla incisero profondi glifi e simboli magici in quattro punti attorno alla penisola, vertici per quella prima prova della strategia di Dynast.

La barriera funzionò, e Ragradia fu isolata dai suoi fratelli e dalla maggior parte delle forze armate. I Dark Lords concentrarono tutte le loro armate all’interno della barriera, che nessuno, a parte loro, poteva attraversare, mentre all’esterno le armate degli altri tre dragon lords tentavano in ogni modo di forzare la barriera, inutilmente.

 

Nel palazzo del Re dei Draghi di Fuoco sito sul fianco di un vulcano aleggiava una preoccupazione tangibile e un malumore se possibile anche maggiore. I tre re dei draghi rimasti fuori della barriera discutevano e cercavano idee per forzare quella prigione che isolava la loro sorella. Avevano intuito il piano dei mazoku: isolarli e attaccarli uno a uno.

Il firelord, Vrabazard, era stato ferito molto gravemente nel primo scontro contro Shabranigdo, due anni prima, e da allora doveva stare immerso nella lava fluida e bollente del vulcano. Il calore lo aiutava a rigenerarsi, ed era un vero toccasana per gli squarci che, infettati dal potere demoniaco, stentavano a rimarginarsi. Tutte le riunioni venivano fatte in una cavità di quel vulcano. Vrabazard (che ultimamente era stato soprannominato Phiros dai fratelli per l’abitudine di rimpinzarsi di zolfo e fosforo, a scopo curativo diceva lui, che gli causavano micidiali “ruttini” di fiamma. Aveva già strinato i capelli di Valwin, la quale gli aveva tenuto il muso per un mese...) vi partecipava emergendo con la testa e il lungo collo dalla lava ribollente, arrivando all’altezza del cornicione su cui i fratelli venivano a trovarlo per discutere delle strategie di battaglia.

Anche i dieci Saggi che si occupavano delle faccende che Vrabazard, il firelord, non aveva la voglia di compiere durante la convalescenza, stavano discutendo. Come squarciare la barriera?

Uno di loro ebbe una idea.

-I Draghi Ancestrali. Ancora non hanno comunicato come prenderanno parte alla guerra. Ma possiamo chiedere loro di fare la loro parte: possiedono un’arma potentissima, tanto potente che con essa sarebbe facile abbattere la barriera attorno alla zona nord del continente e distruggere i dark lords… forse addirittura il loro capo!- Era uno dei più anziano. Aveva a occhio e croce solo un paio di migliaia di anni ancora di vita davanti a se.

L’idea fu seriamente presa in considerazione. Il più giovane dei dieci saggi fu incaricato di andare a chiedere ai Draghi Ancestrali la loro scesa in campo, e la cessione dell’arma.

 

Nell’altopiano dove, riparato da montagne che lo circondavano, sorgeva il Santuario dei Draghi Ancestrali, circondato dalla città di giardini e piccole case di mattoni cotti, c’era un discreto viavai. Sapevano cosa si stava muovendo, su a nord, ma il loro Sommo Oracolo aveva annunciato che LoN non desiderava il loro intervento. Il verdetto era stato molto chiaro.

I tre Anziani che erano a capo della comunità si erano riuniti, avevano parlato a lungo, e avevano deciso che l’arma che custodivano doveva essere messa al riparo. Guai se un mazoku o uno shinzoku se ne fosse impadronito! Quell’arma era troppo potente per quel mondo. Così, avevano creato una cappa sigillante attorno all’arma, una sorta di arco senza il filo, che nessuno aveva mai osato usare. Poi, erano tornati alla loro normale vita.

-Papà! Papà, prendimi!!!- un bambino saltò in braccio al padre, che lo prese tra le braccia e lo fece “volare” girando intorno. Una donna dai capelli argentei raggiunse i due. In braccio, posato su una sorta di cuscino, c’era un piccolo uovo, che conteneva all’interno il figlio che, di lì a poche settimane, sarebbe nato.

-Valinor, che novità ci sono? Cosa hanno deciso gli Anziani?-

-Dovresti saperlo meglio di me, cara, dato che sei una delle tre Sante Vestali. Non scenderemo in guerra. -

-Mi riferivo all’Arma Potentissima…-

-E’ stata sigillata. Non la userà nessuno, né shinzoku, né mazoku. -

-Papà, mi porti sulle spalle?- il bambino dai capelli verdi cercava di attirare l’attenzione di suo padre tirandogli una manica.

-Va bene, Valtier. Tieniti forte che si sale!!!- il drago ancestrale prese sulle spalle il figlio, che rise felice.

Nel frattempo, i tre Anziani, in una sala del Santuario, stavano discutendo col Saggio inviato dalla comunità dei Draghi Dorati. Capo dei tre, capo nominale e solo per anzianità, era lord Veltar, che da molti decenni conosceva il firelord. Vrabazard conosceva alcuni segreti dei Draghi Ancestrali, tra cui l’origine dei responsi del Sommo Oracolo. Quindi, l’ordine di consegnare l’Arma Potentissima e di scendere in guerra non poteva venire da lui, poiché il re dei draghi sapeva di non aver nessun diritto di dare ordini alla comunità dei Draghi Ancestrali.

-Per la decima volta, NO. Il Sommo Oracolo ha detto chiaramente che non dobbiamo intervenire in questa guerra. Siete quattro frazioni di Cephied, più gli elfi, gli umani, e molti spiriti, contro un solo settimo di Shabranigdo! E per quanto riguarda l’Arma Potentissima...- l’anziano drago rabbrividì. Sapeva quali stragi poteva compiere quell’arma. Lui, il più anziano, l’aveva vista usare, da bambino. Un intero pezzo di una immensa catena montuosa era stato vaporizzato...

-L’Arma Potentissima è stata posta sotto la nostra custodia, col preciso incarico di non usarla, né farla usare a nessuno, MAI e per NESSUN motivo. - l’Anziano era deciso e imponente. Il Saggio dei draghi dorati si sentiva piuttosto a disagio: non era abituato a sentirsi dire di no. Ma l’orgoglio smisurato del suo popolo lo invase. I lineamenti duri si contrassero in una smorfia offesa.

-E sia. Ma non veniteci a chiedere aiuto quando i mazoku invaderanno e distruggeranno le vostre case!- esclamò, voltandosi e andandosene, teletrasportandosi via, al Palazzo del Re dei Draghi di Fuoco, dove i suoi nove colleghi lo attendevano tornare con l’Arma Potentissima.

-I nostri cugini sono troppo combattivi. E troppo ciechi all’Equilibrio. - sospirò il più giovane dei tre, a cui la barba non era ancora cresciuta lunga e canuta.

Gli occhi dorati di Veltar si chiusero, mentre sospirava. -Nessuno vuole sapere la verità sull’Equilibrio. Neppure il firelord, Vrabazard, ha voluto crederci. Solo noi, i neutrali per eccellenza, abbiamo avuto il fardello di questa conoscenza. E adesso, amici, vogliate scusarmi. Mio figlio mi ha invitato a cena, e la mia nuora cucina divinamente bene!-

E con un sorriso e un “fortunato te!”, il vecchio Drago Ancestrale si incamminò per gli ariosi corridoi del Santuario, via dalle Sale degli Anziani, oltre il tempio del Sommo Oracolo, fuori, verso la piccola casa di mattoni rossi e tegole verdi in cui vivevano, in semplicità come tutti i draghi Ancestrali, suo figlio Valinor, con la moglie, il figlio Valtier, e tra pochi mesi, un bimbo.

Era un drago fortunato...

 

I bambini dormivano nelle loro culle e lettini, e gli adulti si erano già coricati, dopo aver chiuso le finestre, perché l’aria di aprile, di notte, era ancora fredda, a quelle altitudini.

L’attacco avvenne a notte fonda.

Esplosioni di laser, la terra squassata, le case che crollavano. Alcuni rimasero schiacciati nei crolli, ma molti Draghi Ancestrali reagirono assumendo le loro vere sembianze. Ma mentre le ali nere si spiegavano all’aria pungente della notte, crudeli raggi dorati le trafiggevano, mentre la terra s’arrossava di sangue.

Valtier venne svegliato di colpo da sua madre che afferrava il suo lettino tra i denti, lo stringeva a sé, cercando di coprire lui e l’uovo del fratellino.

-Mamma! Mamma, che succede?- cercò di gridare.

-Zitto! Non parlare! Fingiti morto, tesoro!- gli disse lei, stringendolo a sé, tentando si nascondersi, di portare al sicuro i suoi due figli, correndo sotto la pioggia li raggi dorati, che le trapassavano le ali, e aprivano squarci sanguinanti nella carne della schiena, finché quattro lance dorate la trapassarono, facendola cadere a terra.

Il piccolo Valtier sbarrò gli occhi per il terrore, mentre il sangue di sua madre sgorgava come acqua dallo squarcio creato dalla lancia che le aveva trapassato il braccio.

La mano destra perse la presa sul morbido cuscino che proteggeva e teneva al caldo il piccolo nell’uovo, che rotolò giù per terra. Valtier avrebbe voluto correre a recuperarlo, a tenere al sicuro il fratellino, ma la mano di sua madre, nella sua forma reale, lo teneva in una sorta di gabbia, celandolo alla vista dei due draghi che erano piombati lì. Uno finì la donna-drago infilzandole una lancia nel cranio.

L’altro vide il piccolo uovo. Alzò la lancia, prendendo la mira.

E impalò il neonato.

Valtier urlò, urlò così forte che temette che la sua gola potesse rompersi, urlò più forte di quanto non avesse mai urlato in vita sua. Cercò di uscire dalla gabbia creata dalla mano di sua madre, mentre il sangue della donna-drago gli gocciolava addosso, ma le sagome dorate che oscuravano il cielo lo impaurirono, e allora si rannicchiò più vicino al corpo sempre più freddo della madre, immobile, paralizzato dagli urli di agonia che si levavano attorno.

Fiamme, fuoco, fumo. Stavano bruciando le loro case. Nulla della loro razza doveva esistere.

I feriti buttati su croci rostrate e incatenati.

Valtier si coprì la testa con la casacca del pigiama, e pianse. Pianse in silenzio, tremando, temendo che i draghi dorati lo trovassero, e lo impalassero come avevano fatto col fratellino.

Poi, stremato dalla paura e dal dolore, si addormentò.

L’alba sorse, fredda e sporcata dal fumo acre e nero. Il vento soffiava, ma era freddo e puzzava di morte.

Anche il cielo era scuro, grigio, come sporco.

Un fiocco di neve cadde sul bambino, che era strisciato fuori. E un altro. E un altro ancora.

Piccoli fiocchi di neve sporca di fuliggine, che si mescolava alla fanghiglia di sangue sul terreno.

Seduto per terra, tentando di coprirsi con le ali, Valtier piangeva.

Non c’era più nessuno. Non c’era la mamma, tanto dolce e buona, non c’era il papà, tanto grande e forte, non c’era il saggio nonno. Non c’era più nessuno.

Alla fine, quando anche gli occhi furono asciutti, semplicemente perché non c’erano più lacrime da versare, si alzò.

Non poteva restare lì. Sarebbero tornati, i draghi dorati, e l’avrebbero trovato. E anche se non fossero tornati, sarebbe morto lo stesso.

Forse, tra la gente che viveva giù, oltre l’altopiano, qualcuno l’avrebbe accolto...

Piano, un passo dopo l’altro, Valtier si incamminò verso il sentiero stretto e impervio che portava fuori dell’altipiano.

Non guardava i morti, maledetti affinché non potessero trovare riposo con sigilli piantati nelle teste. Non guardava i morenti, agonizzanti e deliranti sulle croci.

Non guardava nulla, se non il terreno. A che pro guardare ancora quello spettacolo di morte?

Non concepiva ancora il concetto di vendetta. Era stato cresciuto nell’amore e nella tolleranza. Ma SAPEVA che non era giusto. Che c’era qualcosa di profondamente sbagliato. E non voleva che questo qualcosa di sbagliato fosse dimenticato...

 

 

Al Deep Marin Castle c’era un’atmosfera insolitamente tranquilla.

Dopo la creazione della barriera, c’era stata qualche scaramuccia con le forze del Bene, ma nulla di rilevante. I Dark Lords stavano preparandosi a un attacco a Ragradia in grande stile.

Ma Dolphin non aveva tanta voglia di combattere, quel giorno.

Indossava un grembiule da chimico sopra un ridottissimo costume da bagno azzurro, e aveva inforcato, per completare l’opera, dei comodi occhiali da lettura. Stava leggendo un libro della biblioteca, data in “dotazione standard” ai Dark Lords alla loro nascita da Shabranigdo, e prendeva appunti su alcuni fogli volanti.

-Poseidon!- chiamò. Il priest arrivò subito, teletrasportandosi. Dalla penna d’oca in mano e dagli sbaffi di inchiostro sulle mani era deducibile che stesse scrivendo. Musica, probabilmente: aveva una vera e propria dote per il flauto, e spesso Dolphin e Nerea lo accompagnavano cantando.

-Si, master?-

-Vai all’altipiano dei Draghi Ancestrali e procurami un Drago Ancestrale!-

-O_o Un... un drago ancestrale, lady Dolphin?- chiese perplesso il priest.

-Si. Possibilmente maschio, in buona salute, il più grosso che trovi che non sia un vecchio. Voglio fare un esperimento...-

-Ahem, master, posso farvi notare che i Draghi Ancestrali sono cinquanta volte più forti del più potente dorato? E che sarà difficile prenderne uno vivo e illeso?- sulla tempia del priest era comparsa una gocciolina. Che diamine aveva in mente Dolphin quel giorno?

-Va bene, prendi anche Nerea; ricorda, vivo e intero. Narcotizzatelo, magari, e tenetelo in stasi. Voglio realizzare un esperimento...-

Poseidon non osò replicare sul pericolo di una ritorsione delle creature al rapimento di un loro simile. Sapeva che non sarebbe stata una buona idea, con Dolphin di quell’umore particolarmente creativo e maligno...

-Ner-chan? Lady Dolphin ci spedisce a caccia di draghi ancestrali. Dobbiamo portargliene uno vivo, intero e in buona salute, possibilmente un guerriero maschio nel fiore degli anni...-

Nerea stava rammendando con un filo di orialco una smagliatura nell’armatura a maglia.

-Eh? Vivo, intero, e cazzuto? Cavoli, mica facile, eh? Va bene, un attimo che finisco qui...- finito il rammendo, mormorò una parola magica, e il tessuto si mescolò, tornando integro e perfetto. Si infilò l’armatura, prese l’arpione di orialco, e disse -Ok, fratellone, andiamo. -

 

I Mazoku non si lasciano sconvolgere tanto facilmente.

Ma questo sconvolse il priest e la giovane general oltre ogni dire.

Una scena così raccapricciante, solo pochi tra i più crudeli dei loro simili avrebbero potuto concepirla.

Loro due preferivano lavoretti puliti e molto più... beh, ci voleva poco per fare qualcosa di più asettico e pulito.

Sul terreno il sangue formava pozzanghere, marroni e coagulate in orridi crostoni. La puzza di putrefazione era disgustosa, e nell’aria c’era tanto di quell’odio e dolore da sfamare una legione di mazoku.

-Chi... chi può aver fatto ciò?- sussurrò sconvolta la priest nel vedere uova, cuccioli e bambini crudelmente trafitti. Era stata umana, un tempo, e parte della sensibilità femminile ancora albeggiava in lei.

-Draghi dorati. -

-NO!- la general si voltò verso il priest.

-Si, invece. -

-Fratello, stai scherzando?-

-Affatto, Nerea. Queste sono le loro lance e questo è il sigillo del re dei draghi di fuoco per sigillare qualcosa di pericoloso e impuro. - Poseidon era serio, ma sotto la facciata glaciale dietro cui s’era trincerato c’era un animo non meno sconvolto della sorella.

-Vai a capire cosa passa per la testa di quei rettili. Ora cerchiamone uno ancora vivo, o Lady Dolphin si arrabbierà. -

Tentando di guardare il meno possibile quelle scene di morte disgustose anche per loro, recanti il marchio di una vendetta o di una rappresaglia davvero esagerata, i due mazoku cercarono qualcuno ancora vivo.

Trovarono solo un sopravvissuto. E furono oltremodo fortunati. Un guerriero, trafitto di lance e dalle numerose ossa rotte, ma vitale e rabbioso, che ancora conservava l’alito della vita.

Con un gesto, Nerea smaterializzò le lance, mentre Poseidon poneva in uno stato di stasi temporale il morente, affinché non tirasse le cuoia.

-Mi domando cosa dirà lady Dolphin di questo massacro. Penso che non abbia mai immaginato nulla di neanche lontanamente simile a ciò in migliaia di anni...- commentò Nerea, prima di lasciare, con un ultimo sguardo, l’altopiano. Suo fratello annuì, e si teletrasportò via.

L’aria pareva gemere e piangere per tutte quelle vite spezzate.

Nerea non aveva mai combattuto contro i draghi ancestrali, ma sapeva che la sua master provava per loro un certo interesse, e senza dubbio rispetto.

Ma non fu solo per questi motivi che lasciò cadere quei minuscoli fiori candidi.

“Che la Madre accolga le vostre anime nel Mare del Chaos. Credo che sareste stati avversari valorosi...”

Poi, anche la sottile mazoku dai capelli celesti sparì dall’aria fredda e densa di fumo amaro dell’altopiano.

 

-INAMMISSIBILE!!! Demoni che uccidono draghi è logico, demoni che si scannano tra loro può capitare... ma i draghi dorati che sterminano i loro simili Ancestrali!!!-

Dolphin era senza parole. Aveva ascoltato il rapporto dei due subordinati, incredula, aveva scrutato le loro menti, era andata a controllare di persona, ed era rimasta allibita.

-E poi loro sarebbero le forze del bene... che uccidono a sangue freddo dei cuccioli... giuro, in tanti secoli, neanche un mazoku si è comportato in maniera tanto SLEALE e...e... SCHIFOSAMENTE BUGIARDA nei confronti del suo popolo!!!- La Dark Lady degli abissi era sconvolta e furiosa. Se avesse avuto sottomano dei draghi dorati, ne avrebbe fatto spezzatino per i suoi animali marini.

Dolphin, dei dark lords, era la più strana, quella che più si avvicinava al “lato sbagliato” (cioè il bene). Trovava inammissibile tradire qualcuno della propria fazione così. Se ce l’aveva con qualcuno, prima di disintegrarlo o attaccarlo almeno lo informava che lo considerava un nemico. E sopratutto, trovava schifoso da parte delle forze del bene uccidere dei cuccioli. Era sbagliato. Si chiese anche lei cosa passasse per le teste di quei “rettili gialli che si credono dei grandi sapientoni, ma non sanno neanche su cosa si posa il loro grasso fondoschiena itterico!”.

-Master, abbiamo comunque trovato un Ancestrale ancora vivo. Ormai non c’è quasi più con la testa, le ferite e la perdita di sangue lo hanno fatto delirare, ma spero vada bene per i vostri esperimenti...-

-Si, Posi-chan, dovrebbe andare bene. Ma il mio esperimento dovrà aspettare ancora qualche tempo: tra poco c’è riunione con gli altri Dark Lords e Master Shabranigdo, all’Hellmaster Manor. Divise ufficiali, come al solito. -

Con un sospiro, Dolphin posò gli occhiali da lettura, mentre il camice da chimico veniva sostituito da un abito di veli sopra il quale c’era la veste di mithril, il corpetto e l’armatura di mithril e orialco.

 

Dall’aria che tirava alla riunione, Dolphin capì che non era aria di informare i fratelli della strage degli ancestrali perpetrata dai dorati. Non era certa che avrebbero preso la notizia in modo adeguato. Forse l’avrebbero tacciata di infantilismo. Phibrizio sapeva essere snervante, per ciò...

La questione trattata quel giorno era tosta. Malgrado Shabranigdo caricasse Ragradia con tutte le sue forze, non bastava. Lo scudo anti-mazoku che la sovrana dei draghi aveva attorno a sé la proteggeva in parte, disperdendo parte dei colpi di Shabranigdo.

-Solo i colpi di un drago potrebbero attraversarlo... ma nessuno di essi tradirebbe la sua sovrana. - commentò Zelas.

-Io so cosa ci vorrebbe. -

Tutti si voltarono verso Dolphin. Era rimasta silenziosa, finora, assorta nei suoi pensieri.

-Parla, Dolphin. - le disse Lei-Shabranigdo.

-Occorre creare un quinto dark lord che vi aiuti, master. - esordì Dolphin.

Gli altri tre dark lord la fissarono. Un quinto dark lord?

-E io ho anche una buona idea per farne una arma eccellente contro i draghi…- continuò la minuta dark lady. Negli occhi azzurri c’era uno che di vendicativo. Quel giorno era di umore maligno-incazzereccio, pensò Phibrizio. Doveva esserci una bella maretta, con correnti pericolose, attorno al suo castello. Dolphin influenzava il mare, e il mare influenzava lei. -Occorre un demone, ma un demone che sia anche un drago. Una creatura ibrida che funga da canale, da cuneo per rompere la barriera di Ragradia. E io so anche come crearlo. - affermò la dark lady con aria seria.

-E come?- chiese incuriosito Lei Magnus.

-Master, se creaste un altro dark lord, usando, anziché la vostra energia per plasmarne il corpo materiale, un corpo già esistente... un corpo di drago...- illustrò Dolphin -Un Drago Ancestrale sarebbe l’ideale. Sono infatti neutrali, anziché del Bene, e assai più forti dei dorati, che a loro volta sono i più combattivi dei nostri nemici...- la dark lady tirò fuori i suoi appunti, mostrandoli a tutti.

-Si, l’idea è buona. Hai ottime idee creative, Dolphin. - la elogiò Shabranigdo -Hai già un soggetto adatto?-

-Si, master. I miei subordinati me lo hanno procurato giusto oggi. Posso preparare tutto io per la trasformazione. - si offrì. Quel nuovo “fratello” doveva essere legato a lei il più possibile. Voleva qualcuno che come lei capisse l’Equilibrio. Voleva un fratello con cui poter parlare in modo sensato. Non come quel ghiacciolo di Dynast, o Zelas la primadonna, o Phibrizio il rompiscatole presuntuoso.

Lei Magnus-Shabranigdo era di ottimo umore per quella prospettiva. -Sia. E avrai anche il privilegio di dargli il nome. -

Dolphin sorrise. Lo avrebbe legato indissolubilmente a sé…

 

Il corpo del drago ancestrale era stato sommariamente curato, e le sue condizioni stabilizzate. Ma i tre dark lords lo guardavano dubbiosi.

-Sicura che non tirerà le cuoia nella trasformazione, Dolph?- chiese Zelas -E poi, visto che Shabraigdo-sama ti ha lasciato anche il privilegio di stabilirne la forma, come lo farai? Fai un bell’uomo, mi raccomando...-

-La sua forma sarà simile a quella umana di questo drago. Sicuramente, avrà la sua stessa combattività...-

Dolphin non ammetteva che qualcuno criticasse il suo “soggetto”. A parte le ferite, era un ottimo esemplare. Gli altri Dark Lords fecero spallucce e se ne andarono. Non erano ammessi alla trasformazione.

Dolphin si voltò, e si avvicinò alla testa del drago dorato. Questi era paralizzato, ma cosciente. Lei gli liberò la bocca e la lingua, affinché potesse parlare.

-Nel tuo cuore leggo il rancore e il desiderio di vendetta. Credevo che la tua razza non fosse capace di tali sentimenti...- disse, sedendosi a gambe incrociate accanto all’unico occhio sano della creatura.

Questi allargò la bocca, a fatica, in quello che doveva essere un sorriso sardonico -La mia razza è morta, demone. Sterminati dai nostri stessi fratelli dorati. Sono l’ultimo sopravvissuto, e con me, Vrag, la razza morirà. Come potrei non provare rancore e dolore, e desiderio di vendetta?-

Dolphin fissò il drago con una immensa tristezza.

-Tu sei un po’ diverso dai tuoi simili, come io lo sono dai miei. Ma non temere: da te nascerà una nuova creatura, che porterà distruzione tra gli assassini della tua razza. E che forse sarà più simile a me di quanto non lo siano i miei fratelli. Diventerai un nuovo fratello. Il mio fratellino prediletto. -

Il drago parve divertito all’idea. -Ricorderò qualcosa?-

-No, non credo. Ma ti racconterò tutto di nuovo. Io so. Io conosco cose che gli altri non sanno. E ora, Vrag, riposa. Non devi morire prima della trasformazione.

Tra poche ore, rinascerai, come Garv, il demone drago del chaos. -

Il drago ancestrale parve annuire. Chiuse gli occhi, ommeglio, l’occhio sinistro, dato che il destro gli era stato bruciato da un laser che gli aveva sfiorato il cranio.

Pochi istanti dopo Shabranigdo apparve, sempre rivestito delle sembianze di Lei-Magus, nella stanza predisposta per la trasformazione.

-E’ tutto pronto, master...-

 

Il corpo straziato del drago ancestrale venne plasmato dalle correnti di pura energia maligna, che trasse da esso altre due teste, gonfiò il corpo e trasformò le ali piumate trafitte e insanguinate in quattro larghe ali a membrana protette da scaglie simili a lame. Il nero-grigio del corpo fu mutato in un sanguigno rosso, e gli occhi ambrati scintillarono cangiando in verde come smeraldi che troppo a lungo abbiano fissato la bocca d’un vulcano.

Infine, Dolphin dette una forma umana a quella nuova creatura.

Un uomo, dalla pelle scura e dalla corporatura alta, immensa e massiccia. Una mascella volitiva, e lineamenti forti, ma armoniosi, nel complesso. Una bocca che poteva passare dal ghigno crudele al sorriso dolcissimo.

Capelli lunghi, rossi come il sangue che avrebbe versato quel guerriero, con occhi verdi e implacabili.

E come arma, chiese al suo Signore di dargli una spada. Una spada lunga, sottile per la lunghezza che aveva, dalla linea semplice e letale.

Un’armatura di scaglie rosse.

E il drago a tre teste si compresse, si rimpicciolì, implose nella forma umana decisa da Dolphin.

Accanto a suo master, la dark lady gli dette il nome.

-D’ora in poi, tu sei Garv Chaos Dragon, demone-drago, dark lord al servizio di sua Maestà Ruby-Eye Shabranigdo. -

Il nuovo nato la imitò quando la dark lady si inchinò a Lei Magnus.

Negli occhi color sangue del maou in sembianze umane c’era uno scintillio di esultanza per il nuovo dark lord, di orgoglio per l’intelligenza della dark lady, e di sete della vittoria ormai imminente.

 

 

 

  
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