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Autore: Ilune Willowleaf    22/01/2005    1 recensioni
cos'è successo, dalla Kouma Sensou a qualche centinaio di anni prima delle avventure di Lina? Uno spaccato sulla cronistoria della razza demoniaca, che si inserisce nel filone della mia saga...
Genere: Avventura, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 2

 

-Dov’è mr. draghetto?- chiese Phibrizio poggiandosi a una colonna del Deep Marin Castle. Dolphin prese mentalmente nota di ordinare una pulizia approfondita di quella colonna. DETESTAVA Phibrizio quando faceva l’arrogante.

-Garv, è questo il suo nome. Garv è nella mia biblioteca. Ti proibisco di disturbarlo. Lord Shabranigdo ha dato a me l’incarico di istruirlo. Quindi torna nella tua fornace se non hai niente di meglio da fare che seccarci!-

-Ehi, ehi, ehi! Calma, sorellina!- tentò di blandirla Phibrizio. Aveva sembianze di bambino, e ciò dava a Dolphin l’irresistibile tentazione di prenderlo, tirargli giù i calzoncini e sculacciarlo fino a fargli venire il sederino viola… (^_^;;;)

Intanto, nella biblioteca di Dolphin, Garv stava leggendo di malavoglia alcuni testi portatigli da Poseidon. Principalmente strategia, storia e cronache di battaglie, e questo gli interessava. Ma Dolphin aveva ordinato al priest di assicurarsi che il giovane dark lord si leggesse anche altri libri a suo avviso indispensabili.

-Spiegami a cosa mi dovrebbe servire leggermi tutta ‘sta roba! Io sono un guerriero, mica un filosofo!- protestò Garv.

-Lord Garv, lady Dolphin desidera che leggiate questi libri, non tanto per la guerra attuale, quanto per l’immediato futuro. Ecco, vedete, in questi testi dati alla mia signora alla sua nascita ci sono le istruzioni e i dettagli per creare al meglio subordinati di vario livello. Qui invece ci sono le tecniche base per costruire una fortezza magica, e vi consiglio di leggerlo, perché suppongo vogliate crearvi presto una vostra dimora, anche se lady Dolphin è ben felice di ospitarvi…-

-Quello della fortezza magica mi interessa, e anche quello dei subordinati…- il dark lord prese i libri portigli dal priest, immergendosi nella lettura, le spesse sopracciglia corrugate per l’attenzione prestata ai tomi.

Qualche ora dopo…

-Poseidon, dov’è Garv? Non percepisco la sua aura nel castello…-

-Ha detto che andava a cercare un posto adatto alla suo nuova dimora, lady Dolphin. Ha preso con sé i libri che spiegano come creare la propria fortezza e tutti i sistemi di difesa, anche quelli suoi subordinati. Ha detto che sarebbe venuto a chiamarvi appena trovato il posto adatto…-

-Bene, vedo che si dà da fare. - Dolphin si sedette su una delle poltrone della biblioteca, foderate di morbido velluto color acquamarina.

 

-Beh, così è proprio perfetto!-

Garv contemplò soddisfatto il suo operato. Aveva trovato un grosso vulcano parzialmente attivo, con un cratere colmo di fluida lava borbottante. Gli piaceva molto immergersi in quel calore avvolgente.

C’erano alcune caverne sul vulcano, e le aveva modellate col proprio potere, fino a ricavarne corridoi, ampie sale, stanze e scalinate.

In realtà, pensò alla fine, non gli sarebbe servito tutto quello spazio, ma era bello lo stesso.

Più avanti, quando avrebbe creato i suoi eserciti di demoni, avrebbe potuto alloggiarli nelle grandi cavità inferiori. La sala più grande e maestosa era perfetta come sala del trono, ma non aveva grandi capacità artistiche, quindi preferì rimandare a un’altra volta, o meglio, demandare a qualcun altro, i decori. Non che gli interessassero particolarmente, ma le dimore dei suoi fratelli erano decorate con vere e proprie opere d’arte, e lui non volava essere da meno.

-Bene, adesso servono i mobili. Non ne ho davvero bisogno, però Dolphin dice che sono belli e trasformano una stanza in una casa. Bene, allora, questa sarà la biblioteca, quindi scaffali. Tanti scaffali. Forse master Shabranigdo darà anche a me una bella serie di libri. Oh, beh, posso anche farne a meno, però gli scaffali fanno la loro porca figura…- e parlottando tra sé e sé, mentre sfogliava i libri alla ricerca degli incantesimi adatti per creare ciò che voleva, creò librerie, qualche tavolo, una enorme poltrona di scricchiolante pelle rossa e qualche bel divano largo di quelli dove è delizioso sdraiarsi per fare un pisolino.

Poi passò a un’altra stanza, che con un bel lettone enorme e qualche tenda destinò a camera da letto. Era vicinissima al serbatoio lavico, e c’era un calduccio delizioso. Naturalmente la prima cosa che aveva fatto era stata mettere uno scudo contro i gas e il calore eccessivo, o alla prima scintilla, coi gas esplosivi che si accumulano a volte nei vulcani, BUM, la sua opera sarebbe andata a farsi benedire…

Non gli era ancora chiaro il concetto di letto, né i suoi usi. Il letto era molto comodo per sdraiarsi e saltarci su, ma non ne vedeva altri usi interessanti. Poseidon gli aveva detto che gli umani e le altre creature mortali lo usavano per dormire, una attività biologica che permetteva loro di recuperare le energie, e che anche i demoni potevano farlo, se gli garbava; a Garv l’idea non piaceva tanto, perché lo avrebbe lasciato senza difese. Aveva alluso anche a qualcos’altro che i mortali, e anche gli immortali, fanno sui letti, e anche in altri posti, ma non era andato molto oltre, e Garv non se n’era curato. Adesso però gli era tornata la curiosità… Oh, beh, avrebbe chiesto più tardi.

A un certo punto si sentì però molto solo.

Avrebbe fatto vedere la sua nuova casa a Dolphin, e lei sarebbe venuto a trovarlo, ma non c’era nessuno con cui condividerla.

Allora gli tornarono alla mente i subordinati.

Un subordinato, gli aveva detto Nerea, era un mazoku che obbediva agli ordini, e che, nel caso di subordinati superiori come i general e i priest, erano consiglieri e aiutanti; Dolphin gli aveva detto che potevano essere anche amici. Garv non aveva compreso lì per lì la parola “amico”. Era dovuto andare a cercare il significato su una enciclopedia umana, finita chissà come nella biblioteca di Dolphin (forse portata da Nerea, o da Poseidon). Aveva trovato “amico: dicesi di persona con interessi più o meno affini, a cui si è legati da sentimenti di varia natura. Vedi anche: compagno, innamorato, amante…”, e gli era piaciuto molto. Aveva ancora molte cose da imparare, gli aveva detto Dolphin, e in quei momenti si rendeva conto di quanto fosse vero.

Dal mucchietto di libri che aveva preso dalla biblioteca di Dolph prese quello che descriveva come creare subordinati di vari livelli. Il capitolo sui general e i priest era alla fine. Pareva molto complesso, quindi all’inizio partì dai brass e dai lesser demon, andando via via in crescendo. Quando si sentì sicuro, spedì tutti i nuovi subordinati a sistemarsi da soli i piani inferiori, destinati a loro alloggi; fece scrocchiare le dita, e disse -Bene, e adesso creiamoci un priest e un general…-

 

Garv era sparito dalla circolazione da una settimana. Dolphin cominciava a preoccuparsi: master Shabranigdo l’aveva affidato a lei fino a che non fosse stato pronto per entrare nella guerra come arma decisiva, e lei non aveva nessuna intenzione di perdere il nuovo dark lord. Sperava solo che non si fosse fatto vedere dai draghi dorati o da altre forze del bene: doveva rimanere segreto fino all’ultimo.

Stava già per lasciare, a malincuore, il suo regno subacqueo per andare a cercarlo, assieme a Nerea e a Poseidon, quando il giovane dark lord in questione si materializzò accanto a lei.

-Ehi, Dolphin! Sorella, vieni a vedere cosa ho appena finito!- e senza darle neanche il tempo di avvisare Poseidon che usciva, Garv teletrasportò Dolphin nel suo nuovo maniero.

Sprizzava orgoglio da tutti i pori, e  Dolphin rifletté che, per essere il lavoro di un dark lord che non aveva neanche due mesi di vita, era un gran bel lavoro. Soprattutto tenendo conto che Garv pareva assolutamente sprovvisto del benché minimo senso artistico e del colore, come dimostravano gli accostamenti degli abiti che portava sotto l’armatura…

-Beh… un ottimo lavoro. Non credevo fossi così bravo nelle decorazioni, Garv. -

-Oh, ma quelle non sono opera mia. Le ho fatte fare ai miei due nuovi subordinati. -

-Hai anche creato dei subordinati?- Dolphin era sinceramente stupita.

-Certo! Ho già messo su un bell’esercitino di brass e lesser demons, e poi quando mi venivano bene mi sono cimentato nel general e nel priest. Sono venuti proprio bene. Adesso te li presento…

Rashart! Raltark!-

Chiamando a gran voce i suoi nuovi subordinati, Garv si gonfiò d’orgoglio.

Quando i due nuovi mazoku comparvero e si inchinarono al loro master, Dolphin per un istante pensò di vederci doppio. Poi si rese conto che i due erano assolutamente identici in ogni lineamento, a parte i capelli.

Alti, pelle scura come il loro capo, ma con occhi di un blu intensissimo, e lineamenti meno forti e massicci. Rashart portava i capelli tagliati a spazzola e ritti in testa come un porcospino, con una sottilissima treccina sul lato destro del collo. Raltark li aveva lunghi e sciolti, ondulati, fino alle scapole. Portavano entrambi pantaloni blu elettrico e una tunica corta arancione shocking. Se quegli abiti erano opera di Garv, rabbrividì Dolphin, era il caso di insegnare al dark lord qualche nozioncina sulla moda e sugli accostamenti di colore…

-Quello coi capelli corti è Rashart, il general, mentre l’altro è Raltark, il priest. Mi piaceva l’idea di due subordinati gemelli identici nell’aspetto. -

-Beh, mi sembra ti siano venuti proprio bene, anche considerando il fatto che non hai molta esperienza. -

-Si. Ma ho un problema: io stesso sto ancora adesso apprendendo, e quindi mi risulterebbe difficile insegnare loro. Potresti chiedere al tuo general e alla tua priest di dar loro qualche dritta, o almeno potresti prestar loro i libri della tua biblioteca?-

-Per i consigli non ci sono problemi, fratellino. Per i libri, oggi c’è riunione, e chiederò a Shabranigdo-sama di fornire anche a te la biblioteca standard. - sorrise Dolphin.

Malgrado la dark lady fosse più di mezzo metro più bassa di Garv, e di sicuro molto, ma molto più esile, guardava il grande dark lord come una sorella guarderebbe il fratellino. Si chiedeva solo se, e quando, rivelargli delle sue origini.

“C’è tempo. Lasciamo che si formi il suo carattere, e che sappia solo che l’idea della sua creazione sia stata mia. Poi, quando sarà più maturo e la sua opinione avrà un peso molto maggiore sugli altri dark lords, allora gli parlerò di tutto. Dell’Equilibrio, dei Draghi Ancestrali… e di come abbiamo usato uno di loro per crearlo.” Rifletteva Dolphin, mentre Garv e i due gemelli le facevano da guida nella nuova fortezza, battezzata semplicemente Maryuu-ou Fortress.

 

Guerra, guerra e ancora guerra. Battaglie, a cui Garv partecipava con entusiasmo, facendosi le ossa in fretta. Nessuno, nell’esercito delle forze del bene, riusciva a capire cosa fosse quel demone con l’odore di drago, né sapeva di chi fosse subordinato, o da chi fosse stato creato. Però, quandi si spargeva la voce dell’arrivo di Garv, parecchi desideravano essere da tutt’altra parte…

In capo a un anno Garv era diventato molto più abile in arti belliche di quanto non fosse già all’inizio. Aveva la sua biblioteca standard, i suoi due subordinati (che avevano iniziato a provvedere da soli al vestiario, e suggerivano anche al loro master come vestirsi quando non doveva indossare l’armatura), e la sua opinione iniziava ad avere un gran peso nelle pianificazioni delle battaglie e degli agguati, con grande seccatura di Phibrizio.

Era un Dark Lord, ormai, con le iniziali maiuscole. Dolphin non poteva essere più orgogliosa di lui.

Aveva anche scoperto a cosa servisse il letto, oltre che per dormire. Di questo però si era occupata Zelas, che aveva più e più volte fatto i complimenti a Dolphin per le magnifiche forme che aveva concepito per Garv… ^_^;;;

Insomma, era diventato un adulto.

 

Riunione. Erano parecchio frequenti, ultimamente, e tutte erano volte a pianificare nei minimi dettagli l’agguato a Ragradia.

La regina dei draghi d’acqua aveva il palazzo, residenza principale, nell’Oceano Esterno, neanche troppo distante da dove era apposto il sigillo ovest della barriera. Però, aveva anche una sorta di “residenza estiva” sui monti Kataart, e lì vicino Dynast aveva il suo Eternal Ice Palace… (ancora battibeccano per chi si sia stabilito per primo e chi sia andato a pestare i calli all’altro andando a costruir casa lì accanto! n.d.Ilune)

Alla fine di tale riunione, Shabranigdo congedò i dark lords e i subordinati. Trattenne però Phibrizio.

Dessran, tornato all’Hellmaster Manor, aveva un gran brutto presentimento… “Per fortuna” pensò “la mia famiglia e tutto il villaggio non sono più ostaggi di Phibrizio…”. Prese tutta la sua roba e i libri della biblioteca, e li mise nella sua “tasca” personale del piano astrale.

Infatti, poche decine di minuti dopo dal rientro dei suoi subordinati, tornò anche Phibrizio. E pareva incacchiato. Anzi, furente.

Si era infatti dovuto sorbire una lavata di capo per il suo priest. Shabranigdo era riuscito ad accedere a tutte le memorie di Lei Magnus, finalmente, e adesso sapeva che Dessran era stato un mortale, e che, pur essendo in seguito già un mazoku, aveva cercato di impedire e ostacolare il suo risveglio. Era un subordinato troppo irrispettoso e imprevedibile. Aveva sgridato aspramente Phibrizio per non averlo “educato” meglio, anzi, per aver scelto un soggetto così poco adatto, caratterialmente parlando, a far parte delle schiere dei mazoku. Infine, gli aveva intimato di punirlo, e di farlo rigare dritto.

Se c’era una cosa che Phibrizio detestava, era essere rimproverato.

E adesso era furioso. Furioso col suo priest, che gli aveva causato tanto imbarazzo dinnanzi al suo superiore.

L’urlo dell’Hellmaster risuonò per tutto il castello…

-DESSRAN! A RAPORTO SUBITO!!!-

Nella sua stanza, su una alta guglia dell’Hellmaster Manor, Dessran prese il piccolo ritratto di Nerea poggiato sulla sua scrivania, e lo baciò delicatamente.

-Addio. Speravo di avere il tempo di fare la pace con te. Ma pare che ci potremo rivedere solo nel Mare del Chaos, amore mio. -

E, così dicendo, infilò il ritratto in una tasca dimensionale che si apriva nella “tasca” dei pantaloni. Poi, si presentò a Phibrizio.

Lo spettacolo non era piacevole: non augurerei al mio peggior nemico il trovarsi davanti Phibrizio inferocito. Gli occhi verdi lampeggiavano di rabbia, e tutto il piccolo corpo era avvolto da una caligine nerastra e tentacolare. La sua falce, poggiata in equilibrio sul ginocchio accavallato, ondeggiava su e giù.

Scese dal trono. Aveva sembianze di bambino, ma ciò non faceva che aumentare il senso di orrore in chiunque lo vedesse in quello stato d’animo.

-Dessran. Sai cosa mi è successo oggi?- chiese, glaciale.

-No, master…-

-Oggi, dopo la riunione, sono stato trattenuto da Shabranigdo-sama. Il quale mi ha riferito una cosa molto grave…- Phibrizio camminava in cerchio attorno a Dessran. Il ragazzo sentiva piccole gocce di sudore scendergli giù dalle tempie e inumidirgli i capelli. Se avesse avuto ancora stimoli umani quali andare al bagno, probabilmente avrebbe rischiato di farsela addosso.

L’Hellmaster fiutava la sua paura, e ne godeva…

-Mi ha riferito che qualcuno, pur sapendo che Egli fosse sigillato in Lei Magnus, abbia tentato di proteggere il saggio dalle nostre mire, e abbia quindi ritardato la Sua ascesa… Hai mica idea di chi io stia parlando, Dessran?-

Dessran taceva, e intanto raccomandava la sua anima a LoN…

-E, Dessran, sai cosa faccio io ai traditori?- ora Phibrizio era davanti a Dess, la falce dritta in mano. Il priest socchiuse gli occhi, aspettandosi il colpo.

Quindi, non fu proprio impreparato all’atroce dolore della lama rovente attraverso il petto e il torace nudo, che lo attraversò dalla spalla sinistra al fianco destro, tagliandolo quasi a metà… anche se ciò non servì a trattenere il grido di dolore che squarciò il silenzio teso dell’Hellmaster Manor…

Ignorando il priest che si contorceva per l’atroce dolore sul pavimento già nero di sangue, Phibrizio chiamò mentalmente gli altri tre subordinati.

-Karont, Droel, Trasc, portatelo nella cella sotterranea e sigillatelo. Toglietegli la falce. E NON CURATELO. - ordinò secco ai tre. I due general presero per sotto le ascelle il gemente Dessran, mentre Karont trasportava tutti e quattro nelle viscere del castello, dove aprì la viva roccia rivelando una cavità alta a malapena per starci accucciati. Sul pavimento c’era inciso un intricato sigillo. Con un gesto, fece cenno ai general di metterlo dentro, e i due buttarono senza troppi complimenti il povero Dessran nella cavità. Così come si era aperta, la pietra si chiuse, lasciando il mazoku murato nella roccia viva, al buio, solo, immerso nel suo sangue.

 

Il giorno dopo ci fu di nuovo riunione. Nerea notò però che Dessran mancava. Si domandò il perché, ma visto che Shabranigdo non chiese a Phibrizio il perché dell’assenza del priest, immaginò che fosse stato mandato a fare qualche commissione urgente.

Non poteva neanche immaginare che il suo ex, verso il quale, in fondo al cuore, nutriva ancora un profondo amore, era stato punito per aver cercato di impedire il risveglio di Shabranigdo in Lei Maguns, e che ora giaceva in una delle oscure prigioni di Phibrizio, senza poteri e tagliato fuori dal piano astrale, delirante e febbricitante per un squarcio al petto.

Non poteva neanche sospettare che la riunione del giorno prima sarebbe stata l’ultima volta in cui l’avrebbe visto, per dieci lunghi secoli…

 

Nelle profondità dell’Hellmaster Manor, murato vivo nella roccia modellata da Karont, Dessran, delirante e febbricitante nel corpo mortale che non accoglieva quasi più per nulla i poteri demoniaci, convinto di essere ancora un umano, si castò un recovery, che bruciò la pelle chiara e lo fece rinsavire con un dolore cauterizzante, prima di fargli perdere i sensi.

Quando riprese conoscenza, era vivo, e la ferita rimarginata, ma dall’anca destra alla clavicola sinistra aveva una cicatrice rossastra e frastagliata.

Era vivo. Ora doveva solo sperare che Phibrizio non decidesse di crearsi da capo un nuovo priest…

Nella soffocante oscurità, non aveva altro da fare che pianificare un modo per scappare al giogo di Phibrizio, senza necessariamente tirare le cuoia definitivamente. La sua mente geniale analizzò diversi piani, scartandoli tutti, finché non si ricordò del trucco della coda della lucertola…

Nel buio, sorrise. Presto sarebbe stato libero… sempre che lo facessero uscire di lì…

 

Alla fine lo fecero uscire. Dessran non seppe dire quanto tempo era rimasto murato vivo lì sotto, debole e incapacitato a uscire, privo di poteri. Aveva però avuto tutto il tempo necessario a riflettere…

Quando l’esile luce proveniente dal lighting portato di Karont entrò nella celletta, Dessran ne rimase abbagliato. I suoi occhi neri si erano disabituati alla luce, ma in pochi secondi si adattò nuovamente, mettendo a fuoco il volto grigio e rugoso di Karont, la sua testa pelata e butterata avvolta dalle corna grigie e coperta appena dal cappuccio della tunica.

-Padron Phibrizio ha deciso che la tua pena è momentaneamente sospesa. Hai una battaglia in cui combattere. - gli disse semplicemente, aspettando con impazienza che il ragazzo uscisse dalla cella per poterla richiudere.

Dess strisciò fuori, stiracchiandosi voluttuosamente e allungando lentamente le braccia e le gambe, piegandosi e arcuando lo snello corpo.

-Hai finito?-

-Devo muovermi un po’… la mia componente fisica ha bisogno di stiracchiarsi. Ecco, ho fatto. - e sistemandosi la chioma passandoci le dita dagli artigli neri, Dessran si apprestò a mettere in atto la fase numero uno del suo piano: recuperare la falce e studiare dove lo avrebbero mandato.

 

La piana polverosa portava i marchi della guerra. Crateri, colline carbonizzate, fonti seccate fino alle radici, alberi ridotti a moncherini neri. Era stata più volte un campo di battaglia.

In piedi su una alta guglia rocciosa, sopravvissuta chissà come alle altre battaglie, Dessran osservava i draghi dorati.

Alla vista di un uomo erano invisibili, lontanissimi puntolini dorati. Dessran poteva vederli con accuratezza. Non era più un uomo da tanto tempo…

-Beh, vecchia mia, questa sarà la nostra ultima battaglia. Non posso dire di averti amata, dato che sei opera di Phibrizio, ma mi sei stata utile…- disse Dessran alla falce. Questa non era un essere senziente, né poteva riferire le sue parole a Phibrizio, altrimenti Dess non avrebbe fatto quel commento sarcastico.

Gli era stato dato il compito di annientare tutto quello squadrone di draghi, che si era avvicinato.

Dess li osservò meglio. No, non ne avrebbe ucciso nessuno. Avrebbe fatto credere a tutti che erano stati loro ad ucciderlo.

-I Draghi dorati sono proprio alla frutta, se mandano a combattere i bambini… La prossima volta, chi manderanno? Le infermiere? Le femmine gravide? Quei draghi laggiù sono appena stati arruolati, e subito li mandano contro un priest… va bene, ragazzi, oggi sono buono e voi siete fortunati, avrete tutti una bella medaglia al merito…- sogghignò Dess.

Si alzò in levitazione, lasciando la sua postazione. Individuò il punto adatto, e dalla sua mano emerse una sorta di grossa palla nera, di un metro di diametro. Questa palla fluttuò dolcemente verso terra, e Dess la coprì di polvere e detriti, affinché sembrasse solo un masso.

Tornò a guardare i draghi dorati. Si erano avvicinati abbastanza. Bene, quei tre un po’ a destra parevano fare al caso suo.

Sorrise, e si teletrasportò a poche decine di metri dal muso dei tre, fece loro una boccaccia, e si dileguò, ricomparendo un centinaio di metri più in là.

Con un urlo inferocito, i tre draghi si staccarono dal plotone, gettandosi all’inseguimento dell’insolente, mentre i loro superiori gli gridavano “PAZZI! Tornate indietro!”. Niente da fare…

Dess era soddisfatto: avevano reagito proprio come sperava…

Li incluse nel suo teletrasporto, e si lasciò scivolare poco distante da dove aveva occultato la sfera nera.

-Allora, lucertoloni, tutto qui quel che sapete fare? Non riuscireste ad acchiappare un’anatra zoppa coi vostri laser!!!- li schernì. La riposta fu immediata: tre soffi laser si incrociarono dove un istante prima c’era Dessran, colpirono la sfera nera, che esplose, generando un’onda d’urto enorme e un cratere notevole.

-Ehi… fratello, lo abbiamo colpito?- chiese uno dei draghi a un altro.

-Beh… pare proprio di si… deve essere esploso… guarda, quella è la falce che aveva in mano!-

-E lì ci sono brandelli dei suoi abiti!-

I tre draghi si guardarono negli occhi: che per un fortuito colpo di fortuna avessero davvero ucciso Dessran, il priest di Phibrizio?

In quel momento li raggiunse il resto dell’esercito. Beh, pareva proprio una cosa ufficiale: i tre fratelli Delain avevano ucciso il priest. Forse questi era già debilitato, forse chissà, ma il mazoku non era tornato a prendere i resti della sua falce, e qui e là parevano esserci brandelli di ciò che portava come vestiti…

In una vecchia miniera di sale non troppo distante da lì, Dessran sorrideva: c’erano cascati. L’aura era azzerata. Adesso doveva solo schermare il teletrasporto, e andare via, a sud, oltre il deserto, lontano…

 

E Dessran uscì dal libro della storia per dieci secoli…

 

All’Hellmaster Manor Phibrizio era incredulo… L’aura di Dessran sparita, anche a lui che lo aveva creato… la sua falce distrutta, nelle mani dei draghi come trofeo…

-Forse l’ho ferito troppo gravemente, ed era troppo debole per quelle lucertole itteriche…- rifletté. Non si sentiva in colpa. Si sentiva solo molto arrabbiato. Aveva perso un subordinato che, se non proprio fedele, poteva risultare utile per certi lavoretti…

 

La notizia della morte del priest aveva fatto il giro dei clan demoniaci in un istante…

-Poseidon, dov’è Nerea? Tra poco c’è riunione…-

-Lady Dolphin, non potreste lasciarla qui al castello? Potete dire che ha una missioncina, qualcosa… non credo sia in condizioni presentabili… Credo che se vedesse Lord Phibrizio, gli salterebbe al collo e tenterebbe di strangolarlo…-

-La morte di Dessran, vero? Si, forse è meglio lasciarla un po’ a sfogarsi. Erano quasi tre anni che non si parlavano, ma non ha buttato via nulla dei regali che lui le ha fatto…- Dolphin credeva di capire Nerea. Se Poseidon fosse stato ucciso, lei non avrebbe reagito molto meglio.

Afferrò un braccio al priest, alzandosi sulle punte dei piedi. -Tu non morirai. Promettimelo. Tu non mi lascerai sola…- gli sussurrò, le labbra che quasi sfioravano quelle del biondo general.

-Mai, mia signora…- rispose Poseidon, in un soffio, con un sorriso gentile.

Chiusa nella sua stanza, Nerea singhiozzava come una bambina. Tra le mani dalla pelle chiarissima teneva un piccolo ritratto, il volto di Dessran. L’aveva buttato in fondo a un cassetto, tre anni prima, quando avevano litigato, e l’orgoglio le aveva sempre impedito di cercare di far la pace, di cercarlo, di ascoltarlo. Adesso se ne pentiva amaramente…

Stringeva anche un’altra cosa in mano. Era un pendente rotondo, una piccola piastrina di orialco grande come un’unghia, fittamente incisa di simboli magici. Dessran ne aveva una identica. Le aveva fatte Poseidon, col permesso di Dolphin, e serviva a celare l’aura. In questo modo, Phibrizio non poteva ben individuare Dessran, né spiargli nella sua mente quando erano a letto assieme. Era anche grazie ad esso se all’Hellmaster veniva il mal di testa ogni volta che cercava di guardare troppo a fondo nella mente di Dessran. Phibrizio pensava fosse colpa dei troppi buoni sentimenti che ancora albergavano nel priest…

 

“Poseidon, amico mio, se mai un giorno ci rivedremo, probabilmente nel Mare del Chaos, dovrò ancora ringraziarti per questo ciondolo: senza di esso, non sarei mai riuscito a celarmi totalmente a Phibrizio!” pensava Dessran, che portava il ciondolo in tasca. Lo prese e lo agganciò all’orecchino destro, celato dalla folta chioma.

 

***

flash down… cioè un flash back al contrario… un flash di quel che accadrà in futuro…

-Nerea, dammi un attimo il ciondolo magico gemello a quello che aveva Dessran…-

Con un attimo di esitazione, Nerea porse il pendente a Dolphin. La Dark Lady aveva avuto un breve periodo simile alla catalessi, una trance profondissima. Forse aveva tentato di comunicare con il Mare del Chaos…

Dolph prese il pendente, e lo strinse con delicatezza tra le mani. Sorrise, creando nella sua mente l’immagine mentale dell’amante della sua general, dato per morto da più di novecento anni.

-Lo rivedrai presto, Nerea. E non nel Mare del Chaos. - le disse, porgendole il ciondolo. Nerea lo riprese, stringendoselo al petto. Dess…vivo? Ma…dove? Come? Non poté però chiedere altro alla sua master, di nuovo scivolata in un sonno di visioni simile al coma. Scuotendo la testa di capelli celesti, la mazoku tornò ai suoi numerosi doveri…

***

 

-Dolphin, cara, Nerea oggi non c’è?- chiese Zelas a Dolph. La relazione tra la general e il priest era un pettegolezzo ormai vecchio e noto nei clan demoniaci.

-Ha altri incarichi, oggi. Dato che tanto non intervengono mai, potremmo anche lasciare i nostri subordinati ai castelli, a difesa…- fu la acida risposta di Dolphin. Dessran era stato simpatico anche a lei. Anche lui suonava e cantava bene, ed era un bello spettacolo sentire Poseidon suonare, e Nerea e Dessran ballare e cantare per lei.

Phibrizio pareva aver mangiato una testa d’aglio intera, dalla faccia che aveva negli ultimi giorni. Rimpiangeva amaramente Dessran: era l’unico che sapeva destreggiarsi in cucina, e nessun altro suo subordinato sapeva preparare la sacher torte!!! (^_^ ok, questo era per alleggerire un po’ l’atmosfera…).

A quella riunione fu deciso un attacco massiccio alle forze dei draghi d’acqua e dei draghi dorati nella barriera, l’ultimo prima dell’attacco definitivo a Ragradia. L’indomani avrebbero finito di pianificarlo.

-Sorella, posso parlarti?- Garv aveva raggiunto Dolphin, mentre la dark lady si stava preparando a tornarsene a casa. L’Eternal Ice Palace era bello, ma troppo freddo per i suoi gusti. E preferiva la luce azzurrata e dai toni pastello del suo palazzo ai giochi di luce intensa e bianca del castello di Dynast.

-Vieni a parlare da me, Garv. - gli disse lei, mentre entrambi si teletrasportavano al Deep Marin Castle.

Poseidon, appena tornato, chiese subito il permesso di congedarsi, e, ottenutolo, andò a vedere come stava la sorella.

-Lei… era un essere umano, una volta, vero? Altrimenti non mi spiego perché reagisca così…-

-Si, Nerea era una ragazza umana… e non ho mai cercato di soffocare i sentimenti positivi in lei, anche dopo averla fatta entrare nelle mie schiere. Era molto legata a Dessran… e anche io ero un po’ affezionata a quel ragazzo. Stavo già meditando di chiedere a Phibrizio di cedermelo, in cambio di un subordinato di pari livello o di molti inferiori… ma poi…-

-Era anche bravo a combattere. - commentò Garv.

-Ma tu pensi solo alla battaglia?-

-Sono fatto così. Io sono fatto per la battaglia. Però devo ammettere anche io che, di tutta la schiera di doppiogiochisti con la puzza sotto il naso del clan Hellmaster, Dessran era l’unico di passabile. Un tipo schietto, al contrario di Phibrizio. -

Dolphin annuì. Nessuno dei due apprezzava il doppiogiochismo di Phibrizio.

La dark lady alzò lo sguardo sul dark lord.

-Fratellino, ti ho mai parlato dell’Equilibrio?-

-No, Dolph.-

-Bene, è ora di farlo…-

Dolphin gli parlò dell’Equilibrio, di LoN, del vero scopo per i quali i demoni esistono, e di ciò che sarebbe toccato loro una volta vinto. Non gli parlò ancora della sua origine. C’era tempo, e bastava un solo gruppo di rivelazioni per volta…

 

-DOLPHIN! Adesso basta! Tutti abbiamo mandato i nostri generals e priests nelle battaglie in testa ai nostri eserciti! Sono fatti per questo! Non puoi tenerti i tuoi due in casa come se fossero vasi che temi di rompere!- Zelas stava rimproverando Dolphin. La quale pareva sul punto di trasformarsi in uno squalo e mordere l’altra Dark Lady.

-IO non sprecherò i miei subordinati mandandoli in missioni suicide come ha fatto quel fesso di Phibrizio!-

*gocciolina di Phibrizio*

-Poseidon e Nerea resteranno a comandare le strategie nelle retrovie, finché lo dirò IO! Loro sono miei, non hai diritto di comandarmi cosa devo o non devo fare, Zelas!- ribatté la minuta dark lady, sbattendo le mani sul tavolo. A Dynast stava venendo un mal di testaaaaaa…

I subordinati erano stati lasciati da tutti a casa. Così non si notava l’assenza di Nerea “per lutto” e quella di Dessran… per lapide.

In compenso c’era un’atmosfera talmente tesa e pesante che la si sarebbe potuta tagliare a fette col coltello o usarla per suonare il violino. Zelas pretendeva che anche Dolphin mandasse, assieme agli squadroni, i suoi subordinati migliori, Poseidon e Nerea. Dolph ribatteva che non poteva sguarnire totalmente il castello delle difese e dei difensori. Non era colpa sua se non aveva tanti servitori come i fratelli per fare squadroni di carne da cannone, dato che lei era quella che più risentiva di dover condividere il territori sotto la barriera con Ragradia.

Alla fine, Shabranigdo intervenne, zittendo le due lady e intimando a Dolphin di mandare il suo general alla prossima battaglia, in testa alle truppe, o sarebbero stati cavoli amari. Dolphin ingoiò la bile, e chinò il capo.

Stava cominciando a odiare la presenza di Shabranigdo.

Aveva quasi le lacrime agli occhi quando tornò al suo castello e convocò Poseidon. Nella sua stanza da letto.

-Poseidon… domani dovrai andare anche tu alla battaglia di attacco di massa ai draghi…-

-Lo so, master…-

-No, Poseidon. I piani sono cambiati. Master Shabranigdo mi ha intimato di mandarti nelle prime file. Temo che si stia stancando di avere una subordinata con un clan simile… siamo troppo vicini al “lato sbagliato”, per i loro gusti. Tenteranno di sterminarci…- con rabbia, Dolphin afferrò le coperte, il bel viso deformato dalle lacrime e dalla rabbia.

Poseidon la abbracciò, sedendosi accanto a lei.

-Dolphin, mia sirena, non temere: tornerò vincitore, e ti difenderò, sempre e ovunque, da chiunque…- solo quando erano soli non erano più un priest e la master, ma due amanti.

Dolphin lasciò che Poseidon la baciasse, ricambiando poi, aggrappandosi a lui, come colta da un triste presentimento…

 

-Allora, Nerea, mi raccomando, cerca di non farti ammazzare. -

-Anche tu, fratellone. -

Poseidon annuì. I due fratelli si salutavano, prima di prendere posto in testa ai rispettivi schieramenti, nella imminente battaglia. Quel mattino, prestissimo, era andato al Lava Fortress, e aveva chiesto un favore a Garv.

“Non so se sopravvivrò a questa guerra. Forse le capacità di veggenza di lady Dolphin sono in parte filtrate attraverso me, fattostà che ho un brutto presentimento. Vi prego, lord Garv, proteggete voi la mia signora, se io non fossi più in grado di farlo.” Aveva chiesto. Garv s’era impegnato solennemente a proteggere, in ogni modo gli fosse stato possibile, la “sorellina”.

 

Per quanto Poseidon fosse bello e gentile, d’aspetto e maniere, era un mazoku. Nella battaglia, la sete di sangue lo coglieva, e il biondo giovane dall’aria gentile e dalle lunghe dita affusolate di trasformava nel Kraken, mietendo vittime tra i draghi dorati. A sua sorella erano stati affibbiati i draghi marini come avversari per il suo esercito. Li avrebbe preferiti lui… Ma adesso doveva impegnarsi solo nella battaglia, le zanne lorde di sangue, le spire coperte di aculei metallici grondanti dei liquidi dei draghi, qualche cavaliere elfo o umano ancora infilzato. Gli occhi blu del priest erano ora di un rosso maligno, mentre a capo della metà delle truppe più forti di Dolphin seminava la morte.

Poi vide lo sfidante.

Non seppe riconoscere subito se fosse stato un drago, un umano o un elfo. Ma quella piccola creatura, levitando davanti a lui con una lajitang in mano, l’armatura violetta che scintillava nella luce bianca, lo stava sfidando a duello.

Con un sorriso malvagio, Poseidon riprese le sembianze umane, afferrando saldamente il suo bastone, che scintillava di blu, di nero e di rosso nella sfera posta sulla sommità. Il delfino era diventato una lama affusolata che pareva levitare sulla sfera.

-Mi sfidi, piccolo umano?-

-Si, io, Erdrent Ajang, Cavaliere di Cephied, ti sfido a duello, demone. -

Il volto di Poseidon si contrasse in un ghigno maligno.

-Come vuoi. DIFENDITI!- con un movimento rapidissimo, il mazoku si fiondò sul cavaliere, che solo con una rapidissima giravolta riuscì ad evitare che la lama del bastone del priest gli trapassasse la gola.

Sorrise anche lui: le sfide facili non gli erano mai piaciute…

Un’ora dopo, i due avversari, affannati, coperti di ferite, ancora si guardavano in cagnesco, cercando ognuno una falla nella difesa dell’altro. I Draghi dorati avevano avuto il sopravvento sui demoni di alto livello che Dolphin aveva riunito per l’esercito di copertura al priest e alla general. Poseidon si guardava attorno, per nulla contento. A quel punto, avrebbe dovuto scappare. Così gli aveva ordinato Dolphin. Massacra e combatti finché vuoi, ma se sei in pericolo di vita, molla tutto e torna al sicuro. Mi assumerò io la responsabilità dinnanzi agli altri dark lord.

Un sorriso amaro comparve sul volto del priest, mentre gli occhi rossi tornavano azzurri. Stavolta non sarebbe riuscito ad obbedire a Lady Dolphin: i draghi stava creando una barriera di sigillo lì intorno. Sarebbe potuto tornare al Deep Marin Castle solo dopo aver ucciso il Cephied Knight E tutti quei draghi. I Draghi non erano il problema maggiore. I vero problema era il cavaliere.

Infatti, il cavaliere Ajang sfruttò quell’attimo di distrazione di Poseidon, penetrandone la guardia…

E lo colpì.

Troppo stupito anche per poter urlare, a Poseidon parve di vedere tutto al rallentatore…

La lama della lajitang che usciva dal suo ventre.

Il cavaliere che si allontanava sogghignando.

I draghi dorati che si precipitavano su di lui, con quelle lance…

Il suo penultimo pensiero fu che i draghi dorati erano tutto fuorché leali.

L’ultimo, fu che aveva deluso Dolphin.

 

Dolphin spalancò gli occhi, le pupille ridotte a un puntino, il volto straziato dal dolore…

-NOOOOOOOOOO!!!!!! POSEIDOOOOONNN!!!!-

Strinse il tavolo dinnanzi a lei fino a spezzare il legno massiccio, incurante degli sguardi sorpresi e interdetti degli altri dark lord e di Shabranigdo. Non aspettò il permesso di andare. Se ne andò e basta.

Era ricomparsa accanto a Poseidon. O meglio, a ciò che ne rimaneva di lui.

Le onde del mare cullavano i poveri resti che potevano parere mortali, ad eccezione del sangue nero. Lo strinse a sé, smaterializzando col suo potere le lance che ancora lo trafiggevano, le stesse lance che avevano mutilato il corpo e sfregiato il bel volto, così pallido nella morte, del priest.

I draghi dorati che assistettero a quanto accadde poi non ebbero modo di raccontarlo, a parte uno chiamato Milgazia, ancora con la lancia in mano.

Le onde si levarono. Grandi ondate dagli schizzi feroci, che si levarono irose per centinaia di metri di altezza, grigie e odoranti di morte, finché non si riunirono in un gorgo alla rovescia, una tromba marina con la parte più larga verso l’acqua, un cono di salmastro liquido nero. Le nuvole s’erano addensate, e lampi e tuoni squarciavano l’aria.

E da ciò, emerse lei.

I capelli azzurri che, fradici, ondeggiavano intorno, lasciando scie d’acqua sul piccolo viso. In braccio reggeva il torso di Poseidon. Pareva una orrenda e macabra parodia di una bimba bagnata con in braccio il suo orsacchiotto rotto.

Ma il volto non era quello patetico di una bimba infradiciata dalla pioggia…

Fessure di odio puro si aprivano come occhi.

Adagiò con una delicatezza quasi assurda per quello spettacolo agghiacciate i resti di Poseidon su un cuscino d’acqua.

Poi chiamò il suo tridente.

E sorrise. Un sorriso pazzo. Un sorriso che si allargava… si allargava… si allargava ben oltre il ragionevole limite di una bocca, rivelando denti di squalo.

E i draghi e il cavaliere di Cephied capirono che non lasciare scappare Poseidon era stato il più grosso errore della loro vita… e che non avrebbero avuto la possibilità di farne altri, di errori…

 

-Dov’è? Dov’è quell’idiota di Dolphin?- sbraitò Phibrizio.

La poltrona di Dolphin era vuota. Se Shabranigdo era irritato per l’assenza della dark lady, non lo dette a vedere. Bastavano già Phibrizio e Zelas. Dynast, se era seccato, non lo dava a vedere, nella sua algidità nobiliare.

Garv non era arrabbiato. Aveva visto Dolphin, quando era tornata, e aveva visto anche Nerea. Dubitava che quelle due avessero ancora voglia di combattere. Lui non avrebbe reagito così, avrebbe combattuto finché anche l’ultimo della stirpe degli assassini di una persona così cara non fosse morto tra atroci sofferenze. Ma aveva capito che Dolphin era diversa, e reagiva in modo molto diverso. E aveva anche capito che per loro due, che avevano perso coloro che avevano… come si diceva? Non aveva ancora familiarità con quella parola… ecco, amato, la guerra era diventata qualcosa di odioso. Un pensiero quasi eretico per un mazoku. Garv non comprendeva la loro decisione, ma la rispettava. Però, era meglio non darlo a vedere, con gli altri Dark Lord. Non era abbastanza influente da contrastare le opinioni dei suoi tre fratelli più anziani. E ciò lo seccava molto. Senza accorgersene, mise il muso.

 

-*Dolphin? Dolph, sorella, posso venire da te?*- chiese telepaticamente Garv, più tardi, a riunione finita.

Dolphin rispose solo con “fa come ti pare”.

Garv rimase sconvolto nel vederla. Era irriconoscibile.

Dolphin era sempre stata molto curata negli ornamenti e nella cura del proprio corpo. Adesso, giaceva, abbandonata come una bambola rotta, sul trono. I capelli erano ancora fradici e stillanti di acqua salata, scomposti e disordinati. Del grazioso diadema di perle, non era rimasta che qualche perlina qui e là, impigliata nei nodi della capigliatura e nelle pieghe dell’abito lacero.

I piedi scalzi si intravedevano sotto i veli strappati e le scaglie azzurre di pesce che brillavano qui e là, cadute dall’abito. Sopra, indossava l’armatura fatta da Poseidon, incrostata di sangue di drago.

In grembo aveva un ritratto di Poseidon. Lo aveva fatto Nerea, era molto brava coi pennelli. Lo stringeva a sé, immobile, lo sguardo fisso nel vuoto.

Garv si avvicinò, sfiorandole il viso.

-Dolphin? Sorella?- provò a chiamarla.

-È inutile, lord Garv. Abbiamo deposto i resti di mio fratello in una cripta sotto il castello. Poi si è seduta lì, e non si è più mossa. È così da ore. - Nerea era giunta alle spalle di Garv. Il dark lord guardò anche la general, che non era in condizioni migliori.

Lei era sopravvissuta al pelo all’attacco dei draghi di mare, l’esercito demoniaco quasi annientato.

Neanche lei si era ancora cambiata, e sotto all’armatura scheggiata e graffiata indossava i resti di una aderente tuta da battaglia, lacerata in più punti. I capelli celesti le pendevano in ciocche scomposte, e il viso era stanco, gli occhi cerchiati. Nessun demone si sarebbe lasciato andare così… ma forse perché lei era nata come umana, e non poteva controllare certe cose, come i segni del dolore così profondo.

Garv si chiese per un istante come sarebbe stato per lui se Dolphin fosse stata uccisa. E si ritrovò a pensare che non sarebbe stato meglio…

-Dolphin, sono venuto a parlarti, è una cosa importante. - disse Garv, decidendo di ignorare lo stato di Dolphin, forse nella speranza di scuoterla un po’ -Master Shabranigdo ha ordinato che tutti si sia pronti per dopodomani. Tu e gli altri Dark Lords dovrete andare ai sigilli della barriera per renderli più potenti col vostro potere, in modo che possano risucchiare quello di Ragradia e indebolirla. Io dovrò andare con lui, perché incanalerà in me il potere per distruggerla. Capito Dolphin? -

Garv aveva allungato una mano, scuotendola per una spalla.

La piccola mano di Dolphin si posò sul grosso polso di Garv.

-E se io non volessi andare?-

Garv rimase spiazzato. Non aveva neanche preso in considerazione l’idea.

-Beh… credo che se tu disertassi, Shabraigdo-sama si arrabbierebbe non poco… e avresti contro anche tutti e tre gli altri dark lord. -

-Tu no?- chiese lei, atona.

Garv scosse la rossa chioma.

-No, io no. Io devo obbedire a master Shabranigdo, e combattere Ragradia. Ma tu sei la mia sorellina, e non ti biasimerò mai, né parlerò mai male contro di te. - si voltò, e fece per andarsene.

Poi parve ricordarsi di una cosa. -Ah, Dolph… potrebbe essere la tua ultima occasione di vendetta. Distruggere tutti i draghi dorati all’interno della barriera. E poi, anche quelli fuori. - disse, prima di tornare al suo Maryuu-ou Fortress.

E Dolphin decise.

 

 

  
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