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Autore: crimsontriforce    12/10/2008    2 recensioni
86.9.29: Catherine viene condotta su Riven con l'inganno. Atrus corre a salvarla e rimane intrappolato. Gehn sfrutta la nuova possibilità. Achenar pregusta la tortura. Sirrus pregusta i risultati. È tutto scritto, tutto noto. Abbiamo letto i loro diari.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Achenar, Atrus, Catherine, Gehn, Sirrus
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie '2. In cerchio attorno a una voragine di stelle'
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86.9.29: Catherine viene condotta su Riven con l'inganno. Atrus corre a salvarla e rimane intrappolato. Gehn sfrutta la nuova possibilità. Achenar pregusta la tortura. Sirrus pregusta i risultati.
È tutto scritto, tutto noto. Abbiamo letto i loro diari.



Eccolo, il tentativo su Gehn, anche se non ancora quello che avevo previsto e certo non sul tema che avevo previsto: sono solo io a immaginare Keta come un'oca completa? Che tedio di donna....
Ora mancano solo Saavedro e Tamra e ho finito di fare amicizia con la gente principale (sì, per me Tamra conta fra i principali *fangirla la bonus track*) conosciuta tramite i giochi. Oltre i quali... AAAAARGH YEESHA. *si rannicchia di fronte alla complessità*
Seconda al secondo contest de I diari degli eroi, community cui parteciperei volentierissimo se solo avessi quelle 3-4 ore al giorno in più per partecipare alle community invece di dovermi limitare a mie idee e contest. Per questo qui, il tema era “Segreti e confessioni”. E non sia mai detto che io non prenda alla lettera i prompt che mi piacciono... XD sarà uno svolgimento banale e probabilmente non è neanche una storia con un'impostazione 'da concorso', se quest'anno passato a propinare fandom assurdi a ignari giudici mi ha insegnato qualcosa. Ma è quello che voglio dire ora, con loro. E con Riven. Yay Riven!

Disclaimer: Gli avvenimenti narrati sono frutto di fantasia. Non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere delle persone descritte né offenderle in alcun modo. Se possibile, anzi, il tutto è da intendersi come tributo di affettuosa stima.




Carta straccia


Considerazioni su una scomparsa









1.


86.9.29
Successo!
Inizio un nuovo diario con la migliore fra le notizie. La prima parte del nostro piano è andata in porto. Da ora, la strada è in discesa.

Mi sono Collegato qui con la soddisfazione di un'opera compiuta: la mia stanza su quest'Era remota non è mai sembrata così accogliente. Del resto, di recente non ho avuto molto tempo da trascorrervi, con tutto quello che è successo.
Ho studiato l'incredibile opportunità offertaci da Serenia,
trattato con Achenar,
svolto tutta la sperimentazione in segreto, su un'Era abitata,
escogitato un tranello perfetto per separarli.
È un numero considerevole di rischi da correre per una vittoria personale, talmente personale che nemmeno Achenar dovrà mai saperne nulla. Fortunatamente, il suo scarso intelletto questa volta mi è d'aiuto e non dovrebbe sospettare. Penso, anzi, di poter dire con certezza che non sospetti: se il pensiero l'avesse anche solo sfiorato, oh! Mi sarebbe alla gola da mesi. Ma il desiderio di gratificazione immediata di quell'animale non rovinerà il mio capolavoro.
Vedere gli sforzi di questi giorni giungere a compimento, scattare e rispondere come un meccanismo ben oliato è incredibilmente appagante. Ed è ancora nulla se pregusto quello che deve venire...

Spero vivamente di non essere l'unico a pensarci. Mi senti, Padre? Avrai intuito cosa vogliamo da te, ma ti stai chiedendo cosa ti aspetta? Perché quest'artificio? Ti stiamo costruendo una sedia speciale, Padre. Dovrai solo attendere fino a che sarà perfetta, perché non ho intenzione di lasciarti assistere a un mio fallimento.
Eppure, per quello che puoi darci sarebbe bastata una sedia qualunque. Oltre a una corda e qualcuno di quegli strumenti che il tuo primogenito ha così diligentemente imparato ad usare... sappiamo far durare questi nostri giochi, avresti avuto tutto il tempo per raccontarci tutto sull'Arte. Avremmo potuto coinvolgere anche nostra Madre in questa piccola lezione, se i tuoi sempre saldi principi si fossero dimostrati inflessibili.
Una splendida riunione di famiglia di cui non dubito che Achenar sarebbe stato entusiasta. Ma non sarebbe durato in eterno.

Non posso permetterlo.
Si sarebbe ribellato? Non lo so. È sempre stato lui quello col potere e nostra la scelta di adeguarci o meno (difficile sfuggire, a questo punto, alla domanda di cosa sarebbe stato se ci fossimo arresi allo status quo) e non lo conosco abbastanza da poter ricostruire uno scenario del genere. Ma si sarebbe arreso? Non credo. Non quando è così impegnato a essere più buono e più santo e più D'ni di chiunque altro. A lungo andare non sarebbe sopravvissuto alle cure di Achenar.
C'è, certo, un'altra possibilità. Si è già dimostrato più ingenuo di quel che lo stimavo, potrebbe essere anche più codardo. Ma, se anche avesse ceduto, non avrei comunque potuto rischiare controffensive: per ottenere quello che vogliamo avrei dovuto, alla fine, uccidere mio padre.
E non posso proprio permetterlo... non posso.

Non posso, perché la vittoria è su di lui o non ha senso!!
Deve alzare lo sguardo dai maledetti libri, riconoscermi, capire cosa ha fatto di suo figlio e vedermi trionfare, fino alla fine dei tempi.
Voglio che sappia cosa gli voglio fare, me lo legga negli occhi e ne soffra ogni istante. Prima, durante e dopo. Per questo potrei pagare qualunque prezzo.

Scacco, Padre. Alfiere per donna, matto in due. E la partita è appena cominciata.




Sirrus si soffermò sulla pagina scritta, chiuse a chiave il diario e lo ripose in un cassetto cui cambiò combinazione, per sicurezza, come faceva ogni cinque giorni.
Trovò un libro rosso e non fece ritorno.
Col tempo, l'aria salmastra vinse il legno, la pelle, la carta.










2.


L'ho quasi presa per mano.
Se Sirrus non avesse chiuso il libro, io---
Mamma.




Achenar si svegliò l'indomani frastornato dalla puzza d'alcool. Una macchia bianca campeggiava sul legno della scrivania, un foglio alieno che sembrava deridere lui e le sue memorie confuse. Si alzò, aggrottando la fronte. Riconobbe la sua scrittura. Rabbrividì.
Si affrettò a distruggerlo: se fosse finito in mano a suo fratello non avrebbe avuto requie.










3.


87.7.4
Ho voltato lo sguardo e il problema è rimasto; oggi pago per tutti i miei errori passati.

Fresco di un paio d'ore di sonno, ho ricontrollato i calcoli dell'altro ieri e li ho dovuti correggere al ribasso. L'ultima serie di riscritture sembra aver (inutile girarci attorno: ha) innescato una frattura della placca stessa su cui poggia l'isola. I tremori non ne sono che la prima conseguenza. Sento che c'è una soluzione semplice da qualche parte, una sorta di leva che inverta il processo, ma per quanto osservi il problema non riesco a vederla. Mi manca prospettiva.
È in questi momenti che la solitudine si fa insopportabile. Questo diario è una perdita di tempo sotto troppi punti di vista, ma se non altro riesce a darmi un senso, una direzione.
Catherine, se solo tu fossi qui con me... proseguirei questa lotta, lo devo alla tua gente, ma avrei il cuore più leggero. Sono al limite.

Lavoro con la consapevolezza che ogni giorno potrebbe essere l'ultimo.
Continuo le riparazioni a Riven, ma senza più una concreta speranza di riuscire, prima o poi, a stabilizzare l'Era per un giorno o più – e la speranza è tutto quello che mi ha tenuto insieme fin'ora, durante nove mesi di veglie, tentativi e salti nel buio sul filo del disastro. Ora più che mai sono costretto a giocare d'anticipo con estrema precisione; lo sconforto non mi si addice ed è un nemico che non posso permettermi di affrontare.
Devo farcela. Finché avrò inchiostro, resisterò.

Posso solo

Non

Quel che è peggio, quella che mi trovo a percorrere è una strada che ho scavato io stesso, con le mie mani. Non oso guardarmi molto indietro: il dolore è troppo fresco. Ma per non aver guardato finora ho continuato a sbagliare. Solo cinque, sei settimane fa si è chiusa l'ultima porta, l'altro ieri me ne sono accorto.
La verità è che lo temo ancora. Tutto questo tempo e non sono mai uscito dalla sua ombra.

Tutto, qui, parla di Gehn; per mesi ho lavorato oscurato dai ricordi e come uno stolto ho lasciato che mi ottenebrassero la ragione. Mi ha sconfitto in questa stanza, oltre il muro posso ancora sentirlo dormire di un sonno artificiale dopo l'ira per un mio insuccesso. Il suo potere è ovunque. Finché sono restato un ragazzino inerme al cospetto del suo ricordo (come, in fondo, è stato fino a due giorni fa: dev'essere sempre il dolore ad aprirmi gli occhi? Non so più cosa vedo, Anna) è stato impensabile prepararmi a un confronto. Non avevo bisogno d'altro che di una scusa comoda per non pensarci nemmeno e rimandare all'infinito – e Riven aveva davvero bisogno di me.
Così, ho sbagliato.

Può darsi, per assurdo, che esistesse davvero una soluzione semplice, come per il problema che mi assilla in questi giorni. Non voglio pensarci.

Catherine – prego che questa debolezza non sia la tua condanna.




Atrus rilesse quanto appena scritto e scosse la testa. Girò il foglio e vi appuntò in modo più ordinato i risultati dei test di vibrazione degli ultimi tre giorni. Nulla di nuovo, si giustificò, non sto dicendo nulla di nuovo. Lontano dagli occhi, lontano dal cuore.










4.


86.10.15
Il sonno continua ad eludermi.

L'ho infine vista con i miei occhi. La caccia allo spettro è conclusa.
Questa mattina le mie registrazioni l'hanno scoperta all'ingresso del villaggio, in piedi, statuaria, in cerca di proseliti. È una sfida? O sottovaluta il mio controllo sull'isola? Non importa. Non oggi. Oggi celebro una sconfitta.
Il tempo l'ha vinta e mostra il suo bottino: se anche la bellezza non l'ha lasciata, non è più la ragazza vestita di verde che ricordo con tanta chiarezza da quel giorno. È stanca e indurita e il suo corpo ha perso ogni traccia della grazia giovanile che l'animava.

Forse è... madre? Devo sopportare l'umiliazione che la mia stirpe continui seguendo l'impronta di uno sciocco? La mia missione riacquista urgenza: potrò aver perso un figlio, ma se c'è una, una sola possibilità che mio nipote mostri maggior giudizio è imperativo che io la sfrutti. Anche con tutte le mie Ere, però, finché resterò segregato da D'ni ogni speranza sarà vana.
Un passo per volta.

Vorrei riuscire a pensare con chiarezza – o a non pensare affatto. In questa lunga giornata e anche adesso, nelle ore sottratte al sonno, nel suo corpo vedo te, Keta. Mi sei sempre rimasta al fianco, mia unica luce. Solo tu hai potuto, con la tua gentilezza e la tua risata bambina, mentre tutto appassiva intorno a me, invecchiava e mi si ritorceva contro.
Ho bisogno di te, amore mio, come siamo sempre stati. La solitudine che questo ruolo richiede mi è insopportabile.

Vogliono togliermi anche questo. Quando l'ho vista, il tempo ha ricominciato a scorrere e mi sono dovuto confrontare col cambiamento. Ha segnato la fine di un'intera civiltà, perché dubitare che possa fare lo stesso con un singolo? Ho già perso troppo nella mia vita, non posso tollerare il pensiero del tuo volto coperto di rughe, di mani tremanti che cerchino le mie, la...
Non saresti nemmeno qui, non più.
C'è un unica immagine felice: io, tu e un figlio da poter chiamare nostro, che portasse degnamente il nome di mio padre, cresciuto come un legittimo erede di D'ni.... avremmo potuto fare così tanto insieme. Ma anche quella è inesorabilmente corrotta da ciò che è stato.

Di tutto il male che Catherine poteva farmi, questo è forse il colpo più inaspettato e basso. Non l'avrà comunque vinta.
Ne ho pagato troppo presto il prezzo, ma il nostro amore è eterno.




Gehn ripiegò con cura la pagina e la infilò sotto il piccolo proiettore olografico, assieme alle altre. La sua mano aleggiò sul pulsante d'accensione, ma si trattenne. Per quel giorno si era ferito abbastanza.










5.


Ho avuto un
No. Non era un sogno, ero solo io con me stessa. Ero un pozzo, nel buio. Cadeva un sasso bianco e io osservavo la mia acqua increspata intrecciarsi. Mi sono svegliata e ho continuato a osservare.
Atrus non è qui e io ne sono sollevata: sono parole ingiuste cui ho già offerto lacrime, ma sono le mie parole, scoperte ieri in un covo fra altri pensieri. L'acqua stagnante del pozzo mi è avversa, come un veleno mi entra nelle ossa e scava, scava, scava. A tratti sento che è pericoloso disturbare la sua superficie e che dovrei lasciarmi trasportare da quello che i Moiety richiedono da me, ma allora non sarei Catherine, né Katran, né mai potrò essere la loro dea. Preferisco smuoverla e cercare quel che voglio, a costo di dover ricostruire sia Katran sia Catherine dal nulla che avrà lasciato.
Ho gettato il sasso. 'Gehn', diceva allargandosi il piccolo cerchio. E cosa non lo dice, cosa non lo urla in quest'Era martoriata? Eppure in essa ho le mie radici. Per essa posso combattere. Posso brandire un pugnale come uno dei miei Moiety – è così strano vederli adoperare come armi! Non per questo li avevamo pensati, lei ed io (ma non mi sorprende vedere come una sua creazione riveli impensati lati pratici). Potrei salire in superficie, guidarli. La spaccatura che percorre il nostro mondo è già sufficientemente profonda senza scontri aperti, ma se Gehn---

Cosa direbbe Atrus se mi vedesse così?
Cosa direi io, se Atrus mi vedesse così? Potrei sopportarlo?
Eppure ho in me il potere di accettarlo. Il mio ruolo e il suo, che le spalle di figlio e creatore non potrebbero reggere. Per questo deve restare lontano, perché la lotta a Gehn è solo mia, come figlia di Riven.

Ed è questo che sussurra il ventre dell'onda, ora che il fronte è passato. Che sarebbe meglio che fosse lontano, lontano da me – da noi, dai Moiety, da tutta la gente dell'isola che un tempo viveva sotto uno stesso cielo. Mio padre e mia madre mi hanno cresciuta all'ombra delle rocce, giammai sotto di esse. Non sono D'ni né voglio esserlo. Vorrei
Sì.
Vorrei non aver nemmeno scoperto il significato della parola.

Se non fossero mai venuti, non dovremmo nasconderci dalle nostre famiglie. La mia pelle sarebbe intatta, e così Eti.
Se non fossero mai venuti – e mi rimetto al Creatore con queste righe, tanto insignificante è la nostra conoscenza – siederemmo forse oggi su un ramo più gentile del grande Albero delle possibilità. Fra i miei compagni nella ribellione, coloro che sono soliti ragionare sugli insegnamenti della loro fresca religione hanno una teoria. Sostengono che, se gli dei non avessero mai lasciato la loro caverna, Riven vivrebbe ancora. Posso dare loro torto?

Posso perdonare, con un cuore che ricorda ancora il battito della foresta?




Katran si sentì svuotata.
Aveva scritto col sangue ogni parola, intingendo la penna in una ferita apertasi nel legame che credeva più saldo.
Strappò la confessione assieme a un piccolo pezzo di sé, la appallottolò e la gettò nel fuoco. Un atto di scuse, una dichiarazione d'amore.
Una voce intima e quieta, come un'eco persistente, che lo vuole lontano, scrisse in seguito per onestà, perché la Catherine che un giorno avesse riletto quelle righe – e nessun altro – ricordasse ciò che era stato.
Altri lesse e non capì.















Nerdaggine & credits:

@ Revelation che impera & spadroneggia: sta iniziando a darmi sui nervi. Questo, detto da una che al momento come wallpaper ha la camera da letto di Tomahna.

@ Sirrus apprendista scacchista: l'ultima volta che l'ho visto pensare di prendere donna con alfiere gli sono state segate le gambine da un matto di Légal, poi faccia lui. The best laid plans of mice and men...

@ Soluzione cui accenna Atrus: mah, mah... forse... come buttava a Libri intonsi, da quelle parti?
   
 
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