Anime & Manga > Alice Academy/Gakuen Alice
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Autore: _Pan_    11/10/2014    2 recensioni
Mikan è al suo primo anno di superiori, ma niente si prospetta come lei lo aveva immaginato: tra l'amore, inganni, e addii, la sua permanenza nella Alice Academy si preannuncia molto movimentata.
La storia tiene conto del manga (a tratti da capitolo 51 in su), quindi ci sono spoiler disseminati un po' ovunque. Inoltre, sarà raccontata alternativamente sia dal punto di vista di Mikan che che da quello di Natsume, ma non ci saranno capitoli doppi, nel senso che uno stesso capitolo non sarà raccontato da entrambi.
Coppie principali: Mikan/Natsume, Hotaru/Ruka (accennata)
Genere: Comico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Hotaru Imai, Mikan Sakura, Natsume Hyuuga, Ruka Nogi
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Capitolo 27 – Stato d'allerta
(Mikan)


Sentivo uno strano rumore, era una specie di ronzio nelle orecchie, del genere che ti dà fastidio quando stai cercando di dormire e te lo senti sempre di più nelle orecchie. Mi girai su un fianco, aspettando che la sveglia si mettesse a suonare e che fosse ora di alzarsi, ma... c'era qualcosa di strano.
Le lenzuola odoravano di disinfettante.
Spalancai gli occhi, spaventata, prima di realizzare dove mi trovassi: era l'Ospedale della scuola, e io non ricordavo assolutamente come c'ero finita.
Anzi, l'ultima cosa che ricordavo era la faccia di Narumi-sensei, che non avevo visto per parecchio tempo e con cui non vedevo l'ora di scambiare due chiacchiere, anche solo per raccontargli di tutto ciò che era successo in quel periodo. In qualche modo, lui riusciva sempre a farmi vedere un po' meno nera la situazione, e io ne avevo proprio bisogno, specialmente dopo aver scoperto di avere questo Alice che minacciava tutti i miei amici e tutti gli altri studenti della scuola.
Mi tirai su, sbattendo le palpebre, ma più cercavo di ricordare cosa fosse successo, più le cose che mi erano successe
diventavano confuse. Solo allora notai una ragazza fissarmi con una faccia strana, dall'aria terribilmente familiare, e solo allora realizzai che era la stessa che si trovava col mio vecchio insegnante delle elementari.
Jung Hana.
Ora che ce l'avevo davanti agli occhi, ricordavo di essere svenuta subito dopo averla toccata, e sobbalzai sul letto, portandomi una mano al petto, terrorizzata all'idea di averle portato via il suo Alice senza essermene resa conto, proprio il suo primo giorno di scuola.
«Stai bene?» le chiesi, quindi, cercando di non avvicinarmi per non spaventarla di più di quanto non dovesse essere già. Sorprendentemente, lei mi sorrise, e mi sembrò così strano che qualcuno mi rivolgesse un'espressione diversa da una disgustata o impaurita che per poco non scoppiai a piangere per la gratitudine e per il sollievo.
«Non dovrei essere io a chiederlo a te?» mi domandò, curiosa. «Sei tu che dormi da giorni.»
Rimasi imbambolata per qualche secondo: ero rimasta a letto per dei giorni? «Non credo...» iniziai, confusa, accarezzando le lenzuola, come se quelle potessero dirmi cosa mi ero persa, in chissà quanti giorni di sonno.
Senza contare le lezioni che avrei dovuto recuperare... e i compiti in classe...
Già mi faceva male la testa.
«Temo sia stata colpa mia.» mi raccontò lei, interrompendo i miei funesti pensieri. «Sai, non so controllare bene il mio Alice, e... a volte mi capita di mettere K.O. la gente, sai... come se mandassi un circuito in sovraccarico.»
Sembrava a disagio, ma quella confessione ebbe incredibilmente il potere di farmi tranquillizzare almeno un po', perché almeno sapevo che non ero l'unica in quella situazione preoccupante, l'unica che doveva stare isolata dal resto degli studenti perché era un pericolo per loro.
Non avrei potuto sopportare l'idea di costringere qualcuno a lasciare la scuola, specialmente se si dovesse trattare dei miei migliori amici.
«Oh, sai... succede anche a me.» decisi di rivelarle, per farle capire che nemmeno lei era sola nella sua disgrazia.
Poi avrei potuto parlare col Preside, da cui dovevo decidermi di andare, prima che la situazione diventasse incontrollabile. Potevamo trovare una soluzione tutte e due.
Sarebbe stato grandioso! Forse era per questo che si trovava nella nostra Accademia, e non più da quella dalla quale veniva.
Hana-san abbassò lo sguardo sulle sue mani giunte in grembo. «Mi succede da quando avevo pochi anni.» fu poco più che un sussurro, ma mi fece comunque trattenere il respiro per la pena.
Doveva avere sui quindici anni, perciò era su per giù dieci anni che conviveva con un potere pericoloso per chiunque le stesse intorno.
Forse l'unico amico che aveva avuto era proprio quel dottore con cui ora ricordavo di averla vista, e mi resi conto che, forse, quello sarebbe stato il mio stesso destino.
«Non ricordo assolutamente niente di più vecchio di allora.» continuò, e io non sapevo cosa dire, per cercare di farla stare meglio, per consolarla di qualcosa che tormentava anche me.
Lei soffriva da anni e anni di qualcosa che non poteva controllare, io da pochi mesi, e non ero affatto in grado di comportarmi come lei, che non aveva fatto altro che sorridermi, cercare di tranquillizzarmi, mentre io fuggivo dagli altri, solo con la paura di far loro del male.
Eppure avevo anche paura di andare dal Preside e scoprirmi un'incapace, perché lo sapevo che era merito di Natsume, che mi aveva aiutata così tanto, quand'eravamo bambini, se ero riuscita a imparare a tenere a bada il mio Alice dell'Annullamento. Ad essere sincera, non c'ero nemmeno riuscita tanto bene, visto il trambusto che era successo a Natale.
«Il mio dottore dice che l'amnesia è permanente.» sollevò le spalle, come se non potesse farci niente, e come se, in fondo, non le importasse granché. «E che mi è successo qualcosa quel giorno che mi impedisce di controllare il mio potere. Per ora, lo tengo sotto controllo con il suo Alice, che è una specie di sigillante.»
«Pensi che funzionerebbe anche per il mio?» domandai, titubante e, in fondo, in fondo speranzosa che quella potesse essere una soluzione valida.
Lei scosse la testa, ponendo fine alle mie aspettative. «Ho sentito dire che hai l'Alice dell'Annullamento.» rispose. «Dubito che funzioni qualunque cosa con te che non sia il controllo che può esercitare la tua mente.»
La notizia non era delle migliori e sospirai, sconsolata al pensiero che l'unica soluzione al mio problema ero io, che ero un asso nel combinarli, non certo nel risolverli. Per non scoppiare a piangere come una bambina, cercai di ricordarmi gli incoraggiamenti di Natsume, il modo in cui si era dimostrato fiducioso per farmi un po' di forza e perché non volevo continuare a piangermi addosso: non era da me.
Hotaru aveva sempre detto che sono troppo stupida perfino per preoccuparmi, e in effetti è sempre stato così, ho sempre avuto una soluzione per tutto, ricordavo che perfino alle scuole elementari, prima ancora di sapere che la Alice Academy esistesse mi aveva detto che trovava il mio ottimismo irritante.
Ma dubitavo che questa volta sarebbe stato tanto facile, non quando erano in pericolo perfino lei e Ruka-pyon.
Hana-san mi mise una mano sulla spalla, e mi ritrovai a trattenere istintivamente il respiro, sia perché avevo paura che succedesse qualcos'altro, sia perché mi sembrava di guardare negli occhi il mio ragazzo. Erano davvero molto simili...
«Mikan-san, la tua mente può più di qualsiasi Alice.» strinse un po' la presa, forse per consolarmi. «Non so cosa voglia dire, ma me lo ripetono in continuazione, perciò... prendilo come un consiglio.»
Doveva essere una specie di segno del Destino, o forse era l'Universo che mi parlava, o era solo una coincidenza che la stessa persona che mi ricordava Natsume così tanto mi stesse dando dei consigli per affrontare il mio problema.
Dal suo sorriso lieve, sembrava davvero che fosse quel 'tutto qui?' che mi aveva detto lui, come se davvero potessi controllare qualunque cosa che succedeva dentro di me, come se il mio Alice non fosse più tanto spaventoso come avevo creduto.
Le sorrisi. «Ti ringrazio, Hana-san.»
Poi la porta si aprì: io pensavo che fosse il dottore, e avevo quasi la tentazione di nascondermi sotto le coperte, per evitare di essere visitata o di farmi infilare qualche ago nel braccio, o rischiare di combinare qualche cosa delle mie perfino in un ospedale.
O forse mi avrebbero fatto diventare un esperimento alieno, o qualcosa del genere... dopotutto, non era affatto chiaro cosa succedesse nell'Accademia, a chi entrava nella classe di Abilità Pericolose. Natsume non aveva mai voluto dirmelo!
«Mikan!» era la voce preoccupata della mia migliore amica. Spostai il mio sguardo incredulo dalla ragazza nuova a lei, e ai suoi occhi spalancati. «Ti sei svegliata!»
Solo dopo recuperò la sua solita compostezza, quella che ero abituata a vedere e che, anche se a volte era così tanto inquietante, riusciva a darmi un senso di familiarità. Perché se anche era cambiato tutto, quella caratteristica di Hotaru permaneva immutabile, ed era una cosa tranquillizzante, in un certo senso.
Mi si avvicinò con le braccia conserte, e come se le avessi appena detto che avevo appiccato il fuoco per sbaglio al suo laboratorio – cosa che era successa davvero, una volta, qualche anno prima. «Tu devi sempre le fare le cose in modo eclatante o non sei contenta, non è vero?»
«Scusa...» mi ritrovai a dire, abbassando la testa, sentendomi colpevole per qualche ragione che non comprendevo fino in fondo.
Lanciò una brevissima occhiata a Hana-san, la quale accennò a un sorriso, prima che la mia migliore amica tornasse a rivolgermi la sua glaciale attenzione.
«Ti ho preso gli appunti di matematica.» mi informò, sventolandomi il mio quaderno a fiorellini gialli sotto al naso. «Così non avrai scuse per non studiare per il test della prossima settimana.»
Sbattei, di nuovo, le palpebre per qualche secondo, prima di realizzare che, veramente, mi aveva preso gli appunti di matematica, materia in cui ero la studentessa più carente della storia dell'umanità, e che non mi aveva portato nemmeno un Howalon, uno di quelli ripieni, con cui mi veniva sempre tirato su il morale, fin dalla prima volta che ne avevo assaggiato uno.
Al solo pensiero, mi saliva l'acquolina in bocca.
Avevo così tanta fame!
«Hotaru!» la pregai, aggrappandomi alla maglietta della sua divisa, e fui soddisfatta di me stessa, quando evitai il pugno della sua ultima invenzione anti-Mikan, proprio come l'ha chiamata lei.
È successo per caso, ma almeno ho avuto fortuna... «Davvero non hai nient'altro per me?»
«Scema.» commentò lei, prima di sorridermi come le avevo visto fare poche volte. Solo quello ebbe il potere di scaldarmi il cuore: la mia amica si era preoccupata per me, ed ero sicura che avesse nascosto il mio Howalon da qualche parte, in attesa di darmelo come sorpresa.
Ah! La mia migliore amica! «Ovviamente, ti ho portato anche quelli di storia, geografia, e mi sono premurata di farti dare un incarico per l'allestimento del Festival, visto che ci tenevi tanto. La preparazione comincia tra due settimane, la prossima abbiamo i test di fine semestre.» posò i miei quaderni sul mio letto, uno sopra l'altro. «Ti consiglio di studiare.»
Ci fu un attimo di drammatico silenzio, uno in cui spostai gli occhi su Hana-san, come per farmi dire che avevo sentito male, ma anche lei guardava Hotaru in modo strano, come se, come me, non potesse credere alle sue orecchie.
«Ehi!» Ruka-pyon comparve sulla soglia con una bustina bianca in mano. Aveva un sorriso sulle labbra che ebbe il potere di risollevare perfino il mio morale ormai sotto terra. «Allora aveva ragione, il dottore, quando diceva che ti saresti svegliata oggi!»
Io mi limitai ad annuire, depressa, per la mancanza del mio Howalon e per tutti quegli appunti che mi aveva portato Hotaru e su cui avrei dovuto studiare, se avessi voluto passare all'anno successivo.
Sarebbe stato l'anno del diploma, il prossimo... come potevo perdermi la mia foto con la mia migliore amica, ora che non potevo averla con Natsume?
«Hotaru mi ha mandato a prendere qualcosa per te.» mi mostrò la bustina, e io non sapevo più cosa pensare: magari lì dentro c'era un progetto di scienze, o qualcosa del genere.
Un po' avevo paura.
Hotaru gli strappò la busta dalle mani in malo modo. «Evita i commenti inutili.» me la passò, incitandomi con uno sguardo ad aprirla. «Su, coraggio.»
La presi, quasi timorosa che fosse un'altra strana invenzione che la mia amica voleva testare su di me, come spesso accadeva.
«Non è mica una bomba.» fece di nuovo Hotaru, come se non si aspettasse quella reazione da parte mia.
Be', in fondo già c'ero in ospedale. «D'accordo.»
L'aprii e non riuscii a trattenere un gridolino di gioia: eccolo lì il mio Howalon! «Grazie Hotaru!» mi sbilanciai per abbracciarla, ma lei mi respinse, mettendomi una mano sulla fronte e premendo nella direzione opposta, finché non tornai a sedere sul mio letto.
«Hotaru...» piagnucolai, stringendo quel sacchetto che era l'unica mia gioia, insieme alla consapevolezza della sua amicizia. Ruka-pyon mi mise una mano sulla testa, e io mi voltai verso di lui, ricordandomi che era stato lui, in effetti, a portarmelo. «Grazie anche a te, Ruka-pyon.»
«Figurati.» mi ha sorriso, dopo.
«Dai, adesso mangia.» mi incoraggiò Hotaru, in modo un po' più dolce, che ha strappato un sorriso anche a me.
Ora che ci pensavo, adesso che avevo i miei migliori amici lì con me, non mi sentivo più tanto persa come prima. Hotaru mi aveva addirittura toccata e non era successo niente, sebbene io non avessi idea di come avessi fatto.
Non succedeva sempre: non prendevo gli Alice degli altri al solo sfiorarli, succedeva soltanto quando ero particolarmente spaventata o stanca, forse era così anche ad Hana-san.
«A proposito!» strillai, a voce alta, facendo sobbalzare tutti e tre. «Hana-san! Non hai mai assaggiato un Howalon!»
Dovevo assolutamente rimediare, così, nonostante la fame mi chiedesse di divorarlo tutto e basta, lo divisi a metà per dargliene un po': non potevo proprio permettere che un'allieva dell'Accademia non sapesse quali fossero i piaceri di studiare lì. «Ecco, prova! Sono squisiti.»
Hana-san sembrava piuttosto titubante, così le misi semplicemente il sacchetto in mano dopo aver preso la mia porzione. «Oh... beh, grazie.» lo prese timidamente, con lo sguardo basso a terra, forse perché non era abituata ad essere circondata da così tante persone che non avevano paura di lei. Tra l'altro mi era passato tutto di mente, con lo stomaco vuoto, e non avevo nemmeno pensato di presentarla ai miei amici. Che scema.
Hotaru aveva proprio ragione.
«Ci conosciamo?» fu la domanda di Ruka-pyon, che piegò la testa per guardare la nuova arrivata in viso, ma lei non sembrava volerlo fare, col naso ancora chino sul suo Howalon.
«No. Credo di no.» rispose, però, in poco più che un sussurro. «Sono Jung Hana e vengo dall'Alice Academy di Seoul.»
«Seoul?» chiese, dubbiosa, la mia migliore amica. Io non avevo nemmeno idea di dove fosse quella città, fu per questo che non feci domande a riguardo, né aprii bocca per dire nient'altro. Non aveva un nome familiare, quindi non pensavo che fosse in Giappone.
E poi, anche il suo nome era strano nel suono, perciò era probabile che venisse dall'estero.
Nemmeno Ruka-pyon disse niente, e immaginai che avesse il mio stesso dubbio, e la cosa mi ha risollevato il morale un altro po', perché non ero sola nella mia ignoranza, come succedeva di solito.
Hana annuì alla domanda della mia amica, a conferma di ciò che aveva detto. «Sono venuta qui perché... ci sono molti studenti che hanno problemi a controllare il loro Alice, e c'è quindi una possibilità di trovare una soluzione.»
«Capisco.» commentò Hotaru, fredda come sempre. Se non mi sbagliavo, non era nemmeno troppo interessata alla nuova arrivata, anche se la stava guardando in modo decisamente strano, per il quale io mi sarei sicuramente voluta sotterrare nel buco più buio che esista. «Beh, allora benvenuta alla Alice Academy, Jung-san. Mi chiamo Imai Hotaru e lui è Nogi Ruka.»
«Spero che vorrete tutti prendervi cura di me.» fu la cortese risposta di lei, che fece loro il classico inchino di chi si sta presentando.
Ruka-pyon rimase in silenzio, e come la mia migliore amica, fissava la povera Hana, e la cosa mi parve strana, per un come lui, che era sempre gentile con tutti. Sembrava quasi che la stesse studiando, era lo stesso modo in cui si comportava quando incontravamo il professore Rei Serio nei corridoi, e anche a me quel tipo incuteva timore, l'aveva sempre fatto, solo che non riuscivo a capire come mai il mio migliore amico riservasse lo stesso trattamento anche a quella ragazza che di inquietante non aveva niente, o almeno niente di cui loro fossero a conoscenza, ma dopotutto non si spaventavano di me, perciò dubitavo che potessero spaventarsi di lei per lo stesso motivo.
Mi riservai di chiederglielo, più tardi, prima di addentare l'ultimo morso del mio squisito Howalon.

Ero ben conscia che piagnucolare non sarebbe servito proprio a niente, la mia preoccupazione era una: come si supponeva che dovessi risolvere un problema così grande? Non importava quanto potessi arrovellarmi il cervello, o di quanto mi ci impegnassi davvero: era inutile.
Non avrei mai potuto trovare il bandolo di quella matassa.
Fu con quella consapevolezza che gettai il quaderno di matematica in fondo al letto dove ero stesa, nel vano tentativo di cercare di comprendere gli appunti che la mia migliore amica aveva così premurosamente preso per me.
Solo che il mio rapporto con tutte quelle formule che non riuscivo a ricordare era così conflittuale che era impossibile da migliorare, ci avevo provato in tutti quegli anni di studio faticoso, ma niente.
Odiavo quella materia dai tempi di Jinjin, e ormai non potevo più usare la scusa che era lui ad odiarmi solo perché ero io. A forza di cambiare professore solo una cosa non era cambiata: la mia media scolastica.
Un leggero bussare alla porta di camera mia mi distrasse momentaneamente dalla mia disperazione riguardo alla matematica: speravo tanto che fosse Hotaru, magari con Ruka-pyon che avessero deciso di venire a farmi visita, sapendo dei miei fin troppi problemi con la materia.
Mi affrettai ad andare ad aprire e rimasi stupita nel trovare Yahiro-kun sulla porta, visto che non lo vedevo da un po' e che non eravamo riusciti nemmeno a scambiare due parole decentemente, da quand'era arrivato a scuola.
«Ehi...» mi salutò, tirando su la mano, con un sorriso a metà. «Ho saputo che sei stata male... ero... volevo chiederti se va tutto bene.»
Rimasi sorpresa dal fatto che avesse fatto tutta la strada dal dormitorio maschile solo per chiedermi come stavo, così gli sorrisi, per ringraziarlo. «Oh, sto bene.» beh, almeno fisicamente era vero, anche se la mia testa stava sbandando dal mio Alice agli esami di metà semestre. «Grazie.»
Lui si grattò dietro al collo. «Ho provato a seguire le lezioni, questa settimana... sono stato poco bene anch'io in questi giorni, e...» si bloccò, lasciandomi confusa per un momento. «Mi stavo chiedendo... se potessi darmi una mano a studiare.»
Io? Dare una mano a lui a studiare? Non riuscivo nemmeno a memorizzare due formule, e dovevo fare da partner a un ragazzo che sembrava almeno dieci volte più intelligente di me.
Non che ci volesse troppo impegno, anzi, magari avrebbe finito lui per aiutare me, ma io proprio non sapevo da dove cominciare: ero passata improvvisamente da essere una “tutorata” ad essere un tutor, e non ci avrei mai fatto l'abitudine. «Ho un'idea!» ed era anche brillante! «È la soluzione a tutti i nostri problemi.»
Andai a recuperare dal mio letto i miei libri di matematica – che era il primo test in ordine temporale, e in effetti anche quello più preoccupante – poi, trascinai con me Yahiro-kun fino alla porta della mia migliore amica.
Nessuno meglio di lei avrebbe potuto darci una mano.
Bussai, e da dentro sentii solo un sospiro, uno di quelli seccati, che di solito Hotaru ama rivolgermi quando dico qualcosa che poi definisce sempre incredibilmente stupido.
La sua voce mi arrivò alle orecchie un momento più tardi. «Entra, Mikan.»
Mi venne spontaneo dare una gomitata al mio accompagnatore, giusto per sottolineare che la mia migliore amica avevo capito che ero io senza nemmeno vedermi.
Solo dopo notai l'enorme cannocchiale sulle nostre teste che sbucava dalla parete, e che doveva funzionare come spioncino – in effetti, le nostre porte non lo avevano.
«La tua amica è strana.» commentò lui, prima che mi decidessi ad aprire la porta e varcare la soglia.
Mi limitai a scuotere le spalle, perché sapevo che chiunque avrebbe trovato strana Hotaru, a meno che non la conoscesse bene e da tanto tempo, come me.
«Prima che mi diciate che siete qui per studiare, vi dico subito che se rimarrete lo faremo per davvero.» ci avvisò, girando la sua sedia nella nostra direzione, mettendo in mostra quella pila di libri che campeggiava sulla sua scrivania.
Io già mi stavo sentendo male.
«Non posso lavorare con chi non ha intenzione di darmi il cento percento.» continuò, e suonò terribilmente come una minaccia, tanto che mi ritrovai a deglutire, spostando lo sguardo sulle sue mani, in attesa che qualche nuova arma anti-Mikan facesse la sua apparizione.
Con mia grande sorpresa, non successe proprio niente.
Allora, solo allora accadde l'impensabile: Hotaru sorrise. «Ora che ci siamo capiti, possiamo cominciare.»
Cominciammo per davvero: e non solo perché lei sembrava già sapere tutto sull'argomento che stavamo ripassando – d'accordo che lei sapeva tutto – ma anche perché ogni volta che io o il mio povero partner ci azzardavamo a dire qualcosa di sbagliato, a ritardare anche solo di un secondo la risposta a quelle che riteneva domande banali, ci beccavamo una martellata di gomma in testa.
Anche se sono fatti apposta, fanno male lo stesso.
«Bene, almeno ci siamo sulle nozioni base.» è stato il suo commento, dopo un'ora e mezzo di sevizie.
«No-Nozioni base?» chiese Yahiro-kun, per conferma, prima di massaggiarsi un bernoccolo sulla fronte.
Vidi la mia migliore amica sollevare entrambe le sopracciglia e incrociare le braccia al petto, nella sua posa spaventosa per eccellenza. «Sì.» confermò, quindi. «Non ti sarai certo aspettato che fosse finita qui.»
«Non vorrei trovarmi nei panni del suo partner.» mi sussurrò, una volta che Hotaru si fu girata per prendere qualche altra paccata di esercizi da sottoporci.
Ma io sorrisi, al pensiero di Ruka-pyon, che poteva essere il suo partner come non sarebbe riuscito nessun altro.
Piuttosto, era strano che non fosse lì con noi. Di solito, il pomeriggio lui e Hotaru erano sempre insieme, chissà cos'aveva da fare...
Anche lei era strana, non che di solito fosse più espansiva o calorosa, però non era la solita Hotaru. Perfino in quel momento era davanti alla finestra e l'aria dubbiosa.
Lei non aveva mai un'aria dubbiosa!
«Questo non è normale.» commentò, infatti, sporgendosi forse per vedere meglio qualunque cosa stesse guardando.
«Cosa?» chiesi, curiosa, così mi alzai e la raggiunsi. Avrei proprio voluto sapere la causa di tutta quella confusione.
Ora che ci facevo caso, si sentivano delle grida, come se stessero svolgendo qualche attività nel cortile.
Ma non appena mi affacciai, mi resi conto che non era un'attività convenzionale: c'era una marea di studenti che andava dietro, o meglio, inseguiva un piccolo gruppo di quelli che sembravano proprio ragazzini delle medie, a giudicare dalle divise blu.
Lei aprì la finestra, e il silenzio calato nella stanza fu spezzato dalle grida di terrore di quei ragazzini.
Yahiro-kun fu subito al nostro fianco, al davanzale. «Che sta succedendo laggiù?»
«Mikan...» Hotaru mi indirizzò un'occhiata quasi preoccupata. «la tua nuova amica ti ha detto che Alice ha?»
Sbattei le palpebre, confusa: che c'entrava adesso Hana-san con il fatto che degli studenti stavano correndo dietro ad altri, come se fossero stati una massa di zombie?
Decisi di rispondere, perché di sicuro lei aveva capito più di me. «Non lo so.» dissi. «Mi ha solo detto che anche lei ha problemi a controllarlo e qualcosa sul potere della mente che non ho capito tanto bene.»
«Ha il potere di controllare la mente?!» fu la domanda preoccupata del mio partner.
Feci per ribattere, ma in effetti io non avevo idea di quale fosse il reale potere della mia nuova amica: lei non me l'aveva detto, e il suo dottore le aveva raccomandato di tenere a bada il suo Alice, dicendo che la mente è potente.
Forse lo sapeva perché il suo Alice la controllava, e adesso cominciava tutto ad assumere un senso: lei che diceva di essere pericolosa, lei che non aveva amici.
Tutto quanto sembrava tornare.
Hotaru mi mise una mano sulla spalla. «Lei ora dov'è?»
«Non l'ho più vista da quando sono uscita dall'Ospedale.» ci eravamo salutate, lei mi aveva raccontato che sarebbe andata da Narumi-sensei per farsi dare l'orario delle sue lezioni e rimettersi in pari con i compiti.
Non mi sembrava agitata o turbata al punto tale da scatenare un così tanto scompiglio, ammesso che scatenasse il suo potere quand'era sotto stress o spaventata come me.
Me l'aveva detto lei... sembrava tutto così normale.
«Dobbiamo trovarla.» sarebbe stato pericoloso finché lei non si fosse calmata, a meno che non perdesse i sensi come succedeva a me, dopo aver usato fin troppa energia. «Potrebbe essere in pericolo!»
L'espressione corrucciata di Hotaru non sembrava promettere niente di buono, e adesso anche io iniziavo seriamente ad agitarmi.
Non sapevamo cosa stesse succedendo, o se davvero fosse colpa di Hana-san come sembrava, ma era certo che qualcosa, all'interno dell'Accademia proprio non andava.
«Prima dobbiamo capire cos'è successo agli studenti.» si mise a frugare nei suoi cassetti, alla ricerca di qualcosa, forse qualche arnese adatto a risolvere la situazione.
Io ci speravo davvero, perché non sapevo come avrei reagito se qualche studente-zombie avesse raggiunto la nostra porta. Ero pericolosa perfino io sotto stress, e questo non faceva altro che farmi impaurire di più, perché non sapevo se fosse peggio il mio Alice o quello di Hana-san.
«Che state facendo lì impalati?» mi riscossi dai miei pensieri, e Hotaru era già sulla porta, impaziente. «Andiamo nel mio laboratorio.»

«Cosa?» domandai, incredula. «Perché devo fare da esca?»
Eravamo nascosti dietro dei cespugli, poco fuori dall'edificio in cui la mia amica aveva il suo prezioso laboratorio che avrebbe dovuto risolvere il nostro problema.
Hotaru alzò gli occhi al cielo, esasperata. «Mikan tu non puoi essere contagiata!» mi ricordò. «Hai l'Alice dell'Annullamento, renditi utile! Mi servono tutti dentro l'edificio.»
Lei ovviamente aveva già escogitato un piano, solo che la parte che mi piaceva di meno consisteva nel fatto che io – sì, proprio io – ero la chiave per farlo funzionare.
Non era molto complicato, solo che se non fossi riuscita nell'intento sarebbe fallito tutto, e non solo sarei stata presa dagli zombie, ma Hotaru ce l'avrebbe avuta con me per il resto dei nostri giorni, e non so quale delle due prospettive sia la peggiore.
Mi tese una mano, mentre Yahiro-kun controllava che non ci fosse nessuno strano individuo nei dintorni. «Adesso, muoviti e fammi una pietra delle tue.»
«E come facciamo a sapere che è quella giusta?» non ero stata in grado di fabbricare una Pietra Alice decente nemmeno quando avevo un solo Alice, figuriamoci due.
«Non lo so, Mikan, muoviti e basta!» mosse la mano sotto al mio naso con impazienza, e io annuivo, desiderosa di non disattendere le sue aspettative su di me. «Non abbiamo tutto il giorno!»
«Guardate, ragazze!» ci interruppe Yahiro-kun, indicando in un punto oltre il cespuglio dietro il quale eravamo nascosti per non farci trovare.
Spostai gli occhi in quella direzione e notai che gli studenti-zombie erano aumentati, solo che questa volta stavano correndo dietro a due ragazzi delle superiori. Aguzzando lo sguardo, mi resi conto che erano Ruka-pyon e Nonoko.
«Oh, no!» strillai, tirandomi su.
«Mikan, accidenti a te!» borbottò la mia migliore amica, tirandomi l'orlo della gonna per farmi capire che avrei dovuto tornare ad accovacciarmi vicino a loro.
Ma era troppo tardi: mi avevano già vista.
In compenso, mi avevano vista anche Ruka-pyon e Nonoko, che mi raggiunsero senza aspettare. «Mettetevi a correre!» Ruka aiutò Hotaru ad alzarsi in fretta, mentre anche il mio partner si tirava su. «Ho visto che gli basta toccare qualcuno perché diventi come loro.»
Aveva il fiatone, tipico di chi ha corso parecchio e mi domandai da quanto tempo stava correndo, ma non ci fu tempo di domandare, di pensare, che venni trascinata via dai miei amici, un momento prima che gli studenti infetti ci raggiungessero.
La porta del laboratorio di Hotaru era chiusa, e tremavano perfino a lei troppo le mani per aprirla tanto in fretta. «Come cavolo è successo?»
Due secondi più tardi, eravamo sbarrati dentro, e io iniziavo a sentirmi più tranquilla: c'era solo un problema.
«Hotaru...» chiamai, guardandomi intorno. «Questo non è il tuo laboratorio.»
Sembrava una specie di laboratorio di chimica che, però, noi non usavamo più, o forse era un'altra parte di quello della mia amica, dove faceva gli esperimenti più pericolosi.
Notai che si trovava molto a suo agio, che sapeva dove trovare tutto ciò che le serviva, perciò doveva essere così.
Lei mi liquidò con un gesto della mano, prima di rivolgersi al suo ragazzo e a Nonoko. «Insomma?»
«Non lo sappiamo.» rispose la mia amica, ancora riprendendo fiato. «Stavo andando alla riunione della mia classe di Abilità quando ho incontrato Anna, e ho visto che era strana... ha detto che si sentiva male.»
«Le ho incontrate in infermeria.» raccontò Ruka, poi. «Ero andato a cercare il dottore per chiedergli qualcosa sull'Alice della nuova arrivata, ma poi Anna ha cominciato davvero a diventare... diversa.»
«Diversa come?» continuò Hotaru, prima di aprire un armadio di metallo pieno di ampolle di vetro vuote. Ma prima tirò fuori un camice bianco e degli occhiali di plastica per proteggersi gli occhi. «Tu Mikan concentrati con quella pietra, e non ti distrarre.»
Annuii febbrilmente e tesi una mano, solo che il racconto di Ruka-pyon non era finito e mi impediva di concentrarmi.
«Sembrava avesse la febbre, i suoi occhi sono diventati scuri all'improvviso. Ci siamo spaventati e siamo corsi a cercare il dottore.» continuò lui. «Poi si sono aggiunti gli altri e non sapevamo dove andare...»
«Finché non siete arrivati voi.» concluse Nonoko, che ora respirava più normalmente.
Io mi decisi a chiudere gli occhi e fare ciò che Hotaru mi aveva chiesto: non potevo deludere tutti, a quanto pare la mia pietra Alice dell'Annullamento era l'elemento centrale del piano della mia migliore amica.
Tesi la mano, di nuovo, e lasciai che il mio Alice fluisse lì, proprio come ci aveva insegnato Narumi-sensei alle Elementari, il giorno che avevo fatto una Pietra Alice minuscola e avevo deciso di darla a Natsume.
Mi domandai cos'avrebbe fatto lui in questo momento, e se il mio vecchio professore stesse bene, o si fosse unito alla banda di studenti-zombie, come rischiavamo di fare noi, se io avessi fallito.
«Non ci riesco.»
Non succedeva niente, e nella mia mano non c'era nemmeno quel granello di polvere che ero riuscita a fabbricare quella volta.
«Non ti impegni abbastanza.» fu la risposta caustica di Hotaru, che mi indirizzò un'occhiata gelida. «Vuoi che le cose siano facili, Mikan, ma non lo sono, è ora che tu te ne renda conto. Se vuoi fare una cosa, puoi, altrimenti è inutile. Perciò vedi di volerlo e di concentrarti, o saremo i prossimi a scorrazzare in giro per la scuola senza apparentemente usare il cervello.»
Ruka-pyon le mise una mano sulla spalla e lei si zittì, tornando a dedicarsi a qualunque cosa stesse mettendo dentro quell'ampolla. «Va tutto bene, Mikan.» mi disse lui, avvicinandosi. «Al tuo posto anch'io avrei paura.»
Tentai di trattenere le lacrime di frustrazione per essere inutile e per le parole della mia migliore amica, che non aveva fatto altro che confermare i miei dubbi.
«Puoi farcela.» mi incoraggiò lui, con un sorriso. «Lo sappiamo tutti, e questo perché l'hai sempre fatto Mikan. Tu non ti sei arresa davanti a niente: hai iniziato a combattere quando avevi dieci anni, per Hotaru, quando sei entrata in questa scuola, e poi con Jinno-sensei, quando ci trattava male, con Natsume, che non legava con nessuno. Non ti sei arresa nemmeno con lui, nonostante abbia fatto di tutto per convincerti, quasi costringerti a farlo. So che ora non è qui, per dirti queste cose, così voglio che tu le senta da me.»
Coprì le mie mani con le sue, e io mi sforzai con tutta me stessa, per non mettermi a piangere davanti a tutti: per i ricordi che stava richiamando, per Natsume, di cui mi sforzavo di non sentire la mancanza, ma non ero mai stata un asso a fingere, e dovevo immaginare che nessuno ci avesse creduto.
La vita era stata più semplice, quando c'era stato lui, chissà perché aveva iniziato tutto a precipitare vertiginosamente, nell'esatto istante in cui aveva messo piede fuori dal cancello.
O forse l'aveva fatto prima e io non me n'ero mai resa conto: Hotaru aveva ragione, le cose non erano semplici come pensavo io.
Ruka strinse leggermente la presa, riportandomi alla realtà. «Io mi fido, e sai che si fida anche lui, come si fida Hotaru, anche se non lo ammetterebbe mai.»
Avrei voluto dirgli quanto gli ero grata, per quelle parole, ma non riuscivo a parlare, col groppo in gola che mi impediva di articolare un suono decente. Avrei voluto dirlo a tutti, quant'era importante, per me, che non mi guardassero con terrore, che non fossero più spaventati da me che dal resto della scuola.
E avrei voluto tanto anche confessare quanto mi sentissi male, per tutto quello che stava succedendo, per la lontananza dell'unica persona che oltre a capirmi come facevano i miei amici, era anche in grado di farmi affrontare i miei problemi nel modo giusto.
Però dovevo farlo. Per Ruka-pyon, per Hotaru, per Hana, per tutti, e anche un po' per Natsume, perché potessi credere che anche lui sarebbe stato orgoglioso di me.
«Non ci posso credere.» commentai, osservando tra le mie mani una Pietra Alice grande quanto un piccolo sassolino. Anzi, erano due: una era arancione e una era trasparente, ma quella trasparente si riassorbì quasi subito. «Credo che... sia questa.»
Hotaru la prese con un sorriso strano, aveva solo un angolo della bocca tirato all'insù. «Sono fiera di te.»
Era la prima volta che si concedeva una simile ammissione, e mi strappò un sorriso enorme, ed ero commossa, perché ora sapevo che Ruka-pyon aveva avuto ragione, era vero: lei si fidava di me, non ci avevo creduto solo perché era necessario farlo.
Era la verità.
«E adesso che si fa?» domandai, però.
«Adesso,» mi rispose lei, tirando su un indice. «è il momento della seconda parte del piano.»
Con ciò, prese una specie di rullo compressore in miniatura e polverizzò la mia Pietra Alice che mi era costata così tanta fatica.
La osservammo tutti in silenzio, finché non prese la polvere e la mischiò all'intruglio scuro che stava riposando nella beuta che aveva messo sul fuoco.
«Posso chiederti...» iniziai, prima che mi bloccasse con una mano, facendomi capire che non potevo chiedere che cosa diamine fosse, anche se stavo morendo dalla curiosità.
Forse volevo anche un po' ritardare quella che lei aveva chiamato, molto sinteticamente, seconda parte del piano. La versione meno sintetica era quella in cui sarei dovuta uscire per attirare l'attenzione degli studenti-zombie, anche se adesso che dovevano essere dentro l'edificio, non capivo quale fosse il mio ruolo in tutto quello.
Poi, un tonfo sulla porta che mi fece saltare il cuore in gola, al pensiero che ci avessero trovati e che stessero per buttare giù la porta.
«Hotaru?» era una voce che conoscevo bene, ed era anche parecchio preoccupata. «Sei lì dentro?»
«Kisaki-chan!» chiamai, prima di aprire la porta. Anche lei aveva il fiatone, e non aspettò nemmeno che mi facessi da parte che mi spinse di nuovo dentro e si richiuse la porta alle spalle. «Che succede?»
«Succede che questo edificio è infestato da studenti che sono stati sottoposti a qualche... controllo mentale.» mosse un braccio in direzione della porta, come se anche quella fosse stata uno zombie.
«Come hai fatto ad evitarli e a sapere che eravamo qui?» intervenne il mio partner, dubbioso.
Lei alzò gli occhi al cielo. «Ero il Presidente del Comitato Studentesco, ragazzino.» spiegò. «E le vostre tessere magnetiche sono tracciabili, guarda caso proprio perché stavo a capo del comitato so come si fa. Speravo solo che anche voi non foste stati contagiati. Per fortuna è così.»
Hotaru tolse l'intruglio dal fuoco e si sfilò gli occhiali di plastica. «È una fortuna che tu sia qui.» tappò con il pollice coperto dal guanto di lattice il collo dell'ampolla. «In effetti sei arrivata giusto in tempo per aiutare Mikan a portare a termine il suo compito.»
Kisaki si mostrò perplessa. «Quale sarebbe?»
«Dobbiamo attirare l'attenzione degli studenti in modo da... permettere a Hotaru di curarli.» spiegai, incerta. «Ma non ho ancora capito come.»
Hotaru ci sventolò sotto al naso l'ampolla ancora tappata. «Ve lo spiego subito.» si portò sul lato destro della stanza, quello che era pieno di tubi e che io notavo solo in quel momento.
C'erano dei frammenti di muro sul pavimento, e addirittura sembrava che quei tubi fossero stati dentro al muro, prima che qualcuno pensasse che tirarli fuori fosse una buona idea.
La mia amica si limitò ad aprire una valvola, e dell'acqua cominciò a zampillare, finché non si mise a girare una manopola, che bloccò il circolo dell'acqua nel tubo.
«Questi sono i tubi dell'antincendio.» li indicò con la mano libera. «Adesso mischierò all'acqua questa soluzione, sperando che sia sufficientemente concentrata. Il vostro compito è assicurarsi che tutti gli studenti siano nel corridoio quando farete scattare l'allarme.»
Kisaki-chan sembrò rilassarsi. «Sembra facile.»
Io, però, non ne ero così tanto sicura.

«Dicevo?» chiese lei, quando ci ritrovammo a dover correre per il corridoio, un drappello di studente-zombie che ci inseguiva, mentre degli altri non c'era più traccia.
Non era solo quello il problema: io non ero mai stata un'atleta, non era solo la matematica il mio tallone d'Achille, ma anche l'educazione fisica. La milza aveva iniziato a fare male da morire, ed essere travolta dalle scarpe dei miei inconsapevoli compagni di scuola non sembrava più un'idea così spaventosa.
Tra le altre cose, non c'era una solo sensore antifumo, o qualcosa di simile nel raggio di metri da dove ci trovavamo noi. Ci fermammo dietro un angolo, quando anche Kisaki-chan non ne poté più di correre.
«Siamo noi la parte debole nel piano.» constatò, sbirciando da dietro la parete a che distanza fossero i nostri inseguitori. Io mi appoggiai al muro, nel disperato tentativo di riprendere a respirare. «Perché ci stanno inseguendo, secondo te?»
«Perché sono convinti di doverci rendere come loro.» sporse la testa ancora un po': non doveva esserci traccia di nessuno. «Come lo sai?» continuai, confusa.
Finalmente, lei tornò a guardarmi. «Perché ho già visto... cioè, mi è stato detto di un episodio molto simile, tanti anni fa.»
Il che escludeva categoricamente che fosse colpa di Hana-san che era appena arrivata a scuola. Era già successo in passato, quindi che significava?
«A cosa pensi sia dovuto?» chiesi, improvvisamente di nuovo impaurita che potesse non trattarsi di un Alice che potevo annullare e che, quindi, il piano di Hotaru poteva non funzionare per il semplice motivo che la mia Pietra non avrebbe avuto alcun effetto. «C'è qualcosa nella scuola, tipo uno spirito maligno che possiede gli studenti?»
Dopotutto, perfino il miraggio delle Prigioni sotto la sezione Elementare si era rivelato essere vero, perché non avrebbe dovuto farlo anche un spirito maligno?
Lei sbuffò una risata, come se avessi appena detto qualcosa di divertente. «Mikan, adesso non essere ridicola.»
Li sentimmo parlare tra loro, dicendo che dovevano trovarci, e io raggelai sul posto: sembrava che fossero totalmente normali, solo che non appena capitavamo sotto il loro sguardo, capivano all'istante che non eravamo come loro e tentavano di fare di tutto perché lo diventassimo.
Kisaki mi prese per un braccio, e mi guardò seria. «Dobbiamo muoverci.» sussurrò. «Se non ricordo male c'è un interruttore per l'antincendio vicino all'entrata.»
Io non avevo idea in che direzione fosse l'entrata, perché avevamo corso così a lungo che non avrei saputo ritrovarla, dopo aver percorso quei corridoi così tante volte. Non ero pratica dei laboratori delle Abilità Tecniche e probabilmente non avrei saputo trovare l'uscita nemmeno se lo fossi stata.
Riuscivo a perdermi anche dopo otto anni nella scuola, per trovare i dormitori.
«Da questa parte.» mi prese per un braccio e iniziò a trascinarmi nella direzione presumibilmente giusta. Mi limitai a seguirla, gettandomi occhiate indietro di tanto in tanto, sperando da una parte che non si facesse vedere nessuno, e dall'altra che fossero tutti dietro di noi per farli tornare normali.
I passi non troppo lontano mi fecero capire che la seconda opzione era quella più probabile.
«Siamo qui!» sentì la mia amica gridare, mentre rallentava il passo. «Coraggio, ragazzi! Siamo qui e siamo normali. Ehilà!»
«Che stai facendo?» chiesi, allarmata da quel cambio di atteggiamento.
«Fare da esca significa questo, Mikan.» mi spiegò lei, paziente. «E guarda qua!»
Si scostò per mostrare la nostra salvezza: il bottone rosso dell'antincendio. «Oh, menomale!» mi lasciai sfuggire, prima di appoggiare un braccio al muro, esausta per tutta quella corsa.
La tranquillità non durò che qualche frazione di secondo: come api richiamate dal miele, i nostri compagni di scuola sembravano essere tutti lì. Ci avevano lasciato una misera via di fuga, proprio alle nostre spalle, ma io non avevo idea di dove portasse, ammesso che conducesse fuori e non solo più all'interno di quell'edificio che non sembrava finire mai.
«Bene.» commentò Kisaki, non appena furono a pochi passi da noi. «Ciao, ciao!»
Ruppe il vetro che copriva il pulsante e lo schiacciò.
Per diversi secondi pensai solo: “È fatta!”, ma la realtà era che non stava succedendo assolutamente niente. I ragazzi guardavano in alto, come se dovesse piovere un qualche acido, o chissà che, mentre io e Kisaki ci scambiavamo solo occhiate preoccupate.
«Vedrai che funzionerà.» cercai di convincerci entrambe, perché avevo visto i tubi pieni d'acqua, eppure non ne stava scendendo nemmeno una goccia.
«Spero che lo faccia prima che mi trasformino in uno di loro.» mormorò la mia amica tra i denti, facendo un passo indietro, non appena loro ne fecero uno avanti, ormai consci che non sarebbe uscito proprio niente dai beccucci dell'antincendio.
«Ragazze...» una voce, stanca, di una ragazza piegata conto la parete, poco dietro di noi. «Ditemi che non siete anche voi... strane.»
Si avvicinò e si rivelò essere Hana-san.
«Hana!» la chiamò Kisaki-chan, correndole incontro per sorreggerla. «Sei pazza? Non te l'ha detto il dottore che non ti devi sottoporre a sforzo fisico?»
Hana-san doveva aver corso come tutti noi per sfuggire al tocco degli altri, perché sembrava tanto normale quanto noi.
«Prendiamole!» fu Anna a parlare, e a riunire tutti gli studenti-pazzi sotto un'unica bandiera, e avevano tutti un'espressione inquietante e determinata, come se vivessero al solo scopo di metterci in condizione di essere controllate come lo erano loro.
Mi allontanai anch'io, finendo per raggiungere le mie amiche.
Ero momentaneamente nel panico: «Perché l'antincendio non ha funzionato?»
«Che idiota.» commentò Kisaki, cercando di trascinare con sé anche Hana. «Hanno messo rilevatori di fumo qualche anno fa, il maledetto antincendio non si attiva se non percepisce il fuoco! Come ho fatto a non ricordarmene prima?»
Questa era una notizia anche peggiore: non avevamo modo di accendere un fuoco, in un edificio in cui non c'era della legna e Hotaru era chissà dove. Non avevamo nemmeno pensato a tenerci in comunicazione in qualche modo. «E dove lo troviamo del fuoco?»
Hana mise una mano sulla spalla di Kisaki-chan. «Lo so io.» mormorò, prima di staccarsi da lei. «Solo... state indietro, non voglio fare del male a nessuno.»
Mi feci indietro insieme alla mia amica, ancora senza capire, e non avrei potuto, perché ciò che successe dopo era incredibile, non sarebbe stato possibile immaginare una cosa anche solo lontanamente simile: avevo studiato che era rarissimo incontrare delle persone con lo stesso Alice che non avessero un qualche tipo di parentela, ma Hana-san aprì una mano e, all'improvviso, una scia di fuoco si frappose tra noi e gli altri studenti.
Guardai le fiamme levarsi verso il soffitto con un terrore misto a nostalgia che guardavo senza riuscire a credere che fosse reale: Hana-san aveva l'Alice del Fuoco, proprio come Natsume.
Ed ecco perché aveva gli occhi rosso sangue come lui, ecco perché me lo ricordava tanto.
L'allarme suonò solo dopo qualche secondo, e l'acqua scese dal soffitto, ma io potevo ancora solo fissare le fiamme che, piano, piano diminuivano d'altezza, e mi resi conto che faceva sempre meno caldo, finché non scomparvero del tutto.
Ci trovammo faccia a faccia con tantissimi studenti confusi, che non avevano la minima idea del perché si trovassero lì, e non c'era spiegazione che potessimo dare loro che suonasse credibile.
Kisaki mi prese per un braccio e mi spostò più indietro. «Fate finta di non sapere niente anche voi.» ci suggerì, prima di assicurare a tutti gli altri studenti che anche lei era all'oscuro di tutto. «Dovreste tornare nei vostri dormitori.»
Ben presto la folla di ragazzi si dissipò: magari la mia amica non era più il Presidente del Comitato Studentesco, ma ancora, almeno per ora che non ne avevamo un altro, era un grande punto di riferimento.
Rimaste sole, ci fece cenno di seguirla, e io non riuscii ad obbedire, non prima che anche Hana-san si mettesse in cammino.
«Come sei finita quaggiù?» fu la domanda di Kisaki-chan, non appena, ancora zuppe, raggiungemmo il laboratorio di Hotaru dove loro, perfettamente asciutti, ci stavano aspettando.
«Non lo so.» ammise la ragazzina, strizzandosi un lembo della camicia della divisa. «Ho iniziato a correre e poi ho visto te che venivi da questa parte, così ho pensato di raggiungerti, ma dopo sei sparita e c'era solo quest'edificio. All'inizio ho pensato che qui dentro sarei stata al sicuro, poi hanno continuato a inseguirmi ancora finché non vi ho trovato.»
«Ma cos'è successo?» volle sapere Yahiro-kun, esprimendo quella che probabilmente era una domanda che stava nella testa di tutti.
Io ero ancora troppo scossa dalla scoperta, da quello che era successo e da ciò che avrebbe potuto significare per la scuola. C'era davvero qualcuno di così potente che poteva controllare le menti degli studenti con così poco sforzo?
«Esiste un tipo di Alice del controllo mentale.» raccontò Kisaki-chan. «Ce ne doveva essere traccia nei nostri archivi, ma ho già cercato e non c'è niente, sai nei verbali di registrazione degli incidenti come questo. È già successo in passato, più di vent'anni fa, ma allora c'era uno studente con quel tipo di Alice che faticava a controllarlo.»
Ruka-pyon ci porse della carta assorbente, per i capelli. «Chi era?» chiese, quindi.
Kisaki si strofinò le braccia, in cerca di un po' di calore. «Mi sembra che si chiamasse Koizumi Luna. Ma è impossibile che sia ancora qui...»
Avevo la sensazione che stesse parlando più con se stessa, che con noi, e notai la sua espressione strana, tirata, come se fosse in pensiero per qualcosa di grave.
«La conosci?» chiesi, allora, cominciando a sentirmi ansiosa allo stesso modo, subito dopo aver recuperato almeno un po' di calma, alla consapevolezza che il nostro mirabolante pomeriggio era appena finito.
«Cosa?» mi domandò lei, di rimando, stupita, quasi che non fosse nemmeno una vaga possibilità. «No! Certo che no! Ho solo diciassette anni, io!»

«Fantastico.» commentò, sbuffando, Hotaru. «Come se non dovessi trovare un fornitore disposto a portarmi ciò che mi serve fin qui, ora che ho consumato delle scorte importanti per tutto questo. Ci mancava solo il sostituto del Preside che vuole fare un annuncio!»
Ruka le mise una mano sulla spalla che lei scostò senza troppi complimenti. «Penso che voglia parlarci dell'incidente di oggi.»
Avevo avuto appena il tempo di cambiarmi e asciugarmi i capelli che era arrivata la mia migliore amica a bussare per dirmi di scendere in cortile: il professore Rei Serio doveva fare un annuncio agli studenti.
Io ero della stessa opinione del mio amico, anche perché il sostituto del Preside delle Elementari non si era mai fatto sentire, in questi mesi di assenza, anzi, devo dire che nemmeno si era preoccupato tanto di accogliermi nella sua classe di Abilità, anche se immaginavo che non fosse una festa essere ammessi nelle Abilità Pericolose.
I nostri compagni di classe erano già tutti giù quando uscimmo dal nostro dormitorio. Anna e Nonoko erano insieme e piuttosto distanti da Yahiro-kun.
«Si sono lasciati?» domandai a Hotaru, accennando a Nonoko con la testa. Lei mi guardò con un sopracciglio inarcato, mentre io le restituivo uno sguardo confuso: c'era anche lei, dopotutto, quando li avevamo beccati a baciarsi la prima sera.
Lei mi mise una mano sulla spalla, con fare comprensivo. «Non credo che siano mai stati insieme.»
«Ma...» cominciai, ma lei mi ignorò e proseguì verso gli altri come se non avessi parlato. «Ma Hotaru!»
Perché sembravano sempre tutti sapere qualcosa che io non sapevo? Ero sempre l'ultima a cui arrivavano le notizie del genere!
«Eccolo...» commentò Koko, non appena il professore mise piede sul piccolo palco allestito all'ultimo minuto, ma era solo, gli altri due Presidi non erano con lui, e un po' ci rimasi male, quando mi resi conto che non avrei potuto sfruttare quell'occasione per parlare col Preside delle Superiori per spiegargli che intendevo accettare la sua offerta e, magari, scusarmi per i guai che avevo combinato.
Era strano che fosse da solo, di solito quando c'erano comunicazioni importanti, o ufficiali, i Presidi erano sempre insieme, e invece c'era solo lui, quello che per Natsume era noto come Persona. A guardarlo, con tutti quei soppressori dell'Alice, metteva davvero paura, tanto che mi si chiuse lo stomaco e dimenticai i morsi della fame che mi avevano avvisata che stava arrivando l'ora di cena.
«Come tutti sapete,» cominciò, e ci fu subito silenzio nel cortile. «oggi c'è stato un... problema, qui a scuola.»
Si prese del tempo per osservarci tutti, e per un momento mi sembrò che stesse guardando proprio me. Mi nascosi dietro a Ruka-pyon, tentando di guardare da un'altra parte, anche se per una qualche forza misteriosa non riuscivo a distogliere lo sguardo.
Finalmente, passò oltre, e io tornai a respirare.
«Non è stato un incidente.» specificò, una volta che ebbe finito di sondarci tutti. «È una cosa che vi abbiamo tenuto nascosta per non farvi sentire in pericolo, ma... purtroppo, da oggi, non potrà più essere così.»
Sentii gli studenti che iniziavano a borbottare tra di loro, e mi guardai intorno, e così fecero anche Hotaru e Ruka. «La realtà è che l'Organizzazione Z, nemica da sempre della nostra scuola, sta ancora una volta tentando di sabotarci.»
«Cos'è l'Organizzazione Z?» chiese qualcuno.
«Io e gli altri Presidi siamo arrivati alla conclusione che è bene dichiarare, per la prima volta da molti anni, lo stato d'allerta della scuola. Le barriere saranno rinforzate, sposteremo l'Ospedale Alice in un'area all'interno del campus, e nessuno potrà lasciare gli edifici scolastici a meno di mia autorizzazione. Fino a nuovo ordine, sono sospesi tutti i viaggi premio, ed è assolutamente vietato uscire dalla scuola o entrare o avere scambi di posta con l'esterno, e anche le riunioni delle classi di Abilità. Vi sposterete dalle vostre stanze solo per i pasti e per le lezioni. Inoltre, le comunicazioni con le vostre famiglie saranno sospese fino ad allora, per la sicurezza di ognuno di voi.»
«Fantastico.» borbottò la mia migliore amica, scornata. «Addio rifornimenti e sponsor.»
«Ma che significa?» chiesi, confusa.
«Significa che te ne devi stare in camera tua finché loro non decidono diversamente.» mi spiegò Hotaru, arricciando le labbra, sempre più infastidita. «Il che si traduce in: la scuola diventerà una specie di prigione, e non so perché ma questa storia non mi piace.»
«E cosa pensi?» fu Ruka-pyon a domandarlo.
Lei sospirò. «Beh, in tanti anni non mi sembra che l'Organizzazione Z abbia fatto grandi passi avanti nel combattere la scuola, te lo ricordi quando Mikan e Natsume sono stati rapiti, otto anni fa?»
Io me lo ricordavo: eravamo stati salvati solo grazie agli auricolari che aveva inventato Hotaru, dopo era arrivato Tsubasa-sempai e il resto della classe di Abilità Pericolose a salvarci.
«Secondo me,» continuò lei. «c'è qualcosa qui dentro che non vogliono rischiare assolutamente che esca per nessuna ragione e il nostro problema di oggi è stato tutto una scusa, e ci impediscono di riunirci perché credono che Z abbia delle spie qui dentro.»
Non ebbi tempo di replicare, di chiederle se sapesse di che si trattava, che qualcuno mi prese per un gomito. Mi girai, spaventata, ma era solo Kisaki-chan. «Mikan, dobbiamo andare.» spostò gli occhi verso l'edificio in cui facevamo lezione e notai Persona insieme a Yahiro-kun che ci stavano, evidentemente aspettando.
Rivolsi lo sguardo verso il palco dove avevo notato il professore un attimo prima e, ovviamente, non c'era più. «Dove?»
«Riunione di classe di Abilità.» mi spiegò, con un'alzata di spalle e io devo aver fatto una faccia davvero strana, perché lei mi ha sorriso e mi ha dato una pacca sulla spalla. «Lo sai che per noi quello che ha detto non vale, non siamo una classe di Abilità convenzionale.»
Annuii, prima di seguirla, anche se un po' controvoglia: era la mia prima, vera riunione, e non sapevo cosa avrei fatto se mi avessero davvero assegnato una missione.
Avevo proprio paura e così tante domande in testa che non riuscivo nemmeno a collegarle tra loro, o a trovare un senso. Avevo bisogno di risposte.
Se vuoi le risposte che cerchi, devi oltrepassare la soglia del ponte quando la luna non è in cielo.
Mi portai una mano alla testa, ricordandomi all'improvviso le parole di Yura-sempai, la mattina che ero svenuta. Mentre attraversavamo i corridoi semibui della sezione superiore, non potevo fare a meno di pensare che non avevo idea di cosa si riferisse, ancora.
Eppure quella predizione mi faceva più paura delle stesse domande che mi vorticavano nella testa.
«Professore,» iniziò Yahiro-kun, affiancando Persona come non avevo mai visto fare ad anima viva, prima. «Kamiya-san pensava di avere qualche idea in proposito di ciò che è successo oggi.»
Vidi la mia amica alzare gli occhi al cielo e sbuffare. «Zitto mai, eh.» borbottò, tra i denti.
«Interessante.» commentò lui, senza nessuna enfasi, prima di spalancare la porta davanti a noi. Dentro la classe, che vedevo per la prima volta, c'erano degli altri studenti, alcuni delle superiori come noi, altri erano delle Elementari, come lo era stato Natsume. «Ora, entrate.»
Tra loro c'erano Miyako, Maika e altri bambini che avevo avuto occasione di conoscere perché erano stati portati a scuola da poco. Nell'ultimo periodo non avevo avuto modo di occuparmi di loro, e solo allora mi resi conto di quanto, invece, sarebbe stato utile che lo facessi.
Non sembravano più i bimbi spensierati che avevano varcato la soglia della scuola, e non potevo nemmeno iniziare a immaginare in che misura non lo fossero più.
«Capitate proprio nel momento giusto.» ci lanciò dei fogli raccolti accuratamente dentro una cartellina marrone. «La vostra missione, di cui discuteremo più tardi. Ora andate a sedervi.»
Ubbidimmo immediatamente, e io decisi di sedermi insieme alla mia piccola amica, desiderosa di sapere cosa ci facesse lì, quando l'ultima volta che ci eravamo viste, era nelle Abilità Speciali, dov'ero anch'io.
«Perché il mio Alice non funziona bene?» mi chiese Miyako, in un sussurro, non appena mi sedetti vicino a lei. La guardai, improvvisamente confusa. «Tante volte non riesco a capire chi mi dice la verità e chi no. Sembra che me la dicano, secondo il mio Alice, ma poi scopro che non lo è.»
Mi curvai verso di lei, per riuscire a sentire. «Ad esempio?»
«Mi era stato detto che la scuola era un bel posto.» mi strinse forte una mano e io le passai un braccio intorno alle spalle. Mi ricordava Natsume anche troppo, con quell'atteggiamento di chi non vuole piangere anche se sente il bisogno di farlo. «E invece... guarda!» accennò a Persona, che stava distribuendo dei fascicoli ai ragazzi delle prime file. «Voglio la mia mamma, Mikan-sempai.»
La abbracciai più forte, nella speranza che questo potesse darle conforto, anche se sapevo che non sarebbe stato così facile. «La rivedrai.» mentivo, e sapevo di mentire per la prima volta. E se prima non avevo mai capito il motivo delle bugie a fin di bene, mi era chiaro solo in quel momento, in quel preciso istante in cui sapevo che, grazie al mio Alice dell'Annullamento, lei non avrebbe potuto sapere che stavo dicendo una bugia, almeno finché non si fosse diplomata.
Ma non c'era modo in cui potessi dire a una bambina che per i prossimi dieci anni il suo desiderio non si sarebbe realizzato, a meno che non si fosse dimostrata la migliore studentessa della scuola.
In genere, nessuno di quelli delle Abilità Pericolose – ad eccezione di Natsume, ma lui aveva un'intelligenza fuori dal comune – eccelleva negli studi, proprio a causa delle continue assenze dovute alle missioni.
«Promesso?» mi domandò, speranzosa.
Mi trattenni dal dire la verità, mordendomi le labbra. «Promesso.»
E quella era la seconda bugia del giorno, e della mia vita.

*****

Eccomi qua :)
Alla fine ce l'ho fatta davvero a pubblicare, anche se con un po' di ritardo rispetto alla tabella di marcia (so che sembra assurdo dare una data e non rispettarla, ma se non lo faccio è la volta buona che non pubblico e basta) e sarete felici di sapere che in meno di dieci capitoli la storia sarà conclusa.
Non mi sembra vero XD
No, non ho ancora scritto niente, ma mi sono fatta una tabella piuttosto precisa su cosa deve succedere, quando e perché. Quindi mi sento un pezzo avanti XD
Insomma, ce la facciamo in meno di cinque anni. Sì, è un'eternità, lo so... e devo ammettere che non ci avevo mai fatto caso, fino ad ora.
Proprio per questo mi ero ripromessa di fare più alla svelta possibile, perché, credetemi, di questa storia – sarà anche brutto dirlo, ma è la verità – non ne posso più (la scrivo da cinque anni, ormai), come credo tutti noi XD
Ma passiamo oltre.
Vorrei ringraziare chi continua a leggere/recensire la storia e anche chi è entrato a far parte della nostra ciurma più in qua coi tempi, i preferiti (siete 112! Roba che così non ne ho mai avuta!), seguiti e ricordate continuano ad aumentare – e lo so che non vi ringrazio da anni XD.
Per il resto, nonostante mi sia stato estremamente difficile riprendere in mano Mikan dopo più di un anno, spero che questo capitolo sia stato comunque all'altezza di tutti gli altri.
Mi raccomando, fatemi sapere :)
A presto.
Ale

  
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