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Autore: F_MStella    11/10/2014    0 recensioni
E' vero che la bellezza può salvare un'anima anche nei momenti più bui? Basta così poco per rendersi conto di quanto sia inutile la violenza? Provate a far vedere ad un soldato il sorriso di un bambino...
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era più di un mese che Yvaine era alla ricerca di qualcosa che le avrebbe cambiato l’esistenza. Aveva passato giornate estenuanti e aveva spesso pensato di non arrivare viva alla fine della sua missione.
Si chiedeva se ne valesse davvero la pena e se alla fine sarebbe cambiato qualcosa; Yvaine, qualità di prima soldatessa del Regno, era stata incaricata dal Sagaat, la più alta carica di Xamphia, di recuperare la piuma di fibra argentea trafugata dalle segrete del Palazzo Imperiale. Inizialmente ne era stata orgogliosa: finalmente poteva dimostrare quanto valesse e quanto amasse ciò che faceva.  Ora, però,  nel cuore del Bosco di Xafhron e vittima della fame e altri malanni, si domandava che senso avesse tutta quella sofferenza.
Negli ultimi secoli il regno di Xamphia aveva vissuto una tremenda crisi che aveva brutalmente tagliato in due il Regno.  Nessuno dei cittadini riusciva a vedere la luce: le due principali fazioni del Regno si erano dichiarate una sanguinosa guerra che aveva condotto solo a fame e morti. Quella che un tempo era una delle terre più ricche dei Regni dell’Est, si era ridotto a sterile terra bruciata, sotto la quale i propri cittadini avevano seppellito i loro fratelli. Dunque, le Regioni a Nord del fiume Moref facevano parte della fazione dei Fanhof, mentre le Regioni al Sud, di quella dei Garhof.
Il Sagaat riusciva a mantenere il potere solamente grazie all’appoggio di cinque consiglieri ma con il furto della piuma di fibra argentea, la situazione si era complicata. Il Sagaat non avrebbe potuto continuare a regnare a lungo senza la forza che gli era infusa da quella piuma. La fibra argentea, infatti, era il simbolo del Regno di Xamphia e doveva rimanere tale fino alla fine dei tempi: era la piuma che decideva quando era arrivato il momento, per un reggente,  di lasciare la propria carica. Tuttavia, era proprio questo il problema: la fibra argentea si era tramutata in una fibra nera come la pece, simbolo di una profonda crisi dell’intera comunità e segno della necessità di un repentino cambiamento di reggente. Certo, il Sagaat era consapevole del fatto che il favore non era più dalla sua parte, ma non avere sotto controllo quella piuma, avrebbe permesso a qualcun altro dell’altra fazione di vincere. Se fosse capitata nella mano del giusto reggente, di colui che avrebbe potuto risollevare le sorti del Regno, l’attuale Sagaat avrebbe perduto ogni cosa. Naturalmente, la crisi era scaturita anche da questo: la cupidigia dei regnanti e dei consiglieri aveva ridotto allo strenuo il popolo di Xamphia e i suoi territori.
Dunque, Yvaine si trovava al confine tra le Regioni in cui si fronteggiavano i Fanhof e i Garhof: nel bosco di Xahfron, una delle Regioni più prosperose del Regno. In quel luogo il verde della foresta era rimasto incontaminato, anche se ai Fanhof mancava poco per conquistare la Regione così strategica.
Tutte le alte cariche dello Stato, comprese le milizie, facevano parte della fazione dei Garhof e Yvaine non aveva mai avuto dubbi su chi dover difendere. Non aveva mai pensato, quando si arruolò, di dover combattere contro il suo stesso popolo: le sembrava una presa in giro, era l’esasperazione più assoluta della guerra.  Comunque, sino ad allora aveva fatto un buon lavoro: erano stati imprigionati parecchi Fanhof, molti dei quali condannati a morte e ora, lei era sulle tracce di un fantomatico capo della fazione antagonista che si faceva chiamare “Il Cavaliere di Xamphia”.
Non aveva mai avuto modo di vederlo in volto, dato che in battaglia si era sempre presentato con una sorta di casco scuro su cui era incisa la raffigurazione stilizzata di un’aquila. Yvaine aveva potuto appurare che fosse un ottimo guerriero, dato che aveva decimato il suo esercito ed era stata costretta alla ritirata. Lei sospettava che la piuma l’avesse il Cavaliere e che i Fanhof progettassero di eleggerlo Reggente di Xamphia.
Dunque, si era messa sulle sue tracce, convinta che il suo istinto la stesse guidando nella giusta direzione.
Si era accasciata sotto una delle enormi querce del Bosco, massaggiandosi la gamba dolorante a causa di un maledetto colpo di balestra che l’aveva presa di striscio. Yvaine versava in uno stato di trance dovuto al dolore e alla fame ma cercava di consolarsi pensando al premio che avrebbe ricevuto dal Sagaat una volta che avrebbe recuperato la piuma. Lei era la Prima Soldatessa del Regno e, portata a compimento la missione, sarebbe sicuramente diventata un Consigliere: era a un passo dal poter essere un Sagaat. Nessuna donna, prima di lei, lo era mai stata.
Era così immersa nei suoi sogni e nei suoi dolori che non si accorse che dietro di lei strisciava un pericolo quasi invisibile: una delle creature più pericolose del Regno le si stava avvicinando al collo. Sentì il suo rumore solo quando fu troppo tardi per qualsiasi azione difensiva. Rimase immobile senza neanche voltarsi. Era lo Oxyuranius, uno dei peggiori serpenti con cui si può avere la sfortuna di combattere: sarebbe bastato sfiorare le sue squame grinzose e la pelle avrebbe assorbito velocemente il suo veleno. La morte arrivava in un lunghissimo e interminabile quarto d’ora, tra dolorosissimi spasmi e contrazioni.
“Una trappola dei Fanhof”, pensò Yvaine.
Provò a rimanere immobile, mentre con la mano cercava il suo coltellino, lasciato sull’erba qualche istante prima di sedersi.
Non fece in tempo a trovarlo che una freccia le si piantò ad un millimetro dal viso, centrando in pieno l’Oxyuranius. Davanti a lei, a cavallo, quello che doveva essere un soldato.
- Sicuramente una trappola.- disse, scendendo da cavallo.  – Dei Garhof, ci scommetto.-
Yvaine non disse nulla, fingendo di essere spaventata e sconvolta dalla morte che aveva quasi abbracciato. Se per quell’uomo erano stati i Garhof, per lei erano stati i Fanhof e probabilmente era stata scambiata per una di quella fazione.
Yvaine fece per alzarsi, quando il dolore lancinante alla gamba la fece ricadere a terra con un tonfo sordo.
- Ehi, Ehi, piano!- disse quello. – Non puoi farmi un buco nel Bosco, cadendo così pesantemente!-
Il soldato prese Yvaine sotto al braccio, aiutandola a mettersi in piedi; lei si appoggiò al tronco della quercia con il braccio che le era stato lasciato libero.
- E’ una brutta ferita quella…- disse, guardando la gamba di Yvaine. – Ti porto nel nostro lazzaretto.-
- Non ho bisogno di cure.- disse freddamente lei.
- Penso proprio di si, invece. Una ferita del genere ti farà presto infezione se non sarà curata in tempo.-
Il soldato aveva ragione e Yvaine lo sapeva  bene e si lasciò accompagnare all’ospedale da campo che avevano attrezzato nel bosco. L’idea di farsi curare dai Fanhof la disgustava e allo stesso tempo la faceva sorridere: avrebbero curato colei che avrebbe distrutto ogni speranza di vittoria.
Il lazzaretto era un povero tendone di stracci costruito tra i tronchi degli alberi millenari del bosco; c’erano centinaia di pazienti distesi sulle barelle e sulla nuda terra e altrettanti infermieri portavano le loro cure ai feriti. Per Yvaine era la prima volta che entrava in un campo nemico, seppur in quel campo non si combatteva.
- Histoff…- disse l’uomo, rivolgendosi ad un infermiere. – Lei…Come è che ti chiami?-
- Alina. – mentì Yvaine.
- Alina ha una ferita alla gamba abbastanza grave.-
- Ok, falla stendere lì.- disse Histoff, indicando una barella libera.
- Non era il posto di Barn?-
- Sì. Non ce l’ha fatta.-
Il soldato aiutò Yvaine a sdraiarsi sulla barella, mentre alcuni bambini l’avevano raggiunto e gli giravano intorno festosi, come se fosse arrivato Babbo Natale.
- Dai, dai…Arrivo dopo…Tornate ai vostri posti.- disse l’uomo, per poi rivolgersi a Yvaine. –Sei un soldato?-
Yvaine fece cenno di sì con la testa.
- Non ti ho mai vista da queste parti. -
- E’ perché ho combattuto poco. Non ero pratica, per questo mi hanno ferita.-
- Capisco. Ne abbiamo persi tanti, sei fortunata ad essere ancora viva. -
- Quale è il tuo nome?-
Lui sorrise, divertito.
- Il dolore ti ha preso il cervello, forse.- disse, ridacchiando e dirigendosi verso l’uscita.
Yvaine rimase allibita e infastidita. Dovette stare sotto osservazione per parecchi giorni; ogni giorno il soldato che l’aveva salvata e soccorsa portava a lei e agli altri degenti dei fiori freschi. Affermava che la bellezza li avrebbe aiutati a guarire più in fretta: nei momenti difficili, per rimanere attaccati alla vita, bisognava ricordarsi sempre quante cose belle ci fossero al mondo; così tante che non valeva la pena lasciarle prima del tempo.
- Ogni giorno va meglio, vero?- le chiese.
- Sì.- disse Yvaine sorridendo, per la prima volta.
- Quel bambino lì in fondo ti vuole dare questo.- disse il soldato, porgendole una margherita un po’ spelacchiata. – Però si vergognava a dartelo di persona, così ho pensato che potessi aiutarlo io.-
Yvaine prese quella margherita e, da lontano, ringraziò il bambino che si voltò dall’altra parte con un gesto fulmineo, rosso di vergogna. Yvaine sorrideva ancora. Si era dimenticata quanto fosse rilassante sorridere.
- Perché fai tutto questo?- chiese al soldato.
Lui scrollò le spalle. – Perché ci credo. Anzi, perché tutto quello che stiamo attraversando non è giusto. Dobbiamo dare a quei bambini la libertà e la speranza di credere che il loro futuro sarà più luminoso di quello dei loro genitori. Hanno questa speranza, ora?-
Yvaine non rispose.
- Ho contro di me la parte più potente del Regno di Xamphia..- continuò lui – Ho pochissime possibilità di riuscire in questa impresa…Ma combattere contro il mio stesso popolo…Dalla parte dei Garhof altri bambini, altre persone soffrono.-
In realtà, Yvaine non era a conoscenza dell’esistenza di un lazzaretto come quello, nelle regioni dei Garohf: generalmente i feriti venivano lasciati alla sorte e i bambini non erano considerati molto fino a che non erano in grado di uccidere uno dei Fenhof.
- Sai dove potrebbe essere la piuma di fibra argentea?- gli chiese. Non riusciva più a tenersi quella domanda dentro di sé; erano troppi i quesiti a cui voleva una risposta e la sua sete di verità era così forte che stava per morire disidratata.
- Certo che lo so.- disse lui sorridendo.  -  La difenderò anche con la vita. Sappiamo tutti e due che il tempo del nostro Sagaat è terminato. Deve esserci qualcun altro sul trono.-
Dopo che si congedò in quell’occasione, Yvaine lo rivide parecchio tempo dopo. Era molto più magro e stanco: aveva combattuto. Yvaine stava maturando l’idea che fosse lui il Cavaliere di Xamphia, ma non poteva e non voleva far saltare la sua copertura. Cercava di comportarsi come se lo sapesse con certezza perché, a quanto pareva, era un personaggio famoso tra i Fenhof. Dunque, chi altro se non lui?
Non poteva perdere altro tempo rischiando di far collassare l’esercito dei Garhof sotto i fendenti dell’opposizione e cercò il metodo più veloce per comunicare con la sua fazione. Il metodo più rapido era, effettivamente, usando i fiori. Scrisse il messaggio che doveva far recapitare sui petali rossi delle rose che aveva nel vaso, accanto alla brandina; uscì dal lazzaretto e attese il vento. Al momento giusto aprì il pungo e lasciò che i petali si dispersero nel vento: solo il destinatario avrebbe ricevuto il messaggio corretto.
Qualche giorno dopo arrivarono al lazzaretto decine e decine di feriti, così tanti che non c’era più posto per tenerli tutti. Yvaine lasciò la sua brandina a qualcuno più bisognoso, sapendo che, almeno per lei, il peggio era passato.
Fece quell’atto di generosità quasi inconsapevolmente: quell’uomo ferito sulla sua brandina era stato ferito a causa dei suoi alleati, dei suoi amici. Per un secondo si era dimenticata di essere in territorio nemico. Per un secondo aveva pensato che fossero tutti fratelli. In realtà non era così.
Aveva deciso che nella notte sarebbe andata via, senza essere vista. I Garhof sapevano che lei era lì, dunque li avrebbe incontrati sulla strada e avrebbe ripreso il comando del suo esercito.
Stava per mettere il piedi fuori dal lazzaretto quando una pioggia di frecce la investì e, fortunatamente, nessuna di queste andò a buon fine. Il bersaglio non era lei: era quel modesto ospedale da campo. I tiratori erano i suoi miliziani. Un dardo infuocato, scagliato contro il tendone di stracci, fece divampare una fiammata alta più di tre metri. Yvaine, con un piede dentro all’ospedale e un piede fuori, si sentì tagliata in due. Una parte di sé vedeva i sorrisi dei bambini che aveva visto in quei giorni e l’altra parte vedeva la gloria che si avvicinava sempre di più.
Yvaine uscì dal lazzaretto, diretta verso i suoi soldati. Da dentro il tendone, insieme alle fiamme, si alzavano le urla dei feriti che difficilmente sarebbero scampati alla tragedia.
- Basta!- urlò Yvaine alle sue truppe. – Basta, sono qui!-
Quelli, vedendo correre il loro Ufficiale, levando le braccia in aria e disperata, smisero di colpire.  Non aveva neanche sentito più dolore alla gamba: era guarita.
- Capitano Yvaine.- disse il Sagaat, a cui Yvaine aveva scritto. – Sono molto orgogliosa di lei. Ci consegni il Cavaliere di Xamphia.-
- Eccomi. Sono io. – disse Yvaine. – Basta con questa carneficina.-
Tutti rimasero senza parole, guardandola come se fosse pazza.
- Come sarebbe a dire…?-
- Volevo il potere…Volevo comandare.-
- Sarebbe diventata Consigliere con la riuscita di questa missione!- disse indignato il Sagaat.
- Non sarebbe stato abbastanza. Non ci accontentiamo mai, noi..- rispose Yvaine. – Spegnete le fiamme!-
- Lasciate tutto così.- disse, invece, il Sagaat.
- Incatenatela e sbattetela in prigione. Fissate il prima possibile il giorno dell’esecuzione. -
Effettivamente, erano molto efficienti nell’organizzazione delle esecuzioni e quella di Yvaine si tenette una settimana dopo l’incendio del lazzaretto dei Fenhof. Il Sagaat ci teneva a far subito le esecuzioni necessarie e, poiché quel giorno si giustiziava il Primo Soldato dell’esercito dei Garhof, la piazza della città di Xamph era colma di gente. Il capo di amputazione era semplicemente: ammutinamento.
Le chiesero cosa volesse dire in sua discolpa.
- Io vorrei dire…- iniziò. – …che prima credevo in questa guerra. Credevo in quello che facevo. Credevo di poter cambiare il mondo. Non mi interessava la scia di sangue che lasciavo dietro di me. Non mi interessava nulla dei miei concittadini se loro erano bollati come “Fanhof”. Però, il sorriso di un bambino mi ha fatto capire che non potevo più fingere e che tutto quello che stavo facendo non era nient’altro che follia. Combattevo per un nulla, combattevo per le smanie di potere di cinque o sei uomini. Volevo la piuma d’argento per me, la desideravo per affermare il mio potere in modo assoluto.-
- Vuole esaudire un ultimo desiderio?-
- No. -
- E invece sì!- urlò uno spettatore. Yvaine alzò la testa: era il vero cavaliere di Xamphia. Ci fu uno sgomento generale perché tutti pensavano che sul patibolo ci fosse il Cavaliere. Il Sagaat si alzò dal suo trono, allarmato e preoccupato.
- Questa donna non è il vostro Cavaliere. Ha mentito perché non continuasse il massacro di civili da parte vostra. Avete di fronte il vero Cavaliere, mio Sagaat.- disse, con un inchino forzato. – Questa donna ha mentito perché l’abbiamo curata come se fosse una dei Fenhof: voi avreste fatto altrettanto? Lo sapevamo sin dall’inizio chi fosse; sapevamo sin dall’inizio che era una Garhof. Ha fatto la differenza questo? No. Per noi non fa la differenza. Chi vuole questa guerra? Ve lo siete mai chiesto?- domandò al suo auditorio che, da sotto il patibolo dove era salito, ascoltava con interesse e perplessità. – Questa guerra è voluta da sei persone: il Sagaat ed i suoi cinque consiglieri! Milioni di morti per i capricci di sei persone? Non ne vale la pena.- Dalla cintola estrasse la fantomatica piuma dalla fibra argentea: risplendeva sotto il caldo sole di quella giornata estiva. – E’ tornata d’argento! Sapete perché? Perché qualcosa è cambiato: c’è speranza! Lo sento che anche tra di voi c’è speranza.-
Il Sagaat si era già adoperato per fuggire ma fu fermato da alcuni cittadini, dei Garhof, prima che potesse far altro.
- Mio caro..- disse il Cavaliere, rivolto al Sagaat. – Non posso lasciarla andare senza che prima non mi firma questa con la piuma.- disse, porgendogli la pergamena con l’atto di successione.
Garhof e Fanhof si strinsero dietro al loro Sagaat dispotico per evitare che scappasse e gli puntarono una balestra alla gola. Quello, che aveva mandato in guerra sempre gli altri, ebbe una così tremenda paura di perdere il proprio collo che firmò.

Ci sarebbe molto da raccontare sulle feste che seguirono quell’evento così straordinario e su come il Cavaliere decise di risparmiare il Sagaat precedente, dato che era già stato versato troppo sangue, ma come custode dei segreti di Xamphia posso solamente dire che i secoli e le ere successive ai quei giorni di buio e di sofferenza furono i più splendenti che il Regno ebbe mai conosciuto. Il Cavaliere governò con saggezza e giustizia, aiutato dal suo popolo, a cui permise di governare con lui. Yvaine non lo abbandonò più, rimanendo al suo fianco anche nelle difficoltà. La storia del Regno di Xamphia è dimostrazione che si può essere davvero salvati dalla bellezza: si deve avere il coraggio di trovarla in mezzo alla sofferenza, alla solitudine e alla paura…e Yvaine non permise mai che un solo bambino, nel suo Regno, fosse privato del sorriso.
  
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