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Autore: laragazzadislessica    12/10/2014    1 recensioni
Dal testo:
- Stai bene? -
Le disse qualcuno che poi vide. Aveva i capelli neri e la pelle chiara. Damon? Eppure quella non era la sua voce, poi i suoi occhi misero a fuoco. Enzo. Enzo?
- Cosa è successo? - gli chiese mentre lei si chiedeva invece come aveva fatto a non riconoscere quell'accento. Non gli rispose solo perché quello che era successo non le era ben chiaro e svelta si alzò, ma di nuovo la testa le girò così forte da costringerla ad aggrapparsi alla sua mano.
- Piano piccola, ti ho appena riportato indietro dalla morte. -
Dalla mia storia Connessione, ho estrapolato le vicende di Damon, Elena, Katherine, Nadia, Stefan, Bonnie e Enzo creando un'altra fanfiction piena di colpi di scena e misteri.
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bonnie Bennett, Damon Salvatore, Enzo, Katherine Pierce, Stefan Salvatore | Coppie: Damon/Elena, Katherine/Stefan
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Note: Questo è un spin-off della mia f.f. “Connessione”. Ho spiegato bene le vicende in modo tale che per chi non avesse letto la storia potesse farsi un idea, ma invece per chi volesse leggerla, anche per curiosità, vi metto il link qui: cliccami 
Allora la storia si allaccia alla serie 5, quando Katherine entra nel corpo di Elena, da lì in poi seguirà un percorso proprio e non ci saranno spoiler.
 
 
 
La strada sfrecciava al di fuori dei finestrini, non poteva morire perciò la velocità non era un problema, anzi Katherine adorava quella sensazione di pressione al petto. Era come se il sangue che le circolava in quelle vene oramai non più vive da molto tempo, riiniziasse a bollire facendola sentire viva.
-    Sai che finire sui giornali come le pazze che hanno superato il limite di velocità di 80 km/h, non gioverà alla nostra incognita fuga? – Nadia parlava con il viso rivolto verso il finestrino. Anche se il paesaggio aveva una forma deformata a causa della corsa incalzata da sua madre, i suoi occhi da vampira riuscivano a vedere i contorni delle case. Era mattino presto e nel posto in cui erano il sole tardava a sorgere.
-    Non ti sembra di essere un po’ troppo cresciuta per mettere il muso a tua madre? – la voce di Katherine risuonò nel suo oramai familiare sarcasmo – Ho detto che mi dispiace per la tua storia interrotta con Matt occhioni blu, ma ne valeva della mia vita. – ma comunque la sua andatura rallentò.
Nadia distolse lo sguardo da tutto ciò che stava accedendo fuori e si mise dritta. In fondo non poteva avercela con lei. Era da tutta la vita, umana e vampira, che aveva tentato di rintracciarla e adesso finalmente aveva l’occasione di conoscerla. Certo avrebbe preferito che non ci fosse un intero squadrone di ricerca con l’intento di pugnalare Katherine per liberare il corpo che da viaggiatrice aveva invaso, ma da quanto aveva capito, con sua madre andava sempre così.
-    Credi che hanno già trovato il coltello? – adesso la guardò e su madre piegò leggermente la testa di lato pensierosa.
-    Non lo so, ma è un bene che il potere delle streghe sia scomparso per chissà quale ragione, più tempo impiegheranno a far tornare la magia e più tempo avremo per far perdere le nostre tracce. Niente magia, niente incantesimo di locazione – detto ciò guardò nello specchietto retrovisore, ma fu solo una cosa automatica, anche se aveva rallentato nessuno poteva starle dietro, almeno ché non fosse un vampiro come loro.



Damon si tolse il coltello che gli aveva dato Liv per i suoi servigi e lo lanciò. L’arnese di ferro fece un volo arcato e atterrò sul tavolino basso di legno nel loro salone vuoto. Era tornato solo. Enzo era andato a casa a cambiarsi i vestiti bagnati di lago, ma probabilmente era una scusa per andare a caccia. Avevano sprecato molte energie nel recuperare dal profondo fondale, in piena notte, la sacca nera che ospitava il corpo carbonizzato di Kol Mikaelson.
-    È impossibile! – Stefan mise le mani sulla mensola del camino e la strinse forte come se volesse sorreggersi da un improvviso mancamento. La casa era vuota. Tutti i suoi amici erano andati via perché oramai non servivano più, Damon stava bene, al suo dire.
-    Davvero! Chi se lo sarebbe immaginato che Riccioli d’oro strega potesse risolvere la mia situazione! – mosse il bicchiere colmo di barbon e il liquido marrone ballò all’interno del cilindro di vetro. Di solito lo riempiva solo dell’un terzo, ma dopo una dieta di solo sangue di vampiro e essere stato legato nella cella che avevano nello scantinato per giorni, non voleva badare alle misure. Lo bevve di un sorso. Il sapore amaro e forte del alcool trovò la sua gola che riconobbe la bevanda e ne volle ancora.
-    No Damon. -  stavolta gli parlò l’altra persona che insieme a loro popolava il salone. Bonnie. Era andata da loro tentando di scoprire che fine avesse fatto Liv che dopo essere tornata al campus di ritorno dalla loro ricerca del coltello nei posti più impensabili di Mystic Falls, era praticamente scomparsa nel nulla. Il suo telefono rifiutava le sue chiamate e non aveva risposto alle email che le aveva inviato. Le ultime persone che l’avevano vista erano Damon e Enzo e per quanto odiasse Damon era il meno peggio del duo - La cosa impossibile e che tu abbia lasciato che Liv prendesse il corpo di Kol per portarlo chissà dove. Ti sei reso conto della gravità della cosa? – gli urlò contro mostrando la sua irritazione.
-    Assolutamente no. Hai sentito la parte in cui ti raccontavo che la nostra strega in questione ha usato una pozione per rendermi assuefatto a lei e che quindi tutto il mio libero arbitrio era condizionato dalle sue decisioni? – il suo bicchiere era di nuovo pieno e lo guardò per un istante prima di portarlo alla bocca.
-    Sai cosa succederà quando Kol sarà tornato in vita? – il fratello gli si avvicinò mettendosi le mani ai fianchi. Damon guardò anche lui e poi deglutì il whisky. La sua bocca si storse e tirò indentro dell’aria per riprendere fiato.
-    Lo so. Ci penso costantemente. Kol vorrà uccidere Elena, come al solito – di nuovo la sua mano tornò alla bottiglia ma il tatto non toccò niente, questo perché Stefan l’aveva afferrata al volo e adesso giaceva nella sua mano destra.
-    Non è ora per questo – la mosse nell’aria prima di lanciarla con forza nel fuoco del camino. Appena il liquido toccò le fiamme esse si issarono liberando una più alta di colore bluastro. – Il corpo di Elena è posseduto dallo spirito di Katherine che adesso insieme a sua figlia sé ne sta andando a nascondersi in chissà quale posto della terra, del quale noi ne siamo totalmente all’oscuro. Cosa farà Kol se la troverà? Si fermerà davanti al fatto che adesso lei non è più lei o ucciderà entrambe facendo anche un favore al fratellone Klaus? Dimmi sai anche questo? – tornò a guardarlo dopo che le vampe nel camino erano tornate normali.
-    Dobbiamo trovare Katherine prima che la trovi lui – e Damon posò il bicchiere oramai inutile sul carrellino antico dei liquori, perché la voglia di bere gli era passata del tutto. La sua amata era in pericolo e lui l’avrebbe salvata, di nuovo, e poi l’avrebbe salvata ancora finché quel destino avverso si sarebbe stancato nello sfidarlo, perché lui non si sarebbe arreso, mai. Elena era sua e lo sarebbe stata sempre.
 

La gola le ardeva per le troppe sigarette fumate e le dita della mano destra emanavano un forte tanfo di fumo. Si schiarì la voce, ma non bastò quindi afferrò il caffè che oramai era una brodaglia fredda e imbevibile, e ne diede un sorso. Sigarette e caffè, gli ingredienti ideali per morire giovani, ma necessari per un viaggio lungo. Crystel stava fuggendo da una vita che sarebbe stata invivibile a chiunque, per cercare un po’ di serena tranquillità. Il primo passo era quello di trovare uno di quei paesini con le casette di legno e dalla staccionata bianca, dove tutti sanno di tutti e che poi fondamentalmente non succedeva niente di così eclatante. Non si era mai immaginata di desiderare una cosa del genere, perché non aveva mai immaginato il futuro. Non aveva neanche creduto che un futuro per lei ci potesse essere. Invece, Crystel aveva intenzione di crearselo da sola e lo avrebbe fatto.
Un raggio le abbagliò la vista. Non c’era nessuno davanti a lei quindi controllò nello specchietto retrovisore. Un macchinone nero viaggiava con i fari abbaglianti accessi, mandandole la luce dritta negli occhi. Pigiò forte il clacson cercando la sua attenzione e ovviamente, il ragazzo alla guida, non capì, quindi decelerò per potersi accostare a lui. L’altro nella macchina abbassò il finestrino…
- Cosa c’è bellissima? – le mostrò anche un mezzo sorriso, che per lui, doveva essere accattivante. Forse chissà, aveva pensato che se gli andava bene aveva anche rimorchiato. Per Crystel fu troppo.
- Hai i fari abbaglianti accesi e mi stai praticamente accecando. Chi diavolo ti ha dato la patente… COGLIONE – e con un imprecazione accelerò, lasciandolo interdetto.
Crystel controllò la macchina dallo specchietto e vide i fari spegnersi. Sorrise scuotendo la testa. Uomini. Da lì non potette non notare il trucco nero sbavato sotto ai suoi occhi celesti. Si controllò tutta e anche i capelli neri corvino non se la passavano bene. Aveva viaggiato tanto ed era inevitabile che succedesse. Scosse i capelli mettendoci la mano dentro, poi si pulì la sbavatura della matita, con il dorso della mano, ma non risolvette la cosa. Decise di lasciar stare, tanto quello che le ci voleva era solo una doccia. Tornò alla strada, troppo tardi. Aveva già preso in pieno delle transenne di legno che interrompevano la via. Premette a fondo il freno e questo fece sterzare l’auto in un grande testa coda. La macchina roteò su se stessa finché si schiantò contro un albero. La carrozzeria della macchina si deformò alla forma del tronco, aprendo un varco nel cofano anteriore. Era un auto vecchia, non dotata di airbag e Crystel non indossava la cintura, quindi, batté il petto sul manubrio e sbattette la testa contro il parabrezza. Il dolore era talmente forte che non riusciva a respirare. Forse si era rotta qualcosa. Iniziò a tossire sangue e a boccheggiare in cerca d’aria. Tentò di uscire. Provò, ma non riusciva a muovere un muscolo.
- Poi sarei io il coglione? – sentì qualcuno parlarle da fuori, una voce di ragazzo in un accento europeo fortemente marcato. Il collo istintivamente portò la testa ad addirizzarsi, ma la sentiva così vuota che le si abbassò subito di lato. Le braccia nude percepirono il freddo dell’aria. Aprì gli occhi, ma riusciva solo a vedere davanti a se.
– Puoi sentirmi? – la voce le parve più vicina e per quanto la risposta a quella domanda era un si, non riuscì a rispondergli. Piegò leggermente la testa per far cenno con il capo e un liquido caldo le bagnò la fronte. Si era ferita dove aveva sbattuto sul parabrezza e ora l sangue le sporcava il viso. Il suo bellissimo viso sarebbe stato marcato per sempre da una cicatrice, ma in fondo che le importava, la sua bellezza non le sarebbe servita più, almeno non per vivere. Rinvenne leggermente solo perché aveva udito dei suoi inconfondibili. Erano i bip di chi pigia i numeri su una tastiera telefonica. Precisamente tre bip…
- No – urlò con tutto il fiato che aveva in gola lanciandosi verso di lui. Il petto, le ossa, le costole vibrarono dal dolore, ma questo per lei non era un problema. Il ragazzo l’afferrò prima che potesse cadere a terra.
- Che diavolo hai che non va? – le chiese allontanando il cellulare dall’orecchio, mentre con l’altra la sosteneva senza nessuna difficoltà, poi la spinse a risedersi sul sediolino della macchina.
- No, polizia… io… bene… bene… - e fu tutto quello che riuscì a dire grazie al trauma cranico che probabilmente aveva.
- Si, certo – le parlò tenendo la sua testa tra le mani – no polizia, cosa hai fatto? Hai ucciso qualcuno? – il suo tono assunse una vena ironica, ma Crystel non potete rispondergli. Tutto diventò buio e aveva resistito abbastanza. Svenne.
La sua bocca venne ricoperta da dell’acqua calda. Le fluì negli angoli entrandole in bocca. Ne sentì il sapore. Ruggine. No, non era acqua. Le continuò a scorrere arrivando alla gola. Sentì i sensi riattivarsi e la mente iniziare a ragionare. Aprì gli occhi. Vide un braccio. Un polso appoggiato alle sue labbra. Un polso insanguinato. Sangue. SANGUE. Era del sangue quello che aveva bevuto. Afferrò la mano e la scaraventò via da se. Si sentiva bene, ma non si chiese come mai perché l'orrore l'afferrò per prima. Chi l’aveva soccorsa le stava davanti. Il polso era il suo. Le aveva fatto bere il suo sangue.
- Chi diavolo…? Sei un feticista del sangue? Approfitti di una donna svenuta per esaudire le tue perversioni? Ho visto tutto nella mia vita, ma…-
- Ti ho salvato la vita – chiunque esso sia parlò prima che potesse finire di insultarlo. Crystel adesso riusciva a vederlo meglio e lo riconobbe essere lo stesso ragazzo che aveva chiamato coglione due minuti prima. Scese dalla macchina e quando i piedi toccarono terra il ventre non le fece male, eppure era più che sicura di aversi rotto una, o più di una, costola nell’incidente. Si toccò il viso, là dove credeva di avere una ferita, ma la pelle le risultò liscia al tatto. Non aveva niente. Guarita.
- Come? –
- Se vuoi te lo spiego - si avvicinò a lei di un passo che risultò troppo per Crystel. Oramai aveva un totale ribrezzo per quella categoria, perché lei sapeva benissimo cosa e chi erano in realtà gli uomini che schifo era un complimento.
- No, qualsiasi cosa fosse, non mi interessa. - si allontanò da lui prima che potesse arrivarle troppo vicino. Arrivò al cofano della macchina, lo aprì e afferrò l’unica cosa che conteneva, una borsa nera. Lo richiuse emanando un rumore forte e se ne andò. Sentiva gli occhi del ragazzo sulla sua schiena, allora aumentò il passo.
 – Dove vai? – le chiese urlando
- Mi allontano da qui e faresti bene a farlo anche tu – continuò a camminare senza voltarsi
- Ma… ma la macchina? – 
- Tranquillo non è la mia – sentì l’aria muoversi dietro alla sua schiena e con un inspiegabile corsa surreale e fu, bloccandole la strada. Si, Crystel aveva visto tutto, ma questo le era nuovo e la spaventava a morte. Una delle mille cose che una ragazza cresciuta per strada sapeva, era mai mostrare paura, però stavolta era impossibile. Respirò affondo e riiniziò a camminare, scansandolo come un ostacolo sul suo tragitto.
- Cosa? Non mi chiedi niente? Cosa ho fatto? Cosa sono? Niente frase detta nella balbuzie che prende dopo un trauma mastodontico? – incominciò a camminarle accanto e Crystel congelò le gambe per non iniziare a correre.
- Mi dispiace se il tuo orgoglio da supereroe è stato ferito, ma la cosa è abbastanza strana, e da dove vengo io, quando le cose si fanno strane, si alzano i tacchi e si fugge senza fare domande – aumentò il passo, stringendo più forte la maniglia di tessuto della borsa.  Lui rise rumorosamente, come un cavolo di psicopatico e questo non la fece tranquillizzare.
- Non ho mai incontrato nella mia vita una donna come te, anche se potrei dirti che una parte di essa è stata sprecata in una cella per più di sessant’anni, ma non credo che il discorso ti possa interessare – aveva ancora il sorriso stampato sula bocca, mentre la guardava con due occhi che incutevano il totale terrore. Crystel si fece un leggero calcolo mentale. Il ragazzo che vedeva non dimostrava più di ventotto anni, come aveva potuto restare rinchiuso in una cella per… Smise di pensarci. Non erano problemi suoi.
- In realtà no, ma ne ho sentite di ogni, quindi se vuoi… - lasciò la frase a metà, pensando a come poteva sbarazzarsi di lui.
- Ok… in anzitutto io sono Enzo, un vampiro e tu chi sei? –
Solo allora Crystel si fermò cercando di capire quello che aveva appena sentito. Si voltò guardandolo in una delle poche volte che lo aveva fatto. Lui le stava mostrando un mezzo sorrisetto felice di chissà che cosa… poi iniziò a ridere.
- Lo sapevo, lo sapevo che sarei stato capace di spaventarti, mia cara donna dall’atteggiamento “niente mi scalfisce perché ho vissuto troppe cose orribili”. Sai, siamo molto simili io e te… – allargò le mani felice di aver creato in lei una reazione.
- Spaventarmi? Sai io credo che, vampiro o psicopatico, se mi hai salvato la vita, significa che non hai intenzione di uccidermi – lasciò andare il braccio facendo muovere la borsa nell'aria e il contenuto si mosse rumoroso.
- No, in realtà potrei ucciderti eccome, sto solo parlando con te perché oggi sono molto triste – la vide irrigidirsi per un fremito di paura, ma non lasciare la sua espressione da dura.
- Allora perché mi hai salvato? – chiunque avrebbe detto una frase del tipo, “Non farlo”, “ho una famiglia”, “Ho tutta la vita davanti” e altre frasi inutile, ma lei no. Continuava a restare ferma, come se non le importasse. Come se non le importasse di morire. Era talmente vicino a lei che poteva toccarla. Abbassò gli occhi per poterla guardare tutta. Indossava un paio di jeans scuri stretti, che mostravano le sue sinuose curve. Ai piedi indossava due stivaletti neri bassi, non gli sarebbe servito altro, quella ragazza era già alta da se. Sopra indossava solo una canotta nera, di un tessuto morbido, scolata al punto tale che poteva vedere il rigonfiamento del suo seno al dir poco abbondante. La sua pelle chiara si alzava al ritmo dei respiri. Le clavicole erano pronunciate sotto al sottile e incitante collo. Avrebbe potuto… ma si limitò a prendere una ciocca di capelli neri corvino, poteva sentire l’odore della tinta appena fatta. Chissà di che colore erano in precedenza… Poi guardò i suoi occhi celesti. Il colore non era del tutto uniforme e c'erano dei piccoli fulmini neri che circondavano la pupilla, rendendo uno dei paia di occhi più belli che avesse mai visto ed erano veri, no come i capelli e forse anche il seno.
- Perché sei la ragazza più bella che io abbia mai visto – lasciò la ciocca che sottile sventolò nella dolce brezza che si era alzata.
- Bene… - la ragazza disse solo questo, poi tornò a camminare sul terriccio adiacente alla strada asfaltata.
- Solo bene? – quella donna lo divertiva e incuriosiva più di ogni altra cosa che avesse vissuto nella sua decennale vita.
- Non è la prima volta che la mia bellezza mi salva la vita. Niente di nuovo. – anche la sua voce aveva un qualcosa che lo attirava, perché si c'erano molte cose che lo attiravano e tanto. Enzo stavolta non la seguì, non subito. Rimase fermo per guardarle i fianchi rotondi ondeggiare a ogni passo. La ragazza alzò il braccio che trasportava la borsa e la portò al ventre e gli parve che stesse per prendere qualcosa… poi la vide voltarsi velocemente. In quel movimento i suoi capelli si mossero nell’aria, coprendole il viso. Enzo sentì solo gli spari e il dolore dei proiettili che gli entrarono dentro al torace. Cadde a terra dolorante e sorridente allo stesso tempo. Quella donna aveva una pistola con se. Chi diavolo era?
Se la ritrovò davanti puntandogli la pistola alla testa e il suo viso non traspariva neanche la benché minima emozione. Enzo rise perché per quanto fosse folle quella situazione lo stava divertendo da morire, finché la ragazza non gli mise il foro di uscita della pistola proprio al centro della fronte.
- Coraggio, spara! Sei davvero intenzionata ad uccidermi? -  rise più forte e scuotendo l'addome e procurandosi un dolore incredibile, ma cesso di ridere solo quando il tonfo di un altro sparo riecheggiò nel l'aria, quello diritto alla testa.
Crystel vide l'uomo che per lei era morto e infilandosi la pistola nella borsa scappò via. Si, Crystel non sapeva che quel colpo non lo aveva ucciso e comunque non provò rimorso, né il peso di aver appena trappato alla terra un anima, perché per Crystel non era la prima volta che succedeva, non era la prima volta che uccideva un uomo, e col tempo ci si fa l'abitudine.
 
   
 
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