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Autore: saltandpepper    12/10/2014    14 recensioni
Avere un'avventura di una notte da ubriachi fa schifo.
Avere un'avventura di una notte da ubriachi mentre si è al liceo fa più schifo.
Avere un'avventura di una notte da ubriachi mentre si è al liceo e si è un ragazzo è il massimo dello schifo.
La vita di Louis Tomlinson crolla su di lui dopo un incontro con il calciatore Harry Styles mentre erano ubriachi. Tutto ciò che ha mai conosciuto e mai creduto viene gettato fuori dalla finestra e lui è improvvisamente costretto a venire a patti con il fatto che il suo cuore non batte più solo ed esclusivamente per lui.
ATTENZIONE: Questa storia non è nostra. Noi ci limitiamo a tradurla!
Slash, Louis/Harry esplicito.
Genere: Erotico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: Contenuti forti, Mpreg
Capitoli:
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ATTENZIONE: Questa storia non è nostra. Dopo averla trovata in uno dei tanti siti di Fan Fiction Inglesi, abbiamo deciso di tradurla anche qui su EFP, sapendo che sicuramente a qualcuno avrebbe fatto piacere. Tutti i diritti di autore vanno alla fantastica Blindfolded.
 
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Capitolo 31


 
Non la penso come te.

Mercoledì 27 Aprile
Trentasei settimane e due giorni 


Dopo quella conversazione avvenuta fra me e Harry, non riuscì a prendere sonno. Pensieri su Lauren, Harry e me stesso vorticavano nella mia testa, a tal punto che mi fecero venire un’emicrania. Combinato perfettamente con il bambino che non smetteva, sotto nessuna circostanza e non importava con quanta calma gli avessi parlato, di calciare, il risultato di una notte insonne. Quindi quando quella mattina mi alzai alle nove, ero ben lontano dall’essere riposato e non appena presi posto a tavola in cucina per fare colazione, non volevo fare nulla se non che ritornare a letto. 
“Notte dura?” chiese Anne mentre si sedeva a tavola al mio fianco con una tazza di caffè e una ciambella.
“Non ha smesso di calciare,” dissi, seguito senza esitazione da uno sbadiglio.
“Allora dovresti stenderti, manca ancora un’ora e mezza prima dell’appuntamento.”
“Non posso, devo fare la doccia, vestirmi e tutto.”
Aggrottò la fronte.
“Sei sicuro?”
“Se sono sicuro di aver bisogno di fare una doccia e di vestirmi? Si, definitivamente,” dissi con un piccolo sorriso.
Mi sorrise di rimando, ma il tutto si sbiadì molto presto e ancora una volta sembrò preoccupata. 
“Non mi piace molto il fatto che ti stressi così tanto con Harry, viste le tue condizioni adesso che mancano meno di quattro settimane al parto.”
“Come sai che-”
Mi bloccai a quel punto, chiusi gli occhi per un secondo e scossi la testa.
“Non importa.”
“Le mura sono parecchio sottili,” disse senza esitazione in risposta alla domanda che non avevo chiesto. 
La mia mente immediatamente iniziò a rivivere tutte le conversazioni che avevamo avuto io ed Harry, i loro argomenti, e- beh, la mia vita privata, e sentii tutto il mio viso riscaldarsi dalla vergogna.
“Oh,” fu tutto ciò che riuscii a dire.
“Non ti preoccupare,” disse. “Non ho sentito nulla, ma ti ho sentito parlare un bel po’ e non sembrava fosse qualcosa di piacevole.”
“Abbiamo discusso di un paio di cose,” spiegai. “È solo- beh, non ha importanza di cosa iniziamo a parlare, finiamo sempre per litigare riguardo a qualcosa di poco piacevole. O almeno di qualcosa che lascia tensione o imbarazzo.”
“E di chi è la colpa?”
Sospirai.
“Di entrambi. Sono il primo che mette in discussione queste cose, ma lui è quello che le ingigantisce.”
Strinse le labbra soprappensiero e diede un sorso al caffè.
“Non riesco a capire per quale motivo non riusciate a sedervi per cercare di trovare una soluzione. È chiaro quali siano i problemi, quindi non è poi così tanto difficile risolverli.”
“In teoria, è semplice,” borbottai. “Ma è difficile farlo in questo momento. Apparentemente non c’è nessun problema, sono solo i miei desideri e i suoi a non riuscire ad essere combinati.”
“Pensavo che entrambi foste d’accordo sui sentimenti che provate l’uno per l’altro,” disse con una piega in mezzo alle sopracciglia.
“Si, prova sentimenti più forti per Lauren,” dissi, cercando di sorridere. Parecchio sicuro che di aver fallito. “Vuole stare con lei, non con me.”
Aprì bocca, apparentemente per protestare, ma continuai prima che andasse oltre.
“E a me sta bene,” dissi. “Non ho mai... sperato che lui volesse stare con me in quel modo, sono anche parecchio sorpreso che provi qualcosa per me che vada oltre la semplice amicizia.” 
Era ovvio che ci fosse qualcosa che volesse dire, c’era questo sguardo nei suoi occhi come se volesse liberarsi di qualcosa, ma non aprì bocca, mi fissò solo con uno sguardo compassionevole. Passarono un paio di secondi allo stesso modo prima che tossissi un po’, scusandomi, borbottando qualcosa riguardo al fatto che dovevo fare una doccia.
Mi alzai, dirigendomi verso la porta ed ero sul punto di varcare la soglia quando il suono della sua voce mi fece voltare di nuovo.
“È come se ti fossi arreso,” disse, indirizzandomi uno sguardo valutativo.
Non ero sicuro se prenderla come un insulto o semplicemente come un’osservazione, perciò questo mi rese un tantino nervoso sul modo in cui avrei dovuto rispondere.
“Non sto... rinunciando,” fu la risposta esitante che stavo aspettando. “Sto solo accettando il fatto che lui non mi voglia, non voglio essere una di quelle persone odiose che non riescono a... rinunciare e a lasciar in pace la persona di cui si è- la persona per cui si prova determinati sentimenti, in modo da renderla felice.”
“E tu sei sicuro di essere felice?” chiese dopo un breve momento di silenzio.
“Io- beh, si,” dissi lentamente.
Aggrottai un po’ la fronte, notando l’espressione vuota che aveva in volto e anche quello strano sguardo negli occhi.
“Non vuoi...” iniziai lentamente, scandendo le parole con prudenza. “Non vuoi che lui stia con Lauren?”
Apparve un piccolo sorriso agli angoli della sua bocca.
“Voglio che sia felice,” fu la vaga risposta che ricevetti prima che si alzasse dalla sua sedia, si avvicinasse al lavandino e svuotasse all’interno la rimanenza del caffè.
“Dovrei andare e prepararmi per andare a lavoro,” aggiunse. Con queste parole, appoggiò la tazza vuota in dispensa, varcando con pochi passi la cucina, dandomi una leggera stretta alla spalla e poi oltrepassò il corridoio e scomparì dalla mia vista.
Rimasi lì un altro po’, guardando nulla in particolare e cercando di immaginare se intendesse davvero ciò che aveva appena detto. Pensava davvero che Harry non fosse felice con Lauren? Che pensasse che lui fosse più felice con me? Che volesse per davvero che io e Harry stessimo insieme? Oppure ero solo talmente disperato nel voler cercare un po’ di supporto da parte di qualcuno su ciò che provavo per Harry da permettere così alla mia immaginazione di fantasticare? Pensieri del genere occupavano la mia mente mentre rimanevo lì e quando alla fine mi risvegliai e lanciai un’occhiata all’orologio appeso al muro, che segnava le dieci e un quarto, mi maledissi da solo prima di sfrecciare in bagno - se barcollare potesse essere inteso come correre - per fare una doccia veloce. 
Mi spogliai velocemente, lanciando i miei pantaloni della tuta e il mio maglione in un mucchio nell' angolo e poi diedi un’occhiata al mio riflesso, sospirando un po’ e appoggiando le mani sul mio stomaco.
“Stai diventando sempre più grande lì dentro, piccolo,” borbottai. “Non pensi che sia ora di uscire fuori?”
Un piccolo calcio mi fu dato in risposta e sospirai ancora.
“Si, lo so. È ancora un po’ presto, vero?”
Il mio stomaco era la causa di uno o due inconvenienti quando arrivava il momento di fare una doccia. Ero un urtare continuo contro il vetro e quasi sempre rischiavo di scivolare ogni volta che mi alzavo sulle punte per raggiungere la mensola dove c’erano le bottiglie dei bagnoschiumi. Per questo motivo impiegai qualche minuto in più, rispetto al solito, per finire di fare la doccia, ma alla fine la feci ed uscii dal box, avvolgendo un asciugamano intorno alla mia... beh, da qualche parte fra la vita e il bacino, ed uscii dal bagno per cercare di trovare un abbigliamento accettabile da indossare. “Accettabile” in questi giorni, comunque, quando arrivava il momento di vestirsi, si intendeva un paio di pantaloni da ginnastica e una magliette non troppo sgangherata.
E così, mentre rimanevo immobile in quella posizione di fronte allo specchio della mia camera per dieci minuti, alzai lo sguardo e non esitai a chiedermi come diavolo facesse Harry a ignorare il mio aspetto. Perché onestamente, a nessuno sarebbe mai venuto in mente di trovarmi attraente in questo momento nel modo in cui apparivo. L’unico conforto che ero in grado di trovare in questo momento, era che mancasse meno di un mese prima che il bambino sarebbe uscito fuori da me. 
Fuori da me e dalla mia vita. 
Sussultai un po’ a quel pensiero indesiderato che mi aveva appena invaso il cervello, ma non potevo negare che ciò non fosse così. Non che avessi capito in che modo funzionasse il processo di adozione, ma ero pienamente sicuro che il bambino mi sarebbe stato tolto più o meno subito dopo che sarebbe nato. O forse no? L’adozione non dovrebbe essere un processo così forzato, non con me e Harry, e non con i servizi sociali, quindi forse ci avrebbero permesso di tenerlo per un po’, uno e due giorni perlomeno, prima di darlo in adozione? Forse questa era una cosa che valeva la pena chiedere alla dottoressa.
Puntuale, proprio in quel momento, sentii bussare alla porta.
“Lou?” sentii domandare dalla voce di Harry da fuori.
Risposi con un veloce “si” e un momento dopo, la porta si aprì e Harry entrò dentro. Appariva terribilmente stanco, quella fu la prima cosa che notai, e mi accigliai un po’.
“Stai bene?” chiesi mentre chiudeva la porta dietro di se.
“Sembri un po’... strano.”
Sorrise debolmente mentre camminava verso il letto e ci si sedeva sopra.
“Non sarebbe strano dire che questo è stato il giorno più lungo della mia vita, nonostante sia stato in piedi per tre ero e mezzo o un po’ di più?” Chiese.
Il mio cipiglio divenne ancora più profondo e mi avvicinai per sedermi di fianco a lui.
“Cosa è successo?” chiesi, guardandolo e cercando di capire se da quella espressione sarei riuscito a capire qualcosa.
“Non lo so nemmeno io,” borbottò. “Lauren è ancora arrabbiata con me, con il Giapponese è uno schifo e Zayn e Liam a quanto pare hanno litigato e sembra che ad entrambi stia sul cazzo l’un l’altro. Litigano per qualsiasi cosa, anche in informatica e comunicazione. Fanculo, non si guardano nemmeno, e Liam continua a darmi queste risposte stizzose monosillabiche per ogni cosa che gli chiedevo durante le nostre lezione di giapponese.”
Una sgradevole sensazione di vuoto mi si formò nel petto e cercai con tutto me stesso di non far trapelare la preoccupazione. 
“Perché hai detto che fai schifo in giapponese?” chiesi, cercando di non dilungarmi sull’argomento Zayn-e-Liam.
“Perché faccio schifo,” disse con una breve risata. “Mi sembra logico.”
“Sono sicuro che tu non faccia schifo,” dissi con esitazione.
“Sono sotto la media, Lou,” disse. “Quindi si, faccio schifo.”
Sembrava così sconfitto e disperato che il mio cuore balzò un po’ nel petto e uno strano mix di compassione e di tristezza mi avvolse. Con un po’ di esitazione, sporsi la mano e feci scorrere sulla sua guancia le nocche delle mie dita. Con mio grande sollievo, non si allontanò e ripetei quel gesto.
“Andrà tutto bene,” dissi dolcemente. “Anche se non ce la farai, andrà tutto bene lo stesso.”
Girò un po’ la testa verso di me e un sorriso tentennante apparve sulle sue labbra non appena i suoi occhi incontrarono i miei.
“La tua mano è morbida,” fu tutto quello che disse.
Ridacchiai un po’.
“Grazie, credo.”
“Tipo come quelle delle ragazze.”
“Okay, momento finito,” dissi, roteando un po’ gli occhi prima di far scivolare la mano sul fianco.
“Beh, è stato un bel momento.”
“È durato per due interi secondi,” dissi, ma non riuscii a non sorridere.
“Si, beh lo è ancora,” disse e con mio sollievo, sorrise di rimando.
“Dovremmo andare comunque, ci voglio più o meno venti minuti per arrivare all’ospedale da qui.”
“Oh giusto, quello” dissi; per un momento mi ero completamente dimenticato di cosa dovessi fare oggi.
“Si, quello,” disse prima di alzarsi, porgendomi una mano. Una volta che fui in piedi, mi occhieggiò da sopra a sotto ed emise un grugnito.
“Questi tuoi abbigliamenti giorno dopo giorno diventano sempre più eleganti.”
Le mie guance si riscaldarono un po’ per l’imbarazzo e volsi il mio sguardo verso il basso, tirando un tantino l’orlo della maglia.
“È un po’... difficile trovare qualcosa da indossare che mi stia bene in questi giorni,” borbottai miserabilmente.
“Ehi, stavo solo scherzando,” disse con una piccola risata prima di avanzare di un passo e avvolgermi in una specie di abbraccio.
“Aidan è in mezzo,” aggiunse con un’altra risata come spiegazione alla domanda che non avevo fatto. “Gli abbracci normali non sono più possibili.”
Ridacchiai e appoggiai la testa contro la sua guancia per un secondo prima di allontanarmi. 
“Ritornerò a una taglia normale presto,” dissi.
“Sarà strano,” disse pensieroso.
“Non sono mai stato, sai, completamente in forma, ma non ero nemmeno particolarmente grasso. E la mia pelle non era così disgustosa. E il mio culo non era poi così grande.”
“La tua pelle è a posto,” disse roteando gli occhi.
“E il tuo culo mi piace,” aggiunse e immediatamente mi diede una pacca che mi fece squittire in modo imbarazzante e fare piccolo salto.
“Okay, andiamo,” dissi una volta che mi ripresi di nuovo, ignorando quel ghigno merdoso che aveva in faccia. 
Qualche minuto più tardi eravamo in macchina e ci stavamo incamminando per la nostra strada. L’ospedale era situato in un cazzo di luogo sperduto e nella direzione opposta all’ ufficio della dottoressa, e quando sbirciai l’ora sul contachilometri, mi resi conto che avremmo fatto tardi.
“Sei nervoso?” chiese Harry dopo qualche minuto di strada, accompagnati solo dalla voce della radio che ci risuonava nelle orecchie. 
Voltai la testa di novanta gradi per guardare il suo profilo.
“Per gli esami intendo.”
Mi voltai di nuovo e riflettei su quella domanda per un paio di minuti.
“Non lo so,” dissi sinceramente.
“Sono nervoso per i risultati, ma non credo che siano gli esami a farlo.”
“Ma lei ha detto che ti avrebbe infilato un dito su per il culo,” disse, apparendo un tantino confuso. “Non sei preoccupato per quello?”
“Ho cose più grandi a cui pensare.”
Mi ci vollero uno o due secondi prima di realizzare ciò che avessi appena detto e quando lo feci, sentii la mia faccia diventare completamente di un rosso acceso.
“Non ti permettere di commentare,” aggiunsi.
“Non lo farò,” disse, ma sentii un accenno di risata nella sua voce e sapevo molto bene che non sarebbero passati nemmeno trenta secondi prima che se ne uscisse con un commento spiritoso.
“Ma okay, non che avessimo stabilito qualcosa,” aggiunse. “Quali altri test pensi che ti faranno?”
Feci spallucce, silenziosamente sollevato che avesse rinunciato a parlare dell’argomento precedente.
“Non lo so, ma credo che nessuno di loro sarà particolarmente piacevole.”
E oh, ero pienamente consapevole che fossi proprio io. 
Quando arrivammo all’ospedale, erano le undici meno cinque e trascorremmo ben dodici minuti nel capire dove dovessimo andare, quindi quando finalmente arrivammo nella stanza degli esami che ci avevano indicato alla reception, ci trovammo difronte la dottoressa Hayes, che stava sorridendo, un dottore dall’aspetto disperato che si presentò come David, e un’acida infermiera che non si prese la briga nemmeno di presentarsi. Mi stava osservando in maniera alquanto curiosa, comunque. 
La prima cosa che accadde fu che l’infermiera infilò immediatamente un ago nel mio braccio e procedette nel prelevare così tanto sangue che, quando finì e sfilò l’ago, ero abbastanza sicuro che nel mio braccio non era rimasto più sangue. Harry era seduto di fianco a me che accarezzava la mia mano avanti e indietro come se volesse cercare di confortarmi. Stava funzionando a dire il vero. 
Dopodiché mi fu data una boccetta in cui avrei dovuto urinarci all’interno, una cosa come quella - come al solito – sembrò divertire Harry. Era davvero un qualcosa di estremamente imbarazzante e irritante dover fare pipì in una boccetta quando il mio stomaco era così grande da non riuscire nemmeno a vedere il mio pene senza dover prima fare salti mortali, ma in qualche modo ci riuscii, uscii dal bagno e porsi la boccetta all’infermiera. Non credo fosse molto contenta di avere le mie urine in mano. 
Fu dopo quello che la dottoressa Hayes e David condussero me e Harry in un’altra stanza per gli esami - l’infermiera non venne, fortunatamente.
“Okay, Louis,” disse David dopo aver chiuso la porta e aperto un armadietto, tirando fuori varie cose.
“Se cortesemente puoi togliere tutto a partire dalla vita in giù e infilare questo-” mi porse una vestaglia ospedaliera azzurrina “-e sdraiarti su quel lettino alla tua sinistra, possiamo iniziare.”
Iniziare.
Feci una piccola smorfia prima di voltarmi verso Harry.
“Non c’è davvero... bisogno che tu stia qui,” dissi.
“Sono venuto con te, no?” disse, sorridendomi tranquillamente. “Resterò, ti terrò la mano e tutto il resto.”
Alzai un sopracciglio e lui sorrise semplicemente, così optai di non far andare oltre la questione. Invece mi sfilai la maglietta dalla testa e indossai la vestaglia per prima cosa, poi mi tolsi i pantaloni da ginnastica e i boxer, sfilandoli entrambi. Nonostante non fosse poi una cosa di così grande importanza, e guardandola da quel punto di vista, ero visibile agli occhi di tutti, mi sentivo incredibilmente nudo in quella posizione, indossando solo una vestaglia che mi arrivava all’altezza del ginocchio e un paio di calzini. Guardai Harry e notai che stesse cercando di non scoppiare a ridere, ed io aggrottai le sopracciglia.
“Non ti è permesso ridere di me,” dissi, la mia voce un tantino acida.
“Non sto ridendo,” disse, sollevando le braccia in segno di finta resa. “Ma sei assurdamente adorabile vestito in quel modo. Davvero.”
Non ebbi l’opportunità di rispondere, poiché David iniziò a parlare di nuovo subito dopo e mi chiese di sdraiarmi al di sopra del lettino, il quale era posizionato al centro della stanza. Con un cipiglio pieno di esasperazione in faccia, feci ciò che mi aveva detto. Vidi Harry andare verso un mucchio di sedie di plastica nell' angolo, ne prese una e la posizionò vicino al tavolo, dove si sedette e mi guardò con un sorriso sbilenco. 
“Non sembri felice,” disse.
Gli sorrisi in modo poco convincente.
“Tu lo saresti stato?”
“No, crepo proprio di no. Finirà presto comunque, e una volta che avremmo finito qui ti porterò fuori a pranzo.”
Il mio sorriso si allargò un po’.
“Portarmi fuori?”
“Se vuoi si.”
“Mi sento tipo uno schifo,” dissi. “Quindi potresti farmi qualcosa a casa invece? Sei un bravo cuoco.”
Sorrise felicissimo.
“Certo, se è questo ciò che vuoi.”
Non riuscimmo a parlare molto dopo, perché la dottoressa Hayes si fermò alle mie spalle con una scatola piena di strumenti, un paio di guanti e un tubetto che presumibilmente era lubrificante.
“Okay, Louis, porta le ginocchia più che puoi verso il petto,” le sentì dire mentre infilava i guanti.
“Così possiamo iniziare.”
Emisi un lieve sospiro e alzai lo sguardo verso Harry, che mi guardava di rimando con occhi caldi e compassionevoli. Senza dire niente, sporse la mano e intrecciò le nostre dita in un silenzio rassicurante. Il suono di un coperchio che veniva aperto e una sostanza gelatinosa che sapevo benissimo fosse lubrificante, raggiunse le mie orecchie, e indirizzai ad Harry un’occhiata nervosa che lo spinse a stringermi un po’ di più la mano.
“Sarà un tantino freddo e sgradevole,” sentii dire dalla dottoressa Hayes dietro di me, dopodiché la vestaglie venne tirata ancora un po’ più su e immediatamente mi sentii ancora più esposto e vulnerabile di quanto lo fossi stato in tutta la mia vita.
“Okay,” fu l’unica risposta che diedi, la mia voce un sussurro.
Sussultai un po’ quando il gel freddo e appiccicoso entrò in contatto con la pelle infiammata e sensibile intorno alla mia entrata, ma ci volle qualche secondo per capire che non avesse ancora infilato nulla dentro di me, e ciò che stava facendo in realtà era solo... cosa stava facendo per l’esattezza?
“Le tue emorroidi, da quel che vedo, sono a posto. Sono a malapena visibili.”
Oh. Quindi era quello che stava facendo. Deglutii e contrassi la mascella. L’imbarazzo che mi inondò al pensiero che Harry avrebbe sentito tutto questo era così brutto, che non solo la mia faccia si accese di un rosso vivo, ma le lacrime iniziarono a farmi pizzicare gli occhi e volgere lo sguardo verso il basso contro la superficie del tavolo, in modo tale da non avere più un contatto visivo con lui.
La prima intrusione fu dolorosa. Fu orribile, in effetti, ed era una sensazione completamente diversa rispetto a quando lo facevo da solo. Oppure rispetto al cazzo di Harry. Anche quello è stato meno doloroso. Forse perché ero schifosamente ubriaco, così da eliminare l’ottanta percento dell’attuale dolore che avrei dovuto provare. Storsi un po’ il naso e spinsi ancora più a fondo la faccia contro il lettino, così che Harry non mi vedesse. A quanto pare se ne accorse, comunque, perché nonostante non disse nulla, iniziò ad accarezzare gentilmente con il pollice avanti e indietro il retro della mia mano. 
Per un po’ rimasi lì, abituandomi lentamente al dolore e cercando di non pensare troppo a cosa stesse succedendo lì dietro. Ma dopo, immediatamente e con mia grande sorpresa, una sensazione, quasi un formicolio, strana si irradiò su tutta la spina dorsale, facendomi sobbalzare involontariamente. Senti emettere dalla dottoressa un ‘mm’, in modo quasi... confuso.
“David, ti dispiacerebbe venire qui un momento?” le sentii dire e okay, quello non significava nulla di buono.
“Cosa- cos’è- c’è qualcosa che non va?” chiesi nervosamente, cercando di voltare la testa in modo tale da riuscire a vederla.
“Non ne sono sicura,” fu l’unica risposta che ricevetti. Sentii David posizionarsi dietro di me e il suono di guanti infilati raggiunse le mie orecchie, il che mi fece avvilire pensando che l’intera città saprà cosa succede all’interno del mio sedere.
Un paio di minuti e un dito più tardi, questa volta più lungo e sottile, si insinuò dentro di me esplorandomi, e allo stesso tempo quella sgradevole sensazione di prima mi colpì la spina dorsale, facendomi così tramare involontariamente. Sentii i due dottori chiacchierate fra loro dietro di me, ma non fui in grado di capire una singola parola di quello che stessero dicendo e avevo una sensazione che non farsi sentire fosse loro intenzione. 
“È difficile essere certi senza aver fatto una radiografia,” disse.
“Non possiamo fare dei raggi,” rispose la dottoressa Hayes.
“Siamo troppo avanti con la gestazione, il rischio di far male al bambino è molto elevato.”
“A cosa ci servono i raggi?” chiese Harry proprio nel momento in cui aprii bocca per chiedere lo stesso.
La stanza divenne tutt’ad un tratto silenziosa e volsi il mio sguardo verso Harry, l’unico che riuscissi a vedere al momento, disperato per una qualsiasi indicazione su cosa stesse succedendo. Non stava guardando me, comunque, ma il suo sguardo era rivolto verso i due dottori e la sua espressione era nervosa quasi quanto la mia. Passò quella che parve essere un’eternità senza che nessuno facesse nulla ed ero quasi sul punto di iniziare ad urlare che qualcuno dicesse qualcosa, quando sentii un rumore di passi spostarsi intorno al tavolo e un secondo dopo, entrambi i dottori erano difronte al lettino che mi guardavano verso il basso con sguardi indecifrabili con il quale nascondevano le loro emozioni. 
Deglutii aspramente, alzai la testa verso l’alto su entrambi con occhi spalancati e rapidamente la mia bocca si seccò.
“È...” iniziò esitante la dottoressa Hayes. “È impossibile per noi saperlo per certo prima di aver effettuato una radiografia, ma...beh, cercherò di renderlo il più eloquente possibile.”
Fece una pausa di pochi secondi e volse il suo sguardo di lato, guardandosi con David, prima di rivolgere di nuovo il suo sguardo verso di me e continuare.
“Sembra che tu, oltre a tutte le normali parti che compongono il sistema rettale, tu abbia... beh, un’altra apertura, se si può dire così.”
Feci svolazzare gli occhi una volta.
Due volte.
Tre volte.
E qualsiasi altra parola esista per dire che lo avessi fatto quattro volte.
“U-un- cosa-”
“Come ho detto, è impossibile per noi affermarlo con certezza, non prima di aver preso sotto esame una lastra,” mi interruppe velocemente. “E non possiamo farlo finché il bambino non sarà nato.”
Mi morsi il labbro da non permettergli di farlo tremare violentemente, forzando me stesso di non accasciarmi e iniziare a singhiozzare.
“Ma cosa vuol dire che io ho un’altra... ha capito?” chiesi, facendo avanti e indietro con lo sguardo su entrambi.
“Non lo sappiamo,” disse David.
“Tutto ciò che sappiamo in questo momento è che il tuo retto non è formato interamente come quello-” indicò un disegno appeso al muro che, apparentemente, mostrava l’interno di un posteriore da ogni punto di vista “-ma tutte le parti normali sono ancora intatte.”
Non appena volsi il mio sguardo su di lui con un misto fra orrore e confusione, andò verso la figura e iniziò a spiegare.
“Vedi questo?” chiese indicando un qualcosa che ai miei occhi appariva come una disgustosa spugna rosa. Annuii e continuai.
“Qui è dove la prostata è collocata. Se fossi una donna, al posto di una prostata, avresti una vagina proprio lì.”
Beh, non mi stava piacendo dove tutto questa stava andando a parare, ma non dissi nulla, annuii solamente per mostrare che avessi capito. Non che lo avessi fatto per davvero.
“Infatti tu hai una prostata, ovviamente, ma vedi questo?”
Indicò a questa cosa triangolare a forma di campana proprio sopra la spugna che apparentemente era la prostata, e ancora una vola annuii.
“Questa è la tua vescica. Adesso, dagli esami che abbiamo appena effettuato, possiamo dire che hai una sorta di apertura qui-” indicò un altro punto del retto proprio al di sopra della prostata “-quello biologicamente parlando non dovrebbe essere qui.”
Subito un silenzio tombale avvolse tutta la stanza, e io stavo cercando di capire cosa avesse appena detto David e non avevo nessuna intenzione di dire qualcosa.
“Quindi il suo buco del culo è diviso in due?”
“Il suo retto,” iniziò David, indirizzando un’occhiata di rimprovero verso Harry. “Non è necessariamente diviso in due, no. Ma se pensi al retto come una via del tutto orizzontale e spianata, ci si può accorgere che in quello di Louis ci sia una piccola rientranza che tecnicamente non dovrebbe essere lì.”
“Ma cos' è questa... piccola rientranza?” chiese Harry curiosamente. “E perché non è riuscito ad accorgersene quando... si insomma, si è infilato le dita proprio lì?”
Ci sono state delle situazioni nella mia vita in cui, giuro su Dio, avrei voluto ammazzare qualcuno. E questo era definitivamente uno da aggiungere alla lista.
“Non c’è nessun altro modo per noi di scoprire altro prima che il bambino non sarò nato, ma dopo potremmo effettuare una radiografia,” disse la dottoressa Hayes, sorridendomi in modo confortante.
“E comunque non sarà stato in grado di accorgersene prima, possibilmente perché è estremamente piccolo e anche perché non è poi così facile da raggiungere, a meno che non si dia direttamente un’occhiata fuori dall’ordinario.”
La dottoressa si girò verso di me.
“Te ne sei mai accorto prima d’ora?”
Scossi la testa e annuì premurosamente per un momento prima che il suo sorriso riapparisse.
“Bene, penso che sia sicuro dire che qualsiasi cosa sia, è qualcosa che ha a che fare con la tua gravidanza.”
Deglutii a vuoto, ancora una volta dovetti sforzarmi di rimanere calmo, prima di emettere una piccola risata. Uscì fuori come un tremolio e forse un tantino isterica, ma almeno non ero scoppiato a piangere.
“Beh, abbiamo fatto progressi allora,” dissi.
Sorrise di rimando.
“Sicuramente. Una volta che il bambino sarà nato, possiamo prendere un appuntamento in laboratorio e così fare delle radiografie, se vuoi.”
Annuii immediatamente.
“Si, voglio farlo.”
Annuì prima di far uscire fuori un piccolo notebook e una penna dalla tasta del suo camice e e la vidi scrivere qualcosa velocemente.
“Bene, credo che sia tutto per oggi,” disse una volta che ripose di nuovo notebook e penna in tasca.
“Se non avete nessun’altra domanda,” aggiunse, guardando avanti e indietro fra me ed Harry.
Scossi la testa, ma Harry sembrava essere un tantino pensieroso e un momento dopo, aprì bocca.
“Avete qualche teoria per quale motivo quella cosa in più sia lì?” chiese.
Vidi che i dottori si scambiarono un paio di occhiate.
“Non penso possiamo uscircene fuori con delle supposizioni prima di poter avere la possibilità di capirne di più,” disse David. 
“Ma avete almeno una teoria?” sollecitò Harry.
Storse le labbra e fissò il pavimento per un momento.
“Non penso possiamo... del tutto eliminare la possibilità che qualche componente del sistema riproduttore femminile sia coinvolto.”
Sistema riproduttore femminile? Contrassi la mascella in modo assurdo, forzando letteralmente me stesso di non scoppiare a piangere e singhiozzare disperatamente di paura e frustrazione. Quando finità tutto questo? E, per la milionesima volta, cosa avevo fatto per meritarmi questo? Ero innamorato di un ragazzo che non mi voleva. Ero un ragazzo ed ero incinto. Ero un ragazzo ed era possibile che avessi componenti dell’apparato riproduttore femminile da qualche parte su per il mio culo. Ero uno scherzo della natura, non c’era alcun dubbio che lo fossi.
Non biasimo se sia mia madre e Ian mi abbiano cacciato da casa. Non biasimo nemmeno Harry per il fatto che non mi voglia. Non biasimo nessun altro se nessuno non mi abbia mai voluto.
Quindici minuti dopo mi ero rivestito ed ero di nuovo in piedi per ringraziare i dottori e lasciare lo studio, quando la dottoressa Hayes iniziò subito a riparlare. 
“Louis, non hai più parlato riguardo a prendere un appuntamento per l’agenzia d’adozione,” disse.
“Hai cambiato idea e hai deciso di tenerlo dopotutto?”
Notai il modo in cui il corpo di Harry divenne rigido immediatamente al mio fianco e io abbassai la testa verso il basso e la scossi.
“No, i- non abbiamo cambiato idea,” dissi.
“Oh.”
Parve sorpresa.
“Bene, allora abbiamo davvero bisogno di iniziare questa questione. Quando si da in donazione un neonato, il processo di solito inizia tre o quattro mesi prima delle fine della gravidanza, ma tu non ne hai mai proferito parola e così io stavo andando avanti incurante di nulla e avevo dato per scontato che entrambi aveste cambiato idea o lo avessi fatto da solo.”
Scossi la testa un’altra volta, ma questo volta stavo guardando lei.
“No, non abbiamo... iniziato nulla,” dissi. “Ma... come funzionano queste cose?”
Sorrise.
“Non sono molto pratica con queste cose in verità, ma posso fissare un appuntamento per te con una mia amica che lavora in un’agenzia di adozione. Non giudicherà assolutamente nulla e tuo figlio alla fine si ritroverà in mani sicure.”
Come un segnale, un paio di piccoli calci furono sferrati e sembrava come se avessi appena ricevuto un pugno al petto; era come se sapesse di cosa stessimo parlando, come se sapesse che stessimo per prendere un appuntamento su come trovargli un altro paio di genitori. Con tre persone che mi circondavano, non ci tenevo tanto ad iniziare a parlare con il mio stomaco, così invece mi sistemai per avvolgerlo con entrambe le mani in modo rassicurante. 
“Okay,” dissi con un sorriso forzato. “Solo- cioè, potresti chiamarmi quando avrete fissato un appuntamenti?”
“Certo,” disse e giudicando dal suo tono di voce, sembrava come se avesse captato i miei pensieri.
“Quindi, abbiamo finito per oggi?” chiesi.
“Quasi,” disse. “Abbiamo bisogno di fissare un altro appuntamento per la prossima volta. Sei libero la prossima settimana? Lunedì, forse?”
Poco dopo quando io e Harry eravamo di nuovo in macchina per ritornare a casa e dopo aver fissato un appuntamento lunedì alle tre, il silenzio intorno a noi divenne di nuovo intenso e pesante, e sapevo già il perché. 
“Quindi lo daremo davvero in adozione?”
Ed eccoci qui.
Sospirai.
“Lo sapevi. Ne abbiamo parlato e abbiamo acconsentito.”
“Lo so.”
Si fermò per un secondo.
“Ma pensavo forse che avessi cambiato idea.”
Scossi la testa.
“No.”
Lo vidi deglutire, il suo pomo d’Adamo andò su e giù.
“Sarà difficile,” disse tranquillamente. “Dover... darlo via come se nulla fosse.”
“Non lo stiamo facendo come se nulla fosse,” borbottai.  “Ci ho pensato molto e so che è la cosa migliore da fare. Tu eri d’accordo con me e non cambierai idea adesso, non quando manca così poco alla fine.”
“Io non riesco a capire con che coraggio tu voglia dar via il tuo bambino in quel modo.”
“E io non riesco a capire in che modo tu sia così menefreghista e non pensare nemmeno ad un secondo a lui. Lui è il motivo per cui sto facendo tutto questo, perché voglio dargli una bella vita, perché voglio che cresca con dei genitori che possano dargli tutto.”
“Non importa quanto speciali siano, non saranno mai i suoi veri genitori.”
“Oh cresci! Solo perché non lo hanno concepito, non significa che non lo ameranno e se ne prenderanno cura come se fosse biologicamente loro. Il solo motivo per cui tu lo voglia tenere è per una tua idea e lo è.”
“E l’unico motivo per cui tu non voglia tenerlo è perché non ti importa abbastanza di lui per voler essere suo genitore.”
Il respiro mi si bloccò in gola, i miei occhi si restrinsero, e un’equa porzione di rabbia e di dolore si insinuò dentro di me, facendo così accumulare lacrime nei miei occhi per quella che era la centesima volta quel giorno. Ancora una volta riuscii a farle tornare indietro, comunque. 
“Non ti permettere di dire una cosa del genere, Harry,” dissi, la mia voce fredda, ma anche tremolante con sentimenti repressi al suo interno.
“Sono l’unico qui che ha un essere umano che sta crescendo dentro di se,  sono l’unico che lo sente scalciare, sono l’unico che gli parla, che canta con lui, che lo fa calmare e tranquillizzare ogni notte, e sono l’unico che deve sopportare tutta questa merda che mi circonda, cosciente del fatto che non importa quanto lo ami e non importa quanto voglia tenerlo, io non sarò mai in grado di dargli la bella vita che merita. Quindi non te ne uscire con questa stronzata e non ti permettere di insinuare che non mi importi di lui, Harry. Non ti permettere nemmeno per un fottuto secondo.”
Il resto del ritorno in macchina fu trascorso in silenzio e l’istante esatto in cui Harry svoltò la via di casa, saltai fuori dalla macchina e iniziai ad incamminarmi verso casa, con l’intenzione di andare il più lontano possibile da Harry. Cioè, beh, ‘il più lontano possibile’ significava camera mia. Ma ovviamente la porta era chiusa, e siccome che l’unico ad avere le chiavi era Harry, non ebbi altra scelta se non quella di aspettarlo, così da aprire per me. Il secondo dopo che lo fece, comunque, mi catapultai virtualmente lontano da lui e verso la mia stanza, ignorando il suo supplichevole “Lou...”
Era una vergogna che non avessi nemmeno le chiavi per chiudere la porta della mia stanza perché, davvero non avevo nessuna intenzione di essere in compagnia da un momento all’altro. Fortunatamente mancavano ancora un paio di ore prima che qualcuno ritornasse a casa e se fossi stato estremamente fortunato, Harry se ne sarebbe andato per seguire l’ultima lezione di scuola della giornata. 
Mi sdrai sul letto con cura, raggomitolandomi di lato con la schiena rivolta verso la porta e stringendo forte il mio stomaco, poi emisi un profondo sospiro.
“Pensa che a me non importi nulla di te, piccolo,” biascicai. “Questo è quello che il tuo papà pensa di me, che sono così senza cuore da non importarmene nemmeno di te.”
Deglutii per rimuovere il groppo in gola che si era formato.
“Non lo penserai un giorno, vero? Che io... ti abbia dato via perché a me non importasse nulla di te? So che molto probabilmente tu non mi stai sentendo e se lo stai facendo, non mi capiresti, ma ti amo tanto e v-voglio che tu lo sappia. Per l’amore che provo per te, vorrei tenerti e crescerti e conoscerti, ma sarebbe così da egoisti se lo facessi. Non ho nemmeno finito il liceo, non ho un lavoro, non ho soldi, non ho nemmeno amici che mi possano aiutare e non ho nemmeno una famiglia che mi stai accanto. Avresti una vita miserabile con un genitore come me e questo è- questo è quello che fa schifo più di qualsiasi altra cosa, sapere che non sarei un buon padre per te, che non sarei in grado di tener cura di te.”
 “E adesso il tuo papà inoltre pensa che non ti voglia. E questo fa male. Fa davvero male sapere che non si fidi di me nel fatto che io sia una buona persona,  perché lo sono, so che lo sono. Forse sono un fenomeno da baraccone, ma non sono senza cuore e non sono un criminale. Non quando ci sei di mezzo tu, e nemmeno quando c’è di mezzo lui. V-vi amo entrambi allo stesso modo. Ma il problema è che entrambi non lo saprete mai; tu non lo saprai perché probabilmente non avrò l’opportunità di dirtelo, e Harry non lo saprà mai perché sembra... sembra che non voglia saperlo. Lo sa, ma credo che non voglia capire per davvero e sembra che non abbia nemmeno nessun desiderio di scoprirlo.”
Un paio di calci vennero dati in risposta ed emisi una risata strozzata.
“A volte mi chiedo se davvero tu riesca a sentirmi quando parlo con te perché ogni volta che lo faccio inizi a calciare,” dissi.
“O forse anche perché tu voglia un po’ di pace e tranquillità, e calciare è il tuo unico modo per dirmi di stare zitto.”
Mi fermai lì, feci una breve pausa solo per ammirare il mio stomaco, vedere quanto fosse rotondo e... gravido, e il semplice modo in cui il mio braccio aderisse su di esso. Stavo per aprire di nuovo bocca quando le mie orecchie captarono un suono e voltai il mio sguardo dietro le mie spalle.
Harry era lì, appoggiato allo stipite della porta e un piccolo, impercettibile cipiglio era lì in mezzo alle sue sopracciglia. Mi rovesciai dall’altra parte e lo fissai ansiosamente per un secondo.
“Da quanto tempo sei lì?” chiesi.
“Da abbastanza tempo,” fu tutto ciò che disse. Passarono un altro paio di secondi di silenziose occhiate prima che si spostasse dalla stipite della porta e iniziasse a camminare verso il mio letto. Si fermò lì, occhieggiandomi per un momento prima di sedersi immediatamente e procedendo a sdraiarsi di lato. Il suo stomaco sfiorava il mio e i nostri visi erano solo a un paio di centimetri l’uno dall’altro, sforzandoci di mantenere un contatto visivo.
“Mi dispiace,” disse dolcemente, i suoi occhi supplichevoli. “Mi dispiace per... beh, lo sai.”
Sospirai un po’ e volsi il mio sguardo verso il basso.
“Quante volti ti aspetti che io ti perdoni, Harry?”
“Non mi aspetto che tu mi perdoni, ma ho bisogno che tu sappia che mi dispiace.”
Sospirai un’altra volta e dopo alzai lo sguardo verso lui.
“Sai, se questa fosse stata la prima volta che mi avessi detto qualcosa... fuori linea, avrei detto che fosse okay e che avremmo potuto sorvolarci,” dissi.
“Ma tu- ogni volta che sei turbato, arrabbiato, triste o qualcosa del genere, qualche commento superfluo esce sempre fuori e ogni volta che succede, chiedi scusa. Ed è una cosa bella che tu capisca che hai appena detto o fatto qualcosa di stupido e che riguardi te, ma devi smetterla di farlo. Non è giusto, nessuno di questi scivoloni che ogni volta fai sono giusti e, un giorno, ti ritroverai nella merda per colpa loro.”
“Lo so,” borbottò. “So che devo... pensare di più prima di parlare, ma solo- mi dispiace, okay? Per ogni commento cattivo che ti ho fatto in passato, mi dispiace davvero.”
Sorrisi debolmente.
“So che sei-” 
Guardai verso il basso giusto in tempo che la sua mano raggiungesse la mia ed emisi un sospiro di contentezza quando intreccio le nostra dita e fece posare le nostre mani sul mio stomaco. Trascorremmo un paio di minuti semplicemente sdraiati in quel modo, guardando l’un l’altro e senza che nessuno proferisse una singola parola.
“Non ti... non ti perdonerò questa volta,” dissi alla fine.
Non parve stupito affatto, un tantino deluso forse, ma non sorpreso.
“Okay,” disse semplicemente e strinse le nostre dita ancora più forte.
“Dire che non mi importa di mio figlio, Harry?”
Gli indirizzai uno sguardo incredulo.
“È un po’ troppo fuori linea che- non lo so nemmeno. Credimi quando dico che voglio tenerlo, lo voglio così dannatamente, ma so che non sarebbe la migliore decisione da fare per te, per me o per lui, e desidero che tu la veda da questo punto di vista.”
“Non sono d’accordo con te,” disse cautamente, come se stesse cercando di non pestare i miei piedi. “Non sono d’accordo con te affatto. Penso che possiamo dargli perfettamente una vita meravigliosa, e non sto dicendo questo perché non riesco a sopportare il fatto di darlo a qualcun altro; lo dico perché onestamente credo che sia vero.”
Scossi la testa, ma fu un gesto indifferente e lo sguardo che gli indirizzai era supplichevole.
“Harry, per favore,” sussurrai raucamente.
Scosse la testa, impedendomi di continuare.
“Lascia perdere tutto il resto per adesso,” disse. “Non voglio litigare di nuovo, non adesso.”
Lasciar perdere tutto il resto per quanto tempo esattamente? Meno di un mese a partire da adesso, il bambino sarà nato. Meno di un mese era tutto quello che rimaneva per la fine di questo... qualsiasi modo esista per definirlo, ed era così dolorosamente evidente che avessimo ancora due o tre questioni da chiarire.
“Ce ne occuperemo dopo che avremmo visto il dottore, okay?” aggiunse.
Pensai fra me stesso che posticipare questo probabilmente non era una buona idea, non a questo punto, ma ero stanco, mi sento come se volessi dormire e piangere o forse entrambi, e non volevo che Harry si arrabbiasse o che si turbasse con me, quindi annuii e risposi con un sussurro “okay”.
Sorrise e avvicino il suo viso ancora un po’ più vicino al mio, sfiorando in modo esitante con le sue labbra al di sopra delle mie per un secondo o due, facendomi bloccare il respiro in gola, prima di sporgersi e unire le nostre labbra. Non durò molto, ma la mano che stava ancora tenendo stretta la mia, si posò sulla mia guancia e il bacio di se per se fu così dolce e gentile che una lacrime scivolò giù dalla mia guancia, posandosi sul materasso.
“Dormi, amore,” biascicò e baciò ancora una volta le mie labbra.
Con una strana sensazione di soddisfazione che eruppe dalla bocca del mio stomaco, mi affrettai ad abbassarmi e ad appoggiare la mia faccia sotto alla guancia di Harry, posando la mia mano libera sul suo petto.
Dormire sembrava essere una cosa giusta.
Il resto di quel discorso non proprio. 



HI FELLAS! 

Direi che di tempo ne è passato parecchio dall’ultima volta, in effetti...
Dovrei scusarmi per la milionesima volta, ma come dice Louis, non se ne può proprio più ahahahahah
Ovviamente colpa della scuola, anche perché non ho avuto un attimo di respiro dal 10 settembre, cose da pazzi! Comunque è inutile lamentarsi, la pacchia non durerà poco.
PASSANDO A QUESTO CAPITOLO: SIAMO GIÀ AL 31°, DOV’E ANDATO A FINIRE IL TEMPO?! 
Io muoio, soprattutto negli ultimi, perché ci saranno sorprese sorprese e sorpreseeeee (non tutto rosa e fiori lalalalala).
Detto questo mi faccio schifo sola nel dover lasciare uno spazio autrice/traduttrice/fessa con questa schifezza, ma vado di fretta!
Commentate e scrivete tutto nelle recensioni, e vi risponderò lì!
AH!
 UN GRAZIE MILLE SEMPRE A TUTTI COLORO CHE CI SEGUONO, COMMENTANO E SFOLLANO CON QUESTA STORIA, VI AMO SIETE LA MIA LIFE(???) E BACI BACI DA ELEFAAAAANTE (cosa diamine sto scrivendo...).

A presto x.

Ana.
  
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