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Autore: LeMuseInquietanti    12/10/2008    2 recensioni
SPOILER ULTIMA PUNTATA DELLA QUARTA SERIE << resta con me >> sussurra House, ma non è certo d’aver gridato. Le mani si toccano e si allontanano, Amber sparisce sotto un cumulo di vetri, quella carcassa a quattro ruote si ribalta su un fianco, House spicca un salto nel vuoto, per un attimo la sua gamba non è più un impedimento…
Genere: Triste, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Greg House, James Wilson
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Amber.

Di cosa è fatto il mio ciondolo?

Gli occhi azzurri, vacui, per una volta non riescono a penetrare la barriera, non affondano nella verità, un velo dorato sembra nasconderla, cosa significano quelle parole?

House, guardami, di cosa è fatto il mio ciondolo?

Non lo sa, ha appena subito un duro colpo alla testa, e sembra che il suo cervello ospiti l’allegra famiglia Wilson, moglie e marito, pateticamente felici, altezzosamente al di sopra di lui, lui che resta infelice e fa di tutto per perseverare in questa condizione.

Un medico non può farsi coinvolgere, se ha il compito di salvare vite come lui.

Ma gli sorgono spontanei mille dubbi: il ciondolo,una donna… cosa significa? Un enigma eterogeneo, fatto di pezzi mai così semplici al punto da risultare banali. House si è imbottito di Vicodin e pillole per accelerare il battito cardiaco, quell’immersione nella sua memoria labile e nebbiosa gli potrebbe causare un arresto cardiaco.

Ma c’è in ballo una vita, un medico, anche se stronzo e drogato, deve sempre agire per salvare il paziente.

Contro l’etica, contro la professione, contro ogni chimera razionale o immaginaria eretta dall’uomo.

Gli occhi di House fissano le labbra della donna. Assomigliano a quelle della Cuddy, ma speculare su quanto sarebbe bello sfiorare quelle labbra gli pare per una volta davvero impossibile. Anche l’istinto si arrende davanti alla morte, disintegrandosi e sparendo nell’infinito.

Di cosa è fatto quel ciondolo?

Deve rispondere, perché il dolore continua ad aumentare

Quel ciondolo… resina?

Perché non avere risposte è la vera malattia da cui l’uomo deve essere guarito, e House ha giurato di trovare sempre una risposta

La collana che luccica nella notte, su quel pullman maledetto è d’un arancio che tende al dorato. Antico e moderno si sfiorano sul collo di una donna misteriosa. Il suo viso non ha caratteristiche note, potrebbe essere quello di qualunque donna. Ma l’insistenza è tipica solo delle bastarde tagliagole, quelle che spremono gli uomini e poi li incastrano. Quelle degne di essere sposate, insomma.

House spalanca gli occhi.

Ambra.

La chiave dell’enigma.

<< Am…ber… >>

La chiave dell’enigma.

 

Apre gli occhi, e una massa di capelli corvini, setosi e ricci gli oscura la vista. Le labbra di una donna sulla sua bocca per una volta non gli provocano la minima reazione, se non stupore estremo. Scoprire poi che le labbra che avverte sono della Cuddy sì che gli causerebbero un attacco cardiaco.

Se già il suo cuore non si fosse fermato.

E sta per fermarsi ancora, ma prima deve comunicare la notizia.

<< Amber >> sussurra, cercando Wilson con lo sguardo. Un nuovo dolore gli riempie l’anima, quella parte creata dal cervello e non ancora sondata che gli uomini si ostinano a chiamare spirito, ciò che non esiste ed è astrazione di un profondo bisogno di risposte.

<< cosa? Dopo un attacco cardiaco hai il coraggio di pensare a mia moglie? Allora stai bene >>

<< non sta bene. È lei la ragazza dell’incidente! Lei quella che dobbiamo salvare >>

L’ambra del ciondolo non lo vuole abbandonare, Cameron e tredici lo guardano spaventate, quando impareranno a negare l’evidenza anche di fronte alla morte?

Poi un nuovo salto nel passato. Un auto che si schianta contro il pullman, Amber balzata in aria, la testa che si frange contro un vetro spesso, il suo corpo che cade in mezzo al corridoio, l’autista che perde il controllo del mezzo, un nuovo schianto, il bastone che vola nell’aria, le persone che si afferrano l’una alle gambe dell’altra, frammenti di vetro che piovono da tutte le parti, i suoi occhi che incontrano quelli di Amber, la signora Wilson, le mani che si cercano e si aggrappano. Le scosse continuano, la gente grida, le mani si stanno per toccare, le lampadine al neon che illuminano i viaggi notturni si spaccano sulle loro teste, aste metalliche si staccano da ogni parte, cadono addosso agli uomini, carne al macello rigata di sangue.

<< resta con me >> sussurra House, ma non è certo d’aver gridato. Le mani si toccano e si allontanano, Amber sparisce sotto un cumulo di vetri, quella carcassa a quattro ruote si ribalta su un fianco, House spicca un salto nel vuoto, per un attimo la sua gamba non è più un impedimento…

<< non mi guardate come se fossi uno a cui hanno appena ricucito e rianimato! Amber potrebbe essere in grave pericolo. Wilson, per favore, ascoltami >>

Gli occhi di Wilson si fanno rudi e profondi, acquitrini in cui ristagna a galla l’inquietudine.

<< cosa dice la cartella della ragazza non identificata, 13? >> chiede House, di nuovo.

<< donna tra i venti e i trenta, una voglia sulla spalla. Amber ha una voglia sulla spalla? >>

<< oh mio dio >> Wilson brancola disperato, si accascia sulla sedia, fissa disperato la Cuddy e House < ed ora dov’è? Dove? >>

<< non lo tormentare, James >> sussurra la Cuddy, ma la voce si infrange mentre House tenta di muoversi. << andiamo a cercarla, ogni momento è necessario a salvarla >>

<< l’hanno già trovata >>

Chase appare, l’espressione illividita disegnata sul viso. House sbotta innervosito. << e allora cosa fate ancora qui? lesbica e biondo platino andatela a recuperare. E voi alzatemi di qui >>

Ma la Cuddy dagli occhi del mare placido gli preme una mano sul torace.

<< tu non pensare nemmeno di muoverti >>

House sorride mesto << non mi piacciono le donne di potere. Vogliono sempre stare sopra >> ma la battuta si perde, sbattendo con la sua testa sul pavimento stretto e freddo del pullman.

Che Amber fosse morta, Wilson lo comprese troppo tardi. Non se ne capacitò quando la vide sul lettino candido dell’ospedale, in quella stanzetta pericolosamente vicina all’obitorio, un’accortezza della Cuddy che certamente Wilson avrebbe trovato davvero un estremo gesto di umanità verso un paziente che di umano conservava solo le ultime gocce di sudore e pianto. In altri casi, perché riferito a sua moglie, la sua quasi ex moglie e non per una volta dal punto di vista strettamente legale, quel gesto assumeva connotati oltraggiosi, sporchi, offensivi ed incomprensibili per la sua ragione.

Non che di ragione gliene fosse rimasta molta, da quando quell’idiota di House aveva trascinato in un pub la povera Amber, quella zavorra storpia che si divertiva sporcandosi l’anima con nottate brave e battute sconce aveva condiviso con la dolce, intelligente, amatissima Amber gli ultimi istanti di gioia che le erano stati concessi. Lui le aveva parlato al telefono per l’ultima volta, lui l’aveva condotta nella bocca del lupo, involontariamente, ma ineluttabilmente. Era colpevole di averle marchiato la pelle con lividi che non se ne sarebbero mai più andati. Quelle cicatrici, si disse James con un rancoroso rammarico nel petto, si sarebbero presto tramutate in piaghe scavate dal lento deterioramento della fossa.

Lei sarebbe morta e lui non avrebbe potuto più lavarla, come allora stava facendo.

Wilson prese il corpo gelido della moglie, lo strofinò con mille accortezze contro il ruvido asciugamano che una schiera di infermiere aveva brandito solo una ventina di minuti prima. Volevano pulire loro quel corpo adorato, cospargerlo con creme che lo preservassero quasi vivo per le 24 ore in cui l’ospedale si riservava di trattenere la salma. << sono il marito, e sono un medico. Faccio io gli onori >> aveva replicato lui, annaspando per trattenere le lacrime.

E così l’aveva adagiata su un lettino, l’aveva spogliata, con lo stesso sentimento con cui aveva tentato di sedurla la prima volta, e aveva contemplato la florida bellezza del suo corpo, baciandole ogni centimetro del collo, e del braccio, senza accorgersi di star ansimando, di averla coperta di lacrime. Anche nel pianto Wilson si chiedeva perché mai Amber fosse tanto gelida, doveva aver problemi di circolazione, o chissà cosa. Le avrebbe fatto delle analisi, e poi l’avrebbe portata a cena, come facevano sempre di mercoledì. E anche se ormai era giovedì nessuno poteva impedirgli di essere romantico con sua moglie, colei che, stavolta se lo sentiva, non avrebbe mai potuto abbandonare.

James le sorriso curiosamente, prendendole una mano e adagiandosela sulle guance. Freddo che penetra l’irrazionalità.

Le scostò i capelli dal volto puntellato di lividi bluastri, vedendo per l’ultima volta gli occhi da sirena che lo avevano rapito tempo addietro, derubandolo del suo tempo, del libero arbitrio e di ogni facoltà mentale di cui un medico, in qualsiasi momento dovrebbe potersi vantare. Contemplò le belle pupille incastonate in un tale mare artico, adesso assomigliavano ad un vortice invalicabile, un buco nero in cui la materia veniva inghiottita, una stanza di antimateria senza vie di fuga, dove il panico e l’illogico dominavano sovrani. Com’era possibile osservare tutto questo e non strapparsi il cuore, non sentirlo esplodere, non vederlo fermarsi, come  poteva lui adesso non morire se l’unica persona che lo rendeva davvero felice lo aveva adesso abbandonato? Semplice, bastava essere convinti come lui che Amber era ancora a casa, forse a preparargli una qualche sorpresa, lei sapeva come ravvivare la loro relazione, lei sapeva così tante cose di lui da fargli temere che oltre ad averle donato il cuore lei si fosse impossessata anche della sua essenza.

E chi era quella donna i cui occhi chiusi parevano potessero bucare le palpebre ed additarlo con la loro saggezza superiore, con la consapevolezza che adesso possedevano, ora che tutto era divenuto chiaro e la luce la si poteva contemplare senza abbassare lo sguardo, chi era la profetessa avviluppata dal mantello solenne della morte? Wilson non la riconosceva, ma assomigliava tanto a qualcuno di noto. Per un po’ perse anche il malumore, svestendosene allegramente, e si chiese che fine avesse fatto il resto dell’ospedale e cosa ci faceva lui con una morta mezza nuda stesa su un lettino. Forse era una sua paziente che aveva chiesto di essere vegliata da lui, l’oncologo più comprensivo del reparto, alla resa dei conti?

Adesso poco importava cosa diamine fosse successo, doveva aver preso sonno, una vera scortesia per la bionda defunta, ma in fondo lei avrebbe compreso, l’umanità è tanto fragile da risultare ridicolmente buffa. Si chiese da quanto tempo non mangiasse, puzzava anche se si odorava bene, e poteva aver passato intere giornate in quel loculo asettico, nel ventre dell’ospedale.

Wilson ebbe improvvisamente voglia di un contatto che non fosse muto e freddo, era stanco di guardare quella bambola addormentata, gli metteva ansia e allo stesso tempo l’attraeva. Non doveva più guardarla, sua moglie non avrebbe gradito di sentirlo rigirarsi nel mezzo della notte nel letto. Improvvisamente si sentì sporco e colpevole, sentì necessità di tirarsi su il morale. E solo una persona riusciva a farlo sentire normale, quando James aveva la sensazione di essere un vero mostro.

Perché solo contemplando un peggio più profondo del nostro ci si sente sul picco del sommo bene. Aveva bisogno di House, così lasciò la stanzetta e imboccò il corridoio principale. Era mattina inoltrata, e il personale vagava con l’aria concentrata nel corridoio. Wilson si stupì di tanta efficienza, non c’era nemmeno Chase a fare scommesse ad ogni angolo, né la Cuddy strapazzava le infermiere che spesso e volentieri spiattellavano. L’ospedale era pieno di vita, gli piaceva quando il caos sembrava dominarlo.

Raggiunse lo studio di House, intercettò la pallina scacciapensieri del medico, si accomodò sulla bella poltrona di pelle, le gambe elegantemente spaparanzate sulla scrivania. Prese a lanciarla per aria, colpendo rabbiosamente il soffitto.

<< i funerali sono stati fissati per dopodomani, la dimetteremo tra poche ore >>

Wilson udì la voce di Tredici bisbigliare debolmente, scossa come una bambina punita duramente dai genitori. << non dovrebbero trattenerla così tanto, si sa di cosa è morta >>

<< è la prassi, ecco tutto >>

<< sì, ma è una pena passare per quel corridoio, sapendo che lei è là e giace esanime e… povero Wilson! >> James riconobbe Allyson, singhiozzava reggendosi al ragazzo, tredici tracciava piccole circonferenze ideali come la punta dei piedi, gli occhi sul pavimento. << la cosa peggiore è sapere che da adesso tutto cambierà. Loro non saranno mai più gli stessi. D’altronde come potrebbe perdonare House, dopo quello che è accaduto? >>

Chase parlava di qualcosa, ma Wilson non sapeva proprio a cosa si riferisse. Solo c’entrava la donna dai capelli biondi stesa sul lettino della stanza vicina all’obitorio, la sirena sfortunata dagli occhi astuti e distanti.

<< ed ora House è in rianimazione, e Wilson potrebbe perdere entrambi gli unici amori della sua vita >>

<< cosa intendete dire,con questo? >>

Tredici arrossì violentemente quando lo vide avvicinarsi, Cameron e Chase biascicarono parole indistinguibili << non dovresti essere qui >> si risolse a rispondere la ragazza << dovresti essere con lei. O con lui >>

<>

Tredici lo fissò spaventata << come? Non… non ricordi nulla? >>

Lui scoppiò a ridere << e di cosa dovrei ricordarmi? >>

continua......................
  
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