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Autore: Zamy123    12/10/2014    1 recensioni
'Un vincitore non ha nulla da dire a un perdente.'
“Che senso ha continuare...” ripeté Kise afflitto dal ricordo di quella partita.
Si infilò le scarpe da basket e presa la palla, uscì raggiungendo il campo da basket poco distante da casa sua.
“Un'ultima volta. Poi non le userò più. Ho chiuso con il basket.” esclamò rivolgendosi quasi al canestro che si stagliava nel cielo ancora azzurro.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Daiki Aomine, Numero Due, Ryouta Kise, Taiga Kagami, Tetsuya Kuroko
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Erano passate ormai due settimane da quella dolorosa sconfitta. Kise era riuscito a convincere Kasamatsu a intensificare gli allenamenti. Non si sarebbe lasciato mettere i piedi in testa da quel bastardo. Lo odiava. Lo odiava perché Kise in cuor suo sapeva di non poterlo raggiungere.

Aomine sarebbe sempre stato un passo avanti a lui.

Entrò in casa e cacciò la borsa in un angolo per poi accasciarsi sul divano sfinito.

Lui gli aveva fatto amare il basket. Lui l'aveva aiutato quando non ce la faceva. Lui gli aveva insegnato tutto. E ora si odiavano.

'Che senso ha continuare?' mormorò piano cercando di trattenere le lacrime. Quel momento gli tornò in mente: riverso sul pavimento, con le gambe completamente distrutte, avrebbe voluto piangere, ma non poteva, non davanti a lui. Non gli avrebbe dato questa soddisfazione. Ma Kasamatsu... 'Non hai niente da rimproverarti! Hai giocato bene!' gli aveva detto. E le lacrime si erano liberate. Ma non era solo quello: le parole di Aomine e il suo sguardo sprezzante. Erano nella sua testa e rimbombavano come se fossero state urlate in quel momento:

'Un vincitore non ha nulla da dire a un perdente.'

“Che senso ha continuare...” ripeté Kise afflitto dal ricordo di quella partita.

Si infilò le scarpe da basket e presa la palla, uscì raggiungendo il campo da basket poco distante da casa sua.

“Un'ultima volta. Poi non le userò più. Ho chiuso con il basket.” esclamò rivolgendosi quasi al canestro che si stagliava nel cielo ancora azzurro.

Era quasi un'ora che andava avanti e indietro per il campo, quando la flebile voce di Kuroko lo risveglio dal suo mondo.

“Kise-kun. Che ci fai qui?” mormorò piano avvicinandosi. Accanto a lui trotterellava allegro Numero Due.

“Kurokocchi!” esclamò con il suo solito buon umore di sempre.

“Giochi a basket? Posso unirmi a te?” domandò calmo Kuroko con un sorriso.

“Si. Ma... Kagamicchi?”

“Ha paura di Numero Due e non è voluto venire con me.” fece il ragazzino mogio. Kise si chinò carezzando Numero Due, che apprezzò felice le coccole che riceveva.

Kise e Kuroko giocarono a basket per il resto del pomeriggio, carichi come quando erano ancora alla Teiko. Kuroko capì, però, che il suo amico aveva qualcosa di strano e con aria innocente chiese:

“È successo qualcosa, Kise-kun?”.

Il più alto lo guardò, stupito dall'intuito del ragazzo e gli raccontò della partita di quel giorno e di cosa Aomine gli aveva detto, senza tralasciare la decisione che aveva preso quel pomeriggio stesso.

“Non puoi farlo!” esclamò Kuroko come risvegliato dal suo sonno. “Non puoi mollare il basket. Il fatto che Aomine-kun sia più forte di te dovrebbe spronarti a dare il meglio finché non riuscirai a batterlo. Credimi, Kise-kun, se c'è qualcosa che ami davvero è il basket. E Aomine-kun.”

Kise sgranò gli occhi, fissando stupito Kuroko: quel piccolo ragazzino dai capelli azzurri gli aveva praticamente letto nel cuore.

“Aominecchi? Non hai capito quello che mi ha detto alla partita? Non sono che un perdente. Non ha niente a che spartire con uno come me. Un perdente come me.” mormorò Kise guardando il canestro e tenendo la palla stretta tra le mani.

“Credi che Aomine-kun lo abbia detto con lo scopo di odiarti?”

“Si. Non c'è altra spiegazione...”

“Perché non glielo chiedi?” gli chiese Kuroko, prendendo in braccio Numero Due che iniziava ad avere nostalgia di casa.

“Chiederglielo?” ripeté Kise “Se ho conosciuto bene Aominecchi in questi anni, so per certo che se una cosa non gli va a genio lo dice subito e chiaramente.”

“Meglio ancora” sospirò Kuroko recuperando la felpa nera, bianca e rossa della Seirin. “Non ti mentirà!”

“Hai uno strano modo di sollevare il morale della gente.” gli urlò di rimando Kise mentre Kuroko si allontanava agitando la mano.

'Cosa costa provare? Al massimo mi beccherò un pugno in faccia.' sospirò il biondo incamminandosi verso la casa di Aomine.

 

Dal canto suo, anche Aomine non faceva che ripensare alle parole che Kise gli aveva detto quella sera:

'Ecco perché smetto di ammirarti...'

Perché ancora ci pensava?! Smettere di ammirarlo, poi? Questo era impossibile: non aveva mai avuto bisogno dell'ammirazione di nessuno e nemmeno si era accorto dell'ammirazione di Kise.

Si alzò svogliatamente dal divano e gironzolò per la casa vuota senza una meta. Cosa stava aspettando? Kise? Decise di doverla piantare in fretta; il suo ricordo non gli faceva che male.

Aveva impressi nella mente gli occhi penetranti del ragazzo che lo fissavano con disapprovazione.

Si lasciò cadere contro la porta e si mise le mani tra i capelli corti e blu: cosa gli stava succedendo? Questo non era lui... non era lo stesso Aomine Daiki che aveva battuto il Kaijo e aveva detto quelle cose a Kise. Ma allora quale dei due era il vero Aomine Daiki?!

Mentre tutti questi pensieri cercavano di farsi spazio nella mente di Aomine, il campanello suonò.

Kise.

“Aomine, devo chiederti una cosa...” mormorò la voce di Kise da fuori.

Stupito che Kise non lo chiamasse più con quel nome ridicolo disse secco:

“Cosa vuoi?”

“Parlarti guardandoti in faccia.”

Non poteva, aveva un orgoglio da difendere, non si sarebbe fatto vedere in quello stato pietoso.

“Ti prego...” aggiunse il biondo fuori dalla casa “È importante!”

Aomine aprì leggermente, in modo che lo vedesse, ma che l'altro riuscisse a vedere non più di metà del suo viso.

“Dimmi.”

Kise capì che non poteva pretendere più di così perciò gli chiese:

“Tu mi odi?”

La domanda colpì violentemente Aomine che non poté che dirgli:

“Ma sei scemo? Perché dovrei odiarti? Tu piuttosto.”. Aomine prese fiato e continuò:

“Smettere di ammirarmi? Non sono io a odiare te, ma viceversa.”

Kise rimase fermo davanti alla porta con il volto basso senza mostrarlo all'altro.

“Che hai ora?” chiese Aomine con il suo solito tono fiacco.

“Sei un idiota, Aominecchi...” mormorò Kise fra i denti.

Il ragazzo dai capelli blu sgranò gli occhi stupito quando Kise mollò un calcio alla porta facendolo indietreggiare. Fece irruzione in casa e lo prese dalla maglietta:

“Hai idea di come mi sia sentito in queste settimane?” urlò Kise “Hai una vaga idea dello stato in cui sono stato al solo pensiero che la persona che mi aveva insegnato tutto del basket mi odiasse? Sono arrivato a promettermi di non giocare mai più a basket per questo... Te ne rendi conto?!”

“Perché dovrei odiarti?” lo fermò Aomine stringendogli i polsi in modo che Kise non potesse più strattonargli la maglietta.

Kise, nonostante ci fossero solo pochi centimetri di differenza tra di loro, nel guardarlo in faccia si sentì piccolissimo.

“Perché dovrei odiarti, Kise?” ripeté senza lasciargli libere le mani.

“Perché ho perso.” rispose deciso Kise, con l'intenzione di tenergli testa.

“Potevi fare di più?” gli chiese Aomine, stranamente comprensivo. Kise si accorse che si stava avvicinando, quindi indietreggiò quanto poteva, finché la sua schiena non toccò la porta. Bloccato dal massiccio corpo di Aomine, Kise abbassò lo sguardo evitando di guardarlo e rispose:

“Potevo vincere. Potevo batterti.”

Aomine gli lasciò i polsi, ma solo per bloccargli le vie di fuga, sia a destra che a sinistra, puntando le mani contro la porta. Sorrise e mormorò:

“Idiota. Quante volte te l'ho detto? L'unico che può battermi sono io...” e concluse quella frase baciando il ragazzo che aveva davanti. Kise tremò quando le labbra di Aomine si schiusero sopra alle sue, ma non riusciva a muoversi, dato che, non solo l'aveva bloccato con il suo corpo alla porta, ma gli aveva anche preso le mani tra le sue in modo che non potesse muoversi.

“Come mi hai chiamato prima, Kise?” gli chiese quando si staccò da lui rimanendogli però ancora vicinissimo.

“Idiota?” tentò Kise con un sorriso.

“'Aominecchi'.” rivelò il ragazzo. Kise non se n'era accorto.

“Aominecchi...” ripeté il biondo. “Sul serio ti ho chiamato così?”

“Sei senza speranze, Kise...” sospirò Aomine guardandolo negli occhi.

“E tu non cambierai mai!” ribatté Kise cercando di spostare il corpo del ragazzo.

Aomine rise e gli carezzò la schiena tirandolo a sé: “Mi stai respingendo?! Eppure sembrava piacerti il bacio di prima!”. Con una naturalezza impensabile, fece scorrere la mano sotto la maglietta del biondo, provando un piacere immenso quando Kise fremette al suo tocco.

“Allora ti piace, eh?” esclamò Aomine avvicinandosi all'orecchio del ragazzo e aggiunse: “Ah Kise: hai notato che non ti sto più bloccando?”

Kise, dopo quelle parole si risvegliò quasi e notò che aveva le mani libere. Aomine si allontanò leggermente da lui come per lasciarlo respirare e con un sorriso disse:

“Se vuoi andare, sei libero di farlo.”

Kise rimase in piedi appoggiato alla porta senza sapere cosa fare. Voleva rimanere lì con lui, ma non per un' ora o due. Per sempre. Ciò che Kise provava per Aomine non era solo ammirazione, ma anche puro e semplice amore.

“Altri cinque secondi di esitazione e mi sentirò obbligato a tenerti qui per sempre, Kise.” disse Aomine ricominciando ad avvicinarsi.

Kise non si mosse: voleva lasciare a lui la prossima mossa, qualunque essa fosse.

Inaspettatamente da ciò che Kise si immaginò, il ragazzo dai capelli corti blu si avvicinò, velocissimo, e lo strinse a sé. Tremando dall'emozione, Kise gli posò le mani sulla schiena e sussultò quando la profonda voce di Aomine mormorò nel suo orecchio:

“Fammi una promessa, Kise. Promettimi che mai, mai abbandonerai il basket. Che non ti darai mai per vinto. Come quegli interi pomeriggi alla Teiko... Promettimelo.”

Era strano che proprio lui, proprio quell' Aomine Daiki gli avesse detto una cosa simile. Perché gli sembrava così diverso da sempre? Che fosse la sua presenza? Kise non riusciva a spiegarselo, ma per un verso quel lato dolce di Aomine lo faceva impazzire.

Si lasciò sfuggire un sorriso e annuì, sperando con tutto il cuore che Aomine non lo lasciasse.

“Idiota...” aggiunse poi il biondo “Non potrei mai abbandonare il basket. Sarebbe come abbandonare te!”

“Allora non abbandonarmi...” fu la risposta svelta dell'altro.

Kise credette di aver capito male: seriamente aveva sentito proprio quelle parole?

“Aominecchi, sei... sei strano oggi.” azzardò il ragazzo a bassa voce.

“Non farci l'abitudine, Kise. Sarebbe noioso essere sempre dolce. Per questo sono così infame.”. Alzò il viso staccandosi dal biondo per guardarlo meglio negli occhi, poi aggiunse: “Ma se si tratta di te... allora le cose cambiano!”.

A quel punto Kise diede sfogo a tutte le sue lacrime e si fiondò tra le braccia di Aomine, pronte per accoglierlo e consolarlo. Mai avrebbe creduto possibile una cosa simile, mai avrebbe pensato di amarlo così tanto.

“Ormai è buio, Kise.” osservò il ragazzo dagli occhi blu, girando lo sguardo verso la finestra. “Perché non rimani a dormire qui, stanotte?”.

Kise sentì il suo cuore battere fortissimo, così forte che pensava che potesse sentirlo anche Aomine, ma in fondo non gli importava: era felice.

“Aominecchi, domattina andiamo al campo da basket?” chiese con un sorriso.

“D'accordo.”

 

“Stai migliorando, ma non riuscirai mai a raggiungermi!” lo schernì Aomine vedendolo ansimare seduto sulla panchina.

Kise bevve un lungo sorso d'acqua e ribatté: “Ci sarà sempre una prima volta! Anche tu un giorno sarai sconfitto!”

Aomine fece una smorfia ed esclamò: “Idiozie!”.

Improvvisamente un abbaiato insistente attirò l'attenzione dei due ragazzi. Kise riconobbe subito Numero Due che, allegro come sempre, l'aveva riconosciuto e ora trotterellava verso di lui.

“E quel sacco di pulci cos'è?” chiese Aomine vagamente geloso delle attenzioni che Kise dava al piccolo cucciolo.

“Sacco di pulci? Ma guardati te, barbone!” lo rimproverò Kise proteggendo il cagnolino e carezzandolo con la mano.

“Per me resta sempre un sacco di pulci!” sospirò Aomine.

“Si, su una cosa sono d'accordo con te...” esclamò una voce poco lontano.

“Sei solo geloso. Se ti sforzassi di coccolarlo un po', ti vorrebbe bene!” ribatte una voce più flebile ma ferma.

“Kagamicchi?!”

“Tetsu?!”

I due si avvicinarono alla coppia già all'interno del campo e li raggiunsero.

“Mi dispiace!” si scusò Kuroko “Kagami-kun non è riuscito a tenere Numero Due ed è scappato.” e detto ciò lanciò uno sguardo di rimprovero al più alto.

“Mi ha abbaiato contro e io l'ho lasciato andare...” replicò lui.

“Ti ha solo leccato!” esclamò Kuroko esasperato.

Numero Due intanto si godeva le attenzioni di Kise, accoccolato tra le sue braccia.

“Ha uno sguardo malefico...” convenne Aomine guardando storto il cucciolo.

“È quello che dico sempre anch'io!” esclamò Kagami accennando un sorriso tirato.

Mentre Kagami e Aomine decisero di allenarsi un po', Kuroko si avvicinò a Kise e gli chiese:

“Hai parlato con Aomine-kun ieri sera?”

Kise avvampò al pensiero della sera precedente, ma riuscì a concentrarsi e rispose:

“Si. Come sempre, avevi ragione tu, Kurokocchi!”.

Il ragazzo dagli occhioni azzurri sorrise e disse:

“Te lo dicevo! Aomine-kun non potrebbe mai odiarti! Sono sicuro che in fondo ti vuole bene!”

“Lo penso anch'io!” mormorò Kise a bassa voce trattenendo a stento un sorriso traditore.

All'improvviso, Numero Due saltò giù dalle gambe di Kise e saltellò euforico verso Kagami e Aomine che, appena lo videro, si fermarono di colpo e lo fissarono, uno con odio, l'altro con terrore.

“Un giorno o l'altro anche Kagami-kun imparerà ad amare Numero Due. Nel frattempo devo solo aspettare!” esclamò Kuroko alzandosi e recuperando il cucciolo.

Sia Kagami che Aomine si fermarono, raggiungendo gli amici.

Kuroko, poco prima di lasciare i suoi due ex compagni di squadra, si girò verso Kise e gli sussurrò:

“Tu non ci crederai, Kise-kun, ma io ho capito molto più di quanto immagini. Te l'avevo detto che lo amavi, no?”. Gli fece l'occhiolino e salutandoli come se niente fosse, corse via con Numero Due, precedendo Kagami.

“Che ti ha detto Tetsu?!” chiese Aomine quando i due ragazzi se ne furono andati.

“Niente. Diciamo che ha capito tutto!” esclamò Kise con un sorriso, mentre si metteva la felpa.

“Tutto? Tutto cosa?” aggiunse il ragazzo preoccupato. Il biondo rise e lo baciò velocemente sulle labbra. Iniziò ad avviarsi, ma Aomine lo raggiunse in fretta pretendendo spiegazioni:

“Dovrei preoccuparmi, Kise? Avanti, cosa ha capito?”.

Kise guardò ancora il canestro alle loro spalle e rispose:

“Molto più di quanto immaginiamo. Aveva capito tutto ancor prima che lo capissimo noi...”

  
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