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Autore: Hanairoh    13/10/2008    4 recensioni
Edward se n'è andato. Ha lasciato la sua Bella per consentirle di vivere una vita umana e felice. Ma Bella, quella vita non la vuole; e ha deciso di gettarla via. Perché a che serve una conchiglia se la perla al suo interno ha perso quella lucentezza che la rende tanto pregiata? Dedicata a tutte coloro che avrebbero preferito un altro finale per New Moon.
Genere: Triste, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Isabella Swan
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Melodia di morte
 
 
 
 
Caro papà,

per favore, non piangere quando leggerai queste parole.
I mesi che ho trascorso qui a Forks sono stati i più belli della mia vita; sei stato un padre esemplare per me, anche se non molto loquace e presente.
Ti prego, non pensare che il mio gesto sia dovuto a causa tua.
Una volta mi hai detto che, quando la mamma se ne andò, portandomi con sé, passasti un brutto periodo. Ma la mia, purtroppo, è una situazione completamente diversa; non posso dirti il perché. Anche se i Cullen se ne sono andati, non tradirò mai il loro segreto, che custodisco gelosamente da mesi.
Cerca di capire, te ne prego.
Prima di salutarti, però, vorrei che tu facessi una cosa per me, se non è chiedere troppo: semmai scoprissi questo segreto, non fare cose stupide. Non spaventarti, ma soprattutto non dirlo a nessuno, tantomeno alla mamma.
Un'ultima cosa. Salutami Jacob, Billy e tutti i miei amici; di' a Renée di non piangere e di essere forte. E che auguro a lei e a Phil tutta la felicità possibile.
Capisco la tua rabbia verso i Cullen, ma ti prego, non odiarli. Loro non c'entrano niente con la mia decisione, hanno solo cercato di proteggermi. So che possa sembrarti ridicolo, ma è così.
Per favore, cerca di perdonarli. E, insieme, cerca di perdonare me.
Ti ho voluto bene, te ne voglio e sempre te ne vorrò.
Addio. Perdonami,

tua Bella

 

Posai la lettera sulla scrivania e la rilessi per l'ennesima volta. Mi sembrava andasse bene, ma allo stesso tempo avevo paura che quelle parole potessero ferire mio padre più di ogni altra cosa.
Sospirando, ripiegai il foglio con cura e lo misi in una busta, che sigillai. Quando Charlie l'avrebbe trovata, sarebbe stato troppo tardi per fermarmi.
Lasciai la lettera lì, poggiata accanto al mio vecchio computer; accanto, in pila ordinata, ce ne erano altre, ma non erano per la mia famiglia. Erano destinate a delle persone che, nero certa, non avrei mai più rivisto, persone a cui volevo bene, che rappresentavano la famiglia che non avevo mai avuto.
I Cullen.
Le lettere erano in tutto sette. Una per ognuno di loro.

Carlisle. In un certo senso, il mio secondo padre. Compassionevole, il più umano tra i vampiri...

Esme. La dolce Esme, materna e amorevole, mi aveva sempre trattata come una figlia...

Emmett. Il più scavezzacollo e giocherellone tra i suoi fratelli, forzuto e gentile, il mio fratello maggiore...

Rosalie. La bellissima e scostante vampira, l'unica dei Cullen con la quale non fossi riuscita a stabilire un rapporto...

Jasper. Carismatico e silenzioso, non lo ritenevo affatto responsabile di quello che era successo quella maledetta sera a casa Cullen...

Alice. L'allegra ed esuberante vampira, simile ad un folletto, che ogni giorno mi costringeva a conciarmi come una bambola, la mia migliore amica, la mia sorellina...

Ed infine lui.

Edward. Il mio miracolo personale, la perfezione fatta persona, un angelo. Credevo che il nostro amore sarebbe sopravvissuto a qualsiasi ostacolo, anche alla morte.
O almeno, così credevo.

Perché in seguito si era dimostrato una persona molto diversa da quella che sembrava.

Non più un miracolo, ma una maledizione destinata a perseguitarmi per l'eternità.
Non più così perfetto, ma un ipocrita che pensa solo a sé stesso.
Non più un angelo, ma un demone deciso a trascinarmi nei meandri più oscuri dell'inferno.
Un bugiardo. Un bellissimo e dannatissimo bugiardo.
Era proprio a causa della sua ipocrisia, della sua falsità, se avevo deciso di violare la promessa. Di porre fine a questa inutile vita vuota.
A che serve una conchiglia se la perla, al suo interno, ha perso quella lucentezza che la rende tanto pregiata?
A niente.
Per questo avevo deciso di morire, possibilmente senza soffrire troppo.

Lentamente, mi tolsi il pigiama; sotto indossavo i jeans e un maglione di lana. Presi le lettere e le infilai nella tasca della giacca, attenta a non stropicciarle.
Cercando di non fare rumore, scesi le scale, saltando l'ultimo gradino, scricchiolante, tenendomi ben stretta alla ringhiera.
Una volta nell'ingresso, cercai, a tentoni nell'oscurità, la fondina che Charlie teneva appesa all'attaccapanni. La trovai e, dopo averla sganciata, estrassi la pistola.
Era una Calibro 22; ultimamente, Charlie aveva preso l'abitudine di inserire la sicura, prima di riporla al suo posto. Forse aveva capito quali fossero le mie intenzioni, o forse aveva qualche vago sospetto.
Sorrisi tra me e me. Era tutto inutile.
Prima di rubare l'arma, mi ero ben documentata; sapevo perfettamente come togliere la sicura e come usare una pistola.
Silenziosamente, uscii di casa e, correndo, raggiunsi il pick-up. Il rumore era, come al solito, infernale, e per un attimo temetti di aver svegliato mio padre. Ma non mi fermai a controllare, non avevo tempo. Mancavano poche ore alla mezzanotte, e non ero sicura che Charlie non sarebbe venuto a controllarmi, anche se negli ultimi mesi aveva smesso di farlo.
Guidai a tutta velocità -quella massima consentita dal motore del pick-up- sull'autostrada, cercando di non pensare a ciò che stavo per fare.

Dopo poco più di un'ora, giunsi al limitare della foresta e imboccai l'ormai familiare sentiero per villa Cullen.

 

Non ricordavo che il vialetto fosse così lungo, eppure erano passati pochi mesi dall'ultima volta che lo avevo percorso: pochi mesi, certo, ma a me erano sembrati anni. Strano come il tempo passi quando l'unica cosa che desideri è chiudere gli occhi e non riaprirli mai più.

 

Il profilo dell'imponente costruzione ottocentesca si stagliava contro il cielo nero. La sensazione di déjà-vu era fortissima: anche quella notte mi trovavo sola, nel cuore del bosco, senza godere del conforto della luna, mia compagna di giochi e testimone del mio dolore.
Ogni notte, durante i miei sogni tormentati dai suoi ricordi, la luna assisteva a quello spettacolo, tentando, seppure invano, di confortarmi, di consolarmi, di alleviare le mie sofferenze con la sua luce argentea, simile a quella emanata dalla pelle dei vampiri se esposta alla luce del sole.

Mi asciugai le lacrime, che avevano preso a scorrere lungo il mio pallido e anonimo viso, con un gesto secco.
Come potevo piangere, ora che il mio desiderio stava per essere esaudito, ora che la tanto sospirata pace era a portata di mano? Non ne avevo alcun motivo.
Forse piangevo perché sapevo che tra poco avrei sentito di nuovo la sua voce, anche se per l'ultima volta.

Ero dentro; la porta principale era, come avevo sperato, aperta, ricoperta da un soffice strato di muschio che ogni tanto s'interrompeva e lasciava spazio a doppi rami d'edera selvatica.
I mobili erano proprio dove li ricordavo, solo erano stati ricoperti da candidi lenzuoli di lino, ormai anneriti dalla polvere e dal tempo. Sotto di essi, scorgevo il profilo del divano su cui tante volte mi ero addormentata, le sedie di legno massello su cui mi ero seduta, e altri piccoli oggetti che i Cullen non avevano portato con sé.
Prima di agire, decisi di rivedere le loro stanze.
Carlisle ed Esme avevano portato quasi tutto dalla loro sanza, tranne il lampadario, che ora pendeva dal soffitto, vittima inerme del gelido vento che soffiava attraverso gli spifferi delle finestre.

La camera di Rosalie ed Emmett era proprio come me la ricordavo; disordinata anche in quella desolazione che mi faceva venire voglia di piangere, urlare e strapparmi i capelli.
Quella di Alice era rimasta quasi uguale a prima; immaginavo che, maniaca dello shopping com'era, avesse preferito ricomprare tutto. Sorrisi ripensando a tutte le volte che mi aveva trascinata in giro per Port Angeles alla ricerca di un abito per me...
Visitai tutte le altre camere, lasciando la sua per ultima.
Spalancai la porta ed entrai.
Il divano di pelle nera era ancora lì, addossato al muro, e ricoperto da un lenzuolo. La vasta collezione di CD era sparita, assieme allo stereo, quello che non avevo mai toccato per paura di romperlo.
Ma ciò che mi colpì e mi provocò una fitta al cuore furono quelle foto appoggiata sulla scrivania, e ricoperte da uno spesso strato di polvere.
Una ritraeva me in abito formale, come al solito rossa in viso. Ricordavo bene quella sera: eravamo andati in un ristorante di Seattle a mangiare. O meglio, io avevo mangiato e lui pagato il conto, con mia grande disapprovazione.
Un altra mostrava me e lui abbracciati e sorridenti. La sua perfezione era indescrivibile, eppure ero certa che quell'immagine non gli rendesse giustizia.

Basta!, pensai, cercando di ignorare lo stupido pulsare della voragine che mi squarciava il petto. Non posso più vivere di ricordi. Non posso più vivere...
Diedi un'ultima occhiata alla stanza e scesi di sotto. Avevo già deciso dove farlo.


Eccolo lì, coperto da lenzuola bianche, elegante e dalle forme sinuose.
Tante volte avevo visto Edward chino su quel meraviglioso pianoforte d'epoca; ricordavo la prima volta che lo avevo visto suonare, le sue lunghe dita che correvano veloci sui tasti d'avorio, la dolce melodia che ne scaturiva e che si diffondeva nell'aria...
Tutti ricordi. Ricordi dolorosi, che mi facevano male, che mi mozzavano il respiro...ma che presto avrei perso.
Mi avvicinai al rialzo su cui era poggiato lo stumento e, con un solo movimento, feci scivolare via il panno che lo ricopriva.
Ma non potevo rimanere ad ammirarlo; il tempo stringeva, e forse Charlie si era già accorto della mia fuga.
Con cautela, mi arrampicai sul piano...e attesi.

Bella! Ma cosa pensi di fare?!
Dio, come mi era mancata quella voce melodiosa e vellutata! Anche arrabiata, era adorabile.
Cosa voglio fare? E' semplice. Voglio suicidarmi.
Non puoi!
E perché?, domandai scettica.
Quando rispose, la sua voce era incerta, come se le parole da lui stesso pronunciata non lo convincessero più.
Perché...perché...non puoi! Ricorda la promessa che mi hai fatto! Niente di insensato o stupido!
Quasi non scoppiai a ridere. Proprio lui veniva a parlarmi di promesse!
Mi spieghi perché dovrei mantenere una tua promessa, se tu per primo non ne hai mantenua nessuna! Dicevi di amarmi, e mi hai ripudiata.
Dicevi che non mi avresti mai lasciato, ed ora sono qui da sola.
Dammi una ragione per cui non dovrei farlo.

Il suo ruggito mi fece sussultare. PERCHE' NON PUOI, DANNAZIONE! HAI PROMESSO!
Sorridendo, lo ignorai e presi le lettere dalla tasca.
Ti prego, fa' che i tuoi familiari le trovino, fu l'ultima cosa che gli dissi.
Meno male che il ruggito era solo dentro la mia testa! Altrimenti qualcuno avrebbe potuto sentirlo...
NO! Bella, ti prego...fallo per me...ti prego! A questo punti, la disperazione nella sua voce era evidente.
Non lo ascoltai. Poggiai le lettere sul seggiolo, mi stesi sul piano ed estrassi la pistola.
Mi bastava solo togliere la sicura, e allora tutto sarebbe finito.
Le sue urla disperate mi impedivano di concentrarmi, ma alla fine ci riuscii.
Un'ultima cosa, Edward. Porgi le mie scuse a tutti gli altri. Vi ho voluto bene...Detto questo, mi portai la pistola al petto.
NO! BELLA, NO! NO, NO, NO, NO NO!
Chiusi gli occhi...e premetti il grilletto.
Un colpo solo...e non pensai più.
Sentii soltanto la pallottola che veniva espulsa con un gran botto, la mia carne lacerarsi, il sangue caldo scorrere...nient'altro. Il mio corpo cadde inerme sui tasti del pianoforte, schiacciandoli e producendo un suono argentino che si propagò nell'aria.
La mia personalissima melodia di morte.
Persino in un frangente come quello, mi sentivo...felice. Felice come non lo ero da tanti mesi.

Addio, ti amo, pensai.

L'ultima cosa che avvertii fu un gemito disperato e qualcosa di ghiacciato che mi sfiorò la fronte.

 

Angolo dell'autrice:

 

Allora...questa è stata la mia prima one-shot in assoluto, e ho deciso solo adesso di pubblicarla anche qui. E' in pratica un finale alternativo di New Moon: non ho affatto gradito la trovata della Meyer sulla scogliera, perciò ho pensato ad un'altra situazione, un altro luogo per Bella dove uccidersi. E quale luogo migliore del pianoforte di Eddino caro? Wow, sono stupita dal mio stesso sadismo. Matreeeeeeeeeeeeeeeeeee! *stile Jean-Claude* Essendo la mia prima one-shot non dovrebbe essere un granché, però sto cercando di migliorare il mio stile.
Ringrazio tutti coloro che hanno letto e recensito Somebody help me e Numb . Inoltre, sappiate che non ho affatto abbandonato la mia ff a  capitoli I fantasmi del passato: il capitolo è in fase di stesura, quindi non dovrei metterci molto a postare.
A presto (si spera),
 
Hanairoh/Holly/Oriana (che casino!! XD)
 

 


 

 







 

 


 
  
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