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Autore: Hikikomori    13/10/2014    2 recensioni
Questa storia è stata scritta ipotizzando la reazione del Dottor Doofenshmirtz nello scoprire di soffrire di una malattia incurabile e la reazione della sua nemesi/amico Perry l'ornitorinco. Il titolo è volutamente ispirato alla canzone Hurt di Christina Aguilera, immaginando potesse essere Vanessa a dedicarla al padre una volta conclusasi la sua battaglia, nonostante ella non appaia fisicamente nella storia.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Heinz Doofenshmirtz, Maggiore Monogram, Perry
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Hurt

 
In una giornata di mezza estate, avvolta nel caldo afoso del mese di luglio, Danville riposava silenziosa sotto i raggi del sole. I suoi abitanti, al fresco dell'aria condizionata nelle loro abitazioni, si godevano appieno l'ozio delle vacanze estive: chi sonnecchiava sul divano, chi si rilassava davanti alla tv, seguendo pigramente i talk show del pomeriggio, chi ancora si dedicava ai propri hobby. Ognuno di loro era immerso nel proprio paradiso personale, e niente al mondo avrebbe potuto turbare quella quiete guadagnata dopo mesi di lavoro o di studio.
Tutti erano tranquilli... tranne uno. 
Col suo cappello di feltro sistemato sulla testa, a passo felpato e guardingo, Perry l'ornitorinco si preparava ad entrare in azione. Era riuscito ad allontanarsi furtivamente dallo sguardo dei suoi due giovani padroni e, prontamente, era scivolato all'interno di uno dei numerosi passaggi segreti nascosti nella sua abitazione, catapultandosi così di soppiatto nella base segreta, nella quale veniva ormai convocato regolarmente dal Maggiore Monogram, con lo scopo di fermare i piani malvagi del Dottor Doofenshmirtz. 
Da anni ormai, si destreggiava abilmente nei ruoli di animale domestico e agente segreto, facendo combaciare questa sua doppia vita in modo impeccabile. Nessuno degli esseri umani che viveva la quotidianità con lui aveva mai sospettato nulla a proposito delle sue improvvise sparizioni e lui, d'altro canto, era abilissimo nell'eludere la loro sorveglianza e a non farsi scoprire. 
Quel giorno, perciò, non si aspettò nulla di diverso e, ormai avvezzo ai suoi doveri, Perry si preparò ad ascoltare i nuovi ordini del suo superiore. Si aspettava i soliti sospetti del Maggiore Monogram sui comportamenti bizzarri di Doofenshmirtz e, come al solito, era pronto a mettergli i bastoni tra le ruote... 
Ma quel giorno ci fu qualcosa di diverso.
Infiltratosi nella base segreta, Perry si trovò ad ascoltare le direttive del Maggiore, il quale appariva come mezzo busto nel monitor di un computer. L'uomo, illustrò Perry su alcuni atteggiamenti sospetti del Dottor Doofenshmirtz e, nonostante la sua voce tradiva in lui una certa titubanza, cercò di mantenere il suo solito tono serio e composto: "Agente P, nelle ultime ore Doofenshmirtz ha acquistato una dose eccessiva e quindi sospetta di antidolorifici e antiblastici, non sappiamo cos'abbia in mente, devi infiltrarti nel suo appartamento e scoprire quali siano le sue intenzioni".
L'ornitorinco, seduto su di una sedia girevole rossa, situata davanti allo schermo, rimase in silenzio a fissare negli occhi il suo superiore, con un'espressione interrogativa sul volto. Di conseguenza, Monogram si schiarì la voce e, sentendosi un po' in difficoltà davanti allo sguardo sospetto dell'agente segreto, proseguì: "Questi sono gli ordini, Agente P, dopo tutte le malefatte di quell'uomo abbiamo il diritto di sospettare di ogni suo gesto fuori dall'ordinario!". 
A questo punto, Perry non esitò più: liquidò il Maggiore con un saluto militare e si precipitò fuori dalla base segreta, diretto all'edificio nel quale viveva Doofenshmirtz. 
Mentre si dirigeva a destinazione si trovò a pensare a cosa avesse spinto il suo nemico a comprare tutti quei medicinali. Era abituato alle sue spese bizzarre, con lo scopo di costruire altrettanto strane invenzioni nel tentativo di conquistare Danville e dintorni o anche solo per soddisfare qualche sua vendetta personale contro la società o contro il suo odiato fratello minore, sindaco della cittadina. Ma a cosa gli sarebbero serviti dei farmaci? Rientravano forse nell'ambito della droga? Questo pensiero lo fece allarmare particolarmente e, sistemandosi al meglio il cappello di feltro sulla testa, accelerò il passo verso la sua destinazione.

Seduto su di una poltrona, con le braccia appoggiate sui braccioli, il Dottor Doofenshmirtz rivolgeva lo sguardo al pavimento. La disperazione e il senso di impotenza che lo attanagliavano, erano celati abilmente a chiunque lo guardasse: l'espressione sul suo volto era sì malinconica, ma, all'apparenza, calma e tranquilla; con gli occhi socchiusi e il corpo rilassato, sembrava fosse sul punto di addormentarsi.
Eppure, in realtà, l’orecchio era teso e attentissimo al minimo rumore. Aspettava l'arrivo di qualcosa, o meglio, di qualcuno. 
Sospirò: alzandosi dalla poltrona, appoggiò le braccia dietro la schiena e si diresse verso una grande finestra che si affacciava sulle strade della città. Il sole era alto nel cielo e, con una mano, si coprì gli occhi per difendersi dai suoi raggi che picchiavano contro i vetri. Le vie erano deserte e, distrattamente, il dottore si sollevò una manica del camice per controllare che ore fossero dal suo orologio da polso.
"Dovrebbe essere già qui, è in ritardo" - pensò tra sé e sé.
Ma la sua attesa non durò ancora a lungo. 
Aprendo la porta con un calcio ben assestato, Perry l'ornitorinco balzò al centro della stanza. Cercò immediatamente con lo sguardo la sua nemesi e, una volta individuata, si portò istintivamente in una posizione di combattimento, pronto a difendersi. 
L'uomo non reagì. Da circa 4 anni, Doofenshmirtz e Perry erano acerrimi rivali: l'uno sempre intento a commettere crimini e ad attuare piani di vendetta, anche se per il più delle volte erano azioni innocue, mentre l'altro sempre pronto ad interferire con le sue malefatte, mandando puntualmente a monte i suoi piani. 
Il loro rapporto era strano: erano uniti da un legame di amicizia e odio costruito negli anni e, nel bene e nel male, l'uno non poteva fare a meno dell'altro. Perry, serio e diligente com'era, provava una sorta di tenerezza nel vedere i tentativi goffi di Doofenshmirtz per farsi notare da una società che per troppe volte lo aveva lasciato indietro e Doofenshmirtz, sentendosi spesso solo e incompreso, trovava nella tacita compagnia della sua nemesi, un'ottima valvola di sfogo per tutte le sue frustrazioni, delusioni ed emozioni che difficilmente era riuscito ad esprimere apertamente nel corso della sua vita.
L'uomo era solito accogliere il suo rivale con una trappola, che lo avrebbe temporaneamente paralizzato il tempo sufficiente per esporgli la sua nuova invenzione, o Inator come il dottore era solito apostrofarle, tramite la quale avrebbe cercato di mettere a soqquadro la pacifica cittadina di Danville per i suoi scopi personali. L'ornitorinco, d'altro canto, riusciva sempre a liberarsi in tempo, riuscendo così a fermarlo prima che potesse uscirne trionfante, con grande frustrazione dell’uomo.
Quella volta andò diversamente: nessuna trappola o congegno erano stati elaborati con lo scopo di fermare l'animale e, guardandosi intorno, Perry poté notare che non era stato costruito nemmeno un Inator. L'agente era perplesso, ma non per questo meno previdente; osservò la sua nemesi scrutandone i lineamenti: in lui c'era qualcosa di diverso, qualcosa di triste... qualcosa di malato.
Doofenshmirtz si voltò a guardarlo e accennò ad un sorriso: il viso pallido, le occhiaie scure e gli occhi infossati contraddirono l'espressione sul suo volto e Perry, guardandolo, non poté fare a meno di fare un passo indietro.
Il dottore non sembrò badargli e iniziò a parlare col suo pronunciato accento tedesco: "Ah, Perry l'ornitorinco non startene lì in piedi che mi metti agitazione! Ecco, siediti pure sul divano, non fare complimenti!". 
L'ornitorinco seguì il suo consiglio e, senza distogliere lo sguardo dall'uomo, si sedette sospettoso. Doofenshmirtz continuò, con un tono di voce pacato:
"Ti chiederai come mai non ti ho accolto con una delle mie solite trappole o che fine avrà fatto il mio nuovo Inator ma, per questa volta..." - sospirando, si interruppe - "... o meglio, credo che per un bel po', se non per sempre, ne dovrò fare a meno". 
Perry inclinò la testa di lato, come per cercare di capire meglio cosa il suo rivale stesse cercando di dirgli e, incapace ad esprimersi a parole, batté velocemente i denti, producendo così una sorta di ringhio, volto a chiedere spiegazioni.
Doofenshmirtz tornò a guardare fuori dalla finestra chinando il capo, e per un attimo restò in silenzio. L'ornitorinco rimase seduto, ma non ricevendo alcuna risposta, ringhiò nuovamente con fare più insistente.
Il dottore alzò la testa e, con le spalle rivolte verso all'agente, proseguì: "La verità è che sto morendo, Perry l'ornitorinco".
L'animale sgranò gli occhi e balzò in piedi: aveva sentito bene? Doofenshmirtz aveva veramente detto quelle parole? Immobile, fissò la schiena del dottore senza emettere un suono ma, quando fu sul punto di avvicinarsi a lui, l'uomo si girò di scatto e Perry indietreggiò; il volto di Doofenshmirtz era rigato dalle lacrime e stringeva con forza i lembi del suo camice bianco: aveva cercato di mantenersi forte, di sorridere, non voleva crollare davanti al suo nemico, ma il dolore lo aveva sopraffatto e non si trattenne più: "Oh mio dio, Perry l'ornitorinco, è terribile! Di solito si pensa che possa accadere a qualcun altro, a una persona che odi, a volte addirittura sei tu stesso ad augurarlo, sperando che si avveri, ma... - balbettò, quasi come se avesse paura delle sue stesse parole - "ma... ma... non pensi che proprio a te possa venire un tumore, Perry l'ornitorinco!". Detto questo si coprì il volto con le mani e non si trattenne più: scoppiò a piangere e cadde sulle ginocchia singhiozzando disperato.
Perry lo fissava esterrefatto: Heinz Doofenshmirtz, la sua nemesi, la persona con cui aveva trascorso più tempo in assoluto dopo i suoi padroni, colui che aveva imparato a conoscere così bene e a prevedere ogni sua mossa... il suo, in fondo, amico, stava morendo. Alla vista di tanta disperazione, a Perry si strinse il cuore e anche lui fu sul punto di piangere, ma si trattenne: almeno lui doveva dimostrarsi forte.
Si avvicinò a lui, gli appoggiò una zampa sulla spalla e, sommessamente, gli ringhiò qualcosa. Sembrava che l'uomo avesse compreso cosa stesse cercando di dirgli e, cercando di ricomporsi, provò a rispondergli "Purtroppo no, Perry l'ornitorinco, gli Inator sono inutili contro una malattia così degenerativa. Credimi, le ho provate tutte, sono rimasto sveglio notti intere cercando di capire quale meccanismo, quale congegno potessi inventare anche solo per rallentare di un po' il decorso del tumore, ma non c'è stato nulla da fare. Ci sono cose che nemmeno la scienza più sofisticata riesce a spiegare" - Si tolse un fazzoletto dal taschino del camice e si asciugò gli occhi - "E' in testa, sai? Proprio qui" - picchiettò l'indice della mano destra sul lobo frontale - "ed è all'ultimo stadio, i medici dicono che non c'è più niente da fare". 
Doofenshmirtz si alzò, barcollando lievemente e Perry, istintivamente, lo sorresse. L'uomo, quasi non badandogli, proseguì: "Vanessa quando l'ha saputo si è messa a piangere, poverina, eppure non viene più a trovarmi. Sua madre dice che stare in mia compagnia la rende triste e non vuole shockarla più del dovuto e quindi ha pensato di farla stare lontana da me. Come darle torto: quale adolescente sceglierebbe di passare i weekend di fianco al padre malato, in un ambiente saturo di disperazione e malattia piuttosto che restare con i propri amici?" - Heinz cercò di sorridere nuovamente - "E' giovane, Perry l'ornitorinco, non è colpa sua. A quell'età ci si vuole divertire, non si ha voglia di restare coi vecchi, figuriamoci se moribondi, non la biasimo per quello. La mia ex moglie ha detto che mi starà vicino, che mi curerà al meglio e questo lo apprezzo... “ – Tacque un attimo, per poi riprendere – “E invece sai che ha detto quell'insolente di mio fratello Roger?".
Perry scosse la testa; il tono di voce di Heinz si fece più arrabbiato ed esasperato: "Gliel'ho detto per telefono! Charlene ha insistito tanto perché lo dicessi anche lui ma, detto fra noi, se fosse stato per me non gli avrei detto nulla, non volevo la sua pietà! Beh, ha avuto la faccia tosta di dirmi "Mi dispiace, Heinz, c'è qualcosa che posso fare per te?". 
Strinse nuovamente i pugni, questa volta per la rabbia e sbottò: "Qualcosa per me?! Cosa diavolo vorresti fare per me, dannato bastardo?! Sei sempre stato una spanna... ma che dico, anni luce davanti a me, il preferito di mamma, l'orgoglio di papà, sindaco della città di Danville, amato e rispettato da tutti e per me non hai mai avuto riguardi! Mi hai sempre lasciato nell'ombra di me stesso, mi hai portato via l'affetto dei miei genitori, hai sempre avuto tutto quello che desideravo io... e ora mi dici che ti dispiace e che vorresti fare qualcosa per me, per starmi vicino? Vai al diavolo, Roger!". Detto questo, colto dalla disperazione e dall'odio, scaraventò a terra con un colpo di mano alcuni soprammobili situati su di una mensola, distruggendoli.
Perry balzò sul posto, spaventandosi, ma poi si precipitò al fianco dell'uomo, il quale si era nuovamente accasciato sul pavimento, piangendo. Questa volta, appoggiò entrambe le zampe sulle sue spalle e lo scosse lentamente ringhiando più forte del solito per sovrastare così il suono dei suoi singhiozzi. L'ornitorinco aveva un'espressione di dolore sul volto e sentiva dentro di sé un senso di impotenza: per quanto avrebbe voluto, non c'era nulla che potesse fare per sollevare il morale di un uomo che stava morendo.
Heinz, tra i singhiozzi, cercò di calmarsi e si sforzò di non piangere più. Si mise più composto e si rivolse a Perry: "Perdonami Perry l'ornitorinco, ultimamente mi trovo a comportarmi in modo sempre più bizzarro, non mi riconosco quasi più." Perry fece il segno con la zampa di non preoccuparsi e lo invitò a continuare. "Come ti dicevo, non voglio la pietà di Roger, non voglio che mi guardi scuotendo la testa provando pena per me e scusandosi per non essere stato presente nella mia vita. Voglio farcela da solo, con le mie forze, come ho sempre fatto in tutti questi anni" - proseguì - "Sai Perry, ai miei genitori non ho detto nulla, non so come potrebbero prenderla. Non so nemmeno se si preoccuperebbero più di tanto per me, ma hanno una certa età e in un modo o nell'altro non vorrei agitarli... se non ci penserà mio fratello, io li terrò all'oscuro di tutto".  
Doofenshmirtz si alzò da terra e incrociò le braccia con lo sguardo rivolto verso il nulla: "Le nostre battaglie finiscono qui, Perry l'ornitorinco. Non cercherò più di conquistare Danville e dintorni, non attuerò più nessun altro piano di vendetta, non rovinerò i discorsi al pubblico di mio fratello Roger, non cercherò di invertire la rotazione della Terra, non cercherò di convocare sulla terra gli alieni con la musica scoperta in una piramide egizia, non cercherò di allargare il buco nell'ozono, non farò più niente di niente. Probabilmente ti affideranno un'altra nemesi da combattere, ma, da parte mia, ti giuro solennemente che non ti arrecherò più alcun disturbo! Puoi dimenticarti ufficialmente della mia faccia e del mio nome! Sei libero, Perry." - e detto questo, si sforzò di ridacchiare.
Perry, da parte sua, lo fissò negli occhi con un'espressione fiera e gli occhi lucidi, sforzandosi di non piangere. Non voleva compatirlo, sentiva di provare per lui un grande rispetto e dentro di sé era stupito nel vedere di quanta forza era capace il suo rivale il quale, all'apparenza così fragile, nascondeva dentro di sé un coraggio e una tenacia invidiabili. D'istinto, si portò la mano sulla fronte, volto a fargli un saluto militare, guardandolo fieramente.
Doofenshmirtz ne fu sorpreso, ma in positivo. Sorridendo, ricambiò il saluto e gli disse: "Heh, questo non me lo aspettavo! Stammi bene, Perry l'ornitorinco. Sei stato e sarai sempre la nemesi migliore che io potessi avere!".
Perry gli sorrise e, ringhiando sommessamente, congedò il suo nemico-amico. 
Mentre tornava a casa, il tramonto tingeva di un rosso acceso la città e i suoi palazzi, e un vento caldo si era alzato sul fare della sera. Perry volse un ultimo sguardo all'appartamento di Doofenshmirtz e, con il viso rigato da una lacrima, si tolse il cappello di feltro in segno di rispetto e, quando il vento prese a soffiare più forte, lo liberò in aria, lasciandolo volare via.

   
 
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