Sapore di morte

“Questo è il mio biglietto..”
“Tieni gli occhi fissi su di me”
“Addio John”
Quelle frasi al dottore vengono in mente sempre, in qualunque momento, in qualunque luogo. Lui cerca di scacciarle, di evadere dai suoi stessi ricordi, di trovarsi un rifugio nella sua mente, ma non ci riesce…Rimangono sempre lì indelebili, perfette, può sentire ancora la voce di Sherlock mentre le dice, sa che non spariranno e che si ricorderà sempre tutto, ogni attimo che vorrebbe solo dimenticare.
Cammina per le strade di Londra e sguazza nei suoi stessi ricordi che nei sorrisi che appaiono sul suo viso gli lasciano l’amaro in bocca, perché nulla sarà come prima. Rivede il ristorante, dove c’è stato il primo loro “appuntamento”, passa davanti a New Scotland Yard, un posto dove sono entrati e usciti mille volte, l’Hospedale, il laboratorio, nel quale l’unica occupazione di John era quella di spiare Sherlock al lavoro( “You look sad when you think he can’t see you”) e altri mille posti nelle vie di quella vecchia città.
Arriva all’appartamento del 221B di Baker Street e come ogni volta gli si stringe il cuore, ma non vuole lasciare quella casa, dentro ci sono le cose di Sherlock: il violino e i suoi spartiti che non suonerà più nessuno, la tazza da dove bevevo il the, i cerotti alla nicotina(una scatola ancora piena, che John non ha intenzione di usare), il suo Bleckberry, le dita nel frigo che nessuno toccherà( che vengano pure i vermi) e la vestaglia di Sherlock; John non fa che annusarla, toccarla, osservarla, perché quella è impregnata dell’odore del suo detective, l’odore di casa, l’odore dell’amore.
In ultimo tocca la siringa che c’è sul tavolo, l’ha trovata finalmente: era dentro la credenza in uno scompartimento segreto, tipico di Sherlock.
Ride ora, mentre tira fuori dalla tasca ciò che ha rubato dalla farmacia dei medici nell’ospedale in cui lavora: quattro fiale di morfina. Ride perché se il detective lo vedesse adesso, probabilmente rimarrebbe più stupito che mai. Era John quello forte, era John quello che faceva sempre la cosa giusta, era sempre John che non aveva paura di nulla, era John che si scusava per Sherlock, era sempre John quello maturo…era sempre John perché c’era Sherlock. Ora che l’altro non c’era più, lui si sentiva infranto, rotto, spezzato, a metà. Non si sentiva particolarmente solo, c’erano i suoi amici : Lestrade, Mycroft, Molly, Mrs Hudson, Sara e mille altri, ma nessuno era come Sherlock, nessuno riusciva a completarlo davvero.
Aveva cercato per settimane un coinquilino, tutte le volte trovava qualcosa che non andava e li mandava via infranto. Non sarebbe più riuscito a pagare la casa e in due mesi si sarebbe trovato in mezzo ad una strada, ma non voleva lasciare le cose di Sherlcok, non voleva, sarebbe morto piuttosto.
Va in bagno, prende la vestaglia di Sherlock, se la mette cercando di assaporarne l’essenza e poi ritorna in cucina. Prende la siringa del suo amato detective, la immerge in una fiala, finchè non si svuota del tutto, poi alza la manica, vede la vena e ce la infila dentro. Tutto diventa buio.

“e tu hai una ragazza?”
“Ragazza, non non è io mio genere”
“o certo certo…quindi hai un ragazzo? Guarda che va bene.”
“Lo so che va bene”
“Hai un ragazzo”
“sì..tu John”

Boom, pam,tatatatam, pampampam!
“John dobbiamo andare a prenderlo! Sta morendo!”
“Stanno sparando troppe bombe! Tu rimani qui, vado io!”
Passo, un altro passo…suono schiva bomba, schiva pallottola e …
Cazzo la spalla.

“Tieni gli occhi fissi su di me”
“Questo è il mio biglietto, è questo quello che le persone fanno: lasciano un biglietto.
Addio John”

Addio Sherlock

E poi anche i sogni di John morirono con Sherlock.

Spazio autore:
eccomi qui con un’altra flaschfic di sherlock e John…se vi è piaciuta una recensioncina mi fa piacere J
Vi kisso

xaki