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Autore: Hermione Weasley    14/10/2014    4 recensioni
Lei è in fuga da se stessa. A lui sono stati offerti due milioni di dollari per ucciderla. Ma le mire di qualcun altro, deciso a riunire sei persone che non hanno più niente da perdere, manderanno all'aria i loro piani.
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“Chi cazzo è questo idiota?” Blaterò qualcuno.
“Un forestiere!” Decise un altro.
“Che razza di accento era quello?” Indagò un terzo.
Si sentì spingere bruscamente verso l'arena, senza poter far granché a riguardo. Quando le fu ad un misero metro di distanza, tra le grida che si alzavano dal gruppo, fu la voce bassa e pacata della donna a sovrastare tutte le altre.
“E' l'uomo che mi ucciderà.”

[Clint x Natasha + Avengers] [Dark!AU] [Completa]
Genere: Azione, Malinconico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clint Barton/Occhio di Falco, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Steve Rogers/Captain America, Thor, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Capitolo 8 -

 

 

Se c'era una cosa che Natasha aveva abbondantemente capito, era che l'appetito di Thor non conosceva alcun limite. Che si trattasse di hamburger, sandwich, insalate, merendine o biscotti, il gigante biondo attaccava tutto col medesimo gusto, senza mai averne abbastanza.

Lafitte's offriva piatti tipici della cucina cajun e musica jazz dal vivo... o almeno così annunciava l'insegna. Foto sbiadite appese alle pareti testimoniavano di giorni migliori in cui il legno dei pannelli che ancora rivestivano le pareti doveva essere stato lucido, quando la clientela era composta dai giovani del quartiere, neri e bianchi insieme.

Adesso non restavano che dei vecchi ricurvi impegnati in una rumorosa partita di poker, un paio di avventori del luogo immersi in solitarie riflessioni al bancone, persino qualche turista in posa per farsi ritrarre in questo o quell'angolo caratteristico del pub, sicuramente orgogliosi di essere riusciti a darsi al turismo alternativo, lontani dalle attrazioni più popolari. Le note stonate di una vecchia radio gracchiante raggiungevano i pochi tavoli disposti disordinatamente nelle due stanze adiacenti e comunicanti.

Superato il sospetto con cui li avevano accolti, la cucina si era rivelata essere niente male... o forse avevano tutti e tre troppa fame per permettersi di fare gli schizzinosi.

Fatto stava che Thor aveva spazzolato la sua porzione di gumbo e adesso si stava adoperando ad attirare l'attenzione del cameriere affinché gliene portasse un'altra.

“Se non altro a qualcuno non è passata la fame.” Clint riemergeva solo a tratti dal suo secondo boccale di birra: intervallava un boccone di cibo con due sorsi della sua bevanda ghiacciata preferita.

Dal canto suo, Natasha si stava prendendo tutto il tempo per godersi il suo jambalaya senza rischiare di farsi venire un'indigestione (come Thor) o ubriacarsi prima di riuscire a mettere qualcosa nello stomaco (come Clint).

Se ci fosse stato Ivan, con lei, le avrebbe offerto qualche semplicistica nozione sulla storia del luogo in cui si trovavano, in quel caso la Louisiana, e dei piatti che stavano consumando. Dopodiché le avrebbe fatto delle domande a tradimento per assicurarsi che fosse stata attenta. Per questo si sforzava di guardarsi attorno, assorbire tutte le informazioni messe inconsapevolmente in bella mostra... era una delle poche buone abitudini che il padre le aveva insegnato e una di quelle che non aveva intenzione di lasciar cadere, giusto per darsi un'illusione di continuità.

“Che stai cercando?” Le chiese Clint, seguendo la direzione del suo sguardo.

“Niente,” si affrettò a rispondere, riempiendosi la bocca di riso per scoraggiare qualsiasi altro tipo di inquisizione su quella medesima linea.

“C'è una cosa che non mi torna.” Sorprendentemente, la piena attività delle mandibole di Thor non gli impediva di articolare frasi di senso compiuto.

“Spara,” lo invitò l'altro.

“Se ci vogliono offrire un lavoro,” annaffiò quella premessa con un sorso di birra, “perché non sono semplicemente venuti a chiedercelo?”

Natasha lanciò un'occhiata in direzione di Clint, sperando si sentisse in vena di sedare la richiesta di chiarimenti del gigante biondo. Qualcosa le diceva, comunque, che sia lei che il suo futuro assassino erano arrivati alla stessa conclusione (dando per scontato che l'ipotesi dell'offerta di lavoro fosse corretta). L'arciere aveva la fastidiosa abitudine di trovarsi d'accordo con lei su tante, troppe questioni.

“Per farci passare del tempo insieme.” L'uomo non ci mise molto ad accontentarla. “Se abbiamo ragione, immagino si tratti di un lavoro di gruppo.”

“Ha senso,” riconobbe Thor dopo un lungo attimo di silenzio trascorso in quella che le era sembrata una profonda riflessione. “Sono ottimisti.”

“Anche troppo,” convenne Clint. “Devono essere disperati per tentare qualcosa di tanto stupido... e complicato.”

“Avete pensato a chi potrebbe essere?” Natasha si ritrovò a chiedere.

“La mafia?” Teorizzò l'arciere, non molto esaltato dalla prospettiva. “Qualche ricco annoiato che non ha la più pallida idea di come ci si comporta nell'ambiente?”

“Quale ambiente?” Chiese Thor.

“Quello della criminalità più o meno organizzata.”

“E voi due siete esperti del campo...” lasciò la frase in sospeso, spostando l'attenzione alternativamente da Clint a Natasha.

“No,” disse lei.

“Sì,” replicò l'altro, parlando praticamente all'unisono.

Il sincronico tempismo delle loro risposte li costrinse a voltarsi l'uno verso l'altra, scambiandosi un'ostile, occhiata interrogativa.

“Okay, credo che andrò a controllare che fine ha fatto il mio jumbo,” Thor si rimise in piedi, evidentemente deciso a prendersi una pausa dal clima di guerra fredda che serpeggiava tra i due.

“Gumbo,” lo corresse lei un attimo prima che l'uomo si allontanasse in direzione delle cucine.

Tornò sulla sua cena, determinata ad ignorare completamente l'arciere seduto al suo fianco (perché diavolo si ostinava a prendere posto accanto a lei, quello ancora non l'aveva capito). Clint non sembrava intenzionato a lasciar cadere l'argomento.

“Negare l'evidenza non aiuterà proprio nessuno.”

“Quale evidenza?”

“Il fatto che sei una criminale... e anche piuttosto organizzata, mi sembra.”

Natasha si sforzò di pensare ad altro, fingere che Clint non esistesse, non degnarlo neppure di uno sguardo.

“Va bene, magari non sei proprio organizzata, ma lo eri.” Si corresse.

Di nuovo nessuna risposta, lo stomaco che cominciava a contrarsi fastidiosamente per il nervosismo.

“Scommetto che era tuo padre che se ne occupava. Tu ti sei sempre limitata ad eseguire gli ordini.”

“E se anche fosse?” Sbottò, mandando al diavolo ogni singolo proposito di non guardarlo.

“Sei una criminale allo sbando.”

“Smettila.”

“E adesso ti stai accanendo per arrivare alla fine di questa storia nella speranza che dall'altra parte ci sia qualcuno pronto a tirarti fuori da questo... limbo.”

“Non mi trovo in nessun limbo.”

“Oh, eccome se ci sei. Non potevi più vivere con tuo padre, l'hai fatto fuori e solo poi hai scoperto che non puoi vivere nemmeno senza. Hai bisogno di qualcuno che ti dica cosa fare.”

“Io non ho bisogno proprio di niente.”

Clint lasciò perdere la sua birra, abbandonando bruscamente le posate nel piatto per voltarsi del tutto verso di lei.

“Per quale altro motivo vuoi arrivare fino in fondo allora?”

“Voglio capire chi è che mi ha trovata.”

“Io ti ho trovata.”

“Non solo tu, il pacc-”

“Ti sei persino offerta di farti uccidere pur di arrivare fino in fondo.”

La presenza dell'uomo sembrava incombere su di lei, schiacciarla tra il tavolo, la sedia su cui era seduta e la parete retrostante: Natasha cominciò a sentirsi soffocare.

“E con questo?”

“Dico solo che andare alla ricerca di un nuovo padrone potrebbe non essere la risposta.”

“Non rispondo a nessun padrone,” puntualizzò, facendo saettare lo sguardo tutt'attorno, come in cerca di una pronta via di fuga.

“Non vuol dire che tu non ne abbia bisogno.”

“Sta' zitto, Clint,” sibilò, stringendo la presa sul coltello ancora pulito poggiato sul tovagliolo.

“Perché? Non dirmi che non ci hai pensato.” Dovette leggerle qualcosa di compromettente sul volto, perché una certa consapevolezza parve illuminargli lo sguardo un attimo dopo. “Certo che ci hai pensato.”

“Basta.”

“Farti uccidere è la via d'uscita più semplice, giusto? Il tuo piano di riserva.”

“Fottiti.”

“Offendimi quanto ti pare e piace, non cambierà di certo la realtà dei fatti.”

“Clint...” Si sentiva pericolosamente arrivata al limite.

“Non ti rendi conto di quanto sei patetica? Neppure rie-”

“... BASTA!”

Il brusco rumore del coltello che si conficcava nel legno del tavolo a pochissimi centimetri di distanza dalla mano dell'uomo, ebbe l'effetto di attirare l'attenzione dei pochi avventori del Lafitte's.

L'arciere continuava a fissarla, apparentemente affatto turbato da quel violento exploit.

“Dammi un valido motivo per non ucciderti,” sussurrò in tono completamente diverso, senza lasciare andare il suo sguardo neanche per un misero istante.

“Non ce ne sono.” Natasha dovette sforzarsi per articolare una risposta sensata e ancor di più per sostenere l'implacabile inquisizione dei suoi occhi.

“Non ti ricordi di aver ucciso la figlia della Drakov, non ricordi di avermi derubato a San Francisco... o menti oppure...”

“Te l'ho detto, ho una pessima memoria.”

“Stronzate,” liquidò quella spiegazione con una certa urgenza. “Tuo padre ti obbligava a farlo, giusto?”

“No, facevo tutto da sola,” gli fece eco, ostinandosi a negare contro ogni buon senso.

“Bugiarda,” l'accusò. “Ti dava degli ordini, ti manipolava e poi ti faceva dimenticare tutto.”

“No.” Si rimise bruscamente in piedi, rovesciando la sedia alle sue spalle.

“Perché lo stai difendendo?” Le parole di Clint, che sembrava tutto fuorché intenzionato a lasciarla andare, la seguirono mentre guadagnava l'uscita del pub a grandi passi.

Stronzo, stronzo... stronzo. Il cuore le batteva all'impazzata nel petto e lo stomaco le doleva a tal punto da farla sentire sul punto di vomitare.

“Ti ho fatto una domanda!” La voce dell'uomo di nuovo vicina – e lui con quella – la fece sprofondare nell'agitazione più nera.

“HO DETTO BASTA!” Urlò con tutto il fiato che aveva in corpo, scagliandosi contro di lui fino a schiantarlo contro la parete esterna del locale, un braccio premuto sul collo ad impedirgli di respirare agevolmente.

“R-Rispondi!” Nonostante l'agitazione, Natasha non ebbe difficoltà a rendersi conto che Clint si stava trattenendo – seppure a fatica – da qualsiasi reazione inconsulta.

“Se vuoi un motivo per non uccidermi, te lo dovrai cercare da solo!” Più lo guardava e con più ferocia la rabbia le ribolliva nelle vene, facendole perdere progressivamente lucidità.

“N-Non mi...” Clint boccheggiò per qualche istante in cerca di aria prima di afferrarla bruscamente per le spalle, sfruttare la forza delle proprie braccia per invertire le posizioni, schiacciarla contro il muro. “Non mi stai aiutando affatto.”

“Non ho la minima intenzione di aiutarti!” Sibilò in risposta, sentendosi addosso il calore emanato dal suo corpo, l'odore forte della sua pelle, il grigio indistinto dei suoi occhi nei propri... le ci volle un istante per accorgersi della propria eccitazione e uno di più perché la consapevolezza di essere fisicamente attratta dall'uomo che avrebbe dovuto ucciderla si facesse strada dentro di lei. Il che non faceva proprio niente per sedare i suoi più sordidi istinti.

Trattenne il respiro, sentendosi scivolare sempre più a fondo in una spirale che non le era affatto familiare, mentre ogni singola immagine che la sua mente osava proporle la spingeva verso una qualche azione di cui – ne era più che sicura – si sarebbe certamente pentita.

La gabbia delle braccia di Clint venne a mancarle di colpo: Thor l'aveva afferrato da dietro, costringendolo a lasciarle il suo spazio, a ristabilire la distanza minima che avrebbe dovuto separarli in ogni momento.

“Che cazzo ti salta in testa?” Tuonò in direzione dell'arciere, allargando la grosse braccia muscolose in un gesto confuso.

“Niente che ti riguardi,” replicò l'altro, rosso in volto per la rabbia e l'imbarazzo. Natasha bloccò i propri pensieri prima che potesse iniziare a formulare una qualche spiegazione alternativa, una che prendesse in considerazione aspetti che era al momento più che intenzionata ad ignorare in toto.

“Certo che mi riguarda. Siamo in questa storia tutti insieme,” gli ricordò.

“Tutti insieme? Credi seriamente che questa sia una stracazzo di gita scolastica?”

“Non prendermi in giro, Clint,” sibilò l'altro con un'autorevolezza che Natasha non avrebbe mai sospettato. “Siete stati voi due a convincermi a seguirvi.”

“L'idea è sua,” l'arciere la indicò con improvvisa urgenza.

“Non m'importa quali sono i tuoi interessi, il perché la stai assecondando... non me ne frega un cazzo,” puntualizzò astiosamente. “Ma finché rimarremo tutti insieme, finché non arriviamo alla fine, datevi una regolata o siete per conto vostro.”

Natasha trattenne il respiro, appoggiandosi al muro mentre aspettava che il battito cardiaco decidesse finalmente di regolarizzarsi. Clint si limitò a lanciarle una rapida occhiata prima di portarsi entrambe le mani ai capelli, dare loro le spalle per calciare l'asfalto in preda all'esasperazione. Thor rimase sulla traiettoria che portava da lei all'arciere, come per assicurarsi che nessuno dei due tentasse altre mosse azzardate per farla pagare all'altro.

“A quanto pare, l'ira non è solo il mio peccato.”

Una voce pacata, terribilmente in contrasto con l'atmosfera tesa e nervosa che imperversava tutt'intorno, attirò la loro attenzione senza alcun preavviso. Il dottor Bruce Banner, un vecchio borsone da viaggio alla mano, era fermo sul marciapiede svariati metri più avanti.

“Preferite che torni in un momento più opportuno?”

 

*

 

10 ore dopo

da qualche parte in Mississippi

 

“Buongiorno.”

La voce assonnata del dottor Banner lo raggiunse dal sedile del passeggero.

“'Giorno, doc.” Clint si concesse un lungo sorso di caffè, osservando l'uomo di sottecchi mentre si stiracchiava e sistemava alla meno peggio gli abiti già irrimediabilmente sgualciti. Si rese improvvisamente conto di tutto il tempo che era passato da quando qualcuno gli aveva rivolto un saluto di quel genere: un saluto normale. Buongiorno, buonasera, arrivederci. Sorrise tra sé, a metà tra l'incredulo e il divertito.

“Qualcosa di divertente?” Lo interrogò l'altro.

“Nah,” scosse il capo, tamburellando la mano libera sul volante. “Ha dormito come un sasso.”

Banner sbadigliò sonoramente dimenticandosi di coprirsi la bocca con una mano; dopodiché passò a pulirsi gli occhiali con un lembo della camicia, indossandoli quando gli fu chiaro di non poter ottenere un risultato migliore di quello. Alla luce del giorno, in un ambiente che non ricordasse un dannato film di Indiana Jones, aveva un'aria molto meno spaventosa, quasi inquietantemente ordinaria.

“Sonno arretrato,” spiegò l'altro, stringendosi nelle spalle.

“Oh, mi creda, la capisco benissimo.” La settimana non si era ancora conclusa, ma Clint già sentiva il bisogno di una dormita degna di questo nome. Non c'era stato un solo attimo in quei pochi giorni, in cui non si fosse sentito terribilmente assonnato e, di conseguenza, pericolosamente incline al nervosismo.

“Dammi del tu, mi fai sentire come un vecchio professore.”

“Come preferisci, doc.”

“Quello dove l'hai preso?” Bruce stava indicando il caffè ormai agli sgoccioli che occupava ancora la mano destra di Clint.

“Drive-thru aperto tutta la notte,” si limitò a rispondere.

“Giusto.” Parve valutare qualcosa prima di decidersi a riprendere la parola. “Ti dispiace fermarti al prossimo? Ho bisogno di qualcosa di caldo.”

“Niente di meglio di un caffè per cominciare la giornata.”

L'altro si mise a ridere. “Caffè? Oh no, per carità. A meno che non mi vogliate legare al sedile dopo neanche,” controllò l'orologio, “wow, quasi dieci ore di viaggio.”

“Il caffè rischia di farti perdere il controllo?”

“Non di per sé, ma resta comunque un eccitante. Preferisco non stuzzicare l'Altro se posso evitarlo.”

Clint annuì distrattamente, premendo leggermente sull'acceleratore: senza contare soste per rifornimenti ed esigenze varie, c'erano ancora venti ore a separarli dal loro arrivo a Birmingham.

“Posso essere sincero?” Si ritrovò a chiedergli, voltandosi per raccogliere il cenno d'assenso con cui Bruce gli dava il via libera. “Non credevo che avresti accettato di partire con noi.”

“Se devo essere sincero,” lo imitò, “neanche io.”

“Che ti ha fatto cambiare idea?”

Il dottore fece una smorfia, sovrappensiero, fissando la strada che si snodava davanti ai loro occhi.

“Mi sono reso conto che non vedevo tante persone tutte insieme da almeno sei mesi.”

“La vita dell'eremita ti è venuta noia, quindi?”

“Qualcosa del genere,” si strinse nelle spalle. “E poi quella...,” si voltò verso il retro dove Natasha e Thor si erano in qualche modo sistemati per riposare almeno qualche ora, “... ahm, donna, sa essere estremamente persuasiva.”

“Non sai quanto.”

“Se devo scegliere tra l'attesa di qualcosa di orribile, e dover andar incontro a quel qualcosa a testa alta, preferisco di gran lunga la seconda opzione.” Clint non poteva proprio biasimarlo. “Senza contare che il reverendo Newlin e la sua gente sono brave persone. Non volevo metterli inutilmente nei guai.”

“Doc, sei una boccata d'aria fresca,” commentò spassionatamente, strappandogli un sorriso.

Thor non era esattamente una persona sgradevole, ma neanche di gran compagnia: con quella sua aria di chi pensa di portare sulle proprie spalle le colpe dell'umanità intera, il gigante biondo aveva il brutto vizio di innescare meccanismi pericolosi. Anche lui era stato così una volta, uno di quei pazzi che credono di doversi sobbarcare il peso dei propri problemi e di quello degli altri, cercando al contempo di non lasciarsene sopraffare. Clint non era stato capace di farlo: si era dovuto arrendere, visto costretto a rifiutare ogni questione che non lo riguardasse da vicino e a ridurre le proprie al minimo, senza andare ad inseguire guai non richiesti. L'andazzo di quegli ultimi giorni e soprattutto la vicinanza di Natasha, lo stavano poco a poco convincendo di essere sul punto di cascarci di nuovo: più andavano avanti e più la certezza di poterla uccidere a sangue freddo, quando sarebbe arrivato il momento, veniva meno. A niente servivano i lunghi ragionamenti con cui tentava di persuadersi che la donna non era affar suo, che era stata lei stessa a firmare la propria condanna a morte senza la necessità di alcuna pressione da parte sua.

Una sola verità sussisteva: non era un assassino. Non se poteva evitarlo.

Senza contare che la convivenza con la spia dai capelli rossi stava cominciando a farsi sempre più scomoda. Non aiutava che fosse l'unica donna costantemente presente nel raggio di un centinaio di metri o che resisterle sembrava essere praticamente impossibile. Anzi, una vera follia. Il suo nome in codice era o non era Black Widow? Se rispondeva alla realtà anche solo la metà di quanto Hawkeye gli si addiceva, Clint sapeva che sarebbero stati guai per tutti coloro che avessero tentato di mettersi sulla sua strada. Lui stesso incluso.

“Adattarsi a degli sconosciuti non è mai semplice.” Bruce gli rivolse un'occhiata comprensiva. “E questo mi pare un gruppo particolarmente... eterogeneo.”

Clint sbuffò una risata. “Puoi dirlo forte.”

“Un gigante muscoloso che porta il nome della divinità norrena del tuono, un'attraente manipolatrice...,” fece una breve pausa, come valutando qualcosa, “... un arciere. Una scelta quantomeno originale.”

“Al giorno d'oggi bisogna farsi riconoscere,” si giustificò con un'alzata di spalle. “Ti sei dimenticato di aggiungere scienziato bipolare alla lista.”

“Non sono bipolare,” lo corresse senza traccia d'astio o offesa nella voce.

“Dalla nascita?” Una domanda implicita che il dottore non lasciò cadere nel vuoto.

“Non proprio.” Prese tempo, sfilandosi gli occhiali prima di accennare nuovamente a pulirli. “Lavoravo per l'esercito, un tempo.”

“Militare?”

Bruce scosse prontamente il capo, afflosciandosi appena contro lo schienale del sedile.

“Conducevo delle ricerche. Degli... esperimenti. Finché un giorno non ho commesso un errore... un grave errore.”

“Che genere di errore?” Una parte di lui gli suggeriva di farsi i cazzi suoi, l'altra trovava la presenza del dottore talmente rilassante (paradossale!) da non offrirgli una valida ragione per tenere per sé tutte quelle domande irrisolte.

“Stavamo sperimentando un siero per aiutare i nostri soldati in missione...”

Qualcosa gli suggeriva che la questione non era poi così semplice come pensava.

“... uno dei nostri soggetti ha perso il controllo durante lo svolgimento di alcuni test,” riprese, abbassando progressivamente il tono di voce. “Mi ha attaccato. E' successo tutto così rapidamente... nella colluttazione è riuscito a colpirmi con una delle siringhe che contenevano la dose di siero da somministrare.” Sbuffò una risata che colse Clint alla sprovvista. “Giustizia divina, non ti pare? Da scienziato a cavia.”

“Il destino ha un pessimo modo di mettersi nel mezzo.”

“Già,” rilasciò bruscamente il fiato. “Sono stato tenuto in quarantena, ma tutti gli esami effettuati ebbero risultato negativo. Sono stato rilasciato quasi due mesi dopo. Solo allora i sintomi hanno cominciato a manifestarsi.”

“Lo sdoppiamento di personalità?”

Bruce gli scoccò una rapida occhiata. “Suppongo che si possa chiamare così,” concesse. “Ma non è neanche quello. Il siero non mi spinge ad essere un'altra persona... si limita a tirar fuori il peggio di me.”

“Non tutti hanno bisogno di un siero super sofisticato per farlo,” sentenziò, forse a mo' di consolazione, magari solo per non lasciar cadere le parole di Bruce nell'indifferenza.

Il dottor Banner gli rivolse un sorriso impacciato.

 

*

 

16 ore dopo

al confine con l'Alabama

 

Natasha finì di asciugarsi le mani prima di gettare le salviette umide nel cestino della spazzatura. Si legò di nuovo i capelli in una crocchia improvvisata, passando in rassegna le ustioni che il sole le aveva procurato in quegli ultimi giorni. Dopo aver patito le pene dell'inferno, lo strato più superficiale della sua pelle cominciava a sfaldarsi. Ne tirò un pezzo che venne via come la pellicola di cellule morte che era: si chiese se non potesse fare come i serpenti, liberarsi della sua vecchia pelle, rinascere sotto una nuova identità.

Scosse il capo, come deridendosi per quei pensieri tanto stupidi. Uscì dal bagno delle signore della stazione di servizio in cui avevano fatto sosta, lasciando che la porta oscillasse bruscamente alle sue spalle mentre si dirigeva a passo spedito verso il furgone parcheggiato poco più avanti.

Clint stava scolandosi l'ennesima birra (ormai le sue abitudini le aveva capite: caffè nero al mattino, birra per il resto del giorno e della notte, a meno che il confine fra le due fosse tanto labile da giustificare una Budweiser ghiacciata per colazione), nessuna traccia di Thor e del dottore.

“Dove sono gli altri?” Gli chiese non appena gli fu abbastanza vicina da farsi sentire.

“Sono andati a prendere da mangiare.”

Suo malgrado, Natasha si ritrovò a studiare distrattamente la sua espressione: era da quando Thor gli aveva dato il cambio alla guida che le pareva preoccupato. Le linee del suo viso erano andate facendosi sempre più marcate man mano che la giornata procedeva, come se il peso di una qualche consapevolezza gli stesse gravando addosso, alla disperata ricerca di una valvola di sfogo.

Sentiva la domanda premerle sulla lingua, supplicando di essere formulata, ma la ricacciò indietro di violenza, impedendosi anche solo di sfiorare l'idea di interpellarlo. Dopo l'exploit davanti al Lafitte's, Natasha aveva fatto in modo che i loro scambi si riducessero allo stretto indispensabile e Clint si era ben guardato dal sovvertire il suo implicito proposito.

“Guido io,” decretò dopo un attimo di silenzio, appoggiandosi al furgone con le spalle, le braccia intrecciate al petto.

“Fa' pure,” fu la sua, ennesima, laconica risposta.

Si ricordò improvvisamente quanto le desse sui nervi il trattamento del silenzio: il che non aveva senso, considerato che era stata lei stessa ad evitarlo per tutto il santo giorno. Trattenne un moto di stizza, facendo vagare lo sguardo sulla stazione di servizio praticamente deserta. Le stelle si erano riaccese nel cielo, tornando finalmente a farle compagnia. Passò in rassegna le altre vetture presenti nel parcheggio, una berlina rossa fiammante e una vecchia station wagon verde e grigia: dei proprietari neanche l'ombra.

Proprio mentre Thor e Bruce ricomparivano oltre la pompa della benzina, le braccia ricolme di cibo spazzatura e bibite gassate razziate dall'ennesima sfilza di distributori automatici, un grosso SUV nero dai vetri oscurati, che Natasha era più che sicura di aver visto a più riprese durante il viaggio, fece manovra per entrare nell'area di sosta. Ebbe come la netta sensazione che la temperatura si fosse di colpo abbassata di un paio di gradi.

“Che c'è?” Clint si doveva essere accorto del suo turbamento.

“Quel SUV...”

L'uomo seguì tacitamente la direzione del suo sguardo.

“Cosa?”

“Ci sta seguendo,” tutti i suoi campanelli d'allarme, improvvisamente attivi, ebbero l'effetto di metterla in modalità emergenza.

“Come?”

“Ti dico che ci sta seguendo,” ribadì con rinnovata urgenza, spalancando il portellone del furgone.

“Che cazzo stai dicendo?”

Natasha lo ignorò, voltandosi rapidamente verso Thor e Bruce. “DATEVI UNA MOSSA!” Urlò con tutto il fiato che aveva in gola, ottenendo di farli arrestare in allarme, lasciar cadere a terra il tanto sudato bottino e iniziare a correre nella loro direzione. “Sali!” Sbraitò in direzione di Clint, aggirando il furgone per occupare il posto di guida.

“Che sta succedendo?” La voce trafelata di Thor precedette di un nanosecondo la chiusura della portiera scorrevole.

“Niente, Natasha è convinta che ci stiano seguendo,” lo rassicurò Clint in tono irritato.

“Chi?” Bruce inorridì, facendo fatica a nascondere la preoccupazione che gli invase lo sguardo.

“Nessuno, è solo lei ch-”

Proprio mentre il motore riprendeva vita e il furgone imboccava nuovamente la strada, una raffica di proiettili si abbatté su di loro.

 

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Note:
Non molto da dire stavolta! A riequilibrare un rapporto caaarico di tensione tra Clint e Natasha, arriva Bruce a distendere i nervi del nostro arciere (paradossale, me ne rendo conto) e a raccontare la sua storia. E proprio quando la situazione pare sul punto di esplodere, arriva un'altra gatta da pelare. Vedremo come andrà a finire :P
Il solito grazie sentitissimo alla sclerosocia e a chiunque abbia letto e/o commentato :')

Per concludere un po' di sana pubblicità occulta. Vi consiglio Sleep Twitch di Sheep01, perché ci sono i nostri personaggi preferiti calati in un AU apocalittico... DO WANT, RIGHT?

Grazie dell'attenzione e alla prossima!
S.

 

  
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