Secret Wish.
“Non
dirlo a nessuno… soprattutto a Nakazato. Se dovesse venire a vedermi, non
potrei più scappare per la paura.”
Akiba
gli sorrideva. Col suo solito sorrisetto da sbruffoncello che richiamava i
pugni dalle mani:
“Non
c’è da preoccuparsi, sensei. Quel giorno Minatsu esce con me. Il suo vero ragazzo.”
La
gelosia si era fatta strada dentro di lui come una macchia d’olio che si
espande sul marmo liscio, corrodendolo pian piano, serrandogli le viscere e
mozzandogli il respiro.
Yamazakura
aveva tentato, aveva sperato di poter conquistare il cuore di Minatsu, ma Akiba
e Kadomatsu erano due rivali con i quali era difficile competere. Sul ring
avrebbe potuto batterli tranquillamente, ma il cuore di una ragazza è un campo
ben diverso dal quadrato sul quale si trovavano in quel momento, e lui lo
sapeva bene.
Ed
ora si trovava lì, in quel luogo che gli era stato familiare per ben due anni,
ma che aveva dovuto abbandonare per rincorrere il desiderio, l’imposizione di
un altro. O forse per rincorrere il suo, di sogno.
Gli
spogliatoi del club di softball femminile erano vuoti, ma ordinati; non c’era
lo stesso odore di sudore stantio che impregnava le pareti del club di box. Le
ragazze erano in campo, con Somei che le allenava per il prossimo torneo, ed
era solo per questo che aveva avuto il coraggio, più che l’idea, di rimettervi
piede.
Nella
penombra, mentre tanti ricordi gli riempivano la mente uno dopo l’altro, il suo
sguardo si posò sull’armadietto di Minatsu. Era l’unica un po’ più disordinata,
lasciava sempre lo sportello socchiuso per dimenticanza più che per vera e
propria indolenza, ma aveva avuto modo di conoscerla e scoprire che era davvero
una ragazza eccezionale. Sarebbe stata una moglie perfetta se solo… avesse
preso sul serio almeno una mezza volta le sue proposte di matrimonio invece di
ignorarle.
Sentiva
rimbombargli nella testa i rimproveri crudi del nonno di Akiba:
“Un uomo senza prospettive, fondi
sicuri, grandi sforzi in programma... il fallimento è sicuro! Se un professore non
capisce nemmeno questo è un vero disastro!!”
Nella
penombra della stanza, con lo sportello dell’armadietto di Minatsu appena
aperto, la mano di Yamazakura si sporse a raccogliere quel lembo di stoffa
bianca che sporgeva oltre la fessura, marchiato dai caratteri che componevano
il cognome NAKAZATO.
Tirò
appena il lembo di stoffa, inconsciamente, lasciandolo scivolare via dal
supporto sul quale la ragazza doveva averlo poggiato ritrovandosi la fascia che
Minatsu indossava sempre ad ogni partita, inspiegabilmente, nella mano. Il
leggero movimento d’aria che aveva provocato era impercettibile, ma lui lo
sentì sfiorargli il viso come una morbida carezza ed inebriargli le narici del
dolce profumo di Minatsu.
Non
sorrise, ma il suo sguardo si incupì di tristezza. Gli era rimasto poco tempo,
troppo poco…
Domenica
avrebbe debuttato sul ring professionistico, realizzando il suo sogno di sempre.
Domenica avrebbe combattuto col candidato al titolo nazionale. Strinse la
fascia bianca nel pugno, con delicatezza, portandosela poi in tasca ed uscendo
dalla sede del club di softball per sempre.
In
qualche modo, avrebbe portato Minatsu sul ring con lui. Per l’ultima volta,
Minatsu sarebbe stata al suo fianco; avrebbe vinto per se stesso, ma anche per
lei, per essere alla sua altezza. Così avrebbe potuto proseguire la sua strada
senza rimpianti, perché si, lui l’amava davvero; ed era quel suo amore che gli
aveva dato il coraggio di rinunciare a lei.
Yamazakura
attraversò il cortile esterno fermandosi per un attimo oltre la recinzione del
club di softball. Si sentiva vuoto, come se stesse galleggiando a mezz’aria
mentre un misto di pensieri incoerenti ed inconsistenti gli si formavano nella
mente e gli cominciavano a scavare nel petto.
Il
suo sguardo si posò sulla lanciatrice. La sua lanciatrice. Alle prese con un
allenamento di difesa sul monte di lancio. Doveva ammetterlo, Somei ci sapeva
davvero fare come allenatore.
Chissà… magari l’anno prossimo
riusciranno a vincere il torneo nazionale…
Lui quel giorno non lo avrebbe visto.
Il
suo viso non fu attraversato da alcuna emozione mentre quel pensiero
gli
percorreva la mente; il suo viso non si distese in nessun sorriso
nostalgico mentre
voltava le spalle e si allontanava, ricordandosi che era ora di
raggiungere la
palestra per i suoi, di allenamenti. Dentro di lui avertiva solo il
vuoto, un vuoto lacerante che gli opprimeva il petto come un peso
insostenibile. Ma aveva un obiettivo e per raggiungerlo avrebbe messo
tutto se stesso.
Non
si accorse, nel mare profondo delle sue emozioni, che
degli occhi neri si erano soffermati sulla sua figura.
“Nakazato,
sveglia!”
“Si!
Mi scusi Somei-san!”
Quegli
stessi occhi neri e profondi che lo osservavano di nascosto dalla finestra sul
retro della Gym Nozaki mentre, concentrato e serio, prendeva a pugni un sacco
da box con tutta la forza della sua determinazione.
Un
colpo di vento investì il campo, creando un piccolo vortice di polvere che
costrinse buna parte dei presenti a chiudere gli occhi per non trovarseli pieni
di terriccio.
Le
prime gemme facevano capolino sui rami degli alberi, i primi steli di erba
ricoprivano il perimetro dell’area di gioco, ben presto avrebbero dovuto
strapparli via.
Poi sarebbero spuntati i primi fiori, anche sui ciliegi.
La primavera era ormai alle porte.