Serie TV > Castle
Ricorda la storia  |      
Autore: dilpa93    14/10/2014    8 recensioni
*SPOILER per chiunque non abbia visto la 7x01*
"Senza accorgersene le si strinse accanto ancor di più, lieta di essersi potuta sfogare e di aver potuto condividere con lei i suoi pensieri in un momento totalmente loro."
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Martha Rodgers, Rick Castle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A




“Se conoscessimo i segreti gli uni degli altri, che sollievo proveremmo”
John Churton Collins





 
Si svegliò ancora abbracciata a lui, le lacrime che le avevano tenuto compagnia durante il viaggio verso Morfeo ormai impastate sul viso.
Lui dormiva, sembrava sereno.
Era così strano riaverlo nel letto con lei. Niente affatto una sensazione negativa, almeno non totalmente, era più un misto di emozioni che le attanagliava lo stomaco e che non riusciva a decifrare. Come gli ingredienti misteriosi di una pietanza esotica assaggiata per la prima volta.
Non si soffermò come al solito a sfiorargli quasi impercettibilmente il viso, ad accarezzargli il petto oppure a scostargli il ciuffo dalla fronte. Scivolò verso il bordo, lentamente; la vestaglia le fasciò il corpo riuscendo a cacciar via quel brivido che l’aveva scossa lungo la schiena.
Il salone era illuminato dalla luce dell’alba che si intravedeva appena dietro gli alti palazzi, per le strade cominciava a diffondersi il brusio dei motori delle auto dei lavoratori mattinieri, lo scalpiccio della suola in gomma dei pendolari che correvano per le strade cercando di arrivare al più presto alla metropolitana e non perdere il treno, lo stridio delle claire dei bar che, con l’apertura, cominciavano a sfornare le prime brioches della mattina. La luce dorata si posò come un velo su ogni superficie raggiungendo le foto incorniciate sul pianoforte. Scoprì i tasti carezzandoli dolcemente con i polpastrelli senza però avere il coraggio di sedersi e suonare, quel coraggio che le mancava ogni qualvolta che vi si avvicinava, come se sentisse di non essere all’altezza di quello strumento che era stato una parte importante nei primi due decenni della sua vita, che aveva accompagnato molti pomeriggi uggiosi trascorsi in casa con la febbre sotto una calda coperta e coccolata dalle melodie che sua madre le regalava; come se, anche quando la casa era deserta, temesse di non essere sola. E quella volta sola non lo era davvero.
“Oh, Katherine, già sveglia? Non riesci a dormire?”, una domanda di rito di cui conosceva già la risposta, perché lei, adesso, si trovava in quel salone per lo stesso motivo.
Kate sussultò come una bambina colta sul fatto, allontanando subito le mani dal bianco dei tasti, poi, guardando Martha, scosse la testa; sembrava ancora troppo assonnata per aprire bocca, eppure non era il sonno ad impedirle di parlare, piuttosto un magone insorto all’improvviso.
L’altra donna le sorrise annuendo, si ravvivò i capelli prima di chinarsi e prendere il bollitore dal mobiletto sotto i fornelli. La fiamma lievemente azzurrata aveva scoppiettato sfiorando l’acqua condensata sul metallo, mentre le due tazze già aspettavano sul banco in marmo di venir riempite. Kate non si mosse, immobile vicino al piano, guardando i movimenti misurati e precisi della rossa che, dopo il fischio del bollitore, si era accomodata sul divano invitandola con un semplice gesto della mano a raggiungerla.
Le sedette a fianco, ma nonostante i pochi centimetri che le separavano sembravano terribilmente distanti, come se si fosse interposta fra loro una barriera invisibile.
“Martha...”
“Non temere cara, non sei obbligata a dirmi nulla, possiamo anche solo stare qui a sorseggiare il tè.” Ne bevve un sorso umettandosi poi le labbra come a non volersene perdere neanche una goccia. “Mmh, pesca e spezie indiane. Decisamente il mio preferito.”
“Ti prego”, non poteva restare in silenzio, sorriderle come se andasse tutto bene, bere tè caldo e poi tornare in camera e fingere che quell’incontro non fosse mai avvenuto. “Vorrei chiederti scusa. Sono piombata qui riempiendovi di domande, come se si trattasse di un caso qualunque, come se non conoscessi lui e voi, come se questa non fosse...” Martha la guardò accigliata, ma negli occhi lucidi, invecchiati in quei mesi d’inferno, si poteva intravedere un pizzico di orgoglio e sentimento materno. “Come se non fosse casa tua? Cara, eravamo tutti così sottopressione, tu volevi solo capire. Dare una spiegazione a qualcosa di totalmente insensato.”
“Non mi sarei dovuta comportare in quel modo in ogni caso, anche per Alexis. Riuscivo a pensare solo a quanto fossi confusa, all’immensità di prove che mi dicevano che lui se n’era andato di sua spontanea volontà, che non aveva avuto il coraggio di dirmi in faccia di non essere pronto a questo passo, per poi ricomparire come se nulla fosse. Sono stata così...” Martha la interruppe prima che potesse completare quella frase, prima che potesse aggiungere qualsiasi parola su cui poi avrebbe rimuginato per giorni.
“Sinceramente Katherine, non posso negare di esserci rimasta male, se c’è una cosa che non mi sento di mettere in dubbio è l’amore che mio figlio ha per te. Anche negli anni passati non ha mai avuto un ripensamento sull’affetto nei tuoi confronti, ci teneva così tanto a te che non gli importava del resto. Con questo non vorrei passare per una di quelle madri che giustificano sempre i figli. Dio, non è per niente da me, sai bene che quando Richard sbaglia sono una tra le prime a farglielo notare.”
“Già”, un risolino nervoso allentò un po’ la tensione, e i pugni di Kate finalmente si sciolsero permettendo a Martha di accogliere quelle mani tremanti fra le sue. “Ci ho provato, davvero. Ho provato ad eliminare ogni dubbio, a mettere da parte la razionalità, quel mio essere sempre diffidente, ma non ci sono riuscita e non ci riesco tutt’ora.”
“Non ci riesci o non vuoi?”, non c’era alcuna inflessione nella sua voce, nulla che permettesse a Kate di capire se ciò che e aveva appena detto la irritasse, o se era ancora disposta ad ascoltarla come una madre farebbe con la propria figlia.
“È più complicato di così. Io lo guardo negli occhi e... e non posso fare a meno di vedere quel bagliore che mi fa credere che mi nasconda qualcosa. Vorrei fidarmi totalmente ma non ce la faccio. Non riesco a lasciarmi andare e non hai idea di quanto questa cosa mi faccia male Martha”, aggiunse dopo un attimo di esitazione. “E credo che, se Rick non se ne sia ancora accorto, lo farà presto e quando lo farà...”
“Quando lo farà affronterete tutto insieme”, le si avvicinò ancor di più, infrangendo quel muro tra loro, stringendola in un abbraccio di cui Kate aveva bisogno più di quanto avrebbe mai potuto immaginare. “Tesoro mio, sono anni che vi guardo, avete sempre trovato un modo per risalire. I dubbi sono più comuni di quanto credi. È mio figlio, mi fido di lui, non potrei altrimenti, allo stesso modo di come lui si fida di Alexis. Ma voi siete una coppia, è tutto così diverso...”
“Lo amo e non voglio perderlo. Non posso perderlo di nuovo.”
“Non lo perderai. Discuterete? È probabile, ma chi a questo mondo non lo fa?”
Tirò su con il naso mentre il volto si riempiva di quel sorriso che quel contatto con Martha le aveva fatto spuntare. Senza accorgersene le si strinse accanto ancor di più, lieta di essersi potuta sfogare e di aver potuto condividere con lei i suoi pensieri in un momento totalmente loro.
Ma, per quanto ne fossero entrambe convinte, quella conversazione non era rimasta privata a lungo.
 
Rick si era svegliato trovandosi da solo ad occupare il letto. Le lenzuola gli si erano attorcigliate attorno alle gambe, mentre le dita delle mani, automaticamente da quando Kate si era alzata, come se avessero percepito la sua assenza, si erano strette attorno all’angolo del cuscino della compagna. Non aveva trovato nulla di strano nel non averla accanto a sé, era già capitato che si alzasse di notte, un bicchier d’acqua, un caso a tormentarle i pensieri, una chiamata dal distretto e quel consueto post-it dove la sua calligrafia pulita citava “non ho voluto svegliarti. Ci vediamo dopo”. In un lampo però gli era tornato alla mente cosa avesse potuto agitare il suo sonno.
Come aveva detto quella sera, avrebbe davvero voluto svegliarsi e fingere che nulla fosse successo e in un certo senso ci era riuscito. Benché fosse stato solo per un momento, aveva come dimenticato ciò che lei gli aveva raccontato, aveva dimenticato di essere scomparso per mesi, aveva dimenticato lo sguardo di Kate quando le aveva detto di non ricordare, aveva come accantonato tutti i timori e le paure che aveva letto nei suoi occhi solo qualche ora prima, quando si erano coricati l’uno nelle braccia dell’altro e l’aveva sentita singhiozzare sommessamente, così stretta a lui, fino a che il sonno non aveva preso il sopravvento.
Ignorando il freddo pungente, aveva poggiato i piedi scalzi sul pavimento lasciando che la condensa creasse una scia di sue impronte, ed era uscito dalla stanza cercando di non fare il minimo rumore. La luce dell’alba aveva illuminato il profilo di Kate, le sue mani strette attorno alla tazza fumante. Si era sporto di poco, facendo un solo passo in avanti e fu allora che sua madre fece ingresso nel suo campo visivo. Rimase immobile, proprio come Kate quando Martha era comparsa all’improvviso squarciando il silenzio della sua solitudine. Appoggiato allo stipite si era soffermato ad osservarle ed ascoltarle e la sua peggior paura si era materializzata in meno di un istante in quelle parole che lo avevano colpito come una sferzata in pieno viso.
“Non posso fare a meno di vedere quel bagliore che mi fa credere che mi nasconda qualcosa. Vorrei fidarmi totalmente ma non ce la faccio”.
Kate non riusciva a fidarsi, non riusciva a credergli. Lui lo sapeva, lo aveva capito, ma aveva ignorato i fatti credendo che sarebbe andato tutto a posto se solo avesse finto che il problema non ci fosse, convinto che quel brindisi avrebbe potuto aggiustare ogni cosa. Eppure, ripensandoci adesso, anche in quel momento gli occhi di Kate avevano tradito le sue parole e il suo augurio.
Non aveva voluto sentire oltre. Strisciando nella penombra della camera, si era infilato nuovamente sotto le coperte girandosi sul fianco, a filo del bordo del letto, come a voler mantenere le distanze nonostante lei non fosse lì, e sperando di riaddormentarsi prima del suo rientro. In caso contrario avrebbe sempre potuto fingere del resto, almeno secondo Kate, era qualcosa che ultimamente gli riusciva bene.
 


Diletta's coroner:

Premessa: avevo iniziato a scrivere questa shot dopo la 7x01. Diciamo che mi aveva lasciato un pochino l'amaro in bocca. I dubbi in una situazione del genere sono più che leciti, ma, non so spiegarlo bene, gli sguardi e i modi di fare di Kate mi avevano lasciato un po' perplessa (ha recuperato splendidamente con l'episodio successivo, su questo non ho nulla da dire).
Anyway... un pizzico di angst (ma prorpio poco poco poco) e un finale aperto, trattandosi di me, doveva pur esserci.
Alle fine Kate vuole credergli, non vuole perderlo, ma Rick non ascolta la conversazione fino in fondo (non impara mai, con tutti i libri che ha letto e i film che ha visto dovrebbe sapere che una conversazione, se la si vuole origliare, occorre ascoltarla fino alla fine!).
Detto questo mi fermo o l'angolo autrice diventa più lungo della shot!
Buona serata e grazie per aver letto questa "cosuccia"
Baci
  
Leggi le 8 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Castle / Vai alla pagina dell'autore: dilpa93