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Autore: Dregova Tencligno    14/10/2014    1 recensioni
Sono la figlia di una strega, sono dotata di poteri che in molti non riuscirebbero nemmeno a immaginare. Vivo ricordi che non sono i miei ma sono gli unici indizi che ho per capire la mia natura. Sono stata una figlia, un’oggetto, un'anima, un fantasma. Se i nomi definiscono chi siamo sono stata Pulce, Piccola, Emma, Custode, Amore… Ma solo ad un nome, che ho perso molti anni fa, posso rispondere con certezza… nessuno me lo potrà togliere perché con quello sono morta e sono rinata.
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Piove, proprio come nel giorno in cui sono nata. Righe sottili disegnate da gocce formano le grate di una prigione, la mia, dalla quale non riesco a evadere. Gli alberi sono giganti enormi che si divertono e ridono giocando col vento che sibila tra le loro fronde di aghi appuntiti e pronti a colpire dove sono più debole.
Lentamente tutto sembra perdersi, come il suo ricordo che, giorno dopo giorno, si affievolisce; come il rumore dei miei pensieri che viene inghiottito dal rombo del tuono che rotola lontano, dal fragore del fulmine che si accartoccia e le immagini dei ricordi vengono spazzate via dal bagliore accecante dei lampi.
Dentro mi sento arida e consumata, come se fossi un ciocco di legna nel camino; eppure, come la legna si trasforma in carbone, dimostrando che nulla svanisce completamente ma cambia e si trasforma, la mia vita sembra cambiare per qualche minuto nello stesso momento in cui inizia o finisce, non saprei dirlo con precisione. Immagino dipenda tutto da come si guarda questa trasformazione. Però posso affermare con vivida certezza che ogni inizio è correlato a una fine e ogni fine dà vita a un nuovo inizio. Un circolo vizioso, anzi, più che un cerchio andrebbe meglio rappresentato come una spirale infinita perché non si torna mai veramente al punto di partenza ma si va comunque avanti portando con sé qualcosa della propria esperienza passata.
È una melodia lenta, quasi malinconica per il suo ritmo, quella che sento. Parla della vita, dei sogni e delle speranze di un intero popolo che segue un’effigie vivente di speranza.
Non capisco da dove proviene, vicino alla foresta c’è un villaggio, ma è comunque troppo distante per far in modo che il suono arrivi così pulito… e poi sembra che solo io riesca a sentirlo. Vorrei tanto andare in cerca della fonte di quel canto, ma non ho il permesso di uscire. E se solo ci provassi per me sarebbe la fine.
No, ancora non posso. Non potrò essere libera, almeno non fino a quando tutto sarà sistemato.
La voce del cantante si potenzia e si moltiplica. Diventa un concerto in cui più voci si uniscono. Bambini, uomini, donne, anziani, ragazzi. Tutti intonano la stessa armonia.
C’è qualcosa in quella canzone che per me è un richiamo al passato.
Una ninna nanna, una di quelle che le madri cantano ai propri figli per farli addormentare e per consolarli quando sono preda della paura per lo Spettro Oscuro o per la Strega Rossa, o più semplicemente quando fuori imperversa una tempesta.
Le note si rincorrono, giocano a nascondino, ridono.
Una canzone di mia madre.
Mia madre… Vorrei che fosse qui adesso. Mai come in questi momenti sento la sua mancanza. Mi manca il suo odore e la sua presenza; mio fratello e mio padre, anche loro mi mancano. Mi manca la mia vita. Quello che ero, perché adesso sono solo l’ombra di me stessa. Oggi, poi, mi manca tutto un po’ di più. È il mio compleanno, il mio centodiciannovesimo anno di vita. Forse sarà oggi che riuscirò a realizzare il mio più grande sogno. Poter respirare ancora.
Mi rigiro fra le mani la penna.
Il foglio bianco e vuoto rispecchia quello che ho nella mente. Non so cosa scrivere, mi sembra tutto molto assurdo, e triste.
C’è un vuoto fastidioso dentro me, la mancanza di ricordi che contengono la mia identità e quando provo a riportarli alla mente è tutto confuso. Un misto di colori sulla tavolozza di un pittore che non trovano significato in ciò che ha riportato sulla tela.
È inutile, penso, rimanere ferma a non fare nulla.
   
 
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