#1
Dakagi
Era
una giornata calda. Il vento secco e arido tipico del deserto si incuneava tra
le vie di Suna, investendo chiunque si trovasse sulla sua strada con una folata
di sabbia e di calura. Era mezzodì e in giro a quell’ora non si vedevano che
pochi temerari a causa di quel clima così estremo e insopportabile durante la
stagione estiva, dove il sole picchiava infernale contro gli edifici del
villaggio perennemente ricoperti di uno spesso strato di arena.
Nella
staticità di quell’atmosfera un falco pellegrino sfrecciava nel cielo incurante
del caldo e dell’inospitalità del deserto. Sorvolava veloce i tetti delle
abitazioni e tagliava il vento con le sue ali possenti, sfidando la tempesta
giunta da poco alle porte del villaggio.
Nonostante
le raffiche si facessero sempre più forti e la sabbia impedisse la visuale, lui
non si sarebbe fermato prima di aver concluso la sua importante missione. I falchi
pellegrini di Suna erano famosi per la loro celerità nel recapitare messaggi, e
i più veloci facevano quotidianamente da corriera per far giungere a
destinazione le informazioni più urgenti e vitali. Uno dei maggiori pregi di
quei volatili addestrati era proprio quello di non permettersi pause prima di
avere raggiunto la meta.
La sua direzione era il
punto nevralgico da cui si sviluppava la planimetria radiale del Villaggio
della Sabbia, la sede delle menti sapienti che tenevano in piedi quel luogo e
le sue relazioni col resto del mondo. Virò sulla destra, combattendo con la
sabbia che si infilava sotto le piume e planando deciso verso la terrazza del
palazzo delle istituzioni, dove il destinatario del suo messaggio lo stava già
aspettando mentre teneva a bada quella tempesta fastidiosa.
Gaara non fu sorpreso
di vedere il falco. Da parecchi giorni riceveva messaggi funesti dagli uomini
stanziati a vigilare sui villaggi satelliti di Suna: piccoli centri strategici
situati al limitare del grande deserto e in stretto contatto col villaggio
nascosto. Non sapeva perché, ma temeva che anche quelle si sarebbero rivelate pessime
notizie.
Aspettò
che il messaggero si posasse sulla sua spalla per poter finalmente distogliere
la concentrazione da quella noiosa tempesta che avrebbe impedito le
comunicazioni per diversi giorni.
Lesse il messaggio ancora
prima di rientrare nello studio, constatando amaramente quanto le sue
sensazioni fossero giuste.
Era da qualche tempo, ormai, che si verificavano
anomalie climatiche nell’intero Paese del Vento: un caldo torrido come mai si
era sentito, tempeste di sabbia improvvise e tremori del suolo affatto
rassicuranti.
La nazione non era mai stata attrezzata per quel
genere di emergenze. Tali fenomeni si erano verificati sporadicamente nel corso
della storia di quei luoghi, una periodicità talmente esigua che non aveva mai
destato una preoccupazione tale da spingere gli abitanti ad adottare le
adeguate contromisure.
Gli
edifici crollavano sottoposti alle scosse sismiche e si sgretolavano quando
venivano investiti dalle violente tempeste, per non parlare del caldo infernale
che aveva serbato quell’estate; se gli abitanti di Suna erano abituati a
sopportare quelle condizioni estreme lo stesso non poteva dirsi dei villaggi
satelliti che, pur essendo molto vicini al deserto, avevano da sempre goduto di
una temperatura mite e piacevole.
Era
da lì che arrivavano le notizie peggiori.
Più di tredici messaggi
in una settimana riportavano i danni come se fossero bollettini di guerra: i
morti per il caldo afoso, decessi e feriti a causa dei crolli degli edifici,
interi quartieri da ricostruire, per non parlare della sabbia portata dalle
tempeste che stava facendo morire la vegetazione.
Gaara
fissava i messaggi allineati sulla scrivania chiedendosi che cosa potesse fare.
Aveva già inviato parecchi uomini in ogni villaggio per distribuire aiuti, ricostruire
le zone collassate e istruire la popolazione su come difendersi dalla calura
che aveva assalito il limitare del deserto. Che altro avrebbe potuto fare? Aveva
i poteri per intervenire su una qualsiasi minaccia fisica, avrebbe potuto
attenuare la violenza delle tempeste grazie alla sua abilità innata, ma cosa
poteva fare lui contro la potenza
della natura? Era un essere umano in fin dei conti.
I
suoi pensieri vennero interrotti dall’arrivo di Ratsu,
il geologo incaricato di svolgere le ricerche preliminari del caso, il suo viso
tondo fece capolino timidamente dall’uscio aperto dell’ufficio mentre con una
mano bussava alla porta.
Gaara gli fece cenno di
entrare.
«Che
novità?», chiese, mentre Ratsu gli porgeva dei
documenti.
«Sono
ipotesi molto azzardate, ovviamente da verificare», cominciò il geologo.
«Ti
ascolto».
«Considerando
che gli epicentri provengono solamente da nord e considerando che i punti più
colpiti sono i villaggi satelliti, situati a meno di cento chilometri dalla
catena montuosa Dakagi, presumo che l’attività
sismica provenga da lì».
«Spostamenti
di faglia?», chiese il rosso, scettico.
«Non
lo so, i messaggi parlano di tremori, susseguiti da terremoti anche a distanze
di tempo ravvicinate. Tutto farebbe pensare all’attività sismica di un vulcano».
«Non
sapevo ci fossero vulcani a Dakagi».
«E’
tutto da verificare, naturalmente».
Ratsu pronunciò le
ultime parole con amarezza. L’ultimo mese era stato parecchio nefasto dal punto
di vista climatico, persino Suna era stata vittima di quell’afa insopportabile
e, se ancora i tremori non erano giunti a livelli preoccupanti per adottare lo
stato di emergenza, lo stesso non poteva dirsi dei villaggi più a nord. Numerosi
dispacci arrivavano anche dal Paese del Fiume e dalle nazioni cuscinetto tra il
Paese del Vento e quello della Terra, dilaniati allo stesso modo dagli
innumerevoli eventi sismici.
Ma
la cosa che lo preoccupava maggiormente era la frequenza con cui le tempeste di
sabbia sconvolgevano il deserto. Il Villaggio della Sabbia era protetto
dall’alto perimetro roccioso e dall’abilità del Kazekage,
ma di fatto i collegamenti con l’esterno rimanevano esigui: i falchi faticavano
a recapitare i messaggi e i soccorsi non riuscivano a raggiungere i villaggi
satelliti, né a tornare indietro. Di questo
passo sarebbero rimasti totalmente isolati e totalmente incapaci di comprendere
quale fosse la fonte di quel maledetto problema.
Osservò
Gaara alzarsi dalla sedia e scrutare il cielo
oscurato dalla tempesta. Pensò a suo figlio e al fatto che avesse la stessa età
di quel ragazzo in cui tutti avevano riposto le loro speranze, sedici anni,
un’età in cui ancora si ha bisogno di aiuto e di consiglio, un’età che non era
mai esistita per l’uomo che aveva di fronte.
«Devo
raggiungere quei villaggi». Lo udì sentenziare.
«Ma…Kazekage», provò a dissuaderlo Ratsu.
«Sono
l’unico che può farlo».
Gaara si voltò a
guardare la scrivania ricoperta da quei messaggi funesti che fino a quel
momento non aveva potuto che leggere senza riuscire a fare nulla di concreto. Più
volte aveva valutato l’idea di andare di persona a capire che cosa realmente stesse
succedendo, ma era sempre stato dissuaso dall’idea di abbandonare Suna in un
momento di costante bisogno. Adesso non vedeva alternative per risolvere quella
situazione, e lui era l’unico a potersi muovere in mezzo a quelle imprevedibili
tempeste di sabbia.
«Continua
le tue ricerche e aspetta un mio messaggio», disse al geologo, sostenendo il
suo sguardo preoccupato.
«Faccia attenzione», replicò
Ratsu con un gesto di congedo.
Il
rosso uscì dall’ufficio poco dopo pensando a dove avrebbe potuto trovare Temari, l’unica tra i suoi fratelli che fosse ancora a Suna
e l’unica che avrebbe potuto fare le sue veci durante la sua assenza. Sapeva
che la sorella non avrebbe approvato quello che aveva in mente e sapeva che
avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di dissuaderlo, anche se coinvolgerlo in prima
persona fosse stata l’unica soluzione.
La
trovò quasi subito in uno degli uffici del primo piano. Temari
era ormai da qualche anno uno degli organizzatori dell’esame di selezione dei chunin, quella famosa esperienza che aveva segnato la sua
vita e quella dei fratelli venendo a contatto per la prima volta con i genin degli altri villaggi. Se in un primo momento la
sorella aveva definito una scocciatura il suo ruolo di organizzatrice, più il
tempo passava più ne sembrava entusiasta, e non doveva essere facile per lei
affrontare quell’emergenza climatica, specialmente nell’anno in cui il Paese
del Vento avrebbe ospitato lo svolgimento degli esami.
Gaara si affacciò alla
porta catturando l’attenzione della sorella. Con lei c’era Nara, lo shinobi di Konoha altresì
incaricato di preparare le prove degli esami; era arrivato a Suna due settimane
prima e ancora non era riuscito a tornare indietro a causa delle improvvise
tempeste, e Temari non sembrava affatto dispiaciuta
di quella situazione.
Quando
lo videro sulla porta si alzarono entrambi, l’espressione preoccupata in volto.
«Ancora
brutte notizie?», chiese lei, incupendosi al cenno di assenso del fratello.
«Andrò
lì di persona», le disse Gaara, vedendola subito irrigidirsi
in procinto di protestare. «Lascerò a te alcune disposizioni ed evocherò un jutsu di protezione sul villaggio per quando non ci sarò».
«L’emergenza
potrebbe arrivare anche a Suna in qualsiasi momento», contestò Temari. «Non puoi andartene».
Che
cosa avrebbe fatto se ci fossero stati problemi proprio quando la reggenza del
villaggio era affidata a lei? Gaara era il Kazekage ed era l’unico che avrebbe potuto difendere quel
posto, l’unico che avrebbe potuto impedire che anche a Suna si verificassero disastri
come nei villaggi satelliti vicino a Dakagi. Per quanto
fosse determinata e per quanto fosse certa di riuscire a stare dietro a tutte
le mansioni del fratello, aveva paura di non riuscire a proteggere la propria
gente. Era una responsabilità troppo grande.
«Sono
stati distribuiti in tutto il villaggio i piani di evacuazione e le norme
comportamentali in caso di eventi sismici importanti», intervenne Shikamaru, cercando di rassicurare Temari.
«Il Villaggio della Sabbia non sarà impreparato all’emergenza».
«Sei
d’accordo anche tu?!», sbottò irritata la ragazza.
«Penso
che le tempeste ci taglino costantemente fuori da ogni comunicazione», spiegò
lui, sulla difensiva, «e che nessuno possa attraversare il deserto per
raggiungere quelle zone, né andando a nord, né allungando da sud».
«Vedo
che hai capito la situazione», constatò Gaara,
ringraziando mentalmente lo shinobi di Konoha per avergli reso le cose più facili con l’ostinatezza
di Temari. Partire era la cosa più giusta da fare,
anzi, l’unica cosa rimasta da fare.
La
bionda kunoichi assentì con un sospiro. Il fatto che Shikamaru appoggiasse la decisione del fratello le aveva
fatto perdere ogni speranza di poter dissuadere Gaara
dall’intraprendere una missione così pericolosa.
«Quando
intendi partire?», gli chiese rassegnata.
«Domani
mattina», rispose lui, voltandosi a osservare il cielo scuro. «Shikamaru, potrebbe essere un’occasione per fare ritorno a Konoha».
«Naturalmente»,
rispose il giovane Nara, cogliendo la richiesta di aiuto nelle parole del Kazekage. «I rinforzi arriveranno più veloci dal Villaggio
della Foglia».
I
due si scambiarono un veloce sguardo d’intesa prima di separarsi.
Shikamaru osservò
i due fratelli uscire dall’ufficio e temporeggiò per qualche minuto davanti
alla finestra. Non sapeva perché fosse
sempre lui a ritrovarsi in quelle situazioni complicate, né perché toccasse
sempre a lui risolverle.
Che
tale scocciatura.
L’autrice:
Ciao
a tutti! Benvenuti!
Non
c’è ancora un granché in questa storia, ma spero che un pochino vi abbia
incuriosito.
Se
avete voglia di lasciare una recensione sappiate che la leggerò volentieri ^^
L u c i n d a